sabato 13 aprile 2024

Vicina è la PAROLA 14 aprile 2024: III Domenica di Pasqua - Guardare… toccare… mangiare

Vicina è la PAROLA 

14 aprile 2024: III Domenica di Pasqua

Atti 3,13…19 / Salmo 4
1Giovanni 2,1-5
Luca 24,35-48

Guardare… toccare… mangiare
Guardare ma non toccare è una cosa da imparare” era la filastrocca che mi ripeteva mia madre ogni volta che dovevamo andare a casa di qualcuno.
Sarà anche per questo che, crescendo, mi è rimasta una certa inibizione al contatto fisico anche se ne ero attratto…
Ho poi capito, e con una certa fatica appreso, che l’amore richiede ti toccare l’altro/a, non solo di guardalo/a con desiderio e fascino… addirittura di gustarne il sapore come si esprime il Cantico dei Cantici in 4,1-15 e Tommaso d’Aquino nel suo Adoro Te: “te illi semper / dulce sapère”.
È un’esperienza a 360°, carnale nel senso di personale che dallo sguardo entra nell’anima e nella mente.
Ermeneutica evangelica di Luca 24,35-48
Riascoltiamo la seconda parte di Luca 24,13-48 (già proclamato fino al v. 35 la sera di Pasqua e il mercoledì / giovedì dell’Ottava) rispettando così i due movimenti interni al racconto: discesa delusa da Gerusalemme ad Emmaus (vv. 13-32) e ritorno gioioso con la sorpresa della reciproca testimonianza di aver incontrato il Risorto, ed ora della sua nuova manifestazione in persona tra loro (vv. 33- 48).
Il racconto segue uno schema analogo a Giovanni 20,19-29. 
Stupisce davvero quante cose siano capitate “in quello stesso giorno” ed il percorso liturgico dell’Ottava di Pasqua ci dà un quadro completo, anche se plurale, dell’esperienza originaria e fondante del Risorto da parte dei discepoli.
I due, appena tornati da Emmaus, stanno ancora raccontando agli altri quando “Gesù in persona” irrompe “in mezzo a loro” (v. 36 cf v. 15). Nemmeno il tempo di fiatare, di confrontarsi, di riflettere… tutto avviene quasi in modo concitato: il Risorto fa breccia con il suo saluto “Pace a voi” (cf Gv 20,19) e anche qui il saluto è connesso poi col “il perdono dei peccati” (v. 47). 
Adesso dovrebbe tornare la calma, ma non è così perché i discepoli si dimostrano “stupiti e spaventati: credevano di vedere un fantasma” (v. 37). Allora siamo tornati indietro?! (cf Mc 7,49; Mt 28,17). Perché reagiscono così? 
È Gesù stesso a farlo notare: “Perché siete turbati e sorgono dubbi nel vostro cuore?” (v. 38).
L’evangelista sembra scusarli: “Poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti” (v. 41). Sorprendente!
Allora Gesù esibisce i segni fisici: le ferite della crocifissione attestano che è veramente Lui e non un fantasma (cf v. 39); i verbi usati “toccare… guardare” sono gli stessi del racconto di Giovanni 20,25.27 riguardo a Tommaso, anche il “mangiare” con loro (vv. 41-43) lo ritroviamo al capitolo 21,9.13: l’esperienza del Risorto è sensoriale, non intellettuale e questi sono anche chiari riferimenti eucaristici di Luca come già in 24,30.35.
Tuttavia è decisivo il ricorso alle Scritture che lo riguardano: aprì la loro mente all’intelligenza” (vv. 44-46; cf 25-28.3; Gv 20,9): il Risorto si fa riconoscere “spalancando i loro occhi… scaldando i cuori… aprendo le loro menti”. Egli compie le Scritture, testimoni della storia salvifica di Israele fatta di promesse e di elezione, di alleanze e di tradimenti, di fedeltà e di prostituzione, di rivelazione e non-senso. È una pienezza che colma ogni lacuna e riscatta dall’oblio del tempo, rendendo attuali per ogni essere umano anche le esperienze religiose di ogni civiltà e la fede di ogni popolo: “Cristo Verità” le rende credibili e veritiere.
“La luce mattutina dell’alba di risurrezione illumina tutto e riporta a vita nuova pagine chiuse e ormai polverose: Cristo vive e fa rivivere; l’oggi rivela un passato ‘proteso’ verso compimenti insperati e fecondità impossibili. La vittoria dell’amore ci libera definitivamente e ci rende testimoni di questa integrità nuova” (Comunità Monastica Viboldone).
Ora sono i discepoli che devono annunciare che è possibile cambiare il modo di vedere l’esistenza umana, di sentirsi amati e perdonati, da testimoni dell’incontro con il Risorto (cf vv. 47-48 cf Gv 20,23).
Tutto questo ci riporta a noi, ai nostri dubbi, alla nostra incapacità di riconoscere la presenza del Signore in mezzo a noi, di fare della sua Pace la nostra forza. La risurrezione è “l’evento di una persona: Cristo; credere alla risurrezione è aderire a Lui… Vivere la risurrezione è entrare nel suo itinerario, ripercorrere la sua strada, passare con Lui dalla morte alla vita” (E. Ghini).

Ambientazione liturgica
Il nostro “oggi” anche liturgico è quello dello “stesso giorno” della risurrezione o della pentecoste in cui l’annuncio apostolico compie ogni speranza personale e storica in modo imprevedibile e sconvolgente: l’oggi del Risorto annunciato, dalle promesse passate e da Lui illuminate e rese vitali per il futuro di tutti e non solo di Israele, continua ad operare nell’esistenza inferma di un paralitico come del popolo che lo ha “messo a morte”, perdonandolo [Atti 3 – I lettura].
La vicenda di Gesù, in cui il Padre interviene ribaltandone la sorte [AttiSalmo 4], svela il senso della lunga esperienza di Israele non come una casualità, ma compimento di un progetto finalizzato… “per i nostri peccati”; il che testimonia la potenza dell’amore che li rende inconsistenti [1Giovanni – II lettura].
Il Risorto lo attesta ai suoi e li “abilita” a rendere la sua risurrezione l’inizio di un’esistenza nuova nell’amore che ha vinto la morte, impregnata di fecondità impossibile, di perdoni immeritati nelle nostre tragedie umane ancora soggiogate dall’egoismo e dal male… eppure inevitabilmente sospinti sulle sue tracce e attratti dalla sua presenza familiare, conviviale [Evangelo].
Anche ascoltiamo le sue parole, a volte dure, difficili, enigmatiche che piano piano si fanno più chiare; mangiamo con Lui, di Lui e diventiamo Lui… risorti, liberi dalle nostre passate paure, sciolti dalle nostre schiavitù, testimoni che tutto l’umano si compie, si ricostruisce e si rinnova in una perenne esperienza di vita.
Questa è la prima e fondamentale conversione e trasformazione che Egli vuole operare in noi: rendersi presente alla nostra esistenza come persona, una reale vicinanza fatta di delicatezza e di tenerezza, di un amore sempre ancora “ferito”, che con la sua povertà e fragilità si ritira e ci attira, che ci nutre di sé. Il nutrimento offerto a noi è quello della sua Parola e del suo Pane che ci trasformano, rendendoci testimoni di un amore che perdona e rinnova.
Quando saremo ancora una volta sopraffatti dalla paura e dall’incredulità, anche di fronte ai segni più evidenti, egli si offrirà a noi, ancora una nuova volta rassicurandoci “Sono proprio io!” (v. 39b) e questo potremo condividerlo con tutti coloro che lo cercano.

Preghiamo 

O Padre,

che dalla gloriosa morte del tuo Figlio

hai fatto scaturire la riconciliazione e la pace,

apri le nostre menti all’intelligenza delle Scritture,

perché diventiamo testimoni dell’umanità nuova,

pacificata nel tuo amore.

Per il nostro Signore Gesù Cristo.

Amen.


venerdì 5 aprile 2024

Vicina è la PAROLA 7 aprile 2024: II Domenica di Pasqua Guardare dentro… per vedere oltre

Vicina è la PAROLA 






7 aprile 2024: II Domenica di Pasqua

Atti 4,32-35 / Salmo 117

1Giovanni 5,1-6

Giovanni 20,19-31


Guardare dentroper vedere oltre

È questa la convinzione sempre più forte nel guardare la mia esistenza ferita ed ancora incerta nella fatica di “andare oltre” un fallimento, una delusione… 

La tentazione è di volgere frettolosamente lo sguardo altrove per non rivivere quel disagio o quella sofferenza già provata… 

Non è quello che siamo tentati di fare ogni volta che siamo raggiunti dalle immagini di un pianeta devastato, delle rovine sotto i bombardamenti e dei corpi dilaniati?!

“Fermare l’immagine” per cercare dove si nasconda ancora la Vita; da dove possa venire un tenue raggio di luce che ce la faccia scorgere con stupore e meraviglia, così da poter dire anche noi: “Non è qui… è risorto!”.

Ma è proprio “da qui” che inevitabilmente dobbiamo passare, senza scorciatoie o “uscite di sicurezza”, calpestando macerie e raccogliendo cadaveri spiaggiati in questa deriva dell’umanità.

Seppure inermi, quasi a vincere una irresistibile “forza di gravità”, occorre tendere le nostre mani tremanti protesi verso ciò che più ci fa male, dove anche il cuore sanguina.

Leggo da Boris Pasternak

Ma il libro della vita

è giunto alla pagina più preziosa 

d’ogni cosa sacra;

… e il terzo giorno risorgerò; 

e, come le zattere scendono i fiumi,

in giudizio da me, 

come chiatte in carovana, 

affluiranno i secoli dall’oscurità. (da “L’Orto del Getsemani”)


Contestualizzazione evangelica di Giovanni 20,19-31

Ficca il tuo dito e guarda; allunga la tua mano e mettila…” dice a Didymos, “il nostro gemello, la voce familiare del Maestro che riecheggia ancora fino a noi (v. 27a).

Non tutto è spento, inerme… Lentamente, quasi impercettibile ritorna il battito vitale in chi “comincia a credere e continua…” (v. 27b) e da qui continuando a credere si comincia a vedere… e sempre meglio! (cf v. 29).

Così, solo persone “create nuove” dal suo Soffio vitale possono riconoscere nel crocifisso il risorto, ed accogliendo il dono della sua “Pace” come impegno e responsabilità a cominciare un mondo nuovo da un “modo nuovo”, riconciliato, di vedere per poter vivere nel perdono ricevuto e donato (cf vv. 19.22-23).

L’amore è all’origine della risurrezione e permette di “vedere dentro” quel corpo, nel nostro e in quello degli altri, “oltre”: 

nella morte fino alla vita, 

nella colpa fino al perdono,

nella divisione fino all’unità, 

nella piaga fino allo splendore, 

nell’uomo fino a Dio, 

in Dio fino all’uomo, 

nell’Io fino al Tu” (Klaus Hemmerle, Occhi di Pasqua).


Ambientazione liturgica

L’amore è quel che rende l’uomo un essere vivente. (Alberto Maggi)

Il corpo trafitto e glorioso del Signore che i primi discepoli, pur increduli, vedono e vorrebbero toccare, come Tommaso, narra in modo inconfutabile l’amore che ha sostenuto tutta la sua esistenza e che ora trasmette a loro come pneuma vivificante: Egli rende capaci di amare nel suo stesso modo, l’agape [Giovanni 5 – II lettura].

Il corpo risorto annuncia soprattutto un amore vissuto fino alla fine ed effuso come inarrestabile flusso che ora anima la vita dei credenti e delle comunità nella loro esperienza di compagnia e di fraternità [Atti 4 – I lettura].

Il mondo non penserà più a questo crocifisso, ma i discepoli lo vedranno vivo, risorto e glorioso”. (A. Nocent)

Uomini e donne interiormente rigenerati potranno dar vita a nuove relazioni, in una “nuova giustizia” evangelica, principio di una “civiltà dell’amore” di cui vi fa parte chi ama e non pretende un’appartenenza etnica o religiosa, non pone la difesa delle proprie frontiere ed i condizionamenti dal passato… protesa verso il futuro. (E. Borghi)

Guardare dentro per vedere oltre questa è l’esperienza di Tommaso che siamo chiamati a rivivere anche noi in ogni eucaristia e ne costituisce il suo insostituibile valore.


Preghiamo con la liturgia mozarabica

O Padre,

che a quanti ha acceso nel cuore

il desiderio della gioia senza fine,

offri il dono di celebrare insieme nel tempo,

il gaudio della risurrezione.

Posa benigno lo sguardo sul popolo raccolto

e ascolta la sua preghiera.

Infondi il tuo Spirito di fortezza

a quelli che nella fede hanno ritrovato la Vita;

prendi totale possesso dei tuoi fedeli

con la dolcezza della tua pace,

e fa’ che portiamo a frutto maturo

le elargizioni della tua grazia,

rispettosi di tutte le creature

che il tuo amore ogni giorno

riconduce alla vita. 

Amen”.


sabato 30 marzo 2024

VICINA È LA PAROLA Domenica di Pasqua/B

VICINA È LA PAROLA 
Domenica di Pasqua/B 


Marco 16,1-8 [notte
Atti 10,34.37-43 / Salmo 117 / Colossesi 3,1-14 
Giovanni 20,1-9 [giorno
Luca 24,13-35 [sera
Le Liturgie che abbiamo celebrato nei diversi giorni di questa “Settimana” possono darci  l’idea che tutto questo “prepari” alla Pasqua, mentre in realtà la celebrano interamente come unico  e indivisibile TRIDUO PASQUALE, e noi celebriamo la passione morte del Signore perché crediamo e viviamo nella RISURREZIONE inizio di una vita nuova, di una nuova storia e creazione che ha già  iniziato a coinvolgere gli esseri umani e quindi anche noi. 
Nel giorno di Pasqua germoglia in maniera delicatissima e segreta una speranza”. (D. BONHOEFFER
Possiamo infatti celebrare solo ciò che viviamo e crediamo. 
Credere e annunciare la risurrezione dai morti” [o “dalla morte] di Gesù il Nazareno è stato,  fin dai primi giorni dopo i tragici eventi, l’impegno principale dei suoi discepoli anzitutto a  Gerusalemme, e lo sappiamo dai “discorsi” di Simon Pietro riportati dagli Atti degli Apostoli, il che  attesta come già da tempo le comunità cristiane motivassero tutta la loro esistenza, la loro  testimonianza e slancio missionario partendo dalla risurrezione del Nazareno. 
Oggi, nella chiesa e nelle comunità cristiana non sembra avere la stessa centralità e forza  motivazionale, pensiamo solo come esempio alle nostre celebrazioni esequiali, soprattutto nella  predicazione e appunto da come affrontiamo la morte. 
In realtà non radichiamo la nostra esperienza cristiana nella risurrezione ed anche la nostra  narrazione al riguardo pone questo evento come previsto, ma improbabile “lieto fine” del tragico  epilogo del Nazareno e non tanto come “gioioso inizio” di una nuova e irreversibile storia che, da  quel mattino del “primo giorno dopo il sabato”, ha pervaso il cuore dei discepoli dilagando e  coinvolgendo la storia umana, addirittura l’intero universo. 
Voglio riportare un passo ironico e provocatorio di un autore che ha accompagnato la mia  formazione giovanile: 
“A partire dalla resurrezione la vita religiosa  
della maggior parte dei cristiani prende le ferie,  
le ferie di Pasqua. Si sentono disoccupati. 
Dal momento che non è più il caso di affliggersi col Signore,  
non c’è più niente da fare.  
La gioia li fa sentire spaesati. 
La Resurrezione li disorienta. 
Non ci si ritrovano.
Il Signore è lassù, nel cielo, felice, giubilato, pensionato,  
fuori portata, e loro continuano a vivere quaggiù  
la loro povera piccola vita…”. (LUIS EVELY
Anche noi cristiani nel nostro modo di organizzare la nostra esistenza, personale sociale,  abbiamo ceduto alla mondana consuetudine di celebrare “il fine settimana”, perdendo così  l’originalità innescata, fin dall’inizio del cristianesimo, del “primo giorno della settimana”  caratterizzato proprio dalla domenica. La settimana inizia, a volte tristemente, col lunedì facendo  prevalere la logica lavorativa su quella gioiosa della festa. 
La domanda è se sia possibile oggi, e quanto lo sia, dirci cristiani prescindendo dalla centralità  della Risurrezione di Cristo e cosa cambierebbe se così non fosse. Se dovessimo accorgerci che poco  si avverte della “novità” che essa comporta e del radicale cambiamento che essa ha inaugurato,  allora avremmo trovato un altro valido motivo all’attuale situazione “critica” di noi cristiani nel  mondo di oggi. 
Non basta sapere che il Cristo è risuscitato. 
Per credere occorre sperimentarLo vivo e vivificante”. (M. MAGGI
Gesù risorto si fa riconoscere soltanto da coloro ai quali  
la fede apre gli occhi…; vedere e credere nel Signore  
si iscrivono in una prospettiva cristiana:  
si tratta di vedere e di capire che Gesù  
è il Signore della risurrezione,  
di vedere e di credere che Egli è ormai con noi per sempre,  
che è il Figlio dell’Uomo entrato nella sua gloria”. (H.VAN DEN BUSSHE
Noi siamo nel “tempo della risurrezione”: essa è un evento di tale portata cosmica che “il  processo pasquale” è tutt’ora in atto, nel suo succedersi di “morte-vita” (cf Sequenza pasquale) e  trova nella risurrezione la sua continua spinta a procedere verso una pienezza sempre nuova di vita,  “di pienezza in pienezza” eppure non ancora definitivamente compiuta. 
Già nei primi secoli era avvertita questa novità “globale”: 
Voi siete venuti a incontrare il Cristo risorto. 
Ecco, contemplate ora la sua risurrezione. 
Sta qui il segreto della vostra felicità. 
(Egli) vi mostra ciò che vi interessa sapere  
intorno alla felicità…  
Non è questa terra il paese  
dove la felicità si lascia trovare. 
Egli ci invita alla sua magnifica tavola e ci dice:  
‘Io vi invito a partecipare alla mia vita 
in cui nessuno muore, in cui essere felici,  
in cui il nutrimento rinvigorisce 
e non lascia venir meno le forze’”. (S. AGOSTINO
Celebrare la Risurrezione 
La Liturgia pasquale traccia, anche nel suo tempo a seguire, un percorso di immersione e di  espansione e costituisce l’ambito nel quale la comunità e il singolo credente hanno la possibilità di  ascoltare l’annuncio pasquale, di celebrarlo e di accoglierlo come luce e forza per la propria  esperienza familiare e lavorativa, per il dono e l’impegno di testimoniare Gesù, il Crocifisso-Risorto  a tutti. 
Tutti diventano “prossimi”, soprattutto di fronte alle sfide esistenziali e alle questioni  perenni che a volte li assillano a livello personale e sociale come la sofferenza e la morte, le  ingiustizie e le violenze, i fallimenti dei progetti di vita e le proprie fragilità. 
Solo persone disposte ad amare fino alla morte 
possono costruire la vera società umana:  
sono individui liberi, che rompono con un passato  
per cominciare di nuovo, non più rinchiusi in una tradizione,  
nazionalità o cultura.  
La loro vita sarà la pratica dell’amore,  
il dono di se stessi,  
con l’universalità cui Dio ama l’umanità intera”. (E. BORGHI
«Noi crediamo in Gesù che venne a portare a pienezza la vita  
e crediamo in un Dio vivente che dà la vita agli uomini  
e chiede che gli uomini vivano in verità.  
Queste radicali verità della fede si fanno realmente verità, e verità radicali,  quando la Chiesa si inserisce nel mezzo della vita e della morte del suo popolo.  Con grande chiarezza vediamo allora che alla Chiesa,  
come a ogni uomo, si presenta l'opzione fondamentale della propria fede:  
essere in favore della vita o della morte.  
Con grande chiarezza vediamo che in questo non vi è possibile neutralità.  
O serviamo la vita dei salvadoregni o siamo complici della loro morte.  
Sta qui la mediazione storica dell'essenza fondamentale della fede:  
o crediamo in un Dio di vita o serviamo gli idoli della morte”. (+ O. A. ROMERO
Questo diventa ancor più vero quando noi celebriamo l’Eucaristia, in particolare la domenica,  “Giorno del Signore”, e nel Triduo Pasquale con il Tempo che ne segue. 
Così fa pregare la Liturgia mozarabica per il III giorno dopo la Domenica della risurrezione: “O Padre, 
che a quanti ha acceso nel cuore 
il desiderio della gioia senza fine, 
offri il dono di celebrare insieme nel tempo, 
il gaudio della risurrezione. 
Posa benigno lo sguardo sul popolo raccolto 
e ascolta la sua preghiera. 
Infondi il tuo Spirito di fortezza 
a quelli che nella fede hanno ritrovato la Vita; 
prendi totale possesso dei tuoi fedeli 
con la dolcezza della tua pace, 
e fa’ che portiamo a frutto maturo 
le elargizioni della tua grazia, 
rispettosi di tutte le creature 
che il tuo amore ogni giorno 
riconduce alla vita. Amen”.

Vicina è la PAROLA 14 aprile 2024: III Domenica di Pasqua - Guardare… toccare… mangiare

Vicina è la PAROLA   14 aprile 2024: III Domenica di Pasqua Atti 3,13…19 / Salmo 4 1Giovanni 2,1-5 Luca 24,35-48 Guardare… toccare… mangia...