giovedì 28 gennaio 2021

“LE PAROLE… LA PAROLA” 31 gennaio 2021 (Il Regno di Dio che si diffonde)

 LE PAROLE… LA PAROLA” 

31 gennaio 2021 (Il Regno di Dio che si diffonde


Marco
1,21-28 / Deuteronomio 18,15-20 / 1Corinzi 7,32-35 

Vicina è la Parola 

“La Parola di Dio è l’antidoto alla paura  

di restare soli di fronte alla vita. 

Prima di ogni altra cosa va creduto e annunciato  

che Dio si è avvicinato a noi,  

che siamo stati graziati, misericordiati. 

Il Signore, attraverso la sua Parola con-sola,  

cioè sta con chi è solo.  

Parlandoci, ci ricorda che siamo nel suo cuore,  

preziosi ai suoi occhi, custoditi nelle palme delle sue mani. Dio è vicino, e la vicinanza è l’inizio e la cifra del Vangelo, il ritornello della predicazione di Gesù:  

il tempo della distanza è finito quando in Gesù si è fatto uomo.  Da allora Dio è vicinissimo; dalla nostra umanità mai si staccherà  e mai di essa si stancherà. 

È finito il tempo in cui si prendono le distanze da Dio e dagli altri,  è finito il tempo in cui ciascuno pensa a sé 

e va avanti per conto proprio”. 

FRANCESCO, 24 gennaio 2021 

Una giornata particolare”, film indimenticabile con  Mastroianni e la Loren diretto da E. Scola (1997), quello che  succede nell’esistenza di due sconosciuti e improbabili amanti  mentre l’Italia precipita nel baratro del fascismo. 

Molto particolare quella che narra Marco nel suo racconto  evangelico, trascorsa dal Nazareno a Cafarnao, sul mare di Galilea  o di Tiberiade (1,21-34): ne succedono di tutti colori in quel sabato! 

Un ossesso che lui guarisce nella sinagoga; a seguire in casa di  Simone gli guarisce da una febbre la suocera; dopo il tramonto del  sole risana malati e invasati che si erano radunati davanti alla porta  

della casa; il giorno seguente all’alba si ritira in un luogo solitario  per pregare… ma tutti lo cercano. 

Beh, come inizio non c’è male, tenendo conto che la gente lo  ascolta con meraviglia perché nota la differenza con altri  predicatori: “insegna come uno che ha piena autorità e non come  i maestri della Torah”. 

La novità di questo insegnamento è riconosciuta dalla gente,  ma soprattutto dagli spiriti maligni e la sua fama si diffonde in tutta  la Galilea… 

In realtà, con Gesù e i suoi primi discepoli che si muove per  tutta la Galilea predicando nelle sinagoghe è il regno di Dio che  avanza, la sua presenza d’amore che pervade i luoghi tradizionali  e le case della gente, le loro strade. 

Si tratta “di un dono di inaudita e sconcertante novità  nella comunità: riattualizzare la parola di Dio,  manifestandone l’inesauribile capacità creativa e la rocciosa  fedeltà, interpretare ogni nuovo oggi di salvezza alla luce  della fede. Dire le parole di Dio che equivale ad un cammino  incessante di conversione verso l’Altro, eppure vicinissimo (I  lettura di oggi). 

Ma Gesù dice le parole di Dio dicendo le sue parole di  uomo nazaretano, compassionevole, incapace di tollerare che  l’umanità sia oppressa sotto la schiavitù del male. Le dice  proprio con il suo essere figlio del Padre in mezzo a noi,  fratello tra fratelli e sorelle, questa è la sua piena autorità”. 

La sua non è un’autorità che si impone con prepotenza e con  la pretesa di inconfutabilità, nemmeno con la propaganda  pubblicitaria o la subdola persuasione, o il razionale  convincimento che lui stesso osteggia (“Taci…” 1, 25. 34). 

È l’autorità dell’amore che dona se stesso senza sosta e non  utilizza altro mezzo che sia un surrogato dell’alleanza, l’amicizia  stabilita tra Dio il suo popolo (Deuteronomio 18,15ss.) anzitutto  vivendola Lui con il Padre.

La presenza amorosa di Gesù nella sinagoga prende il posto  del male che invade l’essere umano, lo libera dal suo potere e dona  a quel luogo il suo originale senso (cf 3,27): l’ascolto unanime  dell’Uno-Amore. Lo sgombra dalla vanità e vacuità di altre parole  riempiendolo di sé, Parola del Padre (“Esci…”). 

Paolo dimostra la stessa autorità verso i suoi cristiani di  Corinto, ma solo per indirizzarli a ciò che ci tiene uniti al Signore  senza distrazioni e non imponendo loro il suo ruolo di apostolo,  affinché non si disperdano in scelte che non portano a nulla (II  lettura). 

Ma non siamo anche ciascuno di una “una parola” per la vita  e per il mondo? 

Lo saremo se anzitutto la nostra storia ci parla e se sappiamo  ascoltare cosa il Signore vuole dirci: “Taci! Esci!”.  

Io lo sento come un invito a far tacere le tenebre che spesso  parlano dentro noi e non ci fanno sentire amati, e vorrebbero  impedirci di andare verso questo Amore. 

Jésus le Christ, lumière intérieure, ne laisse pas mes ténèbres  me parler. Jésus le Christ, lumière intérieure, donne-moi d'accueillir  ton amour”, così si canta a Taizè. 

La Luce della sua Parola ci farà diventare “comunità in  ascolto”, nuova “sinagoga” – casa della Parola – dove Lui ci parla  nella Liturgia, ma soprattutto nel fratello e nella sorella mentre gli  apriamo la porta di casa o gli rispondiamo al telefono, ad un suo  messaggio. 

Diventeremo così anche una “comunità ermeneutica”, capace cioè di discernere ogni forma di autoritarismo che deforma  l’immagine di Dio e dell’essere umano oppresso, di contrastarlo  con una vera autorità che fa invece germogliare e crescere una  nuova umanità. 

Roberto


venerdì 22 gennaio 2021

“LE PAROLE… LA PAROLA” 24 gennaio 2021 (Incontro con i primi discepoli)

 LE PAROLE… LA PAROLA” 

24 gennaio 2021 (Incontro con i primi discepoli


Marco
1,14-20 / Giona 3,1-5-10/ 1Corinzi 7,29-31 

Evangelii Gaudium 

è il Vangelo della gioia! 

“La gioia del Vangelo riempie il cuore  

e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù.  

Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato,  dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento.  

Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia.  

Il grande rischio del mondo attuale,  

con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo,  è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro,  dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata. Molti vi cadono e si trasformano in persone risentite, scontente,  senza vita. Questa non è la scelta di una vita degna e piena,  questo non è il desiderio di Dio per noi,  

questa non è la vita nello Spirito che sgorga dal cuore di Cristo risorto”. FRANCESCO, evangelii gaudium 1-2 

Il tempo è compiuto”. 

Suona un po’ come lo scadere di un ultimatum, un  avvertimento irreversibile, in realtà può essere anche la volta  buona o l’occasione giusta. 

Non c’è più tempo per tergiversare o giunge finalmente  qualcuno, qualcosa di tanto atteso, quasi insperato. Certo, l’uno non vale l’altro, ma ci sono luoghi e momenti  impensabili per un incontro, addirittura i meno opportuni: “Dopo  che Giovanni il Battezzatore venne arrestato”. Anche per lui il suo  tempo si era compiuto e ne inizia uno nuovo. 

Ecco, capita proprio adesso, non si può più aspettare…  bisogna andare e cominciare, come se uno sapesse che è proprio  il suo momento.

È giunto a maturazione, o a maturità visto che si tratta di una  persona, occorre solo il momento e va colto ora, qui. Quella che sopraggiunge nella regione della Galilea, ma è  ovunque dove la gente si incontra e si mischia per i motivi più  diversi, è una buona notizia, e nemmeno una qualsiasi ma il  messaggio gioioso da parte di Dio stesso che Lui è qui! Ecco cosa compie il compimento del tempo, della storia; ecco  l’attimo da cogliere veramente e da non lasciarsi sfuggire  (“l’attimo fuggente”): una Presenza, una Parola, una Persona che  dice: “Fidatevi di questo bel messaggio: Dio si è fatto vicino a voi,  voltatevi!”. 

Occorre voltarsi verso di Lui! 

Perché se anche noi non lo cerchiamo, Lui passa e un giorno  cammina sulla riva del lago viene a cercarci e ci guarda in faccia mentre noi siamo indaffarati nelle nostre occupazioni o a fare le  cose di sempre, senza grandi alternative, 

Gesù ha capito che per Lui non c’era più tempo da aspettare  e che anche per quei quattro pescatori era l’ora di cambiare, come  lo era per tutti. 

Ma il suo invito al cambiamento non risuona come un  avvertimento per scongiurare “l’ira divina”, di cui per altro  nemmeno il povero Giona era molto convinto (Giona 3,1…10 – I  lettura odierna e in particolare il dialogo tra lui e il Signore in 4,1ss.) e neanche per il ravvedimento del popolo spinto da paura o da  opportunismo. 

A tutti, oggi, è data la possibilità di cambiare che molto è di  più anche di un’ingiunzione divina! 

E gli effetti di questo ribaltamento si vedono già nell’esistenza  quotidiana di Simone e Andrea, di Giacomo e Giovanni, soci in una  cooperativa di pescatori. 

Il Nazareno prospetta loro un modo nuovo di compiere il  mestiere di sempre, che è uno sguardo nuovo su tutto, come  nuovo è stato il suo sguardo su di loro.

Una nuova modalità di valutare persone ed eventi, dopo che  Gesù ha aperto la possibilità di un insperato evento, la gioia di  essere pescati da un passante che li fa diventare a loro volta uomini  che gettano nel mare del mondo la rete dell’amore di Dio. 

Lui ha fatto così, e dopo le personali esperienze  dell’immersione nel Giordano (cf 1,9-11) e delle prove nel deserto (cf 1,12-13) si è ritrovato pronto a rivolgersi agli altri con la  consapevolezza del figlio amato e mandato, convincendo con la  sua presenza e la sua semplice parola: Venite con me! 

Già abbiamo sentito da Giovanni 1,39 questo invito e la  seguente riposta (domenica 17 gennaio), ora Egli stabilisce in  mezzo a noi quei germi del Regno che piano piano matureranno e  porteranno frutto (vedi il cap. 4 del racconto di Marco). 

Paolo stesso, scrivendo ai Corinzi, è cosciente del continuo  maturare in noi e in mezzo a noi di questo amore totalizzante  (“come se…” 1Cor 7,29-31 – II lettura): c’è la stessa vibrante  urgenza, ma risuona come un appello al meglio per ciascuno. 

Il meglio, il di più hanno colto i pescatori di Galilea quel giorno  sul lago, a tal punto di lasciare tutto e seguirlo, le reti e perfino il  padre. 

Colpisce la prontezza, l’immediatezza, la mancanza di calcolo  per il futuro e per le conseguenze familiari e sociali. Questo ci  affascina e nello stesso tempo ci fa trovare mille scuse per dire: ma  io?! E così ci rendiamo conto che rinunciamo al bello e alla gioia di  sentirci scelti e amati. 

Il non indugiare però, come anche la massima disponibilità è  alla portata qui e ora nel nostro oggi, di tutti: lasceremo passare  ancora qualcuno accanto a noi, indifferenti e distratti perché  intenti alle solite cose?! 

Roberto


venerdì 15 gennaio 2021

“LE PAROLE… LA PAROLA” 17 gennaio2021 (Incontro con i primi discepoli)

 LE PAROLE… LA PAROLA” 

17 gennaio2021 (Incontro con i primi discepoli


Giovanni
1,35-42 / 1Samulele 3,3b-10.19/ 1Corinzi 6,13…20 

Discepoli 

Se rimanete nella mia parola, siete davvero i miei discepoli. E coloro che rimangono nella parola di Gesù hanno la propria identità cristiana. E qual è? 

Siete davvero miei discepoli. 

E sarà il discepolato che ci darà la libertà. 

E rimane nel Signore, cosa significa? 

Lasciarsi guidare dallo Spirito santo. 

Il discepolo si lascia guidare dallo Spirito, 

per questo il discepolo è una persona libera. 

Questa è la strada che Gesù ci fa vedere 

per la libertà e anche per la vita”. 

FRANCESCO, 1 aprile 2020 

La nostra immersione nell'esistenza umana e nel mondo  avviene in modo del tutto inconsapevole, dopo essere stati per  nove mesi immersi nel liquido amniotico del ventre di nostra  madre. Il nostro “venire al mondo, alla luce” permette agli altri per  primi di vederci e di riconoscerci. Un’esperienza che per noi  avverrà progressivamente e non senza qualche problematica. 

La psicologia personalistica e relazione ci dice che è lo sguardo  dell’altro a trasmetterci la consapevolezza di noi stessi, la  conoscenza è frutto di un processo interpersonale. 

Scoprire se stessi è riconoscersi chiamati da Qualcuno  (1Samuele 3,3…19 – I lettura). 

Immergendosi nel fiume Giordano e riemergendo, il  Nazareno aveva sentito la voce che lo riconosceva: “Tu sei il mio  figlio, l’amato” (Marco 1,17) e così anch’Egli si sarebbe sempre  riconosciuto e presentato. 

Nel racconto evangelico di Giovanni, che ascoltiamo nella  proclamazione liturgica odierna, il Battezzatore ci dà di  quell'evento la sua testimonianza: “Io non lo conoscevo… ho visto  lo Spirito su di Lui; io non lo conoscevo, ho visto e ho reso  testimonianza” (Giovanni 1,31…34). 

Ora il suo sguardo è più attento del giorno prima,  interiormente illuminato dall'esperienza fatta (cf 29-31), “si fissa  su di Lui che passava”, e ora è in grado non solo di riconoscerlo ma  anche di presentarlo ai suoi discepoli: “Ecco l’agnello di Dio” (vv.  35-36). È una testimonianza convincente, che suscita curiosità in  Andrea e in Giovanni stesso: decidono di seguire Gesù. 

Chi sia il Battista, abbiamo avuto la possibilità di saperlo dai  racconti evangelici nelle domeniche del tempo di Avvento,  soprattutto il 13 dicembre u.s., il racconto evangelico di Giovanni  ce lo presenta come “testimone della luce; voce di Colui che è la  Parola; l’amico dello Sposo… che deve via via diminuire ed Egli  crescere” (cf 1,8.23; 3,29-31) ed ora lascia campo libero  all'incontro diretto dei suoi discepoli con Lui! 

L’appuntamento atteso da tutti i tempi per tutta l’umanità, di  cui i due amanti del Cantico sono un simbolo, avviene sulle rive del  Giordano: lo Sposo e la Sposa, l’Agnello che portare via, su di sé, il  peccato dell’umanità finalmente amata. 

La Parola, fino ad allora taciuta, adesso parla: “Che cercate?”  (1,38). 

Ecco finalmente la domanda giusta, sulle labbra chi sa leggere  dentro, in profondità e dà voce a tutti gli interrogativi inespressi di  ogni essere umano, sopiti nell’oblio della storia. 

E la risposta dei discepoli tradisce il “desiderio di casa, di  appartenenza, di amicizia, di intimità… di permanenza” che Gesù  coglierà e farà suo per sempre in quel rimanere e dimorare che  diventeranno la declinazione del rapporto tra Lui ed ogni suo  discepolo (vedi il cap. 15 di Giovanni). 

C’è finalmente un luogo dove la Parola ha casa, o meglio  dovunque sarà Lui tra noi, per tutti sarà casa! 

L’unità con Lui costituisce i credenti in quella esistenza nuova,  insieme di spogliazione e di libertà, che stabilisce anche un nuovo  ordine di rapporti interpersonali tra loro e con tutti (1Corinzi  6,13…20 – II lettura). 

La bellezza di questo incontro è l’essere riconosciuti mentre  nemmeno noi sappiamo bene all'inizio da chi, eppure Egli viene  verso di noi, proprio incontro a noi (cf Gv 1,29) e fin dove nemmeno  riusciamo ad immaginare, neppure in sogno (1Samuele), e nella  totalità della nostra umanità (il corpo in Paolo). 

Abbiamo trovato Colui che ci è stato Inviato” (v. 41), per il  quale le nostre ricerche tortuose, a tastoni, finalmente diventano  chiare, semplici, rese tali da Chi dona la sua vita per noi, per tutti. 

Nel dono reciproco poi si realizza tutto: “il passa parola”, “il  cuore a cuore”, “il vieni e vedi”. 

Semplice e immediato, senza più intermediazioni, preamboli  e anticamere. 

Avviene in un incontro personale che “cambia la propria  identità” (Simone, ti chiamerai Kefà = Pietra/o) e dona una stabilità  sempre cercata e mai del tutto raggiunta. 

È questo però solo l’inizio di un percorso, di un’avventura  d’amore che si concluderà con un rinnovato e accorato “Seguimi” (cf 21,19) rivolto a Simon Pietro dopo la sua appassionata  attestazione d’affetto verso il Signore. 

Roberto


Vicina è la PAROLA 21aprile 2024: IV Domenica di Pasqua- Farsi guidare è lasciarsi amare

Vicina è la PAROLA 21aprile 2024: IV Domenica di Pasqua Atti 4,8-12 / Salmo 117 1Giovanni 3,1-2 Giovanni 10,11-18 Farsi guidare è lasciars...