sabato 26 agosto 2023

Vicina è la PAROLA 27 Agosto 2023 XXI Domenica dell’anno/A Pietre vive… non sassi

Vicina è la PAROLA



27 Agosto 2023

XXI Domenica dell’anno/A

Isaia 22,19-23 / Salmo 137

Romani 11,33-36

  Matteo 16,13-20


Pietre vive… non sassi

Sei la mia roccia” sentiamo dire spesso in una coppia, ed è vero anche reciprocamente. Lo si è soprattutto quando l’altra/o avverte tutta la sua fragilità e non ha paura di smascherarla.

Guarda qua che roccia!” mentre lui ostenta la sua prestanza fisica o esalta quella del figlio davanti agli amici.

Ci identifichiamo con qualcosa di inanimato che però ci dà la sensazione della stabilità, della sicurezza, della forza. Ma anche le rocce franano, trascinando con sé a valle macigni e detriti…

La forza spesso non viene dall’apparente immobilità, ma dalla resiliente capacità di adattamento alle condizioni ambientali e questo, con i nostri insediamenti antropici e urbanistici, spesso lo abbiamo dimenticato: argini di muraglioni vengo spazzati via come fuscelli da furie delle acque in piena. Muretti a secco resistono da secoli, pietre e sassi ben incastonati apparentemente così fragili, frutto di maestria e di sapienza tramandata.

Persone che presentano una fragilità fisica disarmante sono capaci di trasmetterci vitalità e fiducia con la loro apparente condizione inerme, questo a conferma che il nostro bisogno di sicurezza non incontra sempre una risposta attesa e adeguata, ma ci espone al rischio di affidarci al di là delle nostre stesse capacità a qualcuno che ce ne offra la possibilità.

Anche in dinamica le forze funzionano così.


Contestualizzazione evangelica di Matteo 16,13-20

Ancora una volta il racconto evangelico di Matteo annota che l’insegnamento e l’operare del Nazareno è diretto a vari generi di malati, mosso da una compassione interiore (cf 4,23; 9,35-36; 14,13b-14; 15,32; 20,34). Ora la folla è diventata “ecumenica”: tutti, prima muti, glorificano lo stesso “Dio di Israele” la cui misericordia non ha confini e che si manifesta nella nuova condivisione dei pani (15,29-39).

Il capitolo 16 si apre con la richiesta di un segno divino da parte dei farisei e dei sadducei (cf 12,38ss.): Gesù li lascia e se ne va dando loro un’indicazione metereologica e costringendoli a cercare nella loro storia [Giona] i segni dell’azione di Dio (vv. 1-4). Successivamente mette in guardia i suoi discepoli dal loro insegnamento che li può subdolamente influenzare inducendoli a preoccuparsi ancora dei mezzi di sussistenza a loro disposizione [pani], piuttosto di una nuova sapienza di vita che li possa orientare nelle loro scelte evangeliche [lievito cf 13,33] (vv. 5-12).

A Cesarèa di Filippo, cantiere pullulante di nuove costruzioni in stile romano, davanti all’ingresso negli inferi, Gesù interroga direttamente i suoi discepoli sulla sua identità e la risposta “dogmatica” viene da Simon Pietro (vv. 13-16).

Pronuncia una “nuova beatitudine” del discepolo, non per le sue capacità umane [carne-sangue; figlio di Giona], ma in forza di una relazione “filiale” con il Padre (cf 11,26-27) che lo pone stabilmente “sasso sulla roccia”, fondamento stabile e affidabile della futura “comunità messianica” costituita da “pietre vive” (1Pietro 2,4ss.), nonostante la sua precaria umanità (vv. 17-18) come “casa sulla roccia” cf 7,24-25).

Per la fede delle prime comunità solo Colui che ha attraversato la morte e da risorto ha liberato dal potere degli inferi, può dare ad un essere umano “il potere” di trasmetterne autorevolmente il suo evangelo [legare e sciogliere] senza farne facile “propaganda” (vv. 19-20), vista poi la reazione dello stesso Pietro che, difronte all’annuncio della passione e morte, diventerà un “sasso di inciampo” (cf vv. 21-23)


Ambientazione liturgica

La Parola che ascoltiamo nell’assemblea liturgica è sempre azione critica di ogni potere mondano, non solo “denuncia” di un’usurpazione apre all’interno di un’istituzione umana ambigua, anche in un preciso momento storico fallimentare, una speranza assoluta di futuro. A questo ci vuole educare l’ascolto: chi ci può realmente salvare oltre le nostre capacità e pretese? [Isaia 22 – I lettura].

Un’altra umana istituzione che per secoli ha dimostrato tutte le sue ambiguità e contraddizioni? 

L’assemblea convocata anzitutto per l’ascolto [chiesa] è composta da persone che ne portano i segni e spesso le ferite, ma che “fondano” la loro umanità [carne e sangue] su quella di Gesù Cristo entrato nella nostra storia “consegnandosi” a noi [legare e sciogliere] per diventare “scarto vitale”, fondamento sicuro [pietra] per una vita più forte della morte [inferi]. È un potere vitale, capace di trasmettere, sempre e comunque, vita [Matteo 16 – Evangelo].

Nasce una nuova signoria, quella dell’amore fedele e misericordioso, giusto per chi sta “in basso”, a cui essere eternamente grati [Salmo 137] per esserne divenuti gratuitamente partecipi, non solo destinatari [Romani 11 – II lettura].


Preghiamo con la Liturgia

O Padre,

che nella tua Sapienza

hai posto il fondamento della tua Chiesa,

sulla solida fede dell’apostolo Pietro
dona a quanti riconosciamo in Gesù̀ di Nazaret
il Figlio del Dio vivente
di diventare pietre vive
per l’edificazione del tuo regno.
Amen.


domenica 20 agosto 2023

Vicina è la PAROLA 20 AGOSTO 2023 XX DOMENICA DELL’ANNO/A Oltre gli altri

Vicina è la PAROLA 

20 AGOSTO 2023 
XX DOMENICA DELLANNO/
Isaia 56,1.6-7 / Salmo 66 
Romani 11,13-15.29-32 
 Matteo 15,21-28 
Oltre gli altri 
Inclusione è il termine che utilizziamo per “fregiarci” di un atteggiamento accogliente, che  non escluda nessuno, anzi che dia spazio e valore a chi è “diverso”, e comunque svantaggiato.  Comunità inclusive soprattutto se cristiane, capaci di “interare” e di non fare sentire nessuno  escluso…; sarebbe un buon obiettivo, segno di apertura, in questo “cammino sinodale”. Quindi se noi ci apriamo, gli altri entrano… ma dove? 
Non era di qualche decennio fa lo slogan: “Gli ALTRI siamo NOI”?! (…anche il titolo di una  canzone di Umberto Tozzi) 
Credo che anzitutto tocca a noi saper entrare in una “nuova logica”, quella dell’Evangelo di  Gesù a cui tutti siamo chiamati, lasciandoci accogliere dalla misericordia (= viscere materne): non  abbiamo conquistato noi uno spazio che dobbiamo aprire agli altri!  
C’è un amore senza confini che ci raggiunge e ci abbraccia tutti e nel quale riconoscerci amati. Non siamo noi al “tornello” a verificare le credenziali di ingresso e nemmeno siamo noi la  “misura standard”. 
Chi ci “grida dietro” ci può aiutare a non crederci occupanti dei “primi posti”, ma forse  semplicemente quelli che dobbiamo tenere il posto libero a chi arriva dopo, per un ritardo che non  necessita di scuse o di spiegazioni. 
Contestualizzazione evangelica di Matteo 15,21-28 
“Con il capitolo 15, l’evangelo redatto da Matteo presenta il nuovo regime di vita introdotto  dalla predicazione di Gesù che si traduce nella condivisione e nella sovversione delle convenzioni  culturali e religiose (vv. 1-20)”. Nella religiosità giudaica emergeva infatti il rischio di un culto  formale, mentre la pratica di vita era lontana dalla volontà del Signore che paradossalmente sarà  compiuta dagli stranieri (cf Isaia 29,13 e 56.1 ss.). 
Anche le prime comunità cristiane di origine ebraica lo hanno sperimentato e questo, illuminate dalle memorie missionarie del Nazareno, ha fatto di loro una “chiesa in uscita”. I discepoli seguono il Maestro nei suoi “sconfinamenti” geografici ed esistenziali, incappano  in incontri inaspettati dove la messianicità di Gesù è già inspiegabilmente riconosciuta ed hanno così  la possibilità di confrontarsi con esperienze di fede a loro sconosciute ed addirittura scomode (vv.  21-24). 
“Ci troviamo, dunque, di fronte ad una svolta per il Nazareno e la comunità dei suoi discepoli” che ne segnerà il futuro: coloro che sono considerati “cani” (stranieri idolatri) e non possono 
“pregare” (secondo l’opinione giudaica) ma solo “abbaiare”, in qualche modo “costringono” Gesù  ad avvallare la genuinità della fede di “una donna cananèa” e ad operare una guarigione prodigiosa. Ora qualcosa è profondamente mutato anche nell’animo e nell’operare del Nazareno ancora  una volta indirizzato a vari generi di malati; ma anche da parte della folla divenuta ora “ecumenica”:  tutti, prima muti, glorificano lo stesso “Dio di Israele” la cui misericordia non ha confini e che si  manifesta nella nuova condivisione dei pani che viene di seguito raccontata (vv. 29-39). 
Ambientazione liturgica 
Capita che in alcune piccole assemblee faccia irruzione qualche volto sconosciuto, notato  con curiosità ed a volte interesse. Nella nostra siamo così abituati che non ci facciamo neppure caso,  sconfinando così nella totale distrazione e anonimato. Eppure questa eterogeneità dovrebbe darci  un respiro più ampio: come mai siamo qui; cosa ci unisce così diversi…? 
Anche se ci troviamo nel “nostro territorio”, in realtà è la Parola proclamata che abbattere ogni confine ed include tutti in un’unica “casa di preghiera” [Isaia 56 – I lettura / Salmo 66]. Ciò avviene oltre le nostre attese e i nostri progetti missionari, è opera della risurrezione del  Signore che tutti ci strappa dalla “disobbedienza” e ci fa sperimentare la “misericordia” [Romani 11  – II lettura]. 
Noi che mangiamo un solo Pane, pur essendo molti, siamo un Corpo solo” (1Corinzi 10,16- 17). È il ritrovarci all’unica mensa che ci fa superare distanze ed estraneità e diventare “casa di/per  tutti” (Giovanni 2,13-22). 
Preghiamo con la Liturgia 
O Padre,  
attraverso il tuo Figlio Gesù 
hai abbattuto l’inimicizia tra le creature 
e di tutti gli esseri umani 
hai fatto un popolo solo, 
rivestici dei suoi stessi sentimenti, 
affinché diventiamo eco delle sue parole 
e riflesso della sua pace. 
Amen.

sabato 12 agosto 2023

Vicina è la PAROLA 13 Agosto 2023 XIX Domenica dell’anno/A Onde

Vicina è la PAROLA

13 Agosto 2023
XIX Domenica dell’anno/A
1Re 19,9a.11-13a / Salmo 84
Romani 9,1-5
  Matteo 14,22-33
Onde
A tutti sarà successo di sentirci inutili, incapaci di aiutare qualcuno soprattutto a cui teniamo molto. All’inizio siamo presi dalla presunzione di essere gli unici a poter fare qualcosa e che senza di noi tutto sarebbe più difficile, insopportabile. Siamo animati da forti sentimenti di dedizione e di donazione. Poi, magari con il passare del tempo, la situazione si stabilizza ma siamo noi a destabilizzarci per il senso di inadeguatezza… tutto procede o precipita a dispetto di noi e delle nostre buone intenzioni. Siamo assaliti da sensi di colpa per non riuscire a fare nulla di più, soprattutto per essere immobilizzati dalla paura fino a rinunciare di fare qualsiasi cosa.
Come uscire da questo labirinto?
Io sto cercando di accettare i miei slanci temerari nell’affrontare con lo scafo delle mie capacità le onde contrastanti e le mie paure di affogare irrimediabilmente, di cui spesso mi vergogno, senza nascondermi.
Salvami… tu!” perché io da solo non posso farlo, nemmeno per gli altri a cui tengo tanto.
La tua mano, la tua voce, i miei dubbi… ogni tanto tornano: è una lotta mai finita, mai vinta da me ma da Te sì, una volta per tutte, per tutti.
Contestualizzazione evangelica di Matteo 14,22-33
Ancora una volta il contesto è problematico: il martirio di Giovanni il battezzatore (vv. 1-13a); la situazione di indigenza della folla numerosa che segue Gesù (vv. 13b-14; cf 4,23; 9,35-36, 15,32; 20,34) e per la quale sente compassione esponendo anzitutto se stesso, la sua vita donata dal Padre per le esigenze degli altri. Questo è il vero miracolo che solo un Dio che ama può fare in Gesù e per tutti, significato nella condivisione dei “cinque pani e due pesci” (vv. 15-21).
Una cura personale e continua per la folla di chi, come il Figlio si sente amato dal Padre in un rapporto esclusivo con Lui (vv. 22-23).
I discepoli, sono coinvolti a partecipare a quest’esperienza in modo singolare, quasi costretti dal Maestro a crescere nella fiducia in Lui, vincendo le loro paure, affinché il loro rapporto con Lui non sia frutto di suggestione ma reale (vv. 24-27).
È anche la situazione della comunità di Matteo, la barca che attraversa diverse prove e difficoltà (il vento), minacciata nella sua storia umana dal male (il mare), nella quale lo stesso Pietro viene vagliato in base alla sua fede (vv. 28-30). Poteva essere stata messa in discussione la sua autorevolezza, visti i suoi trascorsi (cf 26,69-75) ed aveva bisogno una conferma proprio dal Signore, l’unico che può calmare le turbolenze esterne ed interne alla comunità (cf v. 32; con altri tre episodi successivi).
In ogni caso la prova produce una fede in tutti più consapevole e matura che trova espressione nell’acclamazione comunitaria finale: “Davvero tu sei il Figlio di Dio!” (v. 33).
Il capitolo 14 si conclude con un riconoscimento di Gesù come Figlio di Dio capace di sanare tutti quanti stavano male anche solo toccando il lembo del suo mantello (vv. 35-36; cf Mc 5,23-24). Si tratta di epilogo originale, in cui i protagonisti si fanno “evangelizzatori”: la comunità del Risorto che viene confortata dalla sua presenza non può non invitare tutti a goderne i benefici.
Ambientazione liturgica
Anche “la barchetta” della nostra comunità solca i mari più tempestosi ed affronta onde che a volte rischiano di capovolgerla. La riflessione di papa Francesco nel fatidico 27 marzo 2020, in piena pandemia covid- 19, può valere per tutto quanto avviene nelle diverse parti del nostro pianeta, anche oggi: “Siamo tutti sulla stessa barca”.
Ritrovandoci per la celebrazione eucaristica non possiamo pensare di “ormeggiare” tranquilli per poi riprendere la navigazione… il Signore ci parla proprio nel mezzo della tempesta come a Pietro, perché vuole che ci sentiamo responsabili anche per gli altri [Evangelo].
Possiamo anche “fuggire” come Elia, ma saremo sempre raggiunti dalla sua Parola e dalla sua Presenza, lieve ma decisa che prevale su ogni mondana potenza [1Re – I lettura].
Sempre ci sentiremo amati come Paolo, pur scossi al fondamento delle nostre sicurezze, incapaci di dare certezze a noi stessi ed agli altri, esposti ai rischi di essere incompresi e travolti, eppure capaci di accogliere “la brezza leggera” dello Spirito effuso da Colui che sulla croce ha compiuto il suo essere-per-gli-altri, affidandosi totalmente al Padre pur sentito assente.
Siamo raggiunti dalla sua Parola sconvolgente e pacificatrice, [Salmo 84] che ci sentire solidali e unificati ciascuno responsabile per l’altro; possiamo sperimentare la comunione con Lui nella debolezza del suo Pane che dà a noi la forza del suo amore per sentirci sinceramente fratelli e sorelle.
Preghiamo con la Liturgia
O Padre, 
Signore dell’universo,
rafforza la nostra fede
con l’ascolto della tua Parola,
perché la sappiamo riconoscere
nelle profondità umane,
in ogni avvenimento della vita,
nel gemito e nel giubilo del creato.
Amen.

Vicina è la PAROLA 28 aprile 2024: V Domenica di Pasqua - I veri legami sono generativi: liberi!

Vicina è la PAROLA 28 aprile 2024: V Domenica di Pasqua Atti 9,26-31 / Salmo 21 1Giovanni 3,18-24 Giovanni 15,1-8 I veri legami sono gener...