sabato 28 agosto 2021

“LE PAROLE… LA PAROLA” 29 agosto 2021 – XXII Domenica T.O. Liberi per AMARE

LE PAROLE… LA PAROLA” 

29 agosto 2021 – XXII Domenica T.O. 

Deuteronomio 4,1-2. 6-8 / Salmo 14 / Giacomo 1,17-18. 21-22. 27 Marco 7,1-8. 14-15. 21-23: Liberi per AMARE 

Da Giovanni a Marco: una felice inclusione 

Dopo aver ascoltato per ben 5 domeniche [dal 25 luglio al 22  agosto] il capitolo VI del vangelo di Giovanni, il discorso/dialogo di  Gesù sul vero cibo che può saziare la nostra fame di Vita, ora  ritorniamo al racconto evangelico di Marco

L’avevamo lasciato al 6,30-33 nella XVI domenica [18 luglio] e  ora lo riprendiamo al 7,1...23 nella XXII [29 agosto]. La sua narrazione della prodigiosa distribuzione dei 5 pani e 2  pesci alla folla di 6,34-44 è stata sostituita nella liturgia da quella  di Giovanni 6,1-15 [XVII domenica – 25 luglio]. Ci siamo persi  l’incontro di Gesù con i suoi discepoli sul mare in tempesta 6,45-52 narrato anche da Giovanni 6,16-21 che però abbiamo letto nel II  sabato del tempo pasquale; mentre 6,53-56 le guarigioni nel  territorio di Gennèsaret non hanno un riscontro nel quarto  evangelista se non un’allusione in 6,22-24.

 

[Il motivo dell’inserzione del capitolo VI del vangelo di  Giovanni è dovuto alla brevità di quello di Marco per coprire  l’intero anno liturgico e avvalla così la tesi, sostenuta da Rudolf  Schnackerburg, che il riferimento del quarto evangelico sia proprio il primo]. 

Marco fa notare Gesù che, “mosso dalla compassione per la  folla che era come pecore senza pastore” (6,34; cf Zaccaria 10,12;  Giuditta 11,19), “si mise ad insegnare a lungo la riva del lago” ed a  saziare in modo definitivo, “messianico”, la fame “esistenziale” di  ogni essere umano (così come la sete in Giovanni 4,14; 6,35, 7,38). 

La libertà ritrovata e subito minacciata 

Ancora di cibo si tratta in Marco 7,1…23 che ascoltiamo a  pezzetti in questa domenica, ma è solo il pretesto per una nuova  discussione tra il Messia nazaretano e le autorità religiose venute  da Gerusalemme. 

In realtà di cosa abbiamo più bisogno per vivere un’esistenza  umana dignitosa, che sia veramente tale, se non della libertà?! E quando ne siamo privati, è come se ci mancasse l’aria per  respirare (Piero Calamandrei), il pane per la sussistenza… Il Gesù di Matteo infatti “beatifica” la fame e la sete di  giustizia promettendo che saranno saziate (cf Mt 5,6). Ora Lui stesso è colui che “sfama” una folla sterminata  (5x1000!) con 5 pani e 2 pesci; eppure il suo gesto/segno viene  interpretato in senso economico/politico (“vennero a prenderlo  per farlo diventare re”; Gv 6,15). Egli contesta  quest’incomprensione di fondo (cf 6,26), chiarendo che la sua  “opera” in quanto Figlio del Padre è quella di donarci la sua stessa  Vita, il suo stesso rapporto filiale, che ci trasmette il vero senso  della nostra esistenza umana e costituisce la nostra vera libertà (cf  6,27. 32b-35). 

I farisei e i maestri della Torah, venuti apposta dal centro  religioso e cultuale giudaico, si oppongono proprio questa libertà acquisita ed ostentata dai discepoli del Nazareno con i loro  comportamenti anticonformisti e Marco, che scrive il suo racconto  evangelico per gente di tutt’altra provenienza culturale e religiosa, 

deve spiegare il perché di tale opposizione (cf vv. 3-5). Gesù nel rispondere si riferisce ad Isaia 29,13 (cf vv. 6-7) che  già ai suoi tempi aveva denunciato l’ipocrisia di certe pratiche  cultuali e lo spacciare convenzioni e consuetudini con “il  comandamento del Signore” (cf vv. 8-13). 

Per far capire a tutti la portata della sua opera messianica,  Gesù richiama tutta la folla e ribadisce quello che dovrebbe essere  ovvio ma che non è capito nemmeno dai suoi discepoli (cf. vv. 14- 19): “Ciò che esce di cattivo e di male dal cuore dell’essere umano  lo esclude dal rapporto con Dio e con gli altri” (cf vv. 20-23). 

Ora Gesù ha fatto in modo che fossimo “guariti e liberati  dentro”!1 

Liberi perché amati

La miopia degli interlocutori/oppositori di Gesù tradisce,  paradossalmente, l’autentica tradizione degli antenati a cui essi  vogliono riferirsi: attestazione e incessante attualizzazione della  “prossimità” del Signore loro Dio, unica e incondizionata “parola di  vita” che contiene il riconoscimento vivente del suo amore per il  suo popolo (Deuteronomio 4 – I lettura di oggi). 

“Si ripropone lo scandalo per la libertà di Dio e del suo  riflesso nel cuore dell’essere umano, con l’inganno – che ne  deriva – di scambiare i propri idoli con il Vivente, le proprie  formalità precettistiche che mascherano il difendersi da un  rapporto che non sopporta stasi con la Parola viva ed efficace,  con il comandamento unico che regola una “religione pura”:  l’amore! (cf Salmo 14). 

1Il tortuoso rapporto tra le prime comunità cristiana di origine giudaica con le loro tradizioni e  osservanze è attestato soprattutto nel racconto evangelico di Matteo e da Paolo in Galati 2,11-14;  5,1. 13-18; 1Corinti 6,13; Romani 14,17-20; Vedi anche Atti 15.


È questo il legalismo di ogni epoca e tradizione a cui si  oppone una pratica scomoda e sorprendente, che apre le  mani, pur sudicie ma fraterne, ad accogliere il dono della vita  nella purezza del proprio cuore grande, capace di “soccorrere  gli orfani e le vedove”, incontaminato da ogni logica mondana  di potere e di possesso dove si celano le autoassicurazioni  umane e gli alibi di ogni devoto. 

Ascoltare vuol dire fare (Giacomo 1,17 ss. – II lettura). Le uniche “mani pure” sono quelle “crocifisse” del Figlio  e noi “purificati” dal suo sangue (cf Ebrei) possiamo aprire le  nostre “misericordiose” e finalmente libere da ogni  formalismo e legalismo religioso che invece camuffa e  nasconde la paura di amare a fondo perduto con le sue  insicurezze, egoismi e difese subconsce”.

venerdì 20 agosto 2021

“LE PAROLE… LA PAROLA” 22 agosto 2021 – XXI Domenica T.O. Da chi andremo…?

LE PAROLE… LA PAROLA” 

22 agosto 2021 – XXI Domenica T.O. 

Giovanni 6,60-69: Da chi andremo…? 

Giosuè 24,1-2. 15-17. 18 / Salmo 33 / Efesini 5,21-32 

6,60-69 [70-71]: domenica 22 agosto 

Le mie parole sono Spirito e Vita. 




Dopo che la folla è rimasta perplessa alla proposta di Gesù (cf  vv. 30-31) e i capi dei Giudei litigando tra loro mormoravano (cf vv.  41.52), ora anche i discepoli protestano mormorando: “Questo  modo di parlare è inaccettabile; non si può sentire!” (v. 60),  dimostrando però di aver capito molto bene quello che Egli ha  voluto dire, e proprio per questo non accettano né il linguaggio e  nemmeno il contenuto del suo insegnamento,  

Gesù, infatti, ha dichiarati “tutti morti nel deserto” coloro che  hanno vissuto l’esperienza dell’esodo (cf vv. 49.58) mentre  promette “la vita incorruttibile e indefettibile a chi viene a Lui per  credere” (cf vv. 35-36.40.50.53-54.57-58). 

Emergono in questi ultimi versetti, apice dell’insegnamento di  Gesù a Cafarnao e della sua rivelazione “pane vivente che dà Vita come il Padre, il Vivente”, tutte le fragilità e le contraddizioni nel  gruppo dei discepoli: uno è un “divisore” e gli altri sono increduli  (v. 70); Gesù lo sa bene (v. 64), ma non si scompone, li provoca  sulla sua origine e sul suo destino divino (cf v. 61) e poi chiarisce  ulteriormente: “le mie parole sono Spirito e Vita”, “è lo Spirito che  dà Vita” (v. 62).  

La difficoltà ad accettare che Egli abbia parlato di se stesso  come “carne da mangiare” (vv. 53-56) si supera attraverso lo  Spirito che viene dal Padre, fonte di Vita (cf v. 57), Soffio vitale che  dà alla carne la capacità di trasmettere Vita, altrimenti inefficace; 


come Dio all’inizio creò con la forza della sua Parola e del suo  Spirito (cf Genesi 1,2b.3.26; 2,7). 

Anche le parole stesse di Gesù, così dure, trasmettono Vita perché sono animate dallo Spirito (cf v. 63; anche 3,5-7; 4,23;  8,26.28.38.47; 14,10; 17,8). 

Così il Padre, attraverso il Figlio Gesù e lo Spirito, continua la  sua opera “attrattiva” (cf vv. 43-47) e permette a chiunque di  andare da Gesù per avere Vita (cf v. 65; vv. 35-40). 

Molti dei discepoli non riescono a superare la difficoltà, non  si lasciano “attrarre” e “si tirano indietro e non andarono più con  Lui” che né cerca di trattenere o di persuadere in altro modo, ma  addirittura sfida i Dodici: “Anche voi volete andarvene?” (v. 66). 

Gesù non indietreggia, è disposto ad andare avanti da solo;  allora si fa avanti Simon Pietro con la sua attestazione di fede in  Lui, sua ma anche dei credenti e delle comunità che aderiranno al  messaggio evangelico: 

Signore, da chi andremo? 

Tu hai parole che danno Vita incorruttibile/indefettibile! E noi abbiamo creduto e conosciuto 

(cf 8,32; 10,38; 1Giovanni 2,3-5; 3,16. 19) 

che tu sei il Santo [Cristo, Figlio] di Dio!” 

 (vv. 68-69; cf 11,17

È la stessa professione di fede che i Sinottici collocano nel  mezzo della cosiddetta “crisi galilaica” e prima delle dichiarazioni  di Gesù sul suo tragico destino a Gerusalemme che susciteranno  l’opposizione dello stesso Pietro e il chiarimento sulle condizioni  per chi vuole seguirlo (cf Mc 8,27-30; 31-33; 34-38 e par.). 

La conclusione del capitolo 6, purtroppo non riportata nel  testo liturgico proclamato in questa domenica, vede protagonisti  soltanto i discepoli che sono stati coinvolti da Gesù fin dall’inizio  nella sua logica di condivisione e di servizio; essi ora capiscono ciò  che anche noi dovremmo comprendere: seguirlo vorrà dire  

“dedicarsi senza riserve al bene di ogni essere umano, mettendosi  al servizio dell’opera creativa del Padre, il suo amore”. “Masticando la carne di Cristo, lo Spirito impregna la  nostra umanità fragile e dolente, amante e protesa, avida di  gioia e di pace, ma questa masticazione consuma anche tutto  ciò che in noi deve essere frantumato perché il germe della  risurrezione si schiuda e dia frutto”. 

Contestualizzazione liturgica 

La durezza del discorso di Gesù nasce da quella della sua  incarnazione che si manifesta fino alla croce e la sua non  accettazione già nell’annuncio iniziale “il Verbo si fece carne… ma  io suoi non l’hanno accolto” (Gv 1, 14.11); permane nel suo stare  in mezzo a noi, nella nostra storia, in quella di tutta l’umanità.  

Gli stessi sacramenti, come l’eucaristia, non ne sono esenti; dovunque l’opera umana facilita oppure ostacola e chiede una  “conversione” alla mentalità di Dio. Come già per il suo popolo Egli  crea sempre nuove proposte di alleanza, sulla sua misericordia e  compiendola in sé, rilanciando ogni volta l’appello “scegliete  oggi…” tra la schiavitù ai vostri idoli (Giosuè 24,1-2. 15-17. 18 – I 

lettura di oggi) … e il Dio che in Gesù nazareno si è fatto servo! Solo lo Spirito che anima e vivifica la “Parola di vita fatta  carne… fatta pane” ci può far entrare nella sua sequela  riconoscendola come unica per la salvezza nostra e del mondo  intero. L’alternativa è separarcene, perseguendo le nostre vie con  il rischio di staccarci dalla realtà, anche dalle relazioni  interpersonali più intime, quelle sponsali, estraniandoci dalla vera  comunione con loro, quella che Cristo ha sigillato “donando se  stesso” (Paolo agli Efesini 5 – II lettura). 

La libertà nel seguire Gesù comporta un rinnovata scelta,  poiché continue sono le tentazioni di lasciar perdere, come davanti  ad un insuccesso o al un ulteriore fallimento.


Poi ci rendiamo conto che altrimenti non ci restano che miti  costruiti dalle nostre frustrazioni e oggetti trasformati in valori  assoluti. Siamo di fronte ad una Persona che con la sua Parola ci  interpella e con il suo Spirito ci anima e ci attrae, ma non può  costringerci, con il suo Amore ci seduce [possiamo leggere Osea 2,16-22 sia nei termini di sequela sia di rapporto sponsale in linea  con Efesini 5].

 

sabato 14 agosto 2021

“ESSERE CHIESA… PER FARE CHIESA” 14 agosto 2021 – Massimiliano Kolbe “Un Sinodo PER la sinodalità”

ESSERE CHIESAPER FARE CHIESA” 

14 agosto 2021 – Massimiliano Kolbe 

Un Sinodo PER la sinodalità” 

Sapevo che il titolo precedente “Sinodalità …senza Sinodo”  avrebbe suscitato diverse reazioni. 

Vorrei compensare sulla “necessità” di un Sinodo, non solo  sulla sua opportunità. Con questo intendo non solo l’evento con la  sua funzione “trainante” e motivazionale per rimettere in moto le  nostre migliori sinergie, il suo indubbio significato di “evento  celebrativo” [anche se lo stesso tanto atteso e disatteso “Sinodo  Panortodosso” ne ha mostrato clamorosamente i limiti pur in un  assetto ecclesiale essenzialmente sinodale1], la sua espressione di  partecipazione e coinvolgimento anche dalla base… 

Piuttosto sono convinto nell’affermare che non si può vivere  la sinodalità senza che il Sinodo sia lo strumento “normale” di un  nuovo “stile ecclesiale” a tutti i livelli. 

Sinodo non come “evento straordinario”, ma “tappa  periodica e normativa” di un nuovo assetto ecclesiale” dove le  persone diventino “soggetti sinodali” che camminano insieme tra  loro e con chi ha il ministero di animarli e guidarli in modo  “collegiale”. 

Ecco allora che “sinodalità” si coniuga con “collegialità”2 nei  vari ambiti comunitari e relazioni ministeriali e con “condivisione e  corresponsabilità” come più volte auspicato anche dall’episcopato  italiano3

Un ambito ed un livello che riguarda anzitutto noi ministri  ordinati, la nostra formazione e il nostro stile di vita e di azione  pastorale. 

1 Vedi quanto riportato in http://www.settimananews.it/tema/sinodo+panortodosso/

2 Su collegialità e sinodalità vedi Primato e sinodalità. Sulla circolarità tra la Chiesa, la collegialità  episcopale e il vescovo di Roma di ROBERTO REPOLE In Osservatore Romano, 4 marzo 20219.

3 Veli la NOTA PASTORALE CEI, Rigenerati ad una speranza viva. Roma 2007, nn. 23-24.

 

Vi è compreso il complesso e tortuoso meccanismo di nomina  dei vescovi. 

La funzione reale teologicamente significativa delle  Conferenze episcopali a tuti i livelli. 

L’organizzazione territoriale di una diocesi e di una curia con  tutti i suoi uffici, sia a livello nazionale che locale. 

La modalità di gestione della comunità parrocchiali e livello  pastorale ed economico, in cui sono coinvolti i consigli pastorale  ed economico. 

Roberto Geroldi

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