venerdì 29 luglio 2022

VICINA È LA PAROLA 31 LUGLIO 2022 – DOMENICA XVIII C AVERE O ESSERE Il colore dei soldi

VICINA È LA PAROLA 
31 LUGLIO 2022 – DOMENICA XVIII C 
Qoèlet 1,2;2,21-23 / Salmo 89 
Colossesi 3,1-5.9-11 
Luca 12,13-21 




AVERE O ESSERE 
Il colore dei soldi 
Uno dei bisogni fondamentali dell’uomo moderno è la sicurezza personale.  Da sempre l’umanità ricerca appassionatamente e necessariamente un fondamento stabile  su cui poggiare la propria esistenza, ad esempio sul denaro. “Il denaro è tutto”, si dice anche se “i  soldi non fanno la felicità” …figuriamoci la miseria! 
Tutti sappiamo che l’insidia sta nell’uso del denaro e nel suo “potere”: quando scatta il  meccanismo dell’accumulare, diventa una forma di idolatria a cui asservirsi, pronti a tutto per  averlo. La sete di denaro oppone gli esseri umani: l’altro diventa un rivale da superare o da eliminare,  a cui non sono esenti nemmeno le famiglie nel momento della spartizione dell’eredità che da quel  momento rischiano di dividersi. Nella società è proprio il denaro la sorgente di tutte le gerarchie  sociali e discriminazioni: chi ha di più è più in alto e gli esseri umani si distinguono per quello che  “hanno”, perdendo il valore di quello che “sono”. Il problema della distribuzione delle ricchezze è  uno dei più gravi a tutti i livelli. 
“L’uomo del denaro” diventa però un uomo solo e alienato, schiavo in una prigione che sono  le sue stesse ricchezze. Dal possedere all’essere posseduti! 
La morte rivela in modo evidente questa verità e la sua previsione compie realisticamente in  ogni essere umano la liberazione da un’illusione. 
Di questa “trappola” non sono esenti né i credenti né le chiese: quando si parla sempre e  solo di “cose spirituali” qualcuno approfitta nell’ombra di quelle materiali (vedi i recenti ma non  ultimi “scandali vaticani!). Ci alterniamo tra un ipocrita disprezzo della ricchezza ed un suo ingenuo  o spregiudicato utilizzo. Di conseguenza il nostro atteggiamento “cristiano” nei confronti dei poveri  e delle forme di povertà rimane cristallizzato in una mentalità di “beneficienza” e non di solidarietà  o di equità sociale. Le proposte per una “nuova economia”, sotto l’impulso di papa Francesco,  stanno facendo breccia nelle coscienze individuali e sociali, manca tuttavia una “formazione morale”  che le renda possibili partendo dall’esperienza educativa basilare della gratificazione che si prova  nel donare e nel condividere. 
Ambientazione liturgica 
Un’esistenza che non “appare” ma una vita “nascosta” che la trasfigura. 
+ La Liturgia è proprio il momento in cui “gesti e parole” assumono un significato e un valore  “altro” perché “simbolico”, paradossalmente capace di far emergere la vita “nascosta”  nell’esistenza quotidiana e che rischia di non emergere in tutta la sua “novità salvifica”: siamo risorti  con Cristo, passati con Lui da morte a vita nella ricerca della nostra vera identità. L’esperienza 
battesimale che si rinnova efficacemente nella celebrazione eucaristica ci permette di vincere  l’idolatria dell’insaziabile possedere per una vita autentica, l’inganno reciproco delle discriminazioni e delle appartenenze esclusive per un’autentica unità in Cristo, “tutto in tutti” [Colossesi 3 -II lettura]. 
- I beni di cui siamo resi partecipi, la Parola e il Pane di Vita, ci “saziano” nella misura in cui  non ci serviamo di Cristo a nostro uso e consumo, ma mettiamo noi stessi al servizio degli altri  condividendo nella libertà e nella gioia ciò che abbiamo per essere autenticamente quello che  siamo, vincendo la paura di “sprecare” la nostra esistenza e il rischio di “perderla per sempre” [Luca  12 – Evangelo]. 
- La lode e l’adorazione nei confronti del Signore, a cui la Scrittura attraverso i Salmi ci  richiamano e ci invitano, non ci mettono in un atteggiamento di dipendenza e di sottomissione ma  ci permettono di ritrovare il senso autentico del nostro essere “umani”, vincendo la durezza del  nostro cuore [Salmo 94]. 
- Superiamo così una visione cinica e pessimista dell’attività umana ritrovandone tutto il suo  valore costruttivo e realizzante per gli individui oltre che per le società [Qoèlet 1-2 – I lettura]. 
Contestualizzazione evangelica di Luca 12,13-21 
[Gesù prosegue il suo cammino messianico in mezzo a noi e con Lui “il Regno di Dio” si  manifesta liberazione di un essere umano da una forza occulta che lo teneva muto (cf 11,14);  ma la libertà “di parola” trova sempre l’opposizione del potere con false accuse (cf vv. 15-16)  che però non impediscono di ostacolarne l’attiva presenza (cf vv. 17-26). Tra la folla che  ascolta c’è chi accoglie senza riserve: per loro c’è una nuova beatitudine (cf vv. 27-28). Il  segno di Giona diventa la “chiave interpretativa” della vicenda messianica del Nazareno (cf  vv. 29-32) che illumina lo sguardo e la sua comprensione (cf vv. 33-36), trova ancora l’ostilità degli esperti della Torah fino alle persecuzioni dei discepoli e dei futuri credenti (cf vv. 37-54;  12,1-12)
La comunità lucana si rivela fin dagli inizi molto sensibile alle situazioni di povertà e di  indigenza, anche molto attenta alle insidie che si nascondono dietro un uso “ingenuo” o  spregiudicato dei beni materiali. Lo attestano molto bene i primi capitoli degli Atti nel descrivere la  prima comunità di Gerusalemme ed il suo stile di vita anche con scelte non sempre facili da capire  per noi (cf Atti 2,44-45; 4,34-37; 5,1-11). 
Così nelle memorie evangeliche, soprattutto nella parabola di questo capitolo 12 (vv.1 6-21), viene illustrato in modo esemplare il messaggio del v. 14: la vita non dipende da ciò che si possiede. L’antidoto è espresso nella conclusione come monito/invito ad arricchirsi davanti a/presso Dio (cf v. 21) il cui contenuto sarà esplicitato in seguito (cf vv. 30b-34). 
Cosa rende Dio “ricco” se non l’amore, per noi e per tutta l’umanità, che lo ha portato a  donare il proprio Figlio! Lui è vissuto anzitutto cercando la volontà del Padre e non se stesso, quello  era il suo “tesoro” (cf v. 34) e “svuotandosi di sé” (cf Filippesi 2) lo ha speso per noi. 
Nel non possedere se stesso ha dato pieno senso alla sua esistenza ed a quella di chiunque  la spenda per Lui e per gli altri. 
Non si tratta dell’ingenuo vivere disprezzando i beni terreni, ma di adoperarci instancabilmente affinché essi ci permettano un’esistenza più umana, da figlie e figli del Padre,  sorelle e fratelli tra noi. 
Preghiamo con la Liturgia 
Padre, fonte dell’amore, 
che in Cristo tuo Figlio 
ci chiami a condividere la gioia del Regno, 
donaci di lavorare con impegno in questo mondo, 
affinché, liberi da ogni cupidigia, 
ricerchiamo con sapienza i beni veri. 
Amen.

sabato 23 luglio 2022

VICINA È LA PAROLA 24 LUGLIO 2022 – DOMENICA XVII C PADRE Pregare perché

VICINA È LA PAROLA 


ù24 LUGLIO 2022 – DOMENICA XVII C 
Genesi 18,20-32 / Salmo 137 
Colossesi 2,12-14 
Luca 11,1-13 
PADRE 
Pregare perché 
Come si faccia a pregare ed a che cosa serva sono interrogativi con cui hanno a che fare  anche i cosiddetti “non credenti”; ma spesso i credenti stessi si arrendono perché “ho pregato  tanto… ma il Signore non mi ha ascoltato”; oppure molto semplicemente constatano di non saper  pregare o addirittura di non aver mai pregato veramente. 
Se nella preghiera chiediamo, siamo sicuri che sia ciò di cui abbiamo veramente bisogno? Certo se abbiamo a che fare con una malattia che si prospetta inguaribile, con una situazione  drammatica come la guerra…, con persone irrecuperabili, queste ci sembrano davvero “urgenze”  per cui pregare, dato che non riusciamo a cavarcela con le nostre forze. 
A rifletterci bene sotto o dietro c’è un‘idea di Dio un po’ “distratto” o troppo occupato in  altro, comunque uno a cui piace appunto “farsi pregare” per intervenire. 
Ma in realtà Dio non ha nessun altro di cui occuparsi se non noi che ritiene suoi figli e figlie,  capaci di reggere le sorti del mondo.  
È nel momento in cui ci mettiamo a pregare che emerge “chi è Dio per noi” e per chi o cosa  noi viviamo e crediamo. 
Evitiamo pertanto due estremi: ritenere che la preghiera risolva tutto o che sia totalmente inutile.  
Essa, infatti, non agisce sugli avvenimenti e su Dio modificando la sua volontà nei nostri  confronti, ma agisce su di noi: ci cambia, perché noi siamo responsabili di cambiare il mondo.  Pregando ci mettiamo in contatto con le nostre risorse profonde più potenti: l’ispirazione creatrice  dello Spirito capace di rigenerare continuamente la faccia della terra. 
Pregando permettiamo a Dio di cambiare noi stessi, il nostro atteggiamento nei confronti  dell’esistenza umana con le sue fragilità, contraddizioni, assurdità… e cominciamo a vederci un  senso, un significato, un valore finora nascosti ma presenti: lasciamo che diventi Dio in noi e cominci  sprigionare la sua unica vera potenza che è l’amore. La preghiera ci permette di lasciarlo agire  liberamente, per il nostro vero bene e per quello degli altri… ciò per cui stiamo pregando. 
La malattia non è una disgrazia ma una situazione in cui noi e gli altri possiamo diventare  migliori, più umani, più sensibile e compassionevoli, in cui lasciarci amare ed amare vincendo la  paura del dolore e della morte, credendo che la fiducia in Dio può farci risorgere… subito! 
Sì perché e come se “morisse” la nostra pretesa di essere esauditi e nascesse in noi la disposizione a fare qualcosa, anche un piccolo semplice gesto d’amore.
Non basta pregare Dio per gli altri, occorre lasciarlo agire in me verso di loro. Sono riflessioni e considerazioni che mi ha suscitato l’ennesima lettura di “Ogni giorno è  un’alba” (LUIS EVELY). 
Ambientazione liturgica 
+ Quale momento migliore della celebrazione eucaristica per sperimentare la bellezza, la  varietà e l’efficacia della preghiera! Insieme noi lodiamo, ringraziamo, intercediamo, chiediamo il  perdono e la misericordia… si tratta comunque e sempre di un dialogo “familiare” che la tradizione  latina vuole sempre rivolto al Padre nel Figlio per lo Spirito. [DOSSOLOGIA EUCARISTICA
- La comunità, riunita in Assemblea liturgica, pregare sempre per e a nome di tutti, è voce  dell’umanità dispersa [PREGHIERA UNIVERSALE] e a volte, come Abramo, si spinge fino all’ultima trincea  della misericordia e rimane in un dialogo “amichevole” di fiducia, che sa fin dove può osare a rischio  anche della sua sicurezza finale [Genesi 18 – I lettura]. Questa fiduciosa speranza nella misericordia  senza limiti del Signore è il motivo del “ringraziamento” per una vera “rinascita” nella ritrovata forza, tra “sventure” e nel compimento delle sue promesse [Salmo 137]. 
- Per il cristiano questa è l’immersione nella morte e risurrezione di Cristo fonte di piena  libertà per il perdono ottenuto [Colossesi 2 – II lettura]: la sua preghiera scaturisce proprio da questa  esperienza pasquale nella quale tutto allora diventa possibile perché tutto è già stato donato e  ricevuto. Da qui prende vita anche il “rendimento di grazie”, cuore della celebrazione eucaristica. 
+ Papa Gregorio magno aveva introdotto subito dopo la sinassi giorno la “Preghiera del  Signore”, utilizzando il testo di Matteo. Così nella Liturgia, salmica ed eucaristica, la comunità  cristiana assolve il mandato di ripeterla tre volte al giorno, con la richiesta quotidiana del “pane di  ogni giorno / sostanziale” che qui assume un chiaro connotato “eucaristico” [Luca 11 – Evangelo]. 
Contestualizzazione evangelica di Luca 11,1-13 
[Gesù di Nazaret annuncia la presenza di Dio in noi e in mezzo che è Lui stesso. Per questo  invia discepoli e missionari a fare altrettanto. Un volto inedito di Dio viene rivelato e  comunicato: il Padre. Questo cambia tutto, sia il modo di agire che di pregare, perché  propone un modo nuovo di vivere: da figli e figlie, da fratelli e sorelle. 
Propone di fare spazio ad un nuovo “centro di gravità” per la propria persona ed esistenza:  l’amore. E questo è stato ben attestato dal racconto parabolico di Luca 10,25-37 e  nell’episodio di Betania (cf vv. 38-42). Ora i discepoli, quotidianamente a contatto con Lui,  condividendo le sue attività e ascoltando le sue parole, rimangono però impressionati dal  suo modo di pregare.
È ancora la comunità lucana che cerca nella sua origine il senso della preghiera, anche per i  singoli credenti e recupera la “tradizione giudaica” di Matteo sulla “novità” [“invece tu…”]  dell’insegnamento del Rabbi galileo che, anche a questo riguardo, insiste sul rapporto con il Padre  “nell’intimo” (Mt 6,6) e sulla originalità dell’esperienza comunitaria nella “presenza” del Signore  risorto (cf 18,19-20). Ritorna l’urgenza e la necessità di “imparare nuovamente” la novità che il  Risorto porta anche al pregare (Luca 11,1), recuperando “l’essenziale” del suo insegnamento ai  discepoli (è utile un confronto sinottico tra Mt e Lc nella tradizione del “Pater”). 
Comunque anche le diversità attestano che non si tratta anzitutto di imparare “una nuova  preghiera” ma di entrare in “un nuovo rapporto con Dio” quello filiale di Gesù nei confronti del  Padre, Abbà-Babbo” (cf v. 2). Questo lo porterà a conformarsi in pieno alla sua volontà proprio  nell’angoscia e nella morte (cf 22,42; 23,46). Il Maestro insegna infatti solo quello che sperimenta  come Figlio; così si esprime dal più profondo di se stesso “colto da incontenibile gioia” (cf 10,21-22). 
Paolo ha sicuramente espresso efficacemente quella essenzialità e unicità cristiana dello  “Spirito che prega in noi… Abbà, Padre” (cf Galati 4,6; Romani 8,15) ciò include quanto la “Traditio”  sottolinea della “libertà” e della “fiducia”.
In Luca risulta così una versione più “familiare” e intima in cui la “santità di Dio” si esprime  nella misericordia (cf 1,49-51) che spinge noi a manifestarla con il nostro stile di vita così che “Ciò  che Tu vuoi nel Cielo possiamo noi, abitanti della terra, compierlo in modo irreprensibile” (TR. PT.). 
La richiesta del “perdono dei peccati” (v. 4) sarà compiuta da Gesù stesso sulla croce: “Padre,  perdona loro…” (cf 23,34). 
La parabola che segue (cf vv. 5-13) è un’esortazione alla fiducia e alla perseveranza anche  perché nel chiedere ciò che si ottiene è comunque sempre il dono dello Spirito sorgente e ambiente  del rapporto filiale con il Padre e quindi della preghiera (cf v. 13b). 
Preghiamo con la Liturgia 
Padre santo e misericordioso, 
Cristo tuo Figlio 
ci ha insegnato a chiamarti Padre: 
invia su di noi lo Spirito Santo, tuo dono, 
così che ogni nostra preghiera sarà esaudita. 
Per il nostro Signore Gesù Cristo, 
tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, 
nell'unità dell’unico Spirito, 
ora per l’eternità. Amen.

venerdì 15 luglio 2022

VICINA È LA PAROLA 17 LUGLIO 2022 – DOMENICA XVI C L’ESSENZIALE

VICINA È LA PAROLA 

17 LUGLIO 2022 – DOMENICA XVI C 

Genesi 18,1-10 / Salmo 14 

Colossesi 1,24-28 

Luca 10,38-42 

L’ESSENZIALE 

Ambientazione liturgica 

+ È proprio nella celebrazione eucaristica che noi, assemblea riunita in nome della Trinità,  sperimentiamo la sua visita -come ad Abramo- e diventa nostro “ospite” attraverso il Figlio che si è  fatto “ospite e pellegrino in mezzo a noi” (cf Prefazio comune VII pag. 403). 

- L’ospitalità eucaristica è l’ambiente più idoneo all’ascolto e al servizio, che permette lo  svelamento dell’Altro, della sua identità e della sua presenza feconda, nell’impossibilità umana  generatrice di vita [Genesi 18 – I lettura] e il riconoscimento degli altri come fratelli e sorelle [Salmo  14]. 

- Nella nostra “casa”, come famiglia e come chiesa, il Risorto è nostro ospite secondo la sua  promessa (cf Matteo 18,20) così nella casa di Betania 

+ La stessa Celebrazione, nei due “momenti liturgici” della Parola e dell’Eucaristia, riflette i  due atteggiamenti che il Maestro ha riconosciuto in Marta e Maria e che il Signore richiede alla sua  comunità credente e celebrante: ascolto attento ed operoso nel servizio [Luca 10,34-42 - Evangelo]. 

- È la consapevolezza richiesta ai suoi discepoli e ai credenti di ieri e di oggi, anche “ministri  ordinati” senza nessun merito o utilità come era Paolo “prigioniero del Signore” mentre scrive alla  comunità cristiana di Colossi. È sempre apostolo anche nell’inattività, in quanto continua ad  esercitare la sua missione nel realizzare/attuare la Parola nei suoi cristiani provenienti dal  paganesimo. Proprio in quella situazione si fa conoscere l’evento di Dio: Cristo risorto in noi,  speranza di una vita libera e nuova [Colossesi 1,24-28 – II lettura]. 

Contestualizzazione evangelica di Luca 10,38-42 

[Ancora la giovane chiesa è attraversata da diverse tendenze: chi vuole dare priorità  all’ascolto della Parola (in Atti: all’insegnamento degli Apostoli… cf 2,42) e chi invece ai  bisogni dei poveri (cf 6,2.4). Luca fa rileggere alla sua comunità quanto vissuto dal Maestro  stesso nella sua esistenza terrena e nella sua frequentazione delle case dei suoi amici, come  a Betania… Le due sorelle, Marta e Maria evidenziano, nei loro comportamenti, i due  “movimenti vitali” di ogni discepolo e comunità: ascolto e servizio. Il primo senza l’altro  rischia di rimanere un intimismo sterile; il secondo senza il primo può diventare un agitarsi e un preoccuparsi insufficiente e comunicare l’amore da cui ha origine. Un amore unico e  necessario senza il quale non sussistono né ascolto della Parla servizio (cf Luca 10,38-41,  11,1 ss.)].

La prossimità del “Regno di Dio in mezzo a noi” (cf 10,9b) è stato mirabilmente espresso nella  parabola evangelica di un samaritano che si fa prossimo di un malcapitato (cf vv. 30-37). Non  possiamo dimenticare che a provocare il Maestro è stata una questione a cui Egli ha risposto su  “come leggere la Torah” nei suoi due capisaldi dell’amare il Signore con tutto se stessi e il prossimo come se stessi (cf vv. 25-27). 

Amare per vivere e vivere per amare! (cf v. 28: “Fa’ questo e vivrai”) 

La propria esistenza, che rischia di essere messa da parte, ritrova la sua vitalità e autenticità  proprio nel “prendersi cura” anzitutto praticato dal maestro e poi raccomandato ai discepoli (cf 9,1- 2. 11; 10,9). 

Entrare... accogliere…” sono gli atteggiamenti di chi annuncia e di chi riceve (ed è un’altra  caratteristica di questa prima parte del cammino “verso Gerusalemme” cf 9,51; 10,5. 7-8. 10). Ecco che il “cammino del Regno” prosegue per le nostre strade su invito stesso di Gesù: “Va’  e anche tu fa’ così” (v. 37b). E come aveva raccomandato ai suoi “72” (cf v. 5 ss.) entra ed è accolto  nella casa di Marta che però non è sola, ha una sorella Maria che si dedica all’ascolto della Parola  del Maestro mentre lei ne è distolta a causa dei molti servizi (cf vv. 38-40a). Fin qui tutto bene: è normale che succeda così in ogni casa, come in ogni comunità, anche  nel gruppo dei discepoli (cf 8,3). 

Anche se stupisce il fatto che Maria sia descritta nell’atteggiamento tipico del discepolo, lei  una donna a cui era negato dalla tradizione giudaica, ma il vedere e l’udire che Gesù stesso aveva  “benedetto” nella sua “lode” (cf 10,24 e soprattutto 11,28). 

Finché non viene avvertito come un problema, una questione che dovrebbe interessare il  Signore e su cui prendere una posizione risolvendo la dialettica a favore del servizio percepito come  insopportabile, faticoso. 

Tuttavia il Signore apprezza l’operato di Marta, ma ne mette anche in evidenza il pericolo di  un affanno e di un’agitazione che fanno correre il rischio di dimenticarsi per chi fa tutto questo.  Maria, con il suo star seduta in ascolto aiuta proprio la sorella a non dimenticarlo e trascurarlo. 

Non è forse “amare le cose ed usare le persone” invece che “usare le cose per amare le  persone”?! (POWELL

La “priorità” del servizio non è esente dalla tentazione di un suo esibizionismo fino a  diventare “pretesa di aiuto” e “arma” di giudizio nei confronti di chi sembra trascurarlo, intento a  salvaguardarne l’essenziale. 

L’essenziale del discepolo non è l’inattività ma il tenere fisso lo sguardo sul Signore (cf 4,20). Notiamo una progressione nell’insegnamento lucano del Nazareno: culmina nel “farsi  prossimo” che diventa criterio di discernimento di una vita coerente, obbediente perché sempre  “rivolta a…” anche quando è “curva su…”, sempre consapevoli della propria impotenza e inutilità:  “Siamo servi senza utile” (cf Lc 17,10). 

E la misura di questo atteggiamento è il modo nuovo di pregare che il maestro trasmetterà  (cf 11,1-2). 

Preghiamo con la Liturgia 

Padre santo e misericordioso, 

nella casa di Betania tuo Figlio Gesù 

ha conosciuto il premuroso servizio di Marta 

e l'adorante silenzio di Maria: 

fa' che nulla anteponiamo  

all'ascolto della sua Parola. 

Per il nostro Signore Gesù Cristo, 

tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, 

nell'unità dell’unico Spirito, 

ora per l’eternità. Amen.


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