venerdì 24 giugno 2022

Le parole… la PAROLA 26 giugno 2022 – Domenica XIII C Liberi di…Liberi per…

Le parole… la PAROLA 


26 giugno 2022 – Domenica XIII C

Liberi di…Liberi per…
1Re 19,16b.19-21 / Salmo 15
Galati 5,1.13-18
Luca 9,51-62
Sapere di “essere liberi” e vivere di conseguenza, richiede due condizioni imprescindibili: la responsabilità e la capacità di amare. Altrimenti si tratta soltanto di una corsa all’impazzata nei tornanti dell’esistenza.
Per questo l’apostolo Paolo ricorda alla giovane comunità cristiana della Galazia (nell’attuale Turchia centrale): “Cristo ci ha liberati per farci vivere davvero nella libertà! State dunque saldi in essa e non lasciatevi imporre di nuovo ‘il giogo della schiavitù’. Fratelli, Dio vi ha infatti chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per le vostre inclinazioni egoistiche; mediante il suo amore siate invece a servizio gli uni degli altri. Lasciatevi dunque guidare dallo Spirto [di Cristo]”. (Galati 5.1.13-18 – II lettura).
Ambientazione liturgica
Il tempo corre e si sta “compiendo”, Gesù si dirige risolutamente verso Gerusalemme, consapevole del destino che lo attende già più volte annunciato (Luca 9 – Evangelo). Così impara dai fatti, dai giorni, l’obbedienza al Padre e senza indugio ne compie la volontà, seguendo le esigenze dell’amore che lo porta ad essere “servo nella libertà e per la libertà” di ogni essere umano (Galati 5).
Egli per primo procede, davanti ai suoi discepoli, in un cammino di spogliazione che sta indicando anche a loro: senza indugi, assicurazioni, difese, rifiuta ogni supporto di potere; già conosce e affronta le difficoltà che i discepoli incontreranno anche nel capire e nel seguire la sua strada. E la sua comprensione, la sua umanità divina, supera quella di Elia nei confronti del discepolo Eliseo scelto dal Signore come suo successore (1Re 19 – I lettura): Egli sosterrà anche la debolezza dei suoi e nostra nel seguirlo (Comunità di Viboldone).
In assemblea così preghiamo: “Il mio Signore sei Tu. Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza” (Salmo 15).
Contestualizzazione evangelica di Luca 9,51-62 
Dopo aver sfamato le folle di cui Il Nazareno si prende cura (Luca 9,11-17) ecco svelarsi la sua vera identità e missione, che da senso anche al suo operato: “dover soffrire, venire ucciso e risorgere”, un destino che diventa anche paradigma per l’esistenza di ogni discepolo e credente (cf vv. 18-27). Ma non basta un annuncio pronostico, Egli vuole dare ai suoi discepoli un’esperienza luminosa che anticipa la sua risurrezione e li conferma nella sua identità filiale (cf vv. 28-36).
Ecco ora venirgli incontro un padre distrutto dall’epilessia che sta rovinando suo figlio ed Egli reagisce in modo quasi innervosito, forse per la pretesa di trattarlo come un semplice guaritore (cf vv. 37-43a) mentre c’è qualcosa che anche ai suoi discepoli sfugge, pur se “ammirati i tutte le cose che faceva” (v. 43b): la sua “consegna” messianica come “più piccolo” che va accolto per quello che è, per come è inviato a noi dal Padre (cf vv. 44-48); nello stesso modo in cui va accolto chiunque faccia qualcosa di buono nel suo nome, anche se è del loro “gruppo” (cf vv. 49-50).
Così l’evangelista ora ci accompagna in un “viaggio”, non solo geografico e narrativo, dentro nel “compiersi della sua ascesa” che inizia con un “volto indurito” (cf vv. 51-52), determinato a proseguire nonostante tutto, che loro avevano visto altro (cf 9,29) ma che continuerà ad orientarli nel cammino (cf 10,1). Si compirà appunto a Gerusalemme nella “pentecoste” (Atti 2,1) passando per il “rifiuto” anche dei samaritani suoi preferiti (cf vv. 53-56) e per le diverse pretese di “essere seguito” (cf vv. 57-62).
“Ora, attorno al riconoscimento raggiunto (cf 9,20) si apre una discussione, che evidenzierà la crescente opposizione al profeta di Nazaret. Fin da subito… viaggio, drammatico certo, ma che si concluderà con il riconoscimento della regalità del Cristo (cf 19,38). Tutta ‘la sezione del viaggio verso Gerusalemme’ è caratterizzata dalla proclamazione del Regno, che viene con Gesù e della sua rivelazione progressiva” (Ernesto Borghi).
L’opposizione alla rivelazione messianica sarà quindi crescente, ma paradossalmente riconosciuta e accolta da un malfattore in croce con Lui (cf 23,42). Per questo a chiunque voglia seguirlo Egli richiama le esigenze del Regno che viene: provvisorietà (cf vv. 57-58), apertura alla sua novità (cf vv. 59-60) senza alcuna nostalgia (cf vv. 61-62) ma con lo sguardo sempre rivolto al nuovo orizzonte del raccolto (cf 10,2).
Preghiamo con la Liturgia
Padre santo e misericordioso,
che in Gesù maestro indichi la via della croce
come sentiero di vita,
fa' che, mossi dal suo Spirito,
lo seguiamo con libertà e fermezza,
senza nulla anteporre all'amore per lui.
Egli è Dio, e vive e regna con te,
nell'unità dell’unico Spirito,
ora per l’eternità. Amen.

venerdì 17 giugno 2022

Le parole… la PAROLA19 giugno 2022 Spezzare per MOLTIPLICARE - Fame e sete… di cosa, di CHI?

Le parole… la PAROLA 


19 giugno 2022
Spezzare per MOLTIPLICARE
Genesi 14,18-20 / Salmo 109
1Corinzi 11,23-26
Luca 9,11-17
Fame e sete… di cosa, di CHI?
Di cosa abbiamo davvero fame? 
Si tratta solo di un istinto primario di sopravvivenza, oppure di una carenza o “compensazione” affettiva?
Ma di cosa vale davvero la pena di avere fame/sete… di ciò a cui non si può rinunciare per vivere? Non è questione di appetiti o di gusto. 
Addirittura nell’evangelo di Matteo Gesù proclama la “beatitudine” di “chi ha fame e sete di un nuovo rapporto con Dio perché finalmente viene saziato” (Mt 5,6) 
Altro che “buco nello stomaco” da riempire… una voragine incolmabile che viene colmata (cf Luca 3,5)!
Fame di vita e sete d’amore per viver col cibo hanno un po’ sempre a che fare ed anche nel vangelo quasi si “rincorrono” per svelarci il “dono” che appaga (cf Giovanni 4,8.10.15,31-34).
Questo processo inizia a svelarsi quando, diventati consapevoli, riusciamo a riconoscerla e a dargli un nome, nel momento in cui ci accorgiamo che essa ci accomuna tra noi e che più ci separiamo essa cresce in modo insaziabile.
Anche condividere la fame ci fa apprezzare il “dono” del pane, quando Chi ce lo dona non ce lo getta dall’alto (così da dove “sgomitare” per accaparrarcelo come fanno le ong) ma ce lo “offre” come dono d’amore dal Padre (cf Giovanni 6,32.39). Dopo avercelo chiesto e per noi “lo/si” spezza donandoci un’identità e unendoci tra noi facendoci prima assaporare il gusto della compagnia, della solidarietà, premessa profetica di quella divina.
Ambientazione liturgica
Gesti inediti e parole sconosciute prima si sono impresse nella memoria di un popolo come quelle di Melchisedek, re di Salem incontrando Abramo: ringraziamento per una vittoria bellica sui propri nemici [Genesi 14 – I lettura] e via via la tradizione biblica vede in lui una profezia del re David e del Messia [Salmo 109].
Ma la tradizione è andata oltre nella memoria dei discepoli di Gesù le sue parole, i suoi gesti col pane ed il vino della cena pasquale [1Corinzi 11 – II lettura] e mesi prima nello spezzare il pane per una folla affamata di vita, in una radura assolata, gente oppressa da malattie e mali.
Ciò che si era rifiutato di fare per se stesso (cf Luca 4,2-4) ancora nel deserto provvede pane in abbondanza per tutti, a partire dalla povertà di quello che viene portato, di per sé impotente ed insufficiente a sfamare [Luca 9 – Evangelo].
Così un gesto profetico del dono di sé che solo l’amore può autenticare.
L’amore, che appaga e unisce, fa di noi un corpo solo come quella folla una comunità; la misericordia che parte dalla nostra povertà quotidiana e la sazia, la trasforma capace di saziare effetto della risurrezione, la vera vittoria per cui ringraziare sul potere del male e della morte che rende l’umanità capace di donarsi e offrirsi in quanto corpo del Cristo donato [Paolo ai Corinzi]. Questo il Padre riconoscerà: la sua misericordia fatta carne, storia quotidiana, vita nella gioia (Comunità di Viboldone).

Ermeneutica evangelica di Luca 9,11-17
La Parola del Regno è prossimità del Nazareno alle “folle bisognose di cure”. Una persona che si muove tra loro e sta con loro dall’alba al tramonto, h24!
Non vuole nemmeno farsi staccare da loro, anzi i loro bisogni vitali lo attraggono, li accomuna lo stesso “deserto” che lui ha dovuto frequentare anni prima, la stessa tentazione di una soluzione “scorciatoia” che egli rifiuta optando per la più ardua, non miracolistica e meno eclatante ma ugualmente prodigiosa: il prendersi cura con amore!
Voi stessi date loro da mangiare/date loro voi stessi da mangiare”… comunque la giri è una provocazione, dice comunque un coinvolgimento personale, il far ricorso a qualcosa di proprio e non di precedentemente confezionato.
Le risorse da mettere in campo sembrano sempre in questi casi inadeguate e insufficienti… fino a che Qualcuno, con la forza della sua Parola, non accende lo sguardo e scalda il cuore (cf Luca 24,30-32): 5x5000 è la proiezione all’infinito dell’amore che non ha limiti ma che inizia dal possibile 5x10: il prodigio è già in atto e inizia a dare frutto “radunando” e facendo stare insieme, in gruppo che è l’inizio della comunità.
Sarà poi, nel pieno del 50simo giorno, la pentecoste, a diventare “chiesa” che “spezza il pane in letizia e semplicità di cuore… senza che più a nessuno manchi il necessario per vivere” (cf Atti 2,1.42.46; 4,35). 
“Spezzare per moltiplicare” è il prodotto dell’amore che implica il dono di sé e che alla fine consente a ciascuno dei dodici di andar via con una cesta piena di avanzi, custodi della provvidente carità.
In tale contesto le parole e gesti eucaristici, per lungo tempo considerati quasi “magici”, acquistano e sprigionano tutta la loro potenza, nella fragilità dei loro segni.
Preghiamo con la Liturgia
Padre santo e misericordioso,
Signore del cielo e della terra,
che ci raduni in festosa assemblea
per celebrare il sacramento pasquale
del Corpo e Sangue del tuo Figlio,
fa’ che nella partecipazione
all’unico pane e all’unico calice
impariamo a condividere con i fratelli e sorelle
i beni della terra e quelli eterni.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, 
tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, 
nell’unità del tuo Spirito, 
ora per l’eternità. Amen.


venerdì 10 giugno 2022

Le parole… la PAROLA 12 giugno 2022 Dio… Trinità d’Amore Il grembo generativo di ogni relazione

Le parole… la PAROLA 

12 giugno 2022

Dio… Trinità d’Amore

Proverbi 8,22-31 / Salmo 8/ Romani 5,1-5/ Giovanni 16,12-15


Il grembo generativo di ogni relazione

Noi con le nostre esperienze, non sempre appaganti, di relazione e comunione, di integrazione. Qualcosa o Qualcuno spinge da dentro l’essere umano ad “uscire fuori di sé”, in un primo momento attratto da un alter, alla ricerca di un nuovo habitat dove lasciarsi andare ed esplorare le proprie capacità di essere libero, libera con qualcun altro, altra. Un intreccio di vissuti che porta a picchi di felicità e cadute di delusione, alimentato da sempre nuove aspettative, riciclandosi comunque e nonostante i presagi di morte coincidano con la fine di un amore.

Dio, comunque lo pensiamo o lo definiamo, come si è fatto conoscere in Gesù di Nazareth e non solo come lo abbiamo da sempre immaginato.

Il semplice fatto che un essere umano abbia avanzato la pretesa di essere “figlio uni/primogenito” è come se dicesse a ciascuno di noi “mio fratello è figlio unico”; apre un varco nell’umanità e nell’intimo di ognuno, rivela un orizzonte capace di contenere ogni processo relazionale, di evidenziarne il senso e il valore, di facilitarne il successo, un “grembo paterno”.

Che tutto questo non avvenga in modo indolore ce lo dicono sufficientemente le nostre e altrui peripezie affettive, ma che il “Figlio e Fratello” lo assuma volontariamente e liberamente come massima estensione dell’amore, offre da parte nostra un atto di fiducia totale ed una disponibilità a provare sulla nostra pelle e sul nostro cuore quanto sia umanamente possibile.

L’effetto, anche a lunga durata, è l’essere pervasi nuovamente dall’afflato vitale che in alcuni momenti di assenza ci pareva di asfissiare; da un’energia vitale che credevamo evaporata; da un fuoco interiore che credevamo estinto; da una luce pervasiva che illumina il nostro procedere, ora più sicuro… parliamo dello Spirito!

Lo stupore è accorgerci che qualcosa di simile è avvenuto anche in altri e tra di noi.

Quando diciamo “Trinità”, spesso senza saperlo purtroppo, parliamo di tutto questo e anche di molto più!


Ambientazione liturgica

Può sembrare superfluo dedicare una festa liturgica alla “Trinità” quando tutta l’azione della comunità celebra il “rendimento di grazie” [eukaristìa] per il dono perenne che il Padre fa del suo Figlio crocifisso e risorto per amore dell’umanità, animato dalla potenza del loro Spirito. Tuttavia ci aiuta ricordare che la nostra esistenza e la nostra storia trovano senso, valore e piena realizzazione nel Loro comunicarsi a noi, nel dono della Vita altro non è che Amore: amore che in-con-tra noi!

In noi perché lo è in se stesso; con noi in quanto comunione di persone, intercorrere di relazioni identitarie basate sul dono di sé che suscita reciprocità e realizza così l’unità.

Ogni espressione di vita è dunque celebrazione della Trinità e trova nella Liturgia la sua profetica trasfigurazione: amore che vuole donarsi e perciò sempre eternamente creativo. 

La riflessione sapienziale proietta il credente in un “eterno prima”, ed anche i cristiani delle prime generazioni lo hanno creduto per Gesù in quanto Figlio (cf Giovanni 1; Efesini 1,3 ss.) ed hanno visto in Lui, Parola eterna e vitale del Padre, e nella sua umanità il realizzarsi di quel progetto d’amore sapiente che da sempre sosteneva tutto e già era presente nella trama nascosta degli eventi più anonimi della progressiva formazione del cosmo [Proverbi I lettura].

Quella Parola eterna del Padre, quella Parola fatta carne, opera anche nell’oggi della chiesa, del mondo e il loro Spirito effuso in e su noi ci annuncia che Egli è in mezzo a noi e ce ne fa riconoscere e attualizzare la presenza attraverso l’amore [Giovanni 16 – Evangelo]. Tra un abisso di fronte al quale le parole e le capacità umane di comprendere rimangono interdette e l’accettazione fiduciosa della prossimità a noi di tale mistero insondabile, il salto è operato non da noi ma dalla misericordia che annienta nell’amore del Nazareno e in Lui, Signore Risorto, manifesta la pienezza della sua presenza [Romani 5 – II lettura] (Comunità di Viboldone).

L’attuale riforma conciliare sembra farci celebrare ciclicamente ogni “persona divina”, in particolare questo “anno c” lo Spirito santo, Colui che ci permette una conoscenza “personale” di Dio. Egli ci conduce alla consapevolezza che Dio ha impegnato tutto se stesso con noi e continua farlo, anche se ci sembra di essere sopraffatti dalla nostra debolezza e siamo assaliti dalla tristezza come i discepoli di Gesù. La fiducia in Lui vincitore della morte fonda la nostra speranza e ci impegna nell’amore fraterno estensione di quello trinitario e compimento vero della nostra umanità.


Contestualizzazione evangelica di Giovanni 16,12-15

Lo Spirito della verità, vi guiderà nell’intera verità.

Come se Gesù riconoscesse la difficoltà dei discepoli a recepire tutto il suo insegnamento, forse anche per la loro immaturità (cf v. 12), sarà proprio compito dello Spirito della verità condurli “nella verità tutta intera” (cf 14,25-26), ad accompagnarli nella crescita progressiva sia del loro rapporto con Lui dopo la sua morte – risurrezione, sia della loro fede compresa e professata, in continuità con Lui e con la sua rivelazione del Padre (cf v. 13a).

Lo Spirito ora illumina di nuova luce ciò che Cristo ha già comunicato durante la sua missione (cf 3,32; 7,17; 8,28; 12,49; 14,10) e permette ai discepoli di capire gli altrimenti incomprensibili e tragici accadimenti pasquali, con uno sguardo anche oltre, sul futuro delle comunità cristiane (cf 2,22; 12,16). 

Il verbo usato, per ben tre volte, è “anaghèllein” che equivale ad annunciare, ma anche svelare/rivelare pienamente/ripetere, il che spiega la variegata azione dello Spirito nei confronti di Gesù e del Padre. v. 13b: annuncerà loro cioè che sta avvenendo; v. 14: condividerà con loro ciò che gli appartiene manifestandolo appieno [glorificandolo]; v. 15: chiarirà a loro il suo appartenere al Padre, la comunione con Lui.

La verità tutta intera” non è un compendio degli insegnamenti di Gesù o dei contenuti rivelati riguardo alla sua vita con il Padre, ma è la piena partecipazione alla vita filiale, finora sua esclusiva in quanto Figlio (cf 10,30; 17,10), comunicata anche ai discepoli e ai futuri credenti (cf 7,17s.; 8,26.28.38.; 12,49-50; 14,10).

Questo ci aiuta a capire che la verità è un cammino e non un possesso; che la totalità non è una conquista ma una recezione poiché è del Logos il “farsi carne” e così continua come processo rivelativo sull’essere divino e sull’essere umano. Una verità da “fare” più che da sapere (cf 3,21).

Questa “rivelazione”, che solo lo Spirito può attuare, compie anche il processo di glorificazione di Gesù iniziato già nella sua esistenza terrena e compiuto nell’innalzamento (cf 1,14; 2,11; 12,28-30; 17,1.4.5).

Lo Spirito ci accompagna in un percorso di comprensione, di comunicazione e partecipazione, rendendoci consapevoli della centralità del mistero pasquale nella messianicità di Gesù e nella nostra esperienza di fede.

Lo Spirito, forza vitale del Creatore, non ripete le cose del passato (cf Isaia 43,18-19), ma annuncia che saranno create nuove risposte alle attese e ai bisogni dell’umanità. Forza dinamica d’amore guiderà la comunità cristiana a scoprire modalità inedite e coraggiose”, “nel difficile compito di unire la fedeltà alla novità, la memoria al rinnovamento…; un ricondurre sempre a Gesù, a quell’insegnamento che è Gesù. Infatti, ciò che importa capire è la persona di Gesù, il significato della storia che egli ha vissuto: è una conoscenza nuova, interiore e progressiva, “verso e dentro la pienezza della verità (hodeghései eis), dalla periferia al centro, è la capacità di leggere il presente alla luce della sua conclusione” (Alberto Maggi, Bruno Maggioni).


Preghiamo con la Liturgia

Padre santo e misericordioso,
che nel tuo Figlio ci hai redenti
e nello Spirito ci hai santificati,
donaci di crescere in una speranza che non delude,
affinché abiti in noi la tua sapienza d’amore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, 

tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, 

nell’unità del tuo Spirito, 

ora per l’eternità. Amen.


Vicina è la Parola- La passione dell’Amore

Vicina è la Parola Domenica della Passione del Signore Marco 14,1- 15,47 Isaia 50,4-7 / Salmo 21 / Filippesi 2,6-8 Contestualizzazione e...