sabato 30 marzo 2024

VICINA È LA PAROLA Domenica di Pasqua/B

VICINA È LA PAROLA 
Domenica di Pasqua/B 


Marco 16,1-8 [notte
Atti 10,34.37-43 / Salmo 117 / Colossesi 3,1-14 
Giovanni 20,1-9 [giorno
Luca 24,13-35 [sera
Le Liturgie che abbiamo celebrato nei diversi giorni di questa “Settimana” possono darci  l’idea che tutto questo “prepari” alla Pasqua, mentre in realtà la celebrano interamente come unico  e indivisibile TRIDUO PASQUALE, e noi celebriamo la passione morte del Signore perché crediamo e viviamo nella RISURREZIONE inizio di una vita nuova, di una nuova storia e creazione che ha già  iniziato a coinvolgere gli esseri umani e quindi anche noi. 
Nel giorno di Pasqua germoglia in maniera delicatissima e segreta una speranza”. (D. BONHOEFFER
Possiamo infatti celebrare solo ciò che viviamo e crediamo. 
Credere e annunciare la risurrezione dai morti” [o “dalla morte] di Gesù il Nazareno è stato,  fin dai primi giorni dopo i tragici eventi, l’impegno principale dei suoi discepoli anzitutto a  Gerusalemme, e lo sappiamo dai “discorsi” di Simon Pietro riportati dagli Atti degli Apostoli, il che  attesta come già da tempo le comunità cristiane motivassero tutta la loro esistenza, la loro  testimonianza e slancio missionario partendo dalla risurrezione del Nazareno. 
Oggi, nella chiesa e nelle comunità cristiana non sembra avere la stessa centralità e forza  motivazionale, pensiamo solo come esempio alle nostre celebrazioni esequiali, soprattutto nella  predicazione e appunto da come affrontiamo la morte. 
In realtà non radichiamo la nostra esperienza cristiana nella risurrezione ed anche la nostra  narrazione al riguardo pone questo evento come previsto, ma improbabile “lieto fine” del tragico  epilogo del Nazareno e non tanto come “gioioso inizio” di una nuova e irreversibile storia che, da  quel mattino del “primo giorno dopo il sabato”, ha pervaso il cuore dei discepoli dilagando e  coinvolgendo la storia umana, addirittura l’intero universo. 
Voglio riportare un passo ironico e provocatorio di un autore che ha accompagnato la mia  formazione giovanile: 
“A partire dalla resurrezione la vita religiosa  
della maggior parte dei cristiani prende le ferie,  
le ferie di Pasqua. Si sentono disoccupati. 
Dal momento che non è più il caso di affliggersi col Signore,  
non c’è più niente da fare.  
La gioia li fa sentire spaesati. 
La Resurrezione li disorienta. 
Non ci si ritrovano.
Il Signore è lassù, nel cielo, felice, giubilato, pensionato,  
fuori portata, e loro continuano a vivere quaggiù  
la loro povera piccola vita…”. (LUIS EVELY
Anche noi cristiani nel nostro modo di organizzare la nostra esistenza, personale sociale,  abbiamo ceduto alla mondana consuetudine di celebrare “il fine settimana”, perdendo così  l’originalità innescata, fin dall’inizio del cristianesimo, del “primo giorno della settimana”  caratterizzato proprio dalla domenica. La settimana inizia, a volte tristemente, col lunedì facendo  prevalere la logica lavorativa su quella gioiosa della festa. 
La domanda è se sia possibile oggi, e quanto lo sia, dirci cristiani prescindendo dalla centralità  della Risurrezione di Cristo e cosa cambierebbe se così non fosse. Se dovessimo accorgerci che poco  si avverte della “novità” che essa comporta e del radicale cambiamento che essa ha inaugurato,  allora avremmo trovato un altro valido motivo all’attuale situazione “critica” di noi cristiani nel  mondo di oggi. 
Non basta sapere che il Cristo è risuscitato. 
Per credere occorre sperimentarLo vivo e vivificante”. (M. MAGGI
Gesù risorto si fa riconoscere soltanto da coloro ai quali  
la fede apre gli occhi…; vedere e credere nel Signore  
si iscrivono in una prospettiva cristiana:  
si tratta di vedere e di capire che Gesù  
è il Signore della risurrezione,  
di vedere e di credere che Egli è ormai con noi per sempre,  
che è il Figlio dell’Uomo entrato nella sua gloria”. (H.VAN DEN BUSSHE
Noi siamo nel “tempo della risurrezione”: essa è un evento di tale portata cosmica che “il  processo pasquale” è tutt’ora in atto, nel suo succedersi di “morte-vita” (cf Sequenza pasquale) e  trova nella risurrezione la sua continua spinta a procedere verso una pienezza sempre nuova di vita,  “di pienezza in pienezza” eppure non ancora definitivamente compiuta. 
Già nei primi secoli era avvertita questa novità “globale”: 
Voi siete venuti a incontrare il Cristo risorto. 
Ecco, contemplate ora la sua risurrezione. 
Sta qui il segreto della vostra felicità. 
(Egli) vi mostra ciò che vi interessa sapere  
intorno alla felicità…  
Non è questa terra il paese  
dove la felicità si lascia trovare. 
Egli ci invita alla sua magnifica tavola e ci dice:  
‘Io vi invito a partecipare alla mia vita 
in cui nessuno muore, in cui essere felici,  
in cui il nutrimento rinvigorisce 
e non lascia venir meno le forze’”. (S. AGOSTINO
Celebrare la Risurrezione 
La Liturgia pasquale traccia, anche nel suo tempo a seguire, un percorso di immersione e di  espansione e costituisce l’ambito nel quale la comunità e il singolo credente hanno la possibilità di  ascoltare l’annuncio pasquale, di celebrarlo e di accoglierlo come luce e forza per la propria  esperienza familiare e lavorativa, per il dono e l’impegno di testimoniare Gesù, il Crocifisso-Risorto  a tutti. 
Tutti diventano “prossimi”, soprattutto di fronte alle sfide esistenziali e alle questioni  perenni che a volte li assillano a livello personale e sociale come la sofferenza e la morte, le  ingiustizie e le violenze, i fallimenti dei progetti di vita e le proprie fragilità. 
Solo persone disposte ad amare fino alla morte 
possono costruire la vera società umana:  
sono individui liberi, che rompono con un passato  
per cominciare di nuovo, non più rinchiusi in una tradizione,  
nazionalità o cultura.  
La loro vita sarà la pratica dell’amore,  
il dono di se stessi,  
con l’universalità cui Dio ama l’umanità intera”. (E. BORGHI
«Noi crediamo in Gesù che venne a portare a pienezza la vita  
e crediamo in un Dio vivente che dà la vita agli uomini  
e chiede che gli uomini vivano in verità.  
Queste radicali verità della fede si fanno realmente verità, e verità radicali,  quando la Chiesa si inserisce nel mezzo della vita e della morte del suo popolo.  Con grande chiarezza vediamo allora che alla Chiesa,  
come a ogni uomo, si presenta l'opzione fondamentale della propria fede:  
essere in favore della vita o della morte.  
Con grande chiarezza vediamo che in questo non vi è possibile neutralità.  
O serviamo la vita dei salvadoregni o siamo complici della loro morte.  
Sta qui la mediazione storica dell'essenza fondamentale della fede:  
o crediamo in un Dio di vita o serviamo gli idoli della morte”. (+ O. A. ROMERO
Questo diventa ancor più vero quando noi celebriamo l’Eucaristia, in particolare la domenica,  “Giorno del Signore”, e nel Triduo Pasquale con il Tempo che ne segue. 
Così fa pregare la Liturgia mozarabica per il III giorno dopo la Domenica della risurrezione: “O Padre, 
che a quanti ha acceso nel cuore 
il desiderio della gioia senza fine, 
offri il dono di celebrare insieme nel tempo, 
il gaudio della risurrezione. 
Posa benigno lo sguardo sul popolo raccolto 
e ascolta la sua preghiera. 
Infondi il tuo Spirito di fortezza 
a quelli che nella fede hanno ritrovato la Vita; 
prendi totale possesso dei tuoi fedeli 
con la dolcezza della tua pace, 
e fa’ che portiamo a frutto maturo 
le elargizioni della tua grazia, 
rispettosi di tutte le creature 
che il tuo amore ogni giorno 
riconduce alla vita. Amen”.

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