“LE PAROLE… LA PAROLA”
29 novembre 2020 (Domenica I Avvento/B)
Isaia 63,16b…19; 64,2-7 / Salmo 79 / 1Corinzi 1,3-9
Marco 13,33-37
Desiderio
“Come avviene questo trapianto di cuore,
dal cuore vecchio al cuore nuovo?
Attraverso il dono di desideri nuovi (cf Rm 8,6)
che vengono seminati in noi
e portati a compimento da Gesù (cf Mt 5,17-48).
Infatti, in un’esistenza grata, libera, autentica, benedicente, adulta, custode e amante della vita, fedele, generosa e sincera, noi, quasi senza accorgercene, ci ritroviamo davanti a Cristo. E così lo Spirito feconda il nostro cuore
mettendo in esso i desideri che sono un dono suo,
i desideri dello Spirito.
Desiderare secondo lo Spirito: al ritmo dello Spirito,
desiderare con la musica dello Spirito”.
FRANCESCO, novembre 2018
Vivere con la consapevolezza che il Signore risorto è presente tra noi non è mai un’esperienza scontata.
Abbiamo sempre bisogno di desiderarlo e di cercarlo, di invocarne la presenza, di porre le condizioni perché sia autentica e non una nostra pretesa o immaginazione.
Ci succede come tante altre realtà della nostra vita di cui siamo certi, perché tante volte provate, ma mai pienamente sicuri come la fiducia, l’amicizia, l’amore.
Un misto di insoddisfazione e di attesa che ci sia dato qualcosa di più, di meglio, di nuovo… A volte rimaniamo in stand by, quasi sospesi, oppure ansiosi come se dovessimo scongiurare l’indesiderato.
Ma sul più bello ci sorprende che proprio l’isperato accada, lo stupore che sia qui, ora magari mentre noi eravamo distratti.
Come chi sta alla porta e deve stare attento, sveglio perché in qualsiasi momento, all’improvviso, qualcuno può suonare per entrare: le ore sono certe ma non il suo arrivo (Marco 13,33-37 – Vangelo di oggi).
Mentre nell’ambiente giudaico l’attesa messianica era ormai alienante, Gesù risveglia nei suoi il desiderio dell’incontro. Le prime comunità cristiane, pur così giovani e fresche, potevano essere esposte all’abitudine, alla ripetitività, scadendo nell’obsoleto e nella mediocrità. Era necessario risvegliare l’attesa del Signore, la vigilanza perché nel nostro oggi Egli viene e ciò che più desideriamo con Lui accade, l’inimmaginabile. Le parole di Gesù mettono in luce “una situazione di fiducia mal riposta, con la quale reagisce (Mc 11,12-14 e 20-21; 12,1-12; 13,1-8; 21-33) e il gesto della vedova, che versa nel tesoro del Tempio tutta la sua sussistenza, lo salva in quanto luogo delle manifestazioni di Dio nostro Padre (cf 12,38-44)” (STEFANO ROSSO, Celebriamo l’Avvento. 1996, p. 23).
Lo ricorda Paolo nel suo ringraziamento al Padre per la comunità di Corinto: ricca di doni, come la predicazione e la sua conoscenza; stabilmente fondata in Cristo; eppure sempre in attesa che Egli si manifesti, e intanto li rende saldi fino alla fine, finché Egli compirà le sue promesse (1Corinzi 1,3-9 – II lettura).
Basta infatti continuare la lettura di questa lettera da far sembrare ironico l’inizio, per così tanti problemi e conflitti che denuncia. Le attese di tutta l’umanità non saranno deluse e quelle di oggi non sono meno pressanti di altre epoche: che il vaccino anti Covid arrivi il prima possibile, che riaprano i bar, che si possa andare a sciare o a trovare i propri famigliari lontani… Ma anche così nessuno ci assicura che accada quanto aspettato, mentre magari invece si realizza l’inatteso. Allora forse capiamo che non basta attendere, e che è necessario capire il valore e il senso di ciò che vorremmo si realizzasse; tenere viva l’attesa non è un modo di sopravvivere ma di continuare a sperare insieme, tutti insieme! (Mc 13,37).
“Tu compivi cose che non attendevamo”, prega Isaia, “e vai incontro a chi pratica con gioia la tua volontà e cammina sulle tue vie” (cf 64,2-4 - I lettura) e si stupisce: “perché tu ci lasci vagare lontano? Siamo avvizziti come foglie portate via dal vento” (63,17; 64,5).
Cosa può arginare il malessere dei nostri stati d’animo, del sentirci in balìa delle onde, zattere disancorate?
La constatazione di essere “tutti nella stessa barca”, ma non in un barcone alla deriva.
La certezza che “Tu sei nostro padre; noi argilla e tu colui che ci plasma” (63,16; 64,7).
“UOMINI DI DESIDERIO: VIVERE.
Il desiderio, a livello dell’essere è esigenza iscritta, diritto nativo, richiesta profonda di quanto conduce l’essere umano alla soglia di un’esistenza vera o almeno sufficientemente umana…
In questa condizione d’intrinseca precarietà e di insidia esterna, il desiderio di essere si sbriciola nei desideri, diventa un formicolare di richieste, un disordinato spettacolo di esigenze gridate.
Per questa umanità… non può esserci avvento di Dio, perché verso di Lui non si accampano diritti né si gioca ai desideri facili…;
perché di Lui nulla è appropriabile e tutto è dono…; perché la sua è una manifestazione che si celebra nella pace degli occhi e del cuore… che vedono la fiamma delle cose e della storia, non torturandola, ma amandola con passione” (CESARE MASSA, I giorni ardenti. 2002, pp. 15-22).
Roberto