VICINA È LA PAROLA
22 GENNAIO 2023 – DOMENICA III ANNO A
“DOMENICA DELLA PAROLA DI DIO”
Isaia 8,23b- 9,3 / Salmo 26
1Corinti 1,10-13.17
Matteo 4,12-17*23
Il futuro… “terra straniera”
Contestualizzazione evangelica
Sappiamo bene che le prime comunità cristiane hanno cercato di “leggere” la loro storia e le loro esperienze alla luce di quella del Nazareno e anche nel raccontarla si sono concentrati su ciò che poteva dare un senso anche i loro interrogativi e alla loro ricerca di fede.
Per le comunità palestinesi, provenienti dal giudaismo, le antiche profezie e le tradizioni sempre vive, come puri i luoghi che abitati avevano un valore quasi a noi sconosciuto fino al punto che nel leggere le loro memorie evangeliche [lo scritto in aramaico del 40/50 d. C. da cui ha origine il racconto evangelico di Matteo] ci sembra normale che le cose siano andate così fino a farci degli stereotipi poco realisti e quindi anche poco significativi anche per noi credenti di oggi.
Era fondamentale per loro “ancorare” anzitutto la figura di Gesù alla storia di Israele (cap. 1) ma nello stesso tempo contrapporre subito il rifiuto delle sue autorità e l’accoglienza da parte dei pagani (cap. 2), come merge anche nel contesto della predicazione del Battista (cap. 3).
Il momento decisivo della vicenda sta nel riconoscimento di quell’uomo che “veniva da Nàzaret” in quanto “il Figlio amato” che avrebbe compiuto volentieri la volontà del Padre e questo sarebbe stato sia l’ostacolo a fidarsi di Lui, sia la sua stessa consapevolezza nello svolgere la sua missione (cap. 3 – 4).
Ancorati alla storia passata e aperti al “nuovo” i cristiani di tradizione giudaica avvertivano “il passaggio epocale” che umanamente e storicamente costituiva la vicenda messianica di Gesù e ne collocano l’esordio in un luogo “aperto” [la riva del mare], contaminato dagli stranieri e da commerci di ogni tipo [nel territorio di Zàbulon e di Nèftali], straniero per lui stesso [lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao] (Matteo 4,12-22 - Evangelo domenicale).
In queste brevi annotazioni non troviamo solo dei passaggi geografici… ma teologici, accreditati dalle profezie di Isaìa (8,23- 9,1) – I lettura, che sono già di per sé l’invito evangelico ad un cambiamento di mentalità [conversione] nell’accogliere una presenza di Dio [regno] che si fa vicina a noi, a tutti.
Questa prossimità è descritta dai suoi passi sulla spiaggia del mare/lago di Galilea, di Tiberiade o di Gennèsaret, dalla sua partecipazione alla vita quotidiana dei pescatori, dal suo sguardo su di loro che non esitano così a lasciare reti e legami familiari per seguirlo: sono Simon Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni.
Avranno raccontato loro stessi questa storia?
Comunque è il paradigma di tutti noi che nella quotidianità, spesso routinaria e banale abbiamo la possibilità di incontrarlo, nei nostri territori stranieri anche per noi a volte e per nulla “predestinati” se non a subire deportazione, considerati semipagani.
Nei territori dove oggi, come allora marginali e periferici, albergano soltanto le tenebre e la morte, tra gente malfamata “una luce è sorta” ed illumina l’esistenza dei più poveri chiamandoli ad una vita nuova che nuovamente li orienta verso il futuro del mondo.
Dovunque i credenti si avventureranno, in luoghi segnati drammaticamente, sperimenteranno che già prima erano abitati da una presenza silenziosa ma efficace di vita [lievito] e questo cambierà tutto, anzitutto il modo di pensare e di valutare ogni situazione, e spingerà a nuove e impensate esperienze che daranno alla propria esistenza un valore insperato.
Ambientazione liturgica
In questa “Domenica della Parola” sperimentiamo che anche noi, come quei primi rozzi discepoli o Paolo, il dotto e influente esponente del fariseismo, siamo chiamati a diventare puramente “relativi a Gesù di Nàzaret”: cioè la nostra umanità piena emerge e si manifesta nel rapporto con Lui e la sua esistenza di Figlio in mezzo a noi; il nostro posto nella storia, il nostro compito sarà a vantaggio degli altri… in riferimento alla sua Parola (1Corinti 1 – II lettura).
Questa è la forza che emerge ogni volta dalla Liturgia della Parola: gente comune, perfino disprezzabile, diventa testimone ed annunciatrice della buona notizia che è possibile ri-orientare la propria esistenza in vista dell’amore, accolto e ricambiato, condiviso… camminando nella luce, una luce che dilata gli occhi al sorriso a gente ripiegata sul proprio vuoto, che rende improvvisamente chiare e semplici realtà che la penombra gonfiava di fantasmi paurosi (Salmo 26).
Vivere alla/nella luce dell’Amore, un invito a seguirlo! [COMUNITÀ DI VIBOLDONE]
Preghiamo con la Liturgia
Padre,
nel tuo Figlio ha fondato la tua Chiesa
sulla fede degli Apostoli,
fa’ che le nostre comunità,
illuminate dalla tua parola
e unite nel vincolo del tuo amore
diventino segno di salvezza e di speranza
per tutti coloro che dalle tenebre
anelano alla luce.
Amen
Il racconto evangelico Matteo inaugura la predicazione del Nazareno "quando seppe che Giovanni [il battezzatore] era stato arrestato", un momento dunque drammatico, nel quale la prima reazione sarebbe stata quella di starsene tranquillo a Nàzaret. Invece Gesù lascia le sue sicurezze famigliari ed il suo paese per trasferirsi a Cafarnao e starsene ritirato nella Galilea (4,12-16). Si tratta di iniziare una nuova vita da espatriato, in una "terra straniera" abitata anche da stranieri, considerati "bastardi", sulla riva del mare... il luogo più prossimo al "male" che egli combatte prendendosi cura di tutti coloro che erano contaminati vv. 23-25). Prima di annunciare con le parole "il regno di Dio vicino", è Lui stesso che si fa "prossimo" di coloro che gli altri ebrei scartavano considerandoli inavvicinabili. E tra questi chiama a seguirlo dei pescatori che Egli intende trasformare perché facciano quello fa Lui, salvare: "tirar fuori dal mare/male" altra gente (v. 19).
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