sabato 25 novembre 2023

Vicina è la PAROLA 26 NOVEMBRE 2023 GESÙ SIGNORE - Umani

Vicina è la PAROLA 

26 NOVEMBRE 2023 
GESÙ SIGNORE 
Ezechiele 34,11…17/ Salmo 22 
1Corinzi 15,20…28 
Matteo 25,31-46 
Umani 
Non capisco se è per paura di esserlo fino in fondo o per la superficialità di non crederci  abbastanza, ma “essere umani” è il modo migliore per rimanere “esseri umani”. Solo salvaguardando quella degli altri tuteliamo la nostra dignità e la nostra immagine; riconoscendoci nell’indigenza altrui accogliamo le nostre fragilità e debolezze; identificandoci con  un “sono io…” e un “siamo tutti…” abbattiamo ogni distinzione e barriera, soprattutto diamo a noi  stessi la vera misura di ciò che siamo o vogliamo essere. 
L’altro sono io” sta alla base della vera solidarietà, esente da quel buonismo perbenista che  non ha nulla a che fare con la consapevolezza che il bene altrui è il meglio per me. Non è forse questo il più umano fondamento del “bene comune” e la traduzione più civile  del “qualunque cosa avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, l’avete fatto a me”?! 
Contestualizzazione evangelica di Matteo 25,31-46 
La terza parabola del capitolo 25 è l’ultimo “discorso” del Nazareno riportato da Matteo e il  risultato di una composizione complessa e sorprendente nel suo genere “escatologico” (cf Daniele  7,13; Apocalisse 19 e 20) in cui convergono diverse tematiche bibliche e alcune care all’evangelista (cf 10,23; 13,40-43.49-50; 16,27; 19,28; 24,30-31). 
Allo scenario “regale” si sovrappone quello “pastorale” di tradizione biblica (il “re-pastore” vissuto in modo esemplare da Davide cf 1 e 2Samuele), e quello del “giudice”. L’azione del pastore  che “separa” assume così un valore morale sull’agire “umano” verso chi è riconosciuto nella sua  indigenza come “il Figlio dell’uomo”, la cui identità è ora svelata: ogni essere umano, pur minimo  è suo fratello. 
Anche l’uso dell’aoristo greco rafforza il peso delle azioni passate (“avete fatto”) che  determinano l’oggi (“venite… ricevete”) in una prospettiva di futuro compimento (“verrà… siederà…  separerà… dirà”). 
La Torah ora è così compiuta senza più nessun alibi (cf 5,17-20); la “nuova giustizia”  adempiuta nella sua radicalità (cf v. 37; 5,20 ss.); l’immagine di Dio “fin dalle origini”, finalmente  svelata: quella umana! 
Quel “regno di Dio” annunciato all’inizio del racconto evangelico ora si manifesta  definitivamente come “l’evangelo” di una piena presenza del divino nell’umano.
Infatti “tutti” compaiono nella loro umanità in questo “giorno ultimo” ed a tutti viene  semplicemente ricordata la loro fedeltà umanitaria, non religiosa; non i loro atti di devozione ma le  loro “opere di misericordia” verso i “minimi”, riconosciuti fratelli e sorelle nello stesso amore che  rende tutti figli e figlie dell’unico Padre nel Figlio. 
La nuova comunità messianica si presenta così nella sua piena autonomia dalle radici  ebraiche e nello stesso tempo vera interprete di ciò che da esse è germogliato. 
Ambientazione liturgica 
La nostra assemblea liturgica ci vede radunati proprio dal “Figlio dell’uomo” che ci accoglie come suoi “fratelli e sorelle”, “benedetti del Padre”, per ridonarci con la forza della sua Parola il  senso della nostra umanità, la sua sacramentalità. 
Attorno a noi un mondo che ci lascia poche speranze ed anche la presenza di Dio forse ci  delude per il suo mutismo e immobilismo…, non è facile tenere a freno moti di ribellione: come può  condurci verso orizzonti migliori mentre altri umani ci portano alla rovina? [Ezechiele 34 – I lettura]. 
Che valore può avere ancora pregare, sapendo di essere pienamente appagati da colui che  ci nutre di sé e ci conduce alle sorgenti della vita pur attraversando “la valle oscura della morte”, ci  farà sentire accompagnati lungo tutta la nostra esistenza? [Salmo 22
Sì, poiché “Lui è la primizia” di un’umanità riconsegnata alla Vita per sempre da Colui che  dalla morte è risuscitato e per primo ha esposto la sua vita affinché tutti la riavessimo in pienezza  [1Corinzi 15 – II lettura] senza nessuna esclusione in un reciproco riconoscimento di figliolanza e di  fraternità per la maggioranza inedita, ma finalmente riconciliata [Evangelo]. 
È una “Parola ultima” che “chiude” il nostro “anno liturgico, più che nel senso di fine è di  “nuovo inizio”, quella di una nuova creazione nell’unica Signoria che ci eleva. 
Preghiamo con la Liturgica 
O Padre,  
hai costituito il tuo Figlio 
pastore del tuo popolo 
e signore dell’universo: 
che noi possiamo riconoscerlo  
nei più piccoli, 
fratelli e sorelle, 
affinché ci accolga ne vita piena 
e nella risurrezione 
Amen.

venerdì 17 novembre 2023

Vicina è la PAROLA 19 Novembre 2023 XXXIII Domenica dell’anno/A Fiducia

Vicina è la PAROLA



19 Novembre 2023

XXXIII Domenica dell’anno/A

Proverbi 31,10…31/ Salmo 127

1Tessalonicesi 5,1-6

         Matteo 25,14-30


Fiducia

Fidarsi e dare fiducia, non sempre si equivalgono.

“Io mi fido di te perché ti percepisco come affidabile… o perché tu mi hai dato segni di meritarla in qualche modo”. Un fido bancario necessita appunto di certe garanzie…

Fidarsi “a prescindere” non fa parte della nostra società commerciale e consumistica, e può intaccare anche le nostre relazioni più intime, con la paura di perderci o che qualcuno se ne approfitti.

Fidarci a fondo perduto è avventato o da irresponsabili, a meno che non sia l’amore a farci vedere l’altra persona capace di compiere ciò che ci sta a cuore; e poi non è proprio che quando ci sentiamo amati possiamo anche sentire di avere capacità, senza appunto necessariamente meritarla?!

Investire in amore è il più alto rischio ma, a ben pensarci, se è proprio l’amore a motivarmi che cos’ho da perdere se ho sperimentato proprio la gioia impagabile del dare, una gioia che si può condividere affinché sia piena, con tutti.


Contestualizzazione evangelica di Matteo 25,14-30

Questa è la seconda parabola del capitolo 25 che, dopo quella nuziale dei vv. 1-13, ritorna sulla similitudine del padrone/signore di casa più volte utilizzata da Matteo (cf 13,52; 18,25-34; 20,1-13; 21,40; 24,43-50). In essa l’evangelista vedere la figura di Dio stesso con diverse varianti e sfumature, dove i servi sono anzitutto i discepoli e in particolare Simon Pietro nei riguardi della casa, la comunità messianica.

L’ermeneutica d’insieme comprende il rapporto di Dio con tutta la creazione e con l’umanità; in particolare la storia con il popolo di Israele e quindi l’Alleanza. La comunità di Matteo in questa prospettiva prova a leggere anche la propria esperienza e le dinamiche interne che coinvolgono persone diverse ma che hanno in comune la tradizione giudaica.

Sia che si tratti del Creatore nei confronti degli esseri umani, sia del Signore Gesù verso i suoi discepoli e quindi dei credenti in Lui, ciò che emerge è la fondamentale fiducia nei “servi” che dà a loro sufficiente autostima da operare in piena autonomia e responsabilità (vv. 14-15), tanto da ottenere risultati insperati in due casi su tre (vv. 16-17). 

Nel terzo “servo” ciò che viene meno è proprio la fiducia nel suo “padrone/signore” e prevale la “paura”, tanto da comportarsi come un estraneo nei suoi confronti ed uno che non vuole assumersi nessun impegno (v. 18).

Al suo ritorno il “padrone/signore” si dimostra mosso dal desiderio di condividere con loro la sua gioia: oltre il compiacimento per l’intraprendenza dei “servi”, Egli ne ammira la relazione di fiducia con sé che, nonostante la distanza ed il passare del tempo, è qualitativamente e quantitativamente cresciuta in loro (vv. 19-23).

Mentre il terzo, che di lui sembra conoscere tutto, ne ignora la misericordia (vv. 24-25) e così riceve proprio quello che infondo si aspettava: durezza e solitudine, incapacità di condividere la gioia di chi ha ricevuto un dono e lo ricambia nella libertà e nella responsabilità (vv. 26-30)!


Ambientazione liturgica

La donna di Proverbi è lodata per la fiducia che il suo uomo pone in lei non solo per le sue innate capacità, ma come dono di Dio e fonte di gioia: in lei si manifestano la sua stessa affidabilità e tenerezza [I lettura]; così è nell’esistenza feconda di ogni credente, “benedetto” per la sua relazione di fiducia con il Signore [Salmo 127].

Lo sono stati i due apostoli Paolo e Sila che hanno affidato il futuro della giovane comunità di Tessalonica alla vigilanza e dei credenti, come ad una donna che sta per partorire: stanno per nascere figli della luce e del giorno [II lettura] e partecipi in pienezza della gioia messianica, la comunione con il Signore [Evangelo].

Il dono eucaristico, che viene costantemente offerto per noi e per tutti, ci trasmette questa potenzialità e nello stesso tempo un rischio che, se raccolto, ci fa sentire la presenza amorosa del Padre nonostante la distanza ed alimenta la sua attesa gioiosa. “Il nostro operare acquista valore nella misura in cui nasce da un rapporto, una relazione di disponibilità nell’amore, nasce dalla coscienza di aver ricevuto ciò che si è, che si ha e la capacità stessa di operare: perciò si pone nell’orizzonte della gratitudine, della gioia”. (CdV)

Per questo siamo qui nella celebrazione eucaristica e la Parola evangelica ci promette una pienezza traboccante, inimmaginabile frutto della fedeltà, dono di Dio.


Preghiamo con la Liturgica

O Padre, 

che affidi alle nostre mani
le meraviglie della creazione 

e i doni del tuo gratuito amore,
rendici operosi e vigilanti,
affinché facciamo fruttificare i nostri talenti
e così entriamo nella gioia

della comunione con te.

Amen.


venerdì 10 novembre 2023

Vicina è la PAROLA 12 Novembre 2023 XXXII Domenica dell’anno/A Responsabili

Vicina è la PAROLA

12 Novembre 2023
XXXII Domenica dell’anno/A
Sapienza 6,12-16 / Salmo 62
1Tessalonicesi 4,13-18
         Matteo 25,1-13
Responsabili
Il senso di responsabilità, soprattutto nei confronti degli altri, ci fa essere vigili e attenti verso di loro evitando distrazioni e superficialità. Possiamo anche preoccuparci o addirittura diventare ansiosi, che è sempre meglio di non importarcene nulla. Certo avremo anche dei momenti di assenza ma, appena ci riprendiamo, proveremo la stessa sensazione ed intensità di prima. 
Qualcosa è costante in noi e non ci permette di venir meno, di rinunciare… è come se ogni volta si trattasse di un appuntamento, di un nuovo incontro anche se imprevisto o ignoto. La responsabilità non è un compito da svolgere, è una chiamata quotidiana a cui rispondere, sapendo che non siamo mai abbastanza pronti ma almeno svegli e che potrebbe esserci una gioia inattesa.
Contestualizzazione evangelica di Matteo 25,1-13
Il capitolo 23 del racconto evangelico Matteo si introduce con un insegnamento rivolto dal Nazareno ai discepoli ed alle folle per non ricadere nel pericolo del fariseismo e di mettere il servizio al centro dello stile comunitario (23,1-12). Seguono 6 ahimè nei confronti delle autorità religiose che accanitamente si opponevano all’operato ed all’insegnamento di Gesù (vv. 13-33). La distruzione del Tempio di Gerusalemme (70 d. C.) viene riproposta come profezia di un destino inesorabile (vv. 34-36). A quel punto l’uscita di Gesù dal Tempio ne decreta la fine come “luogo sacro” per l’incontro con Dio e di Gerusalemme come “città santa” (23,37- 24,1-2). 
Il capitolo 24 si articola poi in una spirale di insegnamenti (vv. 3-14) che hanno come motivo trainante la fine del tempo/mondo, anche con accenti apocalittici, con cui si intrecciano anche esperienze attuali della comunità di Matteo: i falsi profeti e messia, le persecuzioni, le defezioni di molti (vv. 15-28).
I toni drammatici e tragici di questi “discorsi” sono rasserenati dalla prima parabola del capitolo 25 (vv. 1-13) che ci aiuta ad entrare nel vissuto delle comunità cristiane di allora di fronte al ritardo del tanto desiderato ed annunciato “ritorno glorioso del Signore”. L’ambientazione nuziale, quindi gioiosa, non attenua però il dramma di chi non è preparata all’arrivo ignoto dello “sposo”. Il sonno coglie tutte le partecipanti al corteo nuziale, ma le sagge hanno con loro una scorta di olio per la lampada, mentre le sprovvedute no (vv. 1-5). 
Non entro nell’interpretazione di dettagli anche importanti, voglio evidenziare piuttosto l’andamento della narrazione che conosce punti emblematici: l’arrivo improvviso dello sposo, mentre non si accenna alla sposa (v. 6); l’olio che va procurato per sé e non può essere condiviso (vv. 7-9); la chiusura definitiva della porta (v. 10); la vana richiesta di entrare (v. 11); il misconoscimento delle richiedenti (v. 12); l’esortazione finale a vigilare (v. 13).
Sono situazioni e atteggiamenti presenti nelle prime comunità del I secolo d. C., minacciate già allora da un certo rilassamento e demotivazioni, mancanza di responsabilità personale e facile affidamento all’impegno degli altri, un certo adagiarsi ad una routine comunitaria.
Ognuno a questo punto può fare le sue considerazioni personali e comunitarie.
“Non basta aver incontrato Gesù, occorre anche attenderlo perché spesso si nasconde nelle vicende quotidiane; nemmeno ci si può affidare a formali richieste, occorre maturare un saggio e rinnovato rapporto con Lui”.
Ambientazione liturgica
Dovremmo sempre stupirci di quanto siamo “attesi e cercati” mentre ci disponiamo a celebrare l’eucaristia. Ci vorrebbe un momento, nel nostro affannato convenire per la celebrazione, nel quale renderci conto di Chi ci aspetta alla porta e che girovagava già per le nostre strade cercandoci [Sapienza 6 – I lettura].
Allora l’accorata preghiera del Salmo [62] diventa sincera ricerca di Colui che spesso cerchiamo inconsapevolmente e di cui abbiamo bisogno come dell’acqua… come di cibi succulenti.
La Parola sazia la nostra sete e fame di conoscenza e soprattutto di vita facendosi Pane.
Così la nostra esistenza nella fede è riattualizzazione della perenne novità evangelica: l’avvento del regno che è prossimo. È sempre presente il pericolo di perdere il senso ultimo della vita che pure si è scelta, la pazienza, l’attesa, l’essere sempre pronti e aperti alla novità. “Non è l’amore quotidiano l’olio che ci rende capaci di apertura e disponibilità?” [Evangelo di Matteo].
Preghiamo con la Liturgica
O Padre, 
il tuo Spirito
Voce che ridesta il cuore,
nella lunga attesa dell’incontro con Cristo tuo Figlio,
faccia sì che non venga a mancare l’olio 
delle nostre lampade,
perché, quando Egli verrà,
siamo pronti a corrergli incontro
per entrare con lui alla festa nuziale.
Amen.


Vicina è la PAROLA 28 aprile 2024: V Domenica di Pasqua - I veri legami sono generativi: liberi!

Vicina è la PAROLA 28 aprile 2024: V Domenica di Pasqua Atti 9,26-31 / Salmo 21 1Giovanni 3,18-24 Giovanni 15,1-8 I veri legami sono gener...