venerdì 31 marzo 2023

VICINA È LA PAROLA 2 APRILE 2023 DOMENICA DI PASSIONE/A Una Comunità che legge la Passione del Signore

VICINA È LA PAROLA 
2 APRILE 2023 
DOMENICA DI PASSIONE/
Isaia 50,4-7 / Salmo 21 
Filippesi 2,6-11 
Matteo 26,14- 27,66 


Una Comunità che legge la Passione del Signore 
La liturgia della DOMENICA DI PASSIONE o DELLE PALME, prevede quest’anno la lettura del racconto  secondo Matteo.  
L’evangelista non ci consegna una “cronaca”, ma ci fornisce l’interpretazione di chi crede in  Cristo e ne annuncia la resurrezione, e dunque legge gli eventi antecedenti nella “luce pasquale”  che spiega, dà senso, illumina anche la sua sofferenza e la sua morte in croce.  
Ascoltando e leggendo il racconto assistiamo, come folla convocata, al processo di Gesù, nel  quale si affrontano la volontà del Padre e quella umana, in un dramma che è pasquale non solo per  la sua collocazione temporale, ma anche per la sua dinamica. 
Possiamo distinguere la narrazione in tre grandi parti: - il preludio (26,1-46) 
- il processo religioso (47-75); 
- il processo politico; morte e sepoltura (27,1-66). 
La collocazione liturgica, eucaristica, di questa proclamazione ci esenta dal rischio di una  “rappresentazione sacra” e ci pone a livello della “ripresentazione” di un evento salvifico alla luce  del quale leggere la storia che stiamo attraversando e vivendo, come persone e come genere  umano. 
Il racconto è infatti “rivolto ad una comunità di credenti che già professano la fede nel Figlio  di Dio e che nei suoi ultimi eventi imparano a vedere l’urto finale tra Cristo e i Giudei con il rifiuto del  popolo eletto e la nascita di un nuovo popolo ad apertura universale e missionaria. Il continuo ricorso  all’adempimento delle profezie insegna che il presente è una maturazione del passato e assicura ai 
cristiani che la fedeltà di Dio nel passato è una garanzia per la vita attuale”1. Per una comunità già in difficoltà per prove interne ed esterne, la lettura della passione di  Gesù doveva essere un conforto, ma anche un esempio di come affrontarle che “appare padrone  del suo destino, pieno di potenza, cosicché gli avvenimenti [narrati] sono intellegibili solo nella fede  al Figlio di Dio”, una comprensione che avviene anzitutto nell’assemblea liturgica da parte di un  “catecheta e di un pastore” come si rivela Matteo2
Nelle nostre celebrazioni liturgiche spesso opulente di riti, non è facile commentare il Passio facendo risaltare, al di là della suggestione drammatica del racconto, l’attualità di questa vicenda  nei drammi del mondo contemporaneo ma il non farlo vanifica il nostro mandato come comunità  kerygmatica. Dobbiamo superare l’abitudine ad ascoltare la passione, il non farci scandalizzare più,  il fatto che ci sembri tutto scontato; ma il pensare alle nostre sofferenze, alla nostra morte questo  sì che ci scandalizza, eccome! 
Come per Gesù, la croce ha un senso anche per noi. 
Non basta commuoversi nell’ascolto: dobbiamo saper leggere e vivere la nostra croce come  quella di tanti altri nel nostro mondo. 
La Chiesa saluta questo Dio che è venuto nella sofferenza per salvarci: egli è vinto ma  riporterà vittoria; è morente ma per darci la vita eterna… sa che cosa è costata al suo Signore la  gloria della risurrezione3. Egli illumina anche i momenti più tenebrosi della Chiesa primitiva e di  oggi, dimostrando la sua forza contro ogni potere umano che sembra sovrastare l’umanità ed  asservirla a sé, addirittura la morte (cf 26,52-53). La sua morte è annunciata inizio di una nuova  presenza di Dio nel mondo (v. 51)4
La comunità, che per la prima volta sentiva narrare dei giorni dell’esistenza terrena del  Nazareno e per prima aveva anche ricevuto l’annuncio della sua risurrezione, ora ha bisogno di  assimilare, insieme con i primi testimoni, il senso più profondo delle “cose accadute” (cf 27,54b); ma anche di non scandalizzarsi dei rinnegamenti e tradimenti della fede in cui sono coinvolti, come  nemmeno delle persecuzioni di cui essi sono vittime e che nel “modo di soffrire” del loro Signore  possono trovare un grande conforto e incoraggiamento5
Una Comunità che ascolta la Passione del Signore 
La quarantena 2021, nuova versione laica della quaresima, è stato il tempo favorevole che  mi ha permesso di scrivere questo commento accompagnato dall’ascolto della Matthäus Passion BWV 244 di JOHANN SEBASTIAN BACH, nella formidabile esecuzione di JOS VAN VELDHOVEN della  “Netherlands Bach Society” eseguita e registrata il 16 e il 19 aprile del 2014 nella Grote Kerk di  Naarden. 
Ora, sull’indiscutibile capacità di Bach di interpretare i testi evangelici in chiave di “Cantate”  e di “Oratori”, non ho la competenza per dire molto, se non che essi hanno costituito per secoli, e  in parte anche oggi, l’asse portante dell’austera liturgia luterana, soprattutto di aver musicato in  modo mirabile testi di Lutero e della tradizione patristica.  
La meraviglia è anche per aver musicato il testo sacro, affidato al “recitativo”, e soprattutto  per averlo saputo interpretare coralmente e musicalmente facendovi emergere le categorie  teologiche tipiche degli evangelisti ed anche i sentimenti che la lettura spirituale suscita6. Ci sono  esempi straordinari di questo nella Matthäus Passion soprattutto in alcune famose arie. Comunque un mio sogno sarebbe quello di proporre una lettura commentata del racconto  della Passione dell’evangelista Matteo con l’ascolto dell’oratorio di Bach e qualche sobrio  commento. La riterrei un’utile proposta, per cristiani ed altri, di accostarci ai testi evangelici con una  visione il più ampia possibile, che sappia avvicinare esegesi ed ermeneutica al necessario bisogno di  comprensione contemporanea, di alto valore spirituale e culturale. 

1 G. TOSATTO, La Passione, in Il Messaggio della salvezza V, Torino 1968, pp. 462-463. 
Ritengo sufficientemente esaustiva l’introduzione al racconto della Passione di Matteo da G. BARBAGLIO, in “I Vangeli”,  Assisi 2008, pp.583-642. Per quanto riguarda il testo evangelico ho seguito la traduzione proposta da E. BORGHI, in  Matteo, Milano 2019. 
2L. DEISS, Introduction aux Evangiles, Tournai 1960, pp. 32-33. 
3 A. NOCENT, Celebrare Gesù Cristo 3. Cittadella 1977, pp. 274-277. 
4 A. VANHOYE, I racconti della passione, PAF 16 (1972) 87-90; 94-97; 114-118. 
5 A. VANHOYE, in “I racconti” e in “Structure”; G. TOSATTO, in “La Passione” hanno ben indagato sulla comunità implicita al  racconto della passione e morte di Matteo.
6 Rimando ad alcuni testi: PELIKAN JAROSLAV, “Bach teologo”, Piemme 1994. G. LONG, “Johann Sebastian Bach. Il musicista  teologo”, Claudiana 1997. CHIARA BERTOGLIO, Bach: Passione secondo Matteo http://www.settimananews.it/cultura/bach-passione-secondo-matteo/

Un mio commento è pubblicato in http://www.tommasoapostolo.it/ 

venerdì 24 marzo 2023

VICINA È LA PAROLA 26 MARZO 2023 DOMENICA V QUARESIMA/A

VICINA È LA PAROLA 

26 MARZO 2023 

DOMENICA V QUARESIMA/

Ezechiele 37,12-14 / Salmo 129 

Romani 8,8-11 

Giovanni 11,1-45 

A causa della morte,  

noi uomini siamo come città senza mura. (EPICURO

Di fronte a questa insicurezza e alla precarietà che ingenera nella nostra mente e nel cuore  fino all’ansia…, siamo tentati di costruirci difese che oltre rivelarsi inutili, diventano anche barriere  tra noi e gli altri, tra noi e Dio, tra il nostro desiderio di vita e l’angoscia di perderla. Difenderci e  diventare così schiavi delle nostre paure si alleano, facendo sì che la nostra esistenza non sia più  vita, ma morte! Cercando di difenderci dalla morte ci allontaniamo così dalla vita. 

Gli uomini sono schiavi per tutta la vita  

a causa della paura della morte. (Agli Ebrei 2,15) 

Ma la morte, lo sappiamo bene, non è soltanto la perdita di esistenza vitale; la morte stessa  ci attanaglia quando ci abbandona la voglia di vivere o non ci sembra di aver più motivi per sperare,  o il futuro ci appare un muro invalicabile e il suo percorso una fitta nebbia impenetrabile. Ci sembra  di “morire dentro” quando ci sentiamo traditi, incompresi, umiliati, anche solo trascurati. Con un  amore che finisce, può morire la voglia di vivere e attanagliarci il desiderio di morire. 

Chi crede in me, anche se muore vivrà. Ci credi? (Gesù a Marta) 

Per noi umani vincere la nostra autosufficienza egocentrica è più difficile che per un razzo  superare la forza di gravità del nostro pianeta. 

Gesù è entrato nella nostra esistenza solo con amore e così ha fatto sua la nostra morte. L’amore del Padre, che mai delude Gesù come figlio, è forza attrattiva più forte della nostra paura. Abbiamo a disposizione solo l’amore come arma contro la morte e la nostra fede è il terreno  dove il seme della Parola di Gesù può portare il frutto della Vita. 

Lazzaro sia per te come uno specchio:  

contemplando te stesso in lui, credi nel risveglio! (IPPOLITO

Contestualizzazione evangelica 

Nel capitolo 11 del racconto evangelico troviamo il VII ed ultimo segno giovanneo, prima  dell’VIII, quello della risurrezione del Signore, anticipato in Lazzaro risuscitato. Nei precedenti capitoli, fin dal suo prologo, l’evangelista annuncia Gesù “Parola di Vita” per  ogni essere umano che crede in Lui (cf 1,4): Egli si dona come sorgente dell’acqua viva (cap. 4), luce  del mondo (cap. 9) e qui nel cap. 11 ancora Lui Vita che fa risorgere dalla morte.

Più Cristo si manifesta al mondo come Vita e come Luce, più è rifiutato” (cf 1,10-11) e tuttavia  compie “segni che lo rivelano”: fa rinascere (cf cap. 3), dona l’acqua viva (cap. 4) e il pane vivente  (cap. 6). Con questo VII segnoGesù sirivela e si proclamaResurrezione eVita(v. 25), ma richiamando dai morti  l’amico che giaceva nella tomba già da quattro giorni. 

I personaggi determinano la drammaticità di questo brano: Gesù con i discepoli (cf 11,1-16), Gesù  incontra Marta (cf 17-27) e poi Maria seguita da un gruppo di Giudei che la seguono (cf 28-37), la resurrezione  dell’amico Lazzaro (cf 38-44). La presenza sua dall’inizio alla fine dà unità a tutto l’episodio, mentre la  varietà degli attori dà vivacità all’azione. 

I luoghi dove si svolge la narrazione sono nominati dettagliatamente e utili anch’essi a delimitare  i diversi brani del racconto; essi però costituiscono soprattutto riferimenti “teologici” dell’operato di  Gesù. 

Per quanto riguarda il tempo cronologico in cui è collocato questo segno, tra la festa della  Dedicazione (cf 10,22) e la Pasqua dei Giudei (cf 12,1), ha anzitutto un valore teologico per  connotare le “opere” che Gesù compie e che l’evangelista evidenzia come pienezza del contenuto  di quelle antiche e in loro alternativa e contestazione sul modo in cui ormai venivano celebrate dalla  casta sacerdotale, prive di senso e di comprensione per il resto del popolo, e sulla loro  strumentalizzazione da parte del potere religioso e politico. 

Ricordiamo che proprio in occasione della Festa della Dedicazione, Gesù si era presentato  come il “buon/vero/bello pastore” che dà la vita per le pecore e non permette che esse siano rapite  dalla sua mano, perché così gli sono state affidate dal Padre (cf 10,29). Il segno che compie ora non  fa altro che evidenziare come nessun nemico possa strappare “i suoi dalla sua mano”, neppure la  morte: nella risurrezione di Lazzaro si manifesta la fedeltà del Padre attraverso Gesù. 

Forse sarebbe utile avere a disposizione uno schema che metta in evidenza una struttura  letteraria e tematica, ma qui non è lo spazio adatto. 

Appare una grande inclusione tematica dei vv. 4 e 40 che insinua la luce nella quale interpretare  la resurrezione di Lazzaro: è un segno che manifesta la presenza amorosa [gloria] gloria del Padre. 

Ambientazione liturgica: dal sepolcro erompe la Vita 

La vita in Cristo è risurrezione: passare da morte a vita. 

A noi, viventi ancora oggi su una “terra di morte” e disseminata di morti, Ezechiele annuncia,  come allora agli esuli scoraggiati in Babilonia il ritorno nella loro terra, una risurrezione animata dal  Soffio vitale di Dio [Ezechiele 37 – I lettura]. 

È lo Spirito del Risorto che vive nei cristiani e li rende persone vitalizzate, già risorte [Romani  8 – II lettura]. 

La risurrezione dell’amico Lazzaro da parte di Gesù che sta andando verso la morte è anticipo  della sua e annuncio della vita in Lui: risurrezione che non fa morire, mai! [Giovanni 11 – Evangelo]. Il battesimo, che i catecumeni si preparavano a ricevere, è infatti immersione nella sua  morte ed emersione a vita eterna in Cristo, sacramento di un’esistenza configurata al Signore  crocifisso-risorto. 

L’eucaristia che celebriamo è così sintetizzata nell’acclamazione: “Annunciamo la tua morte,  Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta”. 

L’ermeneutica battesimale di Gv 11 

Nelle precedenti Domeniche abbiamo celebrato Gesù Vita di ogni essere umano che crede  in Lui, come sorgente dell’acqua viva (III) e come luce del mondo (IV), oggi - la III degli scrutini dei  catecumeni - celebriamo ancora Lui Vita che fa risorgere dalla morte.  

Tuo fratello risorgerà” (v. 11,23).  

“Ora Cristo lo afferma alla Chiesa [ma non come alle sorelle…]: è con tutta la Chiesa, con  ciascuno dei suoi membri che hanno in sé la Vita, che Egli rivolge la sua preghiera al Padre.  La Chiesa si rivolge al catecumeno… come al cristiano: “Vieni fuori!”. 

Il Cristo e la Chiesa diranno: “Scioglietelo e lasciatelo andare”. Le bende del peccato e della  morte cadranno alla sola voce di Cristo e della sua Chiesa. Egli è la luce del mondo (vv. 9-10) e oggi,  per mezzo della Chiesa, Egli è risurrezione e vita del mondo (vv. 25-26).  

La Chiesa freme col Cristo davanti a Lazzaro, l’uomo peccatore, [non soltanto espressione di  un vivo amore umano e spirituale] e la sua preghiera lo libera dalle bende del peccato e lo rende  alla vita. La Chiesa deve sempre fremere quando vede le conseguenze della catastrofe iniziale del  genere umano [come Cristo Uomo-Dio sente il dolore profondo di fronte al fallimento della prima  creazione, di ciò che il peccato ha fatto dell’essere umano creato splendente di vita e di bellezza]. E  le vede in ogni istante, ogni volta che getta uno sguardo sul mondo e sui suoi membri feriti nella  loro vitalità” (A. NOCENT). 

Preghiamo con la Liturgia 

In questa domenica la Chiesa continua la preparazione prossima dei catecumeni al Battesimo  e prega su di loro e per loro: 

Padre della vita, tu che sei il Dio dei vivi,  

tu che hai mandato il tuo Figlio come araldo della vita  

per condurre alla risurrezione gli umani 

strappati al regno della morte… 

libera questi tuoi eletti  

dalla potenza apportatrice di morte…  

e che essi possano ricevere la vita nuova  

dal Cristo risorto  

e renderne testimonianza”. 

“Signore Gesù,  

che risuscitando Lazzaro dai morti,  

voluto indicare che tu sei venuto 

per dare la vita agli umani  

e che essi la ricevono senza misura,  

libera dal potere della morte  

coloro che chiedono la vita ai tuoi sacramenti;  

scioglili dal male, comunica loro la fede,  

che essi, vivendo sempre con Te,  

partecipino alla tua risurrezione”.

Vicina è la PAROLA 21aprile 2024: IV Domenica di Pasqua- Farsi guidare è lasciarsi amare

Vicina è la PAROLA 21aprile 2024: IV Domenica di Pasqua Atti 4,8-12 / Salmo 117 1Giovanni 3,1-2 Giovanni 10,11-18 Farsi guidare è lasciars...