sabato 29 luglio 2023

Vicina è la PAROLA 30 Luglio 2023 XVII Domenica dell’anno/A Quasi per caso…?!

Vicina è la PAROLA



30 Luglio 2023

XVII Domenica dell’anno/A

1Re 3,5.7-12 / Salmo 118

Romani 8,28-30

    Matteo 13,44-52


Quasi per caso…?!

A volte ti succede di trovare, quasi per caso, quello che cercavi da tanto nella vita.

Oppure ti capitano cose che nemmemo immaginavi fossero così importanti per te, direi quasi determinanti; così come ciò di cui avevi veramente bisogno non sempre ti appariva chiaro fin dall’inizio ma tale si è manifestato piano piano.

Si verificano situazioni impreviste eppure provvidenziali che nemmeno lunghe ricerche e mille ripensamenti avrebbero potuto rendere tali.

Se ci pensiamo bene, molto spesso succede così e noi diciamo che è sorprendente, nel senso che la vita stessa ci sorprende sempre con i suoi risvolti imprevedibili e accadimenti che facciamo fatica a definire casuali.

Ma è la vita che ci parla, la nostra storia diventa una “parabola”, a volte paradossale, e ci stupisce che lo sia per noi e per chi la condividiamo: insieme proviamo la stessa visibile gioia, la gioia di aver trovato!


Contestualizzazione evangelica di Matteo 13,44-52

Le ultime tre parabole, molto brevi, del tesoro nascosto nel campo (v. 44) e della perla preziosa (vv. 45-46), della rete (vv. 47-48) chiudono la serie del capitolo 13.

L’allegoria finale spiega solo la terza (vv.49-50) sulla falsariga della zizzania (vv. 36-43), facendo riferimento ad un giudizio finale.

La conclusione ritorna sulla “comprensione” delle parabole come caratteristica tipica del discepolo.

Le prime due parabole evidenziano la fatica e la bellezza della scoperta: “i beni del regno” diventano prioritari per la loro gratuità e imprevedibilità anche nell’esistenza di chi ne è alla ricerca di qualcosa “di più”. Rilevanti sono sia i soggetti, contadino/gioielliere/pescatore, sia il contenuto, tesoro e campo/perla/rete e pesci.

Destinatari delle parabole sono le comunità dove convivono persone che quasi per caso hanno incontrato l’annuncio del vangelo di Gesù e chi, osservando da una vita la Torah, ora finalmente ne ha trovato il compimento in pienezza con una novità che riempie di gioia e spinge a scelte radicali (cf 9,16-17).

La comunità messianica è “una rete” in cui si è pescati da Gesù stesso senza troppe distinzioni (cf 4,18-22; 5,45); poi occorre un discernimento che avviene col tempo e con l’esperienza, non sempre facile, tra altri fratelli e sorelle (vedi le problematiche che Matteo affronterà nel capitolo 18!). Quello che oggi avviene così nelle relazioni comunitarie, avverrà anche alla fine del tempo e per tutta l’umanità.

Ancora, nella comunità la conoscenza di ciò che è “nascosto” non richiede alcun esoterismo, ma la semplicità di chi è disposto a fare l’esperienza dell’assoluta novità del vangelo del regno (cf 11,25-27).


Ambientazione liturgica

Si vede sui nostri volti la gioia di essere convocati alla celebrazione eucaristica?

Dopo tanto “cercare”, troviamo quanto desideriamo…? Forse anche di più, anche se non lo sapevamo. L’atteggiamento del giovane Salomone, disorientato dai molti beni desiderabili, ci prospetta la possibilità reale di acquisire la capacità di discernere il meglio, non per sé ma per un popolo numeroso e che il Signore si è scelto [1Re – I lettura].

Ma occorre lasciare ogni pretesa di possedere la nostra esistenza “senza assicurarci una possibilità alternativa per il timore che le cose non vadano bene” [Salmo 118].

La Parola proclamata e ascoltata ci permette di vedere in “controluce” la nostra storia e quella del mondo per vedere come “tutto concorre al bene di coloro che amano”, non di colo che lo vogliono programmare o anticipare. Qui la gioia ci viene strappata, quando non avviene ciò che previsto e desiderato, mentre ci viene restituita nel sentirci profondamente conformati al Figlio [Romani 8 - II lettura], a Colui che diventa il “tesoro nascosto, la perla preziosa”, che “prende dentro” come una “rete” [Evangelo].

Nei gesti eucaristici c’è un tesoro nascosto da scoprire… ma non da possedere, sono gesti che ci accolgono e ci trasformano, facendoci partecipare all’esperienza di morte e risurrezione del Signore.


Preghiamo con la Liturgia

O Padre, fonte della vera sapienza,
che in Cristo ci hai svelato il tesoro nascosto
e ci hai donato la perla preziosa,
concedi anche a noi

un cuore saggio e intelligente,
perché, fra le cose del mondo, 

sappiamo apprezzare 

il valore inestimabile del tuo regno.
Amen.


sabato 22 luglio 2023

Vicina è la PAROLA 23 Luglio 2023 XVI Domenica dell’anno/A A braccia aperte

Vicina è la PAROLA

23 Luglio 2023
XVI Domenica dell’anno/A
Sapienza 12,13.16-19 / Salmo 85
Romani 8,26-27
Matteo 13,24-43
A braccia aperte
Nella lingua italiana quando diciamo “disarmato” intendiamo che non sta imbracciando nessuna arma offensiva, preferisco che il termine si riferisca alle “braccia spalancate” e quindi inoffensive (arm in inglese è appunto braccia; unarmed disarmato). A braccia aperte possiamo appunto abbracciare chi ci viene incontro come un amico, un fratello o una sorella.
Può anche essere istintivo, in realtà è frutto di una consapevolezza maturata col tempo che anzitutto non abbiamo nulla da temere e che “il nemico”, come scrive Etty Hillesum (Middelburg 1914 – Auschwitz 1943) va anzitutto vinto dentro di noi.
Ah, alla fine abbiamo proprio tutto dentro di noi, Dio, cielo, inferno, terra, vita, morte ed epoche, molte epoche. Un’instabile scenografia e rappresentazione delle circostanze non sono mai così decisive, in quanto ci potranno sempre essere delle circostanze, buone e cattive, e questa realtà delle circostanze buone e cattive, deve essere accettata, e questo non impedisce che ci si dedichi a migliorare quelle cattive. Si deve sapere però per quali ragioni si lotta, e si deve cominciare da se stessi, ogni giorno ancora da se stessi” – 3 luglio 1942.
Bisogna vivere con se stessi come se si vivesse con un’intera folla di persone. E si impara allora a riconoscere in se stessi le caratteristiche buone e cattive dell’umanità” – 22 settembre 1942.
La barbarie nazista risveglia in noi una barbarie identica, che utilizzerebbe gli identici metodi… questa barbarie dobbiamo rifiutarla dentro di noi, non dobbiamo coltivare in noi questo odio, altrimenti il mondo non verrà fuori d’un passo dal fango” – 15 marzo 1941.
Contestualizzazione evangelica di Matteo 13,24-43
Dopo le parabole sulle dinamiche “della diffusione e crescita del regno di Dio” nella predicazione del nazareno ed in quella delle prime comunità cristiane soprattutto in un contesto problematico e polemico di “fallimento ed insuccesso” (Domenica XV/A – Mt 13,1-23), ne seguono tre riguardanti la presenza dei credenti e delle comunità ecclesiali nel mondo, inteso soprattutto come convivenza sociale (vv. 24-43). Poi altre tre, molto brevi, ma suggestive per contenuto e linguaggio: Il tesoro nascosto (v. 44), la perla preziosa (vv. 45-46), la rete da pesca (vv. 47-50). La conclusione ci riporta al motivo di fondo a tutte sulla “comprensione delle parabole” (v 51) e sul discepolo che acquisita questa capacità ora diviene il “nuovo maestro della nuova Torah” (v. 52).
Il brano evangelico proclamato in questa domenica è costituito da tre racconti parabolici: buon seme e zizzania (vv. 24-30); la senape (vv. 31-32); il lievito (v. 33); perché le parabole (vv. 34-35); spiegazione ai discepoli della prima (vv. 36-43). Forse la redazione di questo capitolo è avvenuta in varie fasi, anche condizionata dagli sviluppi interni alla comunità di Matteo e dai suoi rapporti con la società circostante (cf dal v. 36 in poi). Il capitolo risulta così abbastanza dinamico.
Della narrazione dei vv. 24-43 cogliamo solo alcuni elementi: l’intenzionalità di ogni essere umano, del credente in particolare, di fare cose belle e buone nella sua esistenza e l’operato malevolo e opposto di un nemico nel medesimo contesto; la reazione impulsiva di estirpare i segni del male e l’intervento invocato di chi possiede lo svolgersi della vicenda [padrone] ad avere pazienza e fiducia in un finale risolutivo della storia umana con un buon raccolto e la distruzione del male.
Anche se la comunità cristiana nella società non ha nessuna apparente grandezza, allora come oggi mediocre nella sua testimonianza, ha però un potere straordinario di diventare “casa per tutti” (vv. 31-32), la sua presenza nascosta agisce infatti come “lievito nella massa”, per una forza interna e sproporzionata che rende poi tutto commestibile e nutriente (v. 33).
L’esperienza dei credenti e delle loro prime comunità è coerente e connessa con l’agire di Gesù e soprattutto con il progetto messianico, apparentemente fallito: proclamare ciò che nella storia dell’umanità è “nascosto” e già operoso e vitale (cf vv. 34-35 / Salmo 78); non solo nel percorso storico dell’umanità ma compreso, soprattutto dai discepoli (cf v. 36), come volontà di far prevalere il bene di tutti e in tutti: un buon fine rivelato però alla fine nel suo compimento (cf vv. 37-43).
Intanto l’amore è sempre all’opera anche quando l’essere umano è inattivo o in opposizione: sta sotto tutto e inarrestabile tutto fa crescere fino alla piena maturità, a noi non far ci prendere dall’impazienza o dalle frettolose conclusioni.
Ambientazione liturgica
La comunità che si raduna per celebrare l’eucaristia domenicale non può certo vantare spesso grandi successi e risultati pastorali: arriviamo tutti un po’ affaticati dalla settimana, spesso poco motivati e poco propensi a farci mettere in discussione dalla Parola che ci viene proclamata.
Eppure nella preghiera, sperimentiamo ogni volta “una forza interna” che nonostante i nostri limiti e fallimenti umani è capace di “liberare possibilità inaudite di vita in situazioni umanamente prive di speranza. Il Soffio vitale di Dio scruta in noi, conosce gli esseri umani ed ha il potere di salvare la nostra debolezza dalla pretesa di trasformazioni prodigiose” e di risultati immediati [Romani 8 – II lettura].
La misericordia del Padre, a cui ci affidiamo fin dall’inizio della celebrazione [Salmo 85] e nell’embolismo dopo il Padre nostro, ci “libera dai nostri umani fallimenti e sicuri da ogni turbamento… nell’attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo”.
I deboli ma efficaci segni eucaristici come vitalmente agiscono in noi così ci permettono di stare “nel mondo” accoglienti verso tutti, in fermento per ogni traccia di bene [Evangelo].
Accogliendo l’Uomo che si lascia ridurre a seme gettato a terra, con la sua vicenda pasquale (cf Giovanni 12,24-26), diventiamo discepoli suoi e servi per amore di ogni essere umano riconosciuto come amato, quindi amabile [Sapienza 12 – I lettura].
Preghiamo con la Liturgia
Ci sostengano sempre, o Padre,
la forza e la pazienza del tuo amore,
perché la tua parola, seme e lievito del regno,
fruttifichi in noi
e ravvivi la speranza
di veder crescere l'umanità nuova.
Amen.

sabato 15 luglio 2023

Vicina è la PAROLA 16 Luglio 2023 XV Domenica dell’anno/A La forza della PAROLA

Vicina è la PAROLA



16 Luglio 2023

XV Domenica dell’anno/A

Isaia 55,10-11 / Salmo 64

Romani 8,18-23

Matteo 13,1-23


La forza della PAROLA

Dopo una bella sfilza di errori e di delusioni, mi sembra di aver capito che il fallimento fa parte della vita, di ogni relazione anche educativa. Di recente ho colto la sfida di riprendere ad insegnare e nonostante tutte le cautele ci sono ricascato, nella pretesa che mi ascoltassero con attenzione e che riuscissi a coinvolgerli con qualcosa di interessante.

Tempo perso?... un buco nell’acqua!

Ma quelli che non si sono comportanti da studenti, si sono rivelati veri allievi: “Proff!!!” e quasi mi saltano addosso facendomi vacillare e sussultare dentro nei loro affettuosi abbracci.

Ecco la forza della parola quando è usata per stabilire un dialogo, un ponte, che emerge in tutta la sua invitta vitalità. Non finisce di sorprendermi quanto occorra da parte di noi umani, adulti, non possedere la parola ma lasciarla andare affinché si getti come seme nella terra, senza preoccuparci di altro … che non sia imprigionata, che rimanga libera di entrare, di posarsi e di agire (cf Paolo a Timoteo II 2,9; Salmo 147, Atti 6,7;11,21; 21,20).

È il terreno che permette di germogliare o il seme che ne ha in sé tutta la potenza?


Contestualizzazione evangelica di Matteo 13,1-23

Il contesto nel quale Gesù inizia la sua “nuova” predicazione è problematico e polemico.

Riflette anche le difficoltà incontrate dalle comunità cristiane del I secolo nel loro annuncio dell’evangelo: entusiasmo iniziale, adesioni e defezioni, conflitti e divisioni al loro interno. Gli insuccessi mettono a dura prova anche i credenti più ferventi e li fanno dubitare delle loro capacità.

Fin dall’inizio del suo ministero messianico il Nazareno si è messo in contrasto con la precettistica farisaica e la sua interpretazione della Torah (cf 5,21 ss.; 7,15 ss. 28).

Le occasioni di scontro sono ben descritte nel capitolo 12: infrange la regola del sabato, anche con guarigioni “fuori legge” che determinano il tentativo di ucciderlo (vv. 1-14). Nonostante che “guarisce tutti”, realizzando la profezia di Isaia 42,1-4 (vv. 15-21), il suo agire è frainteso e addirittura ritenuto demoniaco proprio da chi è incapace di vedere e di esprimersi, di accogliere l’agire misericordioso di Dio in Gesù (vv. 22-37; 43-45).

L’unica possibile identificazione è con il profeta Giona (vv. 38-42).

Il colmo è raggiunto con l’intervento dei suoi familiari che permette al Nazareno di chiarire ogni autentico legame con lui “compiendo la volontà di Dio” (vv. 46-50; cf 5,12; 7,28).

Nonostante tutto Gesù continua ad “uscire”, ad incontrare le folle in riva al mare e, consapevole dell’opposizione così palese, intraprende “un nuovo genere di predicazione”, “in parabole” (cf 13,1-3). 

Il motivo non è immediatamente capito dai discepoli (v. 10) ed anche noi moderni abbiamo dovuto indagare molto sul “metodo parabolico” utilizzato da Gesù per non rischiare di fermarci al “raccontino” banalizzando il contenuto ed i significati delle numerose “parabole evangeliche” (cf gli studi fondamentali di Ch. E. Dodd, J. Dupont, J. Jeremias, H. A. J. Ianovitz O., B. Maggioni).

È interessante che sia Gesù stesso a spiegare la sua scelta, citando ancora Isaia (6,9-10 nei vv. 14-15): coerente con le sue esigenze già espresse in 11,25-27, la comprensione e l’accoglienza del suo operato messianico dipendono da un atteggiamento di fondo disponibile a farsi interpellare personalmente e profondamente [ascoltare e non solo sentire; vedere e non solo guardare], non sottraendosi alla fatica di interpretare la propria esistenza alla luce del suo evangelo e mettendosi in discussione (cf vv. 11-18). 

Questa è anche l’identità del discepolo, “nuovo scriba della Torah” (vv. 51-52).

La prima serie di parabole (vv. 1-52) attesta che, nonostante le situazioni siano spesso sfavorevoli, “il seme del regno” è gettato e comunque germoglierà dando frutto oltre ogni aspettativa ed opposizione: questo vale per la predicazione di Gesù e dei suoi futuri discepoli (vv. 3b-8; 19-23).


Ambientazione liturgica

La Parola che ascoltiamo insieme nell’assemblea liturgica ci arriva così vicina e nello stesso tempo inafferrabile, vitale e eppure trascurabile, tuttavia prossima alla storia di ciascuno e dell’umanità in ogni situazione di schiavitù, di oppressione, di irrisione, per manifestare anche lì la presenza misericordiosa del Dio-che-salva perché ama gli esseri umani. Così è stata percepita dai profeti di Israele, identificando con essa la propria esistenza nella gioia di conoscerla, nel travaglio di annunciarla, nella beatitudine di credervi. [Comunità di Viboldone]

Saremo noi capaci di accoglierla così, di realizzarla nella nostra esistenza nello stesso momento in cui essa stessa compie in noi ed in mezzo a noi ciò per cui ci è stata mandata? [Isaia 55 – I lettura].

“E’ Gesù stesso, Parola fatta carne umana, a realizzarne il suo essere apertura a noi, dono vitale, amore per gli altri, nel suo esistere da Figlio. Gesù di Nazaret, Parola e Figlio, è l’espressione compiuta della vita, dell’amore del Padre, è nell’umanità e nella sua storia seme che la feconda nonostante la sua sterilità, la fa matrice di vita e ne fa emergere potenzialità altrimenti inerti ed ignorate”. [CdV]

Tale è la portata del nostro ascolto/obbedienza, adesione gioiosa di credere! [Evangelo]

Nelle nostre difficoltà e fallimenti, si manifesta un travaglio operoso ed il prodigio di un’inarrestabile voglia di vita più potente dell’incombente morte che spesso paralizza la terra [Romani 8 – II lettura].

Beati quelli che ascoltano la Parola di Dio… e la vivono, ogni giorno” (cf Mt 13,16).


Preghiamo con la Liturgia

Padre,

che continui a seminare
la tua parola nei solchi dell’umanità,
accresci in noi, con la potenza del tuo Spirito,
la disponibilità ad accogliere il Vangelo,
per portare frutti di giustizia e di pace.

Amen.


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