venerdì 24 settembre 2021

“LE PAROLE… LA PAROLA” 26 settembre 2021 – XXV Domenica T.O. Marco 9,38-43. 45. 47-48 Siamo tutti Fratelli

LE PAROLE… LA PAROLA” 

26 settembre 2021 – XXV Domenica T.O. 

Numeri 11,25-29 / Salmo 18 / Giacomo 5,1-6 

Marco 9,38-43. 45. 47-48 

Siamo tutti Fratelli 


Sono dei “nostri” 

Sembra il grido di riconoscimento all’arrivo di alleati  difensori che salvano dai “nemici” o la distinzione in mezzo ad una folla mischiata: “Questi sì che sono dei nostri!”. 

Sarà per un istintivo senso di appartenenza o di difesa che  contamina le nostre convivenze per cui creiamo gruppi identitari,  apparentemente innocuo finché una minaccia non ci spinge a  serrare le fila e ad alzare barriere e reticolati, ad escludere chi  non la pensa come noi, non ha i nostri tratti somatici, viene da  altrove… quasi dall’ignoto: “Non sono dei nostri!”. 

È sempre la stessa paura a minacciarci, a bloccarci per non  andare oltre, incontro con braccia aperte e disarmate, senza  preclusioni o pregiudizi. 

I confini diventano muri insuperabili che respingendo ci  chiudono e ci privano della stessa libertà e identità che vogliamo  salvaguardare e difendere a tutti i costi: essere umani. 

È una delle tentazioni più gravi con cui anche la comunità  cristiana delle origini ha dovuto lottare, dimenticando lo stesso  trattamento ricevuto dai fratelli ebrei. 

Per primo, Pietro lo riconosce proprio in casa del pagano  Cornelio e lotterà affinché non avvengano emarginazioni: “Sto  rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone” (Atti 10,34). 

“Anche Giovanni, il discepolo umanamente più portato a  cogliere in profondità il valore dell’amore, ma anche – proprio  per l’incapacità umana alle misure di Dio – a stringerne, a  chiuderne i confini. Il Boanerghes, figlio del tuono, ardente nei  suoi movimenti vorrebbe imporre al Regno fattosi vicino le  insegne e le linee di demarcazione che a lui pare di discernere (Marco 9,38-43). 

Un solo bicchier d’acqua 

La salvezza tanto bramata consiste infatti nella liberazione dalle forze disumane, veri nostri nemici; la si discerne nella  gratuità di un bicchier d’acqua offerto “in nome” del Figlio  dell’uomo. 

Cosa consacra ogni azione umana come appartenente al  Regno, come portatrice di vita incorruttibile e soprannaturale? Chi accoglie, cura, veste, soccorre o visita un essere umano  non può farlo se non nel nome di Colui che l’umanità nostra e di  tutti ha fatta sua (cf Matteo 25,40). 

Chi non ama il fratello non può amare Dio che non vede”  (1Giovanni 4,20). 

Togliere, tagliare 

Le barriere e gli ostacoli che escludono vanno tolti, divelti  con forza; il modo “partigiano” di vedere Dio e l’altro va tagliato;  il prendere per non dare, il puntare i piedi sulle proprie posizioni  per non percorrere le vie di Dio e soprattutto c’è un cuore umano  che va trapiantato.


Contestualizzazione liturgica 

Ora voi ricchi…” (Giacomo 5,1-6 -II lettura odierna) di una  ricchezza che crea disuguaglianze, ingiustizie, miserie sempre  nuove che deturpano l’umano. La logica del “bicchier d’acqua”  può farvi breccia? 

E da “tagliare”, ostacolo al Regno della gratuità e del dono, sono i pugni chiusi perché le mani si aprano nel donare… Nel Regno presente, annunciato e attuato dal Nazareno, non  è più possibile quindi la pretesa di difendere uno spazio per/di  Dio da quello umano occupato da entrambi, ostaggio delle nostre  gelosie religiose (Numeri 11,29 – I lettura). 

Il Regno è più vasto di quanto cuore umano sappia vedere;  non è circoscrivibile. La prossimità di Dio non è misurabile dalla  logica umana, non si restringe all’interno di chiesuole di tutti i  tempi”.  

In passato era “extra ecclesia nulla salus”, oggi sono i gruppi che pretendono di essere chiesa “senza gli altri” (se non contro  anche nella liturgia e nella preghiera…) dimenticando che ogni  persona è già potenzialmente in Cristo in quanto essere umano! 

In preghiera 

Padre,  

che lungo la storia dell’umanità 

hai parlato al tuo popolo per bocca dei profeti, 

effondi il tuo Spirito, 

perché ogni persona sia ricca del tuo dono, 

e tutti, senza esclusione, siano partecipi delle meraviglie del tuo amore.

venerdì 17 settembre 2021

“LE PAROLE… LA PAROLA” 19 settembre 2021 – XXV Domenica T.O. Marco 9,30-37 Passando dal più in basso

LE PAROLE… LA PAROLA” 

19 settembre 2021 – XXV Domenica T.O. 

Sapienza 2,12. 17-20 / Salmo 53 / Giacomo 3,16- 4,3 

Marco 9,30-37 

Passando dal più in basso 

Al di là del limite 

“E di nuovo, per aiutarci a  capire al di là delle nostre paure,  il Vangelo di Gesù -il suo agire e  le sue parole- ritorna a  presentarci quel modo di essere  umani che più lo  contraddistingue e differenzia la sua da ogni logica umana:  l’ultimo, il più piccolo… il bambino”. 


Realizzarci in tutta la nostra umanità non prevede certo  questo obiettivo, per noi che tutto sommato cerchiamo sempre  di “puntare in alto”. 

Non è che Gesù si accontenti delle mezze misure o proponga  la mediocrità, è innanzitutto esigente con se stesso, determinato  nelle sue scelte personali e nelle sue proposte come abbiamo  ascoltato domenica scorsa in Marco 8,27-35. 

Il suo sguardo è “oltre” le apparenze e le previsioni più  drammatiche sul suo destino messianico; radicato nella storia del  suo popolo; aperto al futuro suo e dell’intera umanità, la  risurrezione (cf 9,1-13). Eppure sempre immerso nelle infermità e  limitazioni che rendono gli esseri umani incapaci di vivere in  armonia, nell’aiuto vicendevole, nella libertà e nella piena dignità  che invece lui restituisce come altro anticipo di risurrezione (9,14- 29).

Con il suo stile discreto e poco appariscente, ma molto  chiaro e determinato ritorna sul suo “segreto” che entra  decisamente nelle pretese ambiziose dei suoi discepoli e nostre. 

Anche noi non capiamo questo suo modo di ragionare e di esprimersi, abbiamo paura ad interpellarlo (9,30-32) e così,  partendo proprio dal luogo più basso e nell’intimità di una casa,  ma “diretto decisamente verso Gerusalemme, in un cammino  umanamente di solitudine che pure lo condurrà al vertice  dell’unità con i suoi, di nuovo deve tornare alle evidenze più  tangibili anche per noi, eppure che ci vedono paurosi e tardi  perché distanti dal valore che Lui dà a chi è insignificante  socialmente, all’ultimo posto, ma in realtà disponibile” (9,32-37). 

Accogliere 

In risposta a questa apertura che ci viene chiesta avviene  l’incontro con Colui che si è aperto e identificato con il più  piccolo, vincendo così il rischio e la paura di diventare  umanamente trascurabile. Questo è il Regno annunciato dal  Messia nazareno fin dall’inizio e la conversione che è richiesta. 

“Di nuovo il suo modo di essere viene così offerto come  dono di un nuovo rapporto tra di noi: con tenerezza, eco di cose  nuove, semplici, di promesse e speranze che costituiscono lo stile  del discepolo e del credente nel relazionarsi con gli altri,  esperienza del suo rapporto con il Padre, sconvolgimento ma  vero esaudimento del nostro desiderio di grandezza”. 

Contestualizzazione liturgica 

“Alle false prove di credibilità che l’egoismo umano e la  violenza impongono al Giusto, il servo del Signore [cf Isaia 50,4-9;  53] a colui che legittimamente si pretende Figlio di Dio (Sapienza  2 – I lettura odierna); al desiderio di possesso, di riuscita a prezzo  di lotte e morte, anche dell’esistenza altrui (Giacomo 3 - II  lettura); alle ostinate misure di grandezza messe in atto dai suoi  

discepoli, paurosi di entrare nella logica dell’Evangelo, Gesù  contrappone il segno disarmante, gratuito di un abbraccio che  sancisce la sua promessa di vita legata al servizio e all’ultimo  posto (Marco). 

Essere alla sequela del Figlio significa agire come servi, con  gli ultimi e come tali, come Colui che, sostenuto dalla forza  dell’amore del Padre, può raccogliere in sé il rifiuto dell’umanità e  dargli un nome nuovo di vita e di risurrezione”. 

In preghiera 

Padre, sorgente della vita 

che hai posto il tuo Figlio come servo,  

donaci la tua sapienza  

affinché, accogliendo i più piccoli e gli ultimi, 

lo riconosciamo presente in mezzo a noi.

venerdì 10 settembre 2021

“LE PAROLE… LA PAROLA” 12 settembre 2021 – XXIV Domenica T.O. Marco 8,27-33 Un solo Amore

LE PAROLE… LA PAROLA” 

12 settembre 2021 – XXIV Domenica T.O. 

Isaia 50,5-9 / Salmo 114 / Giacomo 2,11-18 / Marco 8,27-33 Un solo Amore 

Conoscendo Te... mi riconosco 

È proprio vero che non ti basta  una vita per conoscere a fondo una  persona. 

Eppure Gesù, fin dall’inizio  della sua esistenza pubblica in  Galilea e poi nelle altre regioni,  anche all’estero, non si è  accontentato di predicare  l’evangelo di Dio o di operare  guarigioni prodigiose, ha sempre  cercato di stabilire tra sé ed i suoi  interlocutori un rapporto di  reciproca conoscenza. 

Ha però diffidato dalle  definizioni facili o ufficiali, anzi ha  imposto il silenzio su questi tentativi, da chiunque provenissero  (cf Marco 1,34; 3,23; 5,41; 7,24.36; 8,26.30; 9,9).

Questo  atteggiamento è stato sufficientemente studiato e addirittura  definito come “segreto messianico”. 

Ma ognuno di noi ha i suoi “segreti” ed è proprio il confidarli  che stabilisce il grado di amicizia tra noi, una complicità che lega  poi le persone. 

Richiamato dall’evangelista Marco costituisce anche un modo per condurre ad una conoscenza di Gesù più libera e  consapevole la folla come i discepoli, i lettori credenti o ancora in  via di iniziazione come i “catecumeni”. 

Questo fa da “contrappunto” alla constatazione meravigliata  e stupita da parte di Gesù della difficoltà che riscontra nel capirlo  e nel fidarsi di Lui (cf 4,13; 6,6; 8,17.21); nonostante che Egli faccia di tutto per farsi conoscere, paradossalmente, trova più  accoglienza e fiducia dagli “estranei” (cf 7,24-37; 15,39). 

C’è una “chiusura di mente e di cuore” che Gesù fa fatica a  vincere, ad “aprire”: “Avete occhi e non vedete, avete orecchi e  non udite” (8,18 citando i profeti Geremia ed Ezechiele). 

Eppure non si arrende, la sua compassione per la folla che  non ha di che saziarsi, lo spinge a compiere un altro segno dopo  6,30-44 (cf 8,1-10) che non è accolto dai farisei ma nemmeno dai  discepoli (8,11-21). E dopo avergli condotto un sordomuto ora gli  presentano un cieco che Egli tratta nello stesso modo (cf 7,31-37;  8,22-26) ma la sua guarigione segue un percorso di progressivo  recupero della vista; due guarigioni che sono “segno” della  progressiva capacità dei discepoli e nostra di credergli. 

Ora è venuto il momento di affrontare di petto la situazione  e di mettere i suoi discepoli difronte alla realtà, senza più  tergiversare a costo di scontrarsi con una prospettiva non solo  imprevista ma addirittura scongiurata come esprimerà Pietro a  nome degli altri. 

Gesù incalza i suoi con interrogativi sulla sua identità, vuole  portarli ad uscire da risposte “religiosamente corrette”, li spinge  ad una loro personale attestazione (cf 8,27-30 – Evangelo di oggi)  che non può arrivare se non dopo la sua morte e risurrezione (cf  9,9-10). 

Infatti la risposta non giunge al termine di un processo  intellettivo ma esperienziale e non qualsiasi, ma del dramma  sconcertante della sua grande sofferenza e uccisione (cf 8,31- 32a). 

Comprensibile allora la reazione di Pietro, come di chiunque  altro difronte a tale scenario, un po’ di tutela e addirittura di  rimprovero che nasconde un rifiuto fino a frapporsi in mezzo 

quasi ad ostacolare il compimento della strategia divina abbandonando e quasi rinnegando il proprio ruolo di discepolo  che segue il maestro (cf 8,32b-33; 14,50-52). 

Riprendo una riflessione pubblicata a giugno 2021. Gesù si farà conoscere pienamente sono alla fine e  paradossalmente nella tragicità della umanità e nel  nascondimento della sua divinità, mentre in croce grida  l’abbandono del Padre (cf 15,33-39). 

“Così, il vangelo di Marco è il resoconto dell'inaudito e  incomprensibile amore incarnato di Dio, che in Gesù cerca e  trova l'uomo, superando ogni opposizione.  

Dato che ogni rivelazione diretta potrebbe condurre  soltanto a una fede nel miracolo, come quella che hanno  anche i démoni, Dio deve percorrere un cammino che porta  all'occultamento, anzi all'ignominia e all'abbassamento, alla  morte, come appare chiaramente, con sobrietà  impressionante, nel grido di Gesù: "Dio mio Dio mio, perché  mi hai abbandonato" e nell’affermazione che Gesù spirò con  un gran grido.  

La fede esiste solo come sequela. 

Il segno che questo miracolo può veramente succedere,  che la rivelazione di Dio raggiungerà il suo scopo, è costituito  da un simpatizzante estraneo al gruppo che seppellisce  Gesù; da un pagano, che come legionario non può  veramente aver sempre le mani pulite e che è persino  incaricato dell'esecuzione degli innocenti; da un paio di  donne, che si limitano ad aver paura e non hanno fiducia  neppure nelle parole dell'angelo.  

Questi, ma soprattutto i discepoli, che Gesù precede in  Galilea nonostante la loro più completa defezione,  segnalano il miracolo della comunità che viene, che il Risorto  stesso chiamerà all’esistenza e invierà nel mondo”. 

(E. SCHWEIZER) 

Contestualizzazione liturgica 

È sempre Isaia il profeta che interpreta meglio di tutti l’atteggiamento del “Servo del Signore”, nel senso messianico e di  discepolato. Nel passo odierno, “terzo canto” (50,5-9a), emerge  la decisione di affrontare la sofferenza senza cercare di scansarla  tutelando la propria esistenza incolume. 

Proprio nella sua estrema fragilità e debolezza sperimenta  però una forza dovuta alla vicinanza del Signore che lo fa  rimanere in un costante dialogo con Lui (cf Salmo 114), capace di  trasformare ciò che riteniamo inutile e dannoso, che gli consente  di esprimere tutta la sua potenzialità racchiusa nell’amore. 

Come può infatti l’Amore irrompere diversamente, in tutta  la sua energia e concretezza, dando corpo, mani e gambe alla  fede?! (Giacomo 2,14-18 – II lettura odierna). 

Siamo messi fronte un’opzione: riconoscere la signoria del  Signore per accettare la logica del suo amore per ogni essere  umano, la sua consegna nelle mani nostre e del Padre come  estrema incarnazione della sua misericordia. 

“Incontrovertibile confutazione di ogni schizofrenia, di ogni  falsa contrapposizione di amori”


sabato 4 settembre 2021

“LE PAROLE… LA PAROLA” 5 settembre 2021 – XXIII Domenica T.O. Marco 7,31-37 Un AMORE senza limiti!

LE PAROLE… LA PAROLA” 

5 settembre 2021 – XXIII Domenica T.O. Isaia 45,4-7 / Salmo 145 / Giacomo 2,1-5 /

Marco 7,31-37 Un AMORE senza limiti! 

Egli viene a salvarvi!” 


Abbiamo ancora negli occhi le immagini angoscianti  dell’aeroporto di Kabul con la folla ammassata alle recinzioni,  pressando in attesa di essere “salvati”. Le donne, i bambini, intere  famiglie… persino invalidi con le braccia alzate “al cielo”,  sventolando i documenti di lasciapassare e dall’altra parte del  mondo gli interventi televisivi dei leaders politici che con sdegno e  sfrontatezza continuavano a rassicurare: “Vi salveremo tutti;  faremo l’impossibile; non vi lasceremo soli…!”. 

Effettivamente è stato fatto l’incredibile: quasi 120mila  persone portate via verso la salvezza.  

Ma quale speranza per chi è rimasto? 

Continuano le promesse e gli impegni difronte al mondo  intero… ma chi potrà tenere accesa l’illusione, aperto anche solo  uno spiraglio per un’uscita di sicurezza?


Non molto diverse saranno sembrate le parole del profeta  Isaia rivolte ai suoi connazionali esuli in Babilonia nel VII-VI secolo  a. C., un grido di speranza pronunciato in un momento di grave  pericolo per il suo popolo eppure ricco delle immagini  naturalistiche più utopiche ma reali che mente umana possa anche  solo vagheggiare. 

Non sono rimaste però solo una promessa! 

Sono diventate un’esperienza umana, incredibilmente vicina  che “apre” occhi per vedere “dentro e oltre” le vicende storiche;  che fa ascoltare parole mai udite ed essere finalmente sentiti  squarciando afasie di ogni tipo (Isaia 45 – I lettura odierna). 

Nessuno più è straniero 

La Parola fatta carne si fa vicina, in una terra di stranieri,  all’umanità maledetta, disprezzata, agli “smarriti” più disorientati,  alla “terra bruciata”, la più malfamata a giudizio umano (Marco 7  – Evangelo). 

È un incontro “corpo a corpo” quello dell’Amore con ogni  essere umano che gli viene condotto, fatto di semplici gesti  potentemente animati e sostenuti da una profonda condivisione e  compassione; un sospiro che comunica il suo respiro e apre un  varco alla Vita in uno spazio nuovo, a “tu per tu”, diventando  sorgente di vita. 

Si mischia tra noi e in noi, con un desiderio di essere  inseparabilmente unito alla nostra segregazione per trapparci  fuori e farci uscire dalla nostra paralisi fatta di tenebre, di caos. 

Emerge dal silenzio dei suoi trent’anni a Nazareth e in una  terra straniera trova casa, piano piano prende forza ed irrompe  come un “vento impetuoso” sbaragliando ogni resistenza e  chiusura: Effatà, Apriti! 

È una “nuova creazione”! 

La stessa Parola che ha estratto fuori alla vita tutto ciò che  esiste, ora ridona vitalità a chi l’aveva perduta, strappa 


dall’isolamento con la sua attrattiva di comunione, spalanca a  nuovi orizzonti e relazioni, sovverte lo “status quo” di ogni  convenzione religiosa e sociale, ribalta ogni casta e privilegio  acquisito (Giacomo 2 – II lettura). 

Mio fratello è figlio unico… 

Chi è stato reintegrato ora non può più escludere; a chi è stato  aperto il cuore non può chiudere le mani; a chi è stato aperto il  cuore di Dio non può chiudere il suo trincerandosi dietro  opportunismi. 

Ancora una volta siamo messi in comunione con un Dio che si  fa povero affinché vinciamo la paura delle nostre povertà avvicinandoci a quelle degli altri (cf 1Corinzi 1,26-29). 

“È questa sua libera e inesorabile prossimità,  irremovibile e fedele (Salmo 145) ad aprire una libertà  inarginabile.  

Non è in nostro potere condizionare la sua misericordia.  Nostra è solo la vertà di riconoscerci poveri, smarriti,  sordi e ciechi, zoppicanti… 

Nostra è soprattutto la possibilità di aprirci alla speranza  contro ogni speranza, al coraggio difronte alla vita che è solo  un dono… senza pentimenti. 

Nostra è già ora la gioia di saperci amati e salvati,  “toccati” dall’Amore con il gemito del suo cuore e il calore  delle sue mani che hanno tolto ormai ogni sigillo e marchio di  esclusione 

Nostro e di tutti è il canto di lode che sgorga dalle nostre  gole rigenerate”.


Vicina è la Parola- La passione dell’Amore

Vicina è la Parola Domenica della Passione del Signore Marco 14,1- 15,47 Isaia 50,4-7 / Salmo 21 / Filippesi 2,6-8 Contestualizzazione e...