venerdì 7 giugno 2024

Vicina è la Parola 9 giugno 2024 X dell’Anno/B Una famiglia queer

Vicina è la Parola







9 giugno 2024

X dell’Anno/B

Genesi 3,9-15 / Salmo 129

2Corinti 4,13- 5,1

Marco 3,20-35


Una famiglia queer

Su “Domani” avevo letto che la famiglia queer è il fenomeno sociale più antico al mondo, molto prima che lo diffondesse molto liberamente la cara Michela Murgia e me lo confermano tante “storie” che incontriamo nel racconto biblico da “Adamo ed Eva” fino a “Maria e Giuseppe”, passando per “Abramo e Sara” e senza tralasciare “Giacobbe e Lia con Rachele” e “Davide e Bestabea” e con loro molte altre famiglie non troppo dissimili dalle nostre “post moderne”.

Ma è Gesù che rompe i luoghi comuni, enunciando: “Chi viene da me e non odia padre e madre, moglie e figli, fratelli e sorelle, compresa la vita stessa, non può essere mio discepolo” (Luca 14,26) e crea una famiglia di Dio nuova, alternativa e radicalmente “diversa”: “Le famiglie nel regno di Dio sono ricostituite, una famiglia non biologica di discepoli uguali. Gesù rende “queer” la casa ebraica, per creare famiglie scelte” (R.E.S-Goss 2023, 651).

La crea definendo “madre, sorelle e fratelli” chi come Lui, non solo “ascoltano la parola ma la mettono in pratica” (cf Lc 8,21) compiendo così (come Maria di Nazareth) il bene che veramente Il Signore vuole per noi (cf 1,38).


Contestualizzazione evangelica di Marco3,20-35

Nell’intensa attività di Gesù Nazareno descritta dall’evangelo di Marco (cf 1,14- 3,12), tra “il mare di Galilea” e “Cafarnao”, hanno un posto particolare le guarigioni “dei malati e degli indemoniati”, il perdono dei peccatori e la trasgressione ai divieti del “sabato” così che “i farisei con gli erodiani tennero consiglio contro di lui per farlo morire” (3,6).

In questa narrazione così originale emerge sempre più chiaramente “l’identità di Gesù” e le diverse reazioni delle persone che lo incontrano: da una parte il successo per il suo operato e nello stesso tempo la sua cautela nel rivelare troppo facilmente e superficialmente “chi Egli fosse” (3,12) il “segreto messianico”, affinché la potenza che in lui si manifesta non venga fraintesa e confusa con gli artificiosi vaneggiamenti di un potere mondano.

È già stato chiarito all’inizio del racconto “l’evangelo di Gesù, Cristo il Figlio di Dio” che progressivamente si rivelerà nella sua misteriosa identità ma solo allo sguardo dei credenti e si compirà attraverso lo scandalo della croce (cf 8,31). “Inizio di una lieta notizia da parte di Dio: Gesù di Nazaret, così come l’abbiamo visto vivere e morire tra noi, è il Cristo, il Figlio di Dio!”. 

È il paradosso della incarnazione che per Marco (senza narrarci nulla della sua nascita e infanzia) costituisce la novità e la letizia di questa vita di uomo come noi e nello stesso tempo così diverso da noi, l'umanità di Dio è la stupenda e buona notizia: “Il regno di Dio si è fatto vicino!” (1,15) nella nostra storia, eppure segreto sottratto dalla comprensione degli “increduli”, addirittura i suoi stessi discepoli (cf 3,13-19) e dei suoi stessi familiari (3,21.31-32).

Si tratta di “entrare dentro”, col rischio di rimanerne “fuori”, una logica paradossale e folle di Dio che attraverso l’umanità di Gesù [“è fuori di sé”] “entra” nella nostra inferma e insidiata dal male e vi fa “casa” (3,20.21b.25.27).

Ma proprio quelli della sua casa, i più vicini a lui, uniti dal vincolo di sangue, non accettano che egli si unisca così intimamente alla nostra condizione dalla quale vogliono “portarlo via”, mentre egli stesso chiarisce che ormai nessuno lo potrà più separare dalla sua “nuova famiglia” di coloro che gli sono “fratelli, sorelle e madre” uniti a lui nel compiere la volontà del Padre” perché da Lui trattati come suoi figli e figlie, propri fratelli e sorelle (3,33-35).


Ambientazione liturgica

Un “Tempo” semplicemente “Ordinario:

quotidiano - feriale

Il “Tempo” al di fuori dei grandi cicli di Avvento - Natale, Quaresima - Pasqua è riconosciuto come “Ordinario”. Senza perdere il contenuto salvifico che i tempi “forti” imprimono ad ogni giorno della vita cristiana, la Liturgia del T.O. cala gli avvenimenti fondamentali della salvezza nella trama dei fatti umani quotidiani. 

Sulla scorta del Vangelo di Gesù - la sua vita e la sua parola - la comunità cristiana è chiamata a realizzare la “Buona Notizia del Regno di Dio” presente nell’oggi, a riconoscerla e accoglierla come vera e operante nella vita usuale, “ordinaria”, appunto feriale.


Marco: un Vangelo per la vita

Ogni anno la Liturgia domenicale proclama, in una lettura semi continua, uno dei tre vangeli sinottici e in questo “Anno B” il racconto evangelico di Marco.

Secondo l'ipotesi più condivisa sarebbe quello più antico, utilizzato poi da Matteo e da Luca come fonte tradizionale, che ha “creato”, in modo del tutto originale, lo stesso genere letterario del “vangelo”. Il termine prediletto da questo autore, dal significato limitato a “notizia buona e bella, gioiosa da parte di Dio” (cf Isaia 62,1-2;35,5; 58,6), passa a significare l'esistenza stessa di Gesù come evento di salvezza per tutti gli esseri umani e infine un suo resoconto scritto.

Così, il vangelo di Marco è il resoconto dell'inaudito e incomprensibile amore incarnato di Dio, che in Gesù cerca e trova l'essere umano, superando ogni opposizione”, liberando le persone dall’estraneità reciproca, dal senso di colpa attribuibile gli uni agli altri, dalla vergogna… che corrodono alle radici la dignità umana già presenti alla riflessione biblica che però non trovava altra soluzione se non quella di opporsi con tutte le proprie forze umane e affidandosi ad un potere divino [Genesi 3 – I lettura]. Un altro potere, quello dell’amore [Salmo 129] annunciato e realizzato da Gesù di Nazaret libera dall’inimicizia e dalla diffidenza, dalla separazione con la sua stessa “immersione” umano-divina nel nostro vissuto: unico impedimento può essere il suo rifiuto ritenendolo un avversario da combattere, un altro “inutile” o vano tentativo di vera liberazione [Evangelo], opponendo al calcolo umano l’imprevedibilità presente nella Parola che ci annuncia la forza della risurrezione [2Corinzi 4 – II lettura].

“Dato che ogni rivelazione diretta potrebbe condurre soltanto a una fede nel miracolo, come quella che hanno anche i démoni, Dio deve percorrere un cammino che porta all'occultamento, anzi all'ignominia e all'abbassamento, alla morte, come appare chiaramente, con sobrietà impressionante, nel grido di Gesù: "Dio mio Dio mio, perché mi hai abbandonato" e nell’affermazione che Gesù spirò con un gran grido. 

La fede esiste solo come sequela.

Il segno che questo miracolo può veramente succedere, che la rivelazione di Dio raggiungerà il suo scopo, è costituito da un simpatizzante estraneo al gruppo che seppellisce Gesù; da un pagano, che come ufficiale non può veramente aver sempre le mani pulite e che è persino incaricato dell'esecuzione degli innocenti; da un paio di donne, che si limitano ad aver paura e non hanno fiducia neppure nelle parole dell'angelo. 

Questi, ma soprattutto i discepoli, che Gesù precede in Galilea nonostante la loro più completa defezione, segnalano il miracolo della comunità che viene, che il risorto stesso chiamerà all’esistenza e invierà nel mondo” (E. Schweizer)


Preghiamo con la Liturgia

O Padre,
che hai mandato il tuo Figlio
a liberare l’essere umano dal potere

di chi lo vuole separare da Te,
alimenta in noi la fiducia in Te

affinché liberamente aderiamo

ogni giorno alla tua volontà, 
partecipiamo alla vittoria pasquale di Cristo. 
Amen

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