venerdì 24 marzo 2023

VICINA È LA PAROLA 26 MARZO 2023 DOMENICA V QUARESIMA/A

VICINA È LA PAROLA 

26 MARZO 2023 

DOMENICA V QUARESIMA/

Ezechiele 37,12-14 / Salmo 129 

Romani 8,8-11 

Giovanni 11,1-45 

A causa della morte,  

noi uomini siamo come città senza mura. (EPICURO

Di fronte a questa insicurezza e alla precarietà che ingenera nella nostra mente e nel cuore  fino all’ansia…, siamo tentati di costruirci difese che oltre rivelarsi inutili, diventano anche barriere  tra noi e gli altri, tra noi e Dio, tra il nostro desiderio di vita e l’angoscia di perderla. Difenderci e  diventare così schiavi delle nostre paure si alleano, facendo sì che la nostra esistenza non sia più  vita, ma morte! Cercando di difenderci dalla morte ci allontaniamo così dalla vita. 

Gli uomini sono schiavi per tutta la vita  

a causa della paura della morte. (Agli Ebrei 2,15) 

Ma la morte, lo sappiamo bene, non è soltanto la perdita di esistenza vitale; la morte stessa  ci attanaglia quando ci abbandona la voglia di vivere o non ci sembra di aver più motivi per sperare,  o il futuro ci appare un muro invalicabile e il suo percorso una fitta nebbia impenetrabile. Ci sembra  di “morire dentro” quando ci sentiamo traditi, incompresi, umiliati, anche solo trascurati. Con un  amore che finisce, può morire la voglia di vivere e attanagliarci il desiderio di morire. 

Chi crede in me, anche se muore vivrà. Ci credi? (Gesù a Marta) 

Per noi umani vincere la nostra autosufficienza egocentrica è più difficile che per un razzo  superare la forza di gravità del nostro pianeta. 

Gesù è entrato nella nostra esistenza solo con amore e così ha fatto sua la nostra morte. L’amore del Padre, che mai delude Gesù come figlio, è forza attrattiva più forte della nostra paura. Abbiamo a disposizione solo l’amore come arma contro la morte e la nostra fede è il terreno  dove il seme della Parola di Gesù può portare il frutto della Vita. 

Lazzaro sia per te come uno specchio:  

contemplando te stesso in lui, credi nel risveglio! (IPPOLITO

Contestualizzazione evangelica 

Nel capitolo 11 del racconto evangelico troviamo il VII ed ultimo segno giovanneo, prima  dell’VIII, quello della risurrezione del Signore, anticipato in Lazzaro risuscitato. Nei precedenti capitoli, fin dal suo prologo, l’evangelista annuncia Gesù “Parola di Vita” per  ogni essere umano che crede in Lui (cf 1,4): Egli si dona come sorgente dell’acqua viva (cap. 4), luce  del mondo (cap. 9) e qui nel cap. 11 ancora Lui Vita che fa risorgere dalla morte.

Più Cristo si manifesta al mondo come Vita e come Luce, più è rifiutato” (cf 1,10-11) e tuttavia  compie “segni che lo rivelano”: fa rinascere (cf cap. 3), dona l’acqua viva (cap. 4) e il pane vivente  (cap. 6). Con questo VII segnoGesù sirivela e si proclamaResurrezione eVita(v. 25), ma richiamando dai morti  l’amico che giaceva nella tomba già da quattro giorni. 

I personaggi determinano la drammaticità di questo brano: Gesù con i discepoli (cf 11,1-16), Gesù  incontra Marta (cf 17-27) e poi Maria seguita da un gruppo di Giudei che la seguono (cf 28-37), la resurrezione  dell’amico Lazzaro (cf 38-44). La presenza sua dall’inizio alla fine dà unità a tutto l’episodio, mentre la  varietà degli attori dà vivacità all’azione. 

I luoghi dove si svolge la narrazione sono nominati dettagliatamente e utili anch’essi a delimitare  i diversi brani del racconto; essi però costituiscono soprattutto riferimenti “teologici” dell’operato di  Gesù. 

Per quanto riguarda il tempo cronologico in cui è collocato questo segno, tra la festa della  Dedicazione (cf 10,22) e la Pasqua dei Giudei (cf 12,1), ha anzitutto un valore teologico per  connotare le “opere” che Gesù compie e che l’evangelista evidenzia come pienezza del contenuto  di quelle antiche e in loro alternativa e contestazione sul modo in cui ormai venivano celebrate dalla  casta sacerdotale, prive di senso e di comprensione per il resto del popolo, e sulla loro  strumentalizzazione da parte del potere religioso e politico. 

Ricordiamo che proprio in occasione della Festa della Dedicazione, Gesù si era presentato  come il “buon/vero/bello pastore” che dà la vita per le pecore e non permette che esse siano rapite  dalla sua mano, perché così gli sono state affidate dal Padre (cf 10,29). Il segno che compie ora non  fa altro che evidenziare come nessun nemico possa strappare “i suoi dalla sua mano”, neppure la  morte: nella risurrezione di Lazzaro si manifesta la fedeltà del Padre attraverso Gesù. 

Forse sarebbe utile avere a disposizione uno schema che metta in evidenza una struttura  letteraria e tematica, ma qui non è lo spazio adatto. 

Appare una grande inclusione tematica dei vv. 4 e 40 che insinua la luce nella quale interpretare  la resurrezione di Lazzaro: è un segno che manifesta la presenza amorosa [gloria] gloria del Padre. 

Ambientazione liturgica: dal sepolcro erompe la Vita 

La vita in Cristo è risurrezione: passare da morte a vita. 

A noi, viventi ancora oggi su una “terra di morte” e disseminata di morti, Ezechiele annuncia,  come allora agli esuli scoraggiati in Babilonia il ritorno nella loro terra, una risurrezione animata dal  Soffio vitale di Dio [Ezechiele 37 – I lettura]. 

È lo Spirito del Risorto che vive nei cristiani e li rende persone vitalizzate, già risorte [Romani  8 – II lettura]. 

La risurrezione dell’amico Lazzaro da parte di Gesù che sta andando verso la morte è anticipo  della sua e annuncio della vita in Lui: risurrezione che non fa morire, mai! [Giovanni 11 – Evangelo]. Il battesimo, che i catecumeni si preparavano a ricevere, è infatti immersione nella sua  morte ed emersione a vita eterna in Cristo, sacramento di un’esistenza configurata al Signore  crocifisso-risorto. 

L’eucaristia che celebriamo è così sintetizzata nell’acclamazione: “Annunciamo la tua morte,  Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta”. 

L’ermeneutica battesimale di Gv 11 

Nelle precedenti Domeniche abbiamo celebrato Gesù Vita di ogni essere umano che crede  in Lui, come sorgente dell’acqua viva (III) e come luce del mondo (IV), oggi - la III degli scrutini dei  catecumeni - celebriamo ancora Lui Vita che fa risorgere dalla morte.  

Tuo fratello risorgerà” (v. 11,23).  

“Ora Cristo lo afferma alla Chiesa [ma non come alle sorelle…]: è con tutta la Chiesa, con  ciascuno dei suoi membri che hanno in sé la Vita, che Egli rivolge la sua preghiera al Padre.  La Chiesa si rivolge al catecumeno… come al cristiano: “Vieni fuori!”. 

Il Cristo e la Chiesa diranno: “Scioglietelo e lasciatelo andare”. Le bende del peccato e della  morte cadranno alla sola voce di Cristo e della sua Chiesa. Egli è la luce del mondo (vv. 9-10) e oggi,  per mezzo della Chiesa, Egli è risurrezione e vita del mondo (vv. 25-26).  

La Chiesa freme col Cristo davanti a Lazzaro, l’uomo peccatore, [non soltanto espressione di  un vivo amore umano e spirituale] e la sua preghiera lo libera dalle bende del peccato e lo rende  alla vita. La Chiesa deve sempre fremere quando vede le conseguenze della catastrofe iniziale del  genere umano [come Cristo Uomo-Dio sente il dolore profondo di fronte al fallimento della prima  creazione, di ciò che il peccato ha fatto dell’essere umano creato splendente di vita e di bellezza]. E  le vede in ogni istante, ogni volta che getta uno sguardo sul mondo e sui suoi membri feriti nella  loro vitalità” (A. NOCENT). 

Preghiamo con la Liturgia 

In questa domenica la Chiesa continua la preparazione prossima dei catecumeni al Battesimo  e prega su di loro e per loro: 

Padre della vita, tu che sei il Dio dei vivi,  

tu che hai mandato il tuo Figlio come araldo della vita  

per condurre alla risurrezione gli umani 

strappati al regno della morte… 

libera questi tuoi eletti  

dalla potenza apportatrice di morte…  

e che essi possano ricevere la vita nuova  

dal Cristo risorto  

e renderne testimonianza”. 

“Signore Gesù,  

che risuscitando Lazzaro dai morti,  

voluto indicare che tu sei venuto 

per dare la vita agli umani  

e che essi la ricevono senza misura,  

libera dal potere della morte  

coloro che chiedono la vita ai tuoi sacramenti;  

scioglili dal male, comunica loro la fede,  

che essi, vivendo sempre con Te,  

partecipino alla tua risurrezione”.

sabato 18 marzo 2023

VICINA È LA PAROLA 19 MARZO 2023 DOMENICA IV QUARESIMA/A CIECHI si nasce o si diventa?

VICINA È LA PAROLA 
19 MARZO 2023 
DOMENICA IV QUARESIMA/
1Samuele 16,1…13 / Salmo 22 
Efesini 5,8-14 
Giovanni 9,1-41 

CIECHI si nasce o si diventa? 
Una luce che non solo si fa vedere, ma ci fa vedere… oltre le nostre cecità e tutto ciò che  ostacola, impedisce lo sguardo disincantato sulla realtà, sulle persone. 
Vedere ciò che avviene sotto i nostri occhi, ciò che Dio opera. 
“Tutti siamo nati ciechi” e nonostante i nostri tentativi di raggiungere la verità saranno gli  incontri che faremo ad aprirci gli occhi oppure a far di tutto affinché non si aprano mai! “Riconoscere questa condizione di fondo che limita ogni nostra visione dell’esistenza, della  storia, del mondo e perfino di Dio, permette l’incontro con il Signore “il solo che è la luce, lui solo la  dà perché mandato dal Padre” (A. NOCENT). 
Lo sguardo che ci fa vedere 
Cosa ti impedisce di vedere  
quello che stai guardando? 
Qualcosa ti sta succedendo…  
Come?  
Quando? 
E se qualcuno, passando ti guardasse, ti vedesse… 
e tu girandoti, incrociassi il suo sguardo  
e potessi vederti… guardato?! 
Toccàti dal suo sguardo  
e vedersi in quegli occhi come per la prima volta, 
rinati da quello sguardo che ci fa dire: 
ci sei, ci sono… 
Luce! 
Contestualizzazione evangelica 
Il capitolo 9 si trova all’interno di una sezione di episodi ambientati a Gerusalemme, la Città  Santa, dove il “Figlio dell’Uomo” si rivela, si fa conoscere per “Colui che veramente è”. L’ambientazione è delle “Grandi Feste”: il Sabato, la Pasqua, le Capanne, la Dedicazione del  Tempio e, nuovamente la Pasqua.
Una grande quantità di luce caratterizzava la solennità delle Capanne, con falò, torce e  luminarie che avvolgevano la città di Gerusalemme in un’atmosfera straordinariamente luminosa. L’affermazione di Gesù in 8,12: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà  nelle tenebre, ma avrà la luce della vita», da una parte si collega col simbolismo della Festa,  dall’altra prepara al senso profondo dell’episodio dell’uomo nato cieco (cf 9,5). Nel racconto evangelico di Giovanni esso fa parte del “Libro dei segni” (capp. 2 - 12) il “VI  segno”: Cristo si manifesta al mondo come VITA e come LUCE, ma è rifiutato” (cf 1,10-11) e compie  “segni” che lo rivelano. È Vita egli fa rinascere (cf cap. 3), dona l’acqua della Vita (cap. 4) e il pane  della Vita (cap. 6). 
Anche in questo caso si tratta di un incontro personale, di un “reciproco riconoscimento” (cf  Nicodemo cap. 3; la samaritana cap. 4; il paralitico cap. 5; le sorelle di Lazzaro (cap. 11). Sono persone con cui Gesù instaura un dialogo su livelli diversi che spesso si intrecciano,  creando anche ambiguità e incomprensioni -in questo brano con le autorità religiose e addirittura  con i familiari- fino ad arrivare alla piena rivelazione ed al riconoscimento della fede da parte del  suo interlocutore. 
Ma lo “scontro” che emerge qui con “i giudei” riporta probabilmente anche la situazione dei  primitivi gruppi di credenti nella Palestina [Prosper GRECH]. 
Si nota subito come la guarigione dell’uomo nato cieco occupi uno spazio molto limitato e  non abbia nulla di miracolistico e di stupefacente (vv. 6-7), mentre tutto il racconto si svolge poi in  diversi dialoghi e interrogatori: dei vicini e conoscenti (vv. 8-12), dei farisei (vv. 13-17), dei genitori  (vv. 18-23), ancora dei giudei (vv. 24-34) e infine con il guarito e i farisei (vv. 35-41). 
Il clima è quello della crescente ostilità ed opposizione dei giudei nei confronti di Gesù,  poiché essi sono chiusi al cambiamento che Egli annuncia ed attua. Dalla loro posizione di  superiorità, etnica e religiosa, “giudicano tutti e tutto senza guardare alla propria interiorità (e degli  altri), nell’illusione di poter dare lezioni di fede, ossia di fedeltà a Dio e di comprensione, nella vita,  circa la verità religiosa autentica” (ALBERTO MAGGI). 
Più il guarito capisce cosa e come gli sia successo e più conosce quell’uomo Gesù (v. 11)  come un profeta (v. 17) mandato da Dio (v. 33) il Signore (vv. 35-37) e più gli altri si chiudono nella  loro incomprensione della realtà ed ottusità fino alla totale cecità (v. 41). 
Il difficile cammino compiuto dal cieco va in senso contrario a quello dei giudei: lo vediamo  accedere passo passo, con la sua rettitudine e con un ragionamento fatto di buon senso, a una  comprensione sempre maggiore dell'avvenimento di cui è beneficiario e della persona di Gesù, per  giungere, con una continua ascesa, fino alla luce della fede. 
Con i suoi occhi nuovi egli “vede” Colui che “avendolo visto” lo aveva fatto vedere, e così  diventa segno, simbolo della persona illuminata dal Cristo: un testimone della fede in Lui. Questo episodio del quarto evangelo sviluppa proprio uno dei capisaldi di Giovanni: vedere  per credere e credere per vedere, e ne rappresenta il faticoso cammino che troverà poi il suo culmine  nell’incontro del Risorto con il discepolo Tommaso (cap. 20). 
Perciò Gesù, scampato ad un nuovo tentativo di lapidazione all’interno del Tempio (cf 8,59;  come poi in 10,39), abbandona il luogo sacro e va incontro a chi ne era escluso [il cieco guarito],  rivelandosi così come il “vero pastore” che raduna le pecore disperse (cf Ezechiele 37), liberando  quelle racchiuse nel recinto dell’istituzione giudaica, cercando le escluse, per formare un unico  gregge (cf cap. 10). 
Ambientazione liturgica: nel tempio irrompe la luce che fa vedere 
La liturgia della Parola di questa domenica ci pone ulteriormente in una prospettiva  battesimale e pasquale, tipica di questo ciclo quaresimale “A”. Tutte e tre le Letture, infatti, accennano  in modi diversi al mistero d’illuminazione come passaggio dalle tenebre alla luce della vita che si  opera in noi tramite il Battesimo, nel quale veniamo inseriti nel mistero di morte e di risurrezione del  Cristo.
Chi segue il Signore è illuminato interiormente e, oltre le apparenze, inzia a vedere se stesso,  gli altri ed anche Dio alla luce dell’amore che da Lui è gratuitamente donato. [1Samuele – I lettura] Così l’esistenza si trasforma, diventa un cammino che, pur in mezzo alle difficoltà, poggia sulla presenza luminosa del Signore [Salmo 22]. Sulla via del bene anche noi diventiamo capaci di  azioni buone nella verità e per la giustizia [Paolo agli Efesini – II lettura]: non in un regime di  autosufficienza [cf i giudei dell’Evangelo] ma di fiducia nel Signore che è venuto incontro a noi  come al cieco guarito. 
Si capisce perché questo episodio evangelico costituisca uno dei capisaldi catechetici per la  preparazione dei catecumeni al Battesimo che vi saranno immersi e “illuminati”, per diventare  discepoli del Signore e suoi testimoni. 
Negli attuali esorcismi (cf RICA) la comunità chiede per loro, come fu per il nato cieco, “l’accesso per questa fede al regno della tua luce, libera … da tutte le illusioni che potrebbero  accecarli. Che essi siano fermamente radicati nella verità, diventino figli della luce e lo restino  sempre” e poi si conclude: “Signore Gesù, vera luce che illumini ogni essere umano, libera col tuo  Spirito di verità tutti coloro che … possedendo la gioia della tua luce, come il cieco restituito un  giorno alla chiarezza, siano sempre testimoni saldi e sicuri della fede”. 
Preghiamo con la Liturgia 
O Padre della Luce,  
tu vedi le profondità del nostro cuore:  
liberaci dal potere delle tenebre  
e apri i nostri occhi perché, 
illuminati dal tuo Spirito,  
vediamo Colui che hai mandato  
ad illuminare il mondo  
e crediamo solo in Lui, Gesù Cristo, tuo Figlio 
nostro Signore e nostro Dio. 
Amen.

VICINA È LA PAROLA 26 MARZO 2023 DOMENICA V QUARESIMA/A

V ICINA È LA P AROLA  26 MARZO 2023  D OMENICA V Q UARESIMA / A  Ezechiele 37,12-14 / Salmo 129  Romani 8,8-11  Giovanni 11,1-45  A causa de...