venerdì 26 gennaio 2024

Vicina è la Parola Domenica 28 Gennaio 2024 IV dell’Anno B Liberi perché liberàti

Vicina è la Parola 
Domenica 28 Gennaio 2024
IV dell’Anno B

Deuteronomio 18,15-20 / Salmo 94
1Corinti 7,32-35
                      Marco 1,21-28
Liberi perché liberàti
Nasciamo liberi e poi l’ambiente nel quale viviamo esercita su di noi così tanti condizionamenti da renderci dipendenti?
Se ogni giorno non facciamo anche solo un piccolo gesto di ribellione rischiamo di perdere il bene così prezioso della libertà. È vero, spesso non ce la facciamo, ci manca l’energia necessaria e ci lasciamo risucchiare dalle ovvietà, dalle banalità e ci omologhiamo.
Ma non è che siamo noi stessi che ci condizioniamo quando diamo fiato in noi alle voci dissuadenti che minano anzitutto la fiducia che in realtà ci è già stata donata?
Fermarci, tacere, arrenderci a quel flusso di amore che continuamente ci genera alla vita: questa gratuità non ci fa perdere la libertà, ce la fa apprezzare pur in mezzo alle limitazioni che sembrano insuperabili, la rinnova nello stupore di un dono immeritato.
Contestualizzazione evangelica - Marco 1,21-28
L’evangelista Marco, nella cornice letteraria di una “giornata-tipo” del predicatore galilaico, ci dà la possibilità di entrare nel suo vissuto quotidiano e di interagire con i discepoli ed i vari interlocutori.
Il primo quadro descrive il gruppetto dei quattro discepoli, al seguito del loro Maestro entrano in Cafarnao e nella sinagoga nel giorno di sabato, memoria della creazione e della liberazione dalla schiavitù.
Il Nazareno insegna una dottrina nuova con autorità, non come gli esperti della Torah, suscitando meraviglia e stupore (cf vv. 21-22.27; 2,12b): sono le prime reazioni al suo annuncio evangelico ed al cambiamento di mentalità (cf v. 15).
Anche se non ci viene detto nulla del suo contenuto, l’autorevolezza è dovuta al nesso consequenziale tra parola e gesto che attua quanto annunciato: la liberazione dal male che rende schiavo l’essere umano ed impedisce l’ascolto libero e filiale della Parola (cf vv. 23-24.25-26).
La sua predicazione è autorevole perché nasce da un’esperienza, dal suo essere figlio, radicalmente libero eppure totalmente donato come fratello di ogni essere umano.
Paradossalmente il riconoscimento della messianicità divina di Gesù non viene da un’autentica adesione di fede che invece deve sempre interrogarsi sulla sua identità (cf v. 27b; 8,29); questo spiega l’invito al silenzio (cf v. 25), al mantenere un “segreto” (cf v. 44).
Nello stesso tempo è un’autorità riconosciuta pericolosa e quindi contestata, capace di compromettere tutto “il sistema religioso” costituito: “lo spirito immondo” parla al plurale e il “noi” e quello dei presenti, convocati per un ascolto ormai sterile e privo di libertà (cf vv. 23-24).
Ambientazione liturgica
Nel nostro modo attuale di proclamare e di ascoltare la Parola di Dio nella Liturgia facciamo l’esperienza dell’inaudita e sconcertante novità della “presenza profetica” sempre radicata nella storia della salvezza: riattualizza la Parola manifestandone la sua inesauribile capacità creativa e interpretativa di ogni nuovo oggi in forza del mandato divino ricevuto [Deuteronomio 18 – I lettura]. 
Le parole di Gesù sono risuonate nei luoghi più comuni come nelle sinagoghe, umanamente comprensibili e divinamente efficaci: il Figlio compassionevole non può tollerare che l’essere umano viva schiavo del male, “distratto e diviso” in se stesso [1Corinzi 7 – II lettura], e che proprio il luogo dove l’incontro con Dio dovrebbe essere liberante sia invece inquinato da un’autoreferenzialità distruttiva [Evangelo]. Finalmente Dio ha visitato il suo popolo! [Luca 7,16]
Ascoltare la sua voce è ben più che un’attività dell’udito, è lasciarsi trasformare il cuore indurito dall’ascolto leale e dalla gioia di essere suo popolo, liberato [Salmo 94].



sabato 20 gennaio 2024

Vicina è la Parola Domenica 21 Gennaio 2024 III dell’Anno B Cambiare si può!

Vicina è la Parola 
Domenica 21 Gennaio 2024
III dell’Anno B

Giona 3,1-5.10 / Salmo 24
1Corinti 7,29-31
                      Marco 1,14-20
Cambiare si può!
Il cambiamento è ciò a cui aspiriamo di più, soprattutto nelle società cosiddette “avanzate” sia come individui che come gruppi anche solo per non annoiarci; siamo però refrattari quando o è imposto con la forza o contro la nostra volontà. Eppure l’essere umano è di sua natura “abitudinario” e non disposto a ciò che può in qualche modo compromettere il suo equilibrio ed il suo “status quo”.
Quanto vorrei che tu cambiassi…” e magari siamo noi i primi a non crederlo possibile o a privare l’altro, l’altra della fiducia necessaria a farlo: “Ecco, sei sempre lo stesso, la stessa! Lo sapevo già che tu dicevi… facevi così; non cambi proprio mai!”.
Cambiare macchina è molto facile. Cambiare donna un po' più difficile. 
Cambiare vita è quasi impossibile. Cambiare tutte le abitudini, eliminare le meno utili 
e cambiare direzione…. (…) Cambiare il mondo è quasi impossibile: 
si può cambiare solo se stessi. Sembra poco, ma se ci riuscissi faresti la rivoluzione.
(Da “Cambia-menti” di Vasco Rossi)
È fondamentale crederci che sia possibile… ma a volta basta uno sguardo, qualcuno che “ci veda” e ci dica: “Vieni con me, andiamo avanti insieme!
Questo è già il cambiamento necessario!
Contestualizzazione evangelica - Marco 1,14-20
Riprendiamo la proclamazione liturgica del racconto evangelico di Marco: nella I domenica dell’Avvento è stato proclamato 13,33-37; nella II 1,1-8 e i vv. 9-11 nella Festa del Battesimo del Signore; i vv. 14-20 li ascolteremo nella I domenica di Quaresima.
È l’inizio del lieto annuncio portato da Gesù, Cristo e Figlio di Dio, 
è preparato dalla predicazione di Giovanni il battezzatore: 
l’immersione nel Giordano è la prima manifestazione di Gesù come Figlio amato del Padre, una figliolanza messa subito in discussione nel deserto, ma difesa fedelmente.
Il Nazareno ora annuncia il “compimento” del tempo: di ogni attesa messianica e di un oggi privo di senso poiché ora Dio è prossimo a tutti con la sua stabile presenza. 
Difficile da credere, per questo occorre cambiare il proprio modo di ragionare 
e fidarsi di questo annuncio che porta gioia (cf vv. 14-15).
Con una sola frase l’evangelista Marco sintetizza l’azione di Gesù per la Galilea e poi altrove, che con gesti e parole rende “Dio presente”: il Regno e l’Evangelo non sono più un predicato o un contenuto, ma una presenza reale, sono Lui stesso!
Ecco il perché dell’effetto al suo “Seguìtemi” ai pescatori sul lago e del loro cambiamento non di solo attività, ma di “identità”: “Vi farò diventare pescatori di esseri umani”.
Tutto è contraddistinto da un movimento esteriore ed interiore sia da parte del Nazareno: passando… vide… disse; sia dei pescatori: subito, lascate le reti… il padre, la barca … lo seguirono.
Sono anzitutto “visti” e chiamati per nome, la loro attività non è secondario ma qualifica il loro futuro: essere “discepoli-missionari” (Francesco), questa è la novità del “vangelo del regno di Dio”.
Ambientazione liturgica
Marco, Vangelo di un anno… per una vita!
Ogni anno la Liturgia domenicale segue uno dei tre vangeli sinottici, in questo “Anno B” il vangelo secondo Marco.
Secondo l'ipotesi più condivisa sarebbe quello più antico, utilizzato poi da Matteo e da Luca come fonte tradizionale. Marco avrebbe anche “creato”, in modo del tutto originale, lo stesso genere letterario del “vangelo” (circa 60/70 d. C.).
Egli riscopre l'interesse per tutta la vita terrena del Nazareno, i suoi gesti, le sue vicende: l’evangelo come “storia” di Gesù, Cristo il Figlio di Dio (1,1) che solo progressivamente si rivela nella sua “nascosta” identità e, solo agli occhi dei credenti, attraverso lo scandalo della croce (cf 8,31). 
L'inizio del vangelo di Marco è la lieta notizia: Gesù di Nazaret, così come l’abbiamo visto vivere e morire tra noi, è il Cristo, il Figlio di Dio!”.
L'umanità di Dio è la stupenda e buona notizia che equivale all’annuncio: “Il regno di Dio si è fatto vicino!” (1,15) e si presenta come evento della nostra storia, come segreto sottratto dalla comprensione degli “increduli”, addirittura i suoi stessi discepoli: Marco sottolinea spesso e con particolare forza la decisione di Gesù di restare nascosto nella sua identità a coloro che non credono (il “segreto messianico”), perché la potenza che in Lui si manifesta non venga fraintesa e confusa con gli artificiosi vaneggiamenti del potere mondano.
Si farà conoscere pienamente sono alla fine e paradossalmente nella tragicità della umanità e nel nascondimento della sua divinità, mentre in croce grida l’abbandono del Padre (cf 15,33-39).
…per questa Domenica
Nell’odierna Liturgia, l’appello alla conversione predicata da Giona ai Niniviti [I lettura]
è un gesto di misericordia [Salmo 24
non la reazione ad una minaccia di castigo; 
diventa la reale possibilità che ci viene data nel nostro oggi, 
tempo breve, [1Corinzi – II lettura] di cambiare modo di pensare 
e di vivere per gli altri [Evangelo].


venerdì 12 gennaio 2024

Vicina è la Parola È sempre un nuovo INIZIO

Vicina è la Parola 

1Samuele 3,3b-10.19 / Salmo 39

1Corinti 6,13…20 

Giovanni 1,35-42



È sempre un nuovo INIZIO

“Sotto l’apparente superficialità del quotidiano che sembra scorrere sempre uguale, in realtà scorre, in modo indefinito e spesso indefinibile, il fiume sotterraneo di un tempo benedetto.

La storia umana è meravigliosamente segnata da una tensione che ne impedisce l’appiattimento: non è mai soltanto uno scorrere delle ore e dei giorni, perché fin dentro le pieghe della più piccola e nascosta dimensione della vita, da quando Gesù è venuto al mondo, abita la stessa presenza di Dio. Una storia sacra scorre ininterrotta intersecando la nostra storia umana. Dio e l’umano sono stati per sempre ricongiunti nella carne di Cristo e camminano verso l’unica mèta.

Tra il panorama di Dio e le strettoie umane non c’è più separazione irreparabile: in Cristo Gesù, ciò che era lontano è diventato vicino (cf. Efesini 2,13).

Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio” (Galati 4,4) …il nostro tempo non è il monotono scorrere degli attimi cronologici, ma è occasione propizia, momento favorevole, tempo «pieno», perché abitato da Dio e dalla sua benedizione”. (Francesco Cosentino)


Ambientazione liturgica

Un “Tempo” semplicemente “Ordinario”: quotidiano, feriale

Il “Tempo” al di fuori dei grandi cicli di Avvento / Natale, Quaresima/- Pasqua è riconosciuto come “Ordinario”. Senza perdere il contenuto salvifico che i tempi “forti” imprimono ad ogni giorno della vita cristiana, la Liturgia del T.O. cala gli avvenimenti fondamentali della salvezza nella trama dei fatti umani quotidiani. 

Al seguito del Vangelo di Gesù - la sua esistenza terrena e la sua parola - la comunità cristiana è chiamata a realizzare la “Buona Notizia del Regno di Dio” presente nell’oggi, a riconoscerla e accoglierla come vera e operante nella vita usuale, “ordinaria”, appunto feriale. (Comunità Monastica di Viboldone)


…abitato da una Presenza

Il Battezzatore è stato solo una voce nel deserto… ma diceva a quelli che lo seguivano: Eccolo, è Lui!… e loro subito gli andarono dietro, incuriositi dalla sua dichiarazione: Ecco è l’Agnello di Dio.

Allora Egli finalmente parlerà: Venite e vedrete! (Gv 1,29…39).

La Parola del Padre, che ha attraversato i secoli ed “in molti modi ha parlato a noi” (Ebrei 1,1-3), taceva fino a quel momento: ora e qui inizia a parlare, quando è stato possibile instaurare un dialogo con altre persone.

“Scoprire se stessi è riconoscersi chiamati [1Samuele – I lettura] e sentirsi chiamati per nome -nell’Evangelo da Gesù di Nazaret- avviene nel seguire quella voce/parola che ci libera, ci fa uscire da noi stessi, spogliandoci da ogni autosufficienza e autoreferenzialità [1Corinti – II lettura] per stabilire un nuovo ordine di rapporti”. (CMdV).

Tutto è estremamente gratuito: Chi sceglie non chiede di essere conosciuto, sarà riconosciuto tale solo come Amore. È un evento originario fondamentalmente libero, sia che si riveli come “sogno” (Samuele) o come “incontro” (Giovanni e i discepoli), in un coinvolgimento reciproco e totale di/in tutta la persona [“per il corpo”] e per tutte le persone. 

In questa trama di relazioni avviene una rivelazione e un riconoscimento reciproci: la Parola mi rivela a me stesso nel suo stesso comunicarsi, il che rende il percorso facile nella sua complessità e tortuosità, più chiaro nella sua incertezza, sorprendente nella sua continua novità: stabilisce un rapporto autentico nel quale ogni altra relazione trova la sua verità.


Contestualizzazione evangelica - Giovanni 1,35-42

Ancora non riprendiamo la proclamazione del racconto evangelico di Marco che segna gran parte del percorso di questo anno liturgico B ma, rimanendo nell’ambito delle “manifestazioni messianiche” [tria miracula] ai pagani (Epifania ai Magi) ad Israele (Epifania al Giordano) ai discepoli (Epifania a Cana di Galilea), l’organizzazione “post conciliare” in tre cicli connota la II domenica del T.O. con brani evangelici di Giovanni: 1,29-34 in A; 1,35-42 in B; 2,1-12 in C.

Dopo il “prologo introduttivo” (1,1-19), che abbiamo ascoltato nel Giorno del Natale e nella Domenica del Natale, il testo giovanneo riprende “la testimonianza del Battezzatore” alla Parola/Luce vivificante che grida: “Ecco l’Uomo” (cf vv. 7-8; 15-17). Interrogato dai capi dei Giudei sulla propria identità risponde secondo la tradizione sinottica (cf vv. 19-28; Mc 1,2-8; Mt 3,1-12; Lc 3,1-18) tuttavia in modo originale, non assertivo ma “negativo”: il suo “io-non-sono” più che contrastare fà da sfondo al “Io-Sono” di Gesù utilizzato spesso nel racconto giovanneo.

Si apre ora una “settimana rivelativa e formativa ” in cui sempre il Battista illustra l’identità dell’Uomo/“Agnello di Dio che porta via su di sé il peccato del mondo” (cf v. 29); qui il testo giovanneo si rifà agli altri racconti evangelici (cf Mc 1,9-11; Mt 3,13-17; Lc 3,21-22), ma evidenzia che i primi discepoli del Nazareno erano già suoi seguaci e che lui indica loro Gesù, inoltre la loro “chiamata”, diversamente dagli altri evangeli, è collocata dopo la risurrezione (cf Gv 21,1-19).

I due discepoli del Battezzatore, in risposta alla sua emblematica indicazione e soprattutto al suo sguardo fisso su di Lui, iniziano a seguire Gesù che li interpella personalmente sul senso della loro ricerca esistenziale: dove dimora il vero Maestro, Colui che può condurre alla Verità da loro tanto cercata?

Sorprendentemente Lui passa e viene incontro a loro, infatti “ha posto la sua dimora in mezzo a noi Colui che è la Verità e la Vita, che rende visibile Dio stesso, come Figlio del Padre attraverso il suo amore gratuito” (cf 1,14-19).

Così ora l’incontro è possibile, in un dialogo ininterrotto che conoscerà tanti interlocutori: Simone, Filippo, Natanaèle, Nicodemo, la samaritana, il nato cieco, i farisei e i capi giudei, Pilato…, un’esperienza diretta di conoscenza reciproca: andare per rimanere, ascoltare per vedere… oppure vedere ma rifiutare!

Sono incontri che trasformano, stravolgono l’esistenza e cambiano addirittura l’identità donando un nuovo destino generato da uno “sguardo” profondo, nuovo, da cui nasce un rapporto interpersonale: non vivere più per se stessi, ma per gli altri “guardati” con amore, testimoni di una scoperta.

In questo primo episodio sono come condensati tutto il percorso di discepolato e l’esperienza di fede a cui, secondo il quarto evangelo, anche noi siamo chiamati: guardare e sentire, seguire e cercare, venire/andare e vedere, dimorare e rimanere.


Vicina è la PAROLA 28 aprile 2024: V Domenica di Pasqua - I veri legami sono generativi: liberi!

Vicina è la PAROLA 28 aprile 2024: V Domenica di Pasqua Atti 9,26-31 / Salmo 21 1Giovanni 3,18-24 Giovanni 15,1-8 I veri legami sono gener...