“LE PAROLE… LA PAROLA”
31 gennaio 2021 (Il Regno di Dio che si diffonde)
Marco 1,21-28 / Deuteronomio 18,15-20 / 1Corinzi 7,32-35
Vicina è la Parola
“La Parola di Dio è l’antidoto alla paura
di restare soli di fronte alla vita.
Prima di ogni altra cosa va creduto e annunciato
che Dio si è avvicinato a noi,
che siamo stati graziati, misericordiati.
Il Signore, attraverso la sua Parola con-sola,
cioè sta con chi è solo.
Parlandoci, ci ricorda che siamo nel suo cuore,
preziosi ai suoi occhi, custoditi nelle palme delle sue mani. Dio è vicino, e la vicinanza è l’inizio e la cifra del Vangelo, il ritornello della predicazione di Gesù:
il tempo della distanza è finito quando in Gesù si è fatto uomo. Da allora Dio è vicinissimo; dalla nostra umanità mai si staccherà e mai di essa si stancherà.
È finito il tempo in cui si prendono le distanze da Dio e dagli altri, è finito il tempo in cui ciascuno pensa a sé
e va avanti per conto proprio”.
FRANCESCO, 24 gennaio 2021
“Una giornata particolare”, film indimenticabile con Mastroianni e la Loren diretto da E. Scola (1997), quello che succede nell’esistenza di due sconosciuti e improbabili amanti mentre l’Italia precipita nel baratro del fascismo.
Molto particolare quella che narra Marco nel suo racconto evangelico, trascorsa dal Nazareno a Cafarnao, sul mare di Galilea o di Tiberiade (1,21-34): ne succedono di tutti colori in quel sabato!
Un ossesso che lui guarisce nella sinagoga; a seguire in casa di Simone gli guarisce da una febbre la suocera; dopo il tramonto del sole risana malati e invasati che si erano radunati davanti alla porta
della casa; il giorno seguente all’alba si ritira in un luogo solitario per pregare… ma tutti lo cercano.
Beh, come inizio non c’è male, tenendo conto che la gente lo ascolta con meraviglia perché nota la differenza con altri predicatori: “insegna come uno che ha piena autorità e non come i maestri della Torah”.
La novità di questo insegnamento è riconosciuta dalla gente, ma soprattutto dagli spiriti maligni e la sua fama si diffonde in tutta la Galilea…
In realtà, con Gesù e i suoi primi discepoli che si muove per tutta la Galilea predicando nelle sinagoghe è il regno di Dio che avanza, la sua presenza d’amore che pervade i luoghi tradizionali e le case della gente, le loro strade.
Si tratta “di un dono di inaudita e sconcertante novità nella comunità: riattualizzare la parola di Dio, manifestandone l’inesauribile capacità creativa e la rocciosa fedeltà, interpretare ogni nuovo oggi di salvezza alla luce della fede. Dire le parole di Dio che equivale ad un cammino incessante di conversione verso l’Altro, eppure vicinissimo (I lettura di oggi).
Ma Gesù dice le parole di Dio dicendo le sue parole di uomo nazaretano, compassionevole, incapace di tollerare che l’umanità sia oppressa sotto la schiavitù del male. Le dice proprio con il suo essere figlio del Padre in mezzo a noi, fratello tra fratelli e sorelle, questa è la sua piena autorità”.
La sua non è un’autorità che si impone con prepotenza e con la pretesa di inconfutabilità, nemmeno con la propaganda pubblicitaria o la subdola persuasione, o il razionale convincimento che lui stesso osteggia (“Taci…” 1, 25. 34).
È l’autorità dell’amore che dona se stesso senza sosta e non utilizza altro mezzo che sia un surrogato dell’alleanza, l’amicizia stabilita tra Dio il suo popolo (Deuteronomio 18,15ss.) anzitutto vivendola Lui con il Padre.
La presenza amorosa di Gesù nella sinagoga prende il posto del male che invade l’essere umano, lo libera dal suo potere e dona a quel luogo il suo originale senso (cf 3,27): l’ascolto unanime dell’Uno-Amore. Lo sgombra dalla vanità e vacuità di altre parole riempiendolo di sé, Parola del Padre (“Esci…”).
Paolo dimostra la stessa autorità verso i suoi cristiani di Corinto, ma solo per indirizzarli a ciò che ci tiene uniti al Signore senza distrazioni e non imponendo loro il suo ruolo di apostolo, affinché non si disperdano in scelte che non portano a nulla (II lettura).
Ma non siamo anche ciascuno di una “una parola” per la vita e per il mondo?
Lo saremo se anzitutto la nostra storia ci parla e se sappiamo ascoltare cosa il Signore vuole dirci: “Taci! Esci!”.
Io lo sento come un invito a far tacere le tenebre che spesso parlano dentro noi e non ci fanno sentire amati, e vorrebbero impedirci di andare verso questo Amore.
“Jésus le Christ, lumière intérieure, ne laisse pas mes ténèbres me parler. Jésus le Christ, lumière intérieure, donne-moi d'accueillir ton amour”, così si canta a Taizè.
La Luce della sua Parola ci farà diventare “comunità in ascolto”, nuova “sinagoga” – casa della Parola – dove Lui ci parla nella Liturgia, ma soprattutto nel fratello e nella sorella mentre gli apriamo la porta di casa o gli rispondiamo al telefono, ad un suo messaggio.
Diventeremo così anche una “comunità ermeneutica”, capace cioè di discernere ogni forma di autoritarismo che deforma l’immagine di Dio e dell’essere umano oppresso, di contrastarlo con una vera autorità che fa invece germogliare e crescere una nuova umanità.
Roberto