ESSERE CHIESA… per fare Chiesa
Il percorso privilegiato per ogni comunità cristiana
nel suo diventare “chiesa di comunione”,
“popolo che cammina insieme”
è costituito dalla proclamazione e dall’ascolto liturgico del “vangelo dell’anno” che, nel rito cattolico romano, viene proposto ciclicamente:
A – Matteo / B – Marco / C – Luca.
Il racconto evangelico di Matteo:
“un vangelo comunitario”
per una Chiesa-Comunità
Il racconto evangelico di Matteo, che ascolteremo e leggeremo quest’anno, come anche gli altri, non si limita a parlarci di Gesù, ma anche della comunità cristiana da dove ha avuto origine e sei suoi “problemi” (tanto spesso tanto simili ai nostri!).
Oltre al dover conciliare “la novità evangelica di Gesù” con la “tradizione ebraica”, quelle comunità palestinesi e giudaiche si rivolgono a Gesù, che credono vivo e presente, con i loro problemi precisi e a volte dolorosi. Ed è la vita di Gesù che parla a loro: quello che aveva detto e fatto diventa il “luogo” dove la comunità trova la risposta che illumina e risolve le situazioni.
Dopo quasi 50 anni dalla morte-risurrezione del Signore anche se le comunità medio orientali sono ben costituite essi si trovano immerse in una serie di difficoltà: calo di fervore, mancanza di prestigio, persecuzioni dall’esterno (a cominciare da gruppi giudaici), scandali all’interno provocati da quelli che abbandonano la vita cristiana e da chi ostenta disprezzo per i “piccoli”.
Matteo è “il catechista/tesoriere” della comunità, giustamente preoccupato di seguire uno schema che aiuti l’ascolto (di chi tra l’altro non usufruiva come noi di schemi fotocopiati, di registrazioni e nemmeno di appunti…) e nello stesso tempo di “far parlare Gesù stesso” nella memoria prima dei suoi “fatti/opere”, per mettere in evidenza che nella chiesa ha autorità di insegnare chi prima fà quello che poi insegna.
I - Una comunità che anzitutto si deve confrontare con le sue radici ebraiche e nello stesso tempo con un insegnamento di “rottura” con il suo passato, per accettare la sfida e l’avventura di essere “il nuovo popolo di Dio” che ha una “nuova Torah”, quella dell’amore fino ai nemici data da un maestro che ne sarà il primo testimone (cc. 5 - 7).
II - È anche il vissuto di una comunità che, pur affascinata dal portare il vangelo agli altri, ne subisce però anche persecuzioni e defezioni e si sente dal Maestro rassicurata e rasserenata perché partecipe della sua stessa sorte (c. 10).
III - Una comunità che oscilla tra fiducia ottimistica e la necessità di richiamare vigorosamente i tiepidi ai cui è rivolta una parola parabolica e “profetica” non più del Regno (come in Marco) ma della Chiesa stessa (c. 13).
IV - È una comunità che rischia di privilegiare i prepotenti e di emarginare i “piccoli”, gli umili e i deboli... a cui Gesù rivolge un pressante e commovente invito alla loro cura (c. 18) perché solo nella fraternità animata e sostenuta dal perdono Lui è presente come il Risorto, il Dio-con-noi che si è manifestato anzitutto come il Servo (c.18).
V – Rischia anche di “addormentarsi” e di adagiarsi nella tiepidezza e nella pigrizia, una comunità a cui è rivolto l’invito alla vigilante attesa del Signore che viene (cc. 24 – 25).
[Da appunti personali di DOMENICO PEZZINI]
Il percorso privilegiato per ogni comunità cristiana
nel suo diventare “chiesa di comunione”,
“popolo che cammina insieme”
è costituito dalla proclamazione e dall’ascolto liturgico del “vangelo dell’anno” che, nel rito cattolico romano, viene proposto ciclicamente:
A – Matteo / B – Marco / C – Luca.
Il racconto evangelico di Matteo:
“un vangelo comunitario”
per una Chiesa-Comunità
Il racconto evangelico di Matteo, che ascolteremo e leggeremo quest’anno, come anche gli altri, non si limita a parlarci di Gesù, ma anche della comunità cristiana da dove ha avuto origine e sei suoi “problemi” (tanto spesso tanto simili ai nostri!).
Oltre al dover conciliare “la novità evangelica di Gesù” con la “tradizione ebraica”, quelle comunità palestinesi e giudaiche si rivolgono a Gesù, che credono vivo e presente, con i loro problemi precisi e a volte dolorosi. Ed è la vita di Gesù che parla a loro: quello che aveva detto e fatto diventa il “luogo” dove la comunità trova la risposta che illumina e risolve le situazioni.
Dopo quasi 50 anni dalla morte-risurrezione del Signore anche se le comunità medio orientali sono ben costituite essi si trovano immerse in una serie di difficoltà: calo di fervore, mancanza di prestigio, persecuzioni dall’esterno (a cominciare da gruppi giudaici), scandali all’interno provocati da quelli che abbandonano la vita cristiana e da chi ostenta disprezzo per i “piccoli”.
Matteo è “il catechista/tesoriere” della comunità, giustamente preoccupato di seguire uno schema che aiuti l’ascolto (di chi tra l’altro non usufruiva come noi di schemi fotocopiati, di registrazioni e nemmeno di appunti…) e nello stesso tempo di “far parlare Gesù stesso” nella memoria prima dei suoi “fatti/opere”, per mettere in evidenza che nella chiesa ha autorità di insegnare chi prima fà quello che poi insegna.
I - Una comunità che anzitutto si deve confrontare con le sue radici ebraiche e nello stesso tempo con un insegnamento di “rottura” con il suo passato, per accettare la sfida e l’avventura di essere “il nuovo popolo di Dio” che ha una “nuova Torah”, quella dell’amore fino ai nemici data da un maestro che ne sarà il primo testimone (cc. 5 - 7).
II - È anche il vissuto di una comunità che, pur affascinata dal portare il vangelo agli altri, ne subisce però anche persecuzioni e defezioni e si sente dal Maestro rassicurata e rasserenata perché partecipe della sua stessa sorte (c. 10).
III - Una comunità che oscilla tra fiducia ottimistica e la necessità di richiamare vigorosamente i tiepidi ai cui è rivolta una parola parabolica e “profetica” non più del Regno (come in Marco) ma della Chiesa stessa (c. 13).
IV - È una comunità che rischia di privilegiare i prepotenti e di emarginare i “piccoli”, gli umili e i deboli... a cui Gesù rivolge un pressante e commovente invito alla loro cura (c. 18) perché solo nella fraternità animata e sostenuta dal perdono Lui è presente come il Risorto, il Dio-con-noi che si è manifestato anzitutto come il Servo (c.18).
V – Rischia anche di “addormentarsi” e di adagiarsi nella tiepidezza e nella pigrizia, una comunità a cui è rivolto l’invito alla vigilante attesa del Signore che viene (cc. 24 – 25).
[Da appunti personali di DOMENICO PEZZINI]
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