VICINA È LA PAROLA
18 SETTEMBRE 2022
DOMENICA XXV/C
Amos 8,4-7 / Salmo 113
1Timoteo 2,1-8
Luca 16,1-13
Amministrare l’Amore
Mai sentita una cosa del genere!
Già pensare di “gestire” le relazioni affettive è un’impresa, figuriamoci doverle “amministrare”! Ma parlo dell’amore in quanto “bene” primario ed essenziale alla nostra esistenza umana, fonte della gioia di vivere in quanto amati e della soddisfazione di poter amare qualcuno.
Proprio perché si tratta di un “bene” l’amore va accolto, custodito, alimentato, condiviso, ricercato… amministrato quindi, come ogni altro prezioso patrimonio che a noi esseri umani è stato affidato.
Dover “rendere conto” dell’amore non piace, soprattutto a noi che investiamo in questa esperienza il massimo della nostra libertà e intraprendenza, compresa l’estrema fantasia nel fallire e, purtroppo anche, nel far soffrire.
Rendere conto dell’amore fa parte della nostra responsabilità che come umani non possiamo declinare soprattutto nei confronti della vita stessa. Che ci piaccia o no, spesso in modo imprevedibile o per noi ingiusto, un giorno o l’altro dovremo farlo; viceversa sarebbe un insulto alla nostra intelligenza.
Ma rendere conto a chi? Come?
A Chi possa accoglierci nella sua “casa” nonostante tutto e solo in virtù della nostra amicizia. Può ostacolarci la nostra condotta “commerciale”: dare per avere; della nostra mentalità “calcolatrice”: fin dove mi conviene; delle nostre abitudini “romantiche”: vorrei ma non posso... Certo che puoi! Non devi aspettare la grande occasione. Le piccole situazioni quotidiane ci offrono la possibilità di rendere conto della nostra vera capacità di amare ed esse ci permettono di ricominciare sempre.
Contestualizzazione evangelica di Luca 16,1-13
La comunità di Luca ha recepito il vangelo del Nazareno di un Dio che ama “visceralmente” e lo sta facendo diventare il suo stile di vita, nelle relazioni fraterne e nel proprio ambiente sociale. Per essa i contrasti sono evidenti oggi come allora tra Gesù e i suoi contemporanei, farisei ed esperti della Torah, esattori e gente di malaffare, ricchi approfittatori e scaltri amministratori, anche convertiti al cristianesimo.
La paradossalità dello sconcertante amore si incontra dialetticamente con le scelte esistenziali difficili da discernere e districare nella vita quotidiana, per i credenti oggi come lo è stato per i discepoli a cui il Maestro rivolge ancora una parabola. Nella comunità, e non solo nella società,
capitano situazioni nella quali si può venir colti in un’amministrazione fraudolenta (e non soltanto dei beni materiali…). Come venirne fuori “puliti” o per lo meno senza perdere tutto? Ancora una similitudine tra la scaltrezza mondana e quella “illuminata” dell’evangelo: “farsi amici” (vv. 8-9). Ma perché non sembri opportunismo, e consapevole dei pericoli sempre in agguato dentro e fuori la comunità, Luca richiama “detti gesuani” radicali riguardanti la “fedeltà” e la disonestà, l’esclusivo servizio al Signore, ai fratelli e sorelle, ed il costante pericolo di essere ammaliati dalle ricchezze (cf vv. 10-13) nel quale invece sprofondano gli stessi farisei, scettici sull’insegnamento così radicale di Gesù fino a ridicolizzarlo (cf vv. 14-31).
La comunità dei credenti si rende conto dell’imbarazzante “evangelo” del Dio fatto uomo ed è come se all’improvviso si accorgesse del suo messaggio ultimo ed inequivocabile: la Parola dell’Amore misericordioso. Consapevole di amministrare [οἰκονομίας (7 volte)] questo patrimonio e di doverne “rendere conto” al suo Signore, ammette anche di essere del tutto sprovveduta, non altezza del compito affidatole (vv. 1-2).
La parabola, con cui Gesù voleva sbalordire i suoi uditori affinché si scuotessero e cogliessero l’urgenza dell’ora messianica, le viene incontro con l’invito a non declinare le proprie responsabilità, a non fuggire. Pur nell’inadeguatezza dei propri mezzi, nell’ambiguità di ciò che è ed ha, la spinge a mettersi comunque al servizio del Regno che viene. Le sono sempre possibili gesti di amore quotidiano con cui rischiare di amare “nel poco” sapendo che “il molto” (cf v. 10) è solo un dono da accogliere così come si è accolti dall’Amore che si fa “casa” (cf v. 9). (COMUNITÀ DI VIBOLDONE)
Ambientazione liturgica
+ La comunità cristiana, in Assemblea celebrante, è solo il soggetto rappresentativo di tutti gli esseri umani presso il Signore. Siamo un popolo “sacerdotale” che non si rinchiude dentro per pregare, ma che si apre e porta con sé “domande, suppliche, ringraziamenti” per e di tutti. Così ha fatto il Signore nella sua esistenza terrena, così i suoi discepoli e apostoli come Paolo [1Timoteo 2,1- 8 – II lettura].
- Ogni domenica nella “preghiera universale” e nella “dossologia eucaristica”: “Per / In / Con Cristo…” essa si riveste di questa responsabilità di amministrare sulle dimensioni del mondo… dell’universo, facendosi voce di ogni creatura, anche degli esseri umani che non vi si riconoscono e che con i loro comportamenti affermano l’autonomia della loro esistenza e la sicurezza delle loro ricchezze [Luca 16 – Evangelo].
- La “lode cosmica” della comunità acclama con entusiasmo [Hallel - Salmo 112] il Dio che si china a guardare in basso e solleva l’indigente dalla polvere per farlo sedere tra i prìncipi. - Ma la veridicità e la coerenza della preghiera si verificherà quando, una volta sciolta l’assemblea, ognuno andrà nel mondo come “apostolo e messaggero dell’uomo Cristo Gesù, unico mediatore, che ha dato se stesso in riscatto per tutti” [Paolo] soprattutto denunciando le ingiustizie del nostro mondo e di una apparenza religiosa spesso paravento allo sfruttamento dei poveri [Amos – I lettura].
Preghiamo con la Liturgia
Dio nostro Padre,
difensore dei poveri e dei deboli,
che ci chiami ad amarti con lealtà,
abbi misericordia della nostra condizione umana,
salvaci dalla cupidigia e dal possedere
e aiutaci a ricercare l'inestimabile tesoro
della tua amicizia.
Amen.
DOMENICA XXV/C
Amos 8,4-7 / Salmo 113
1Timoteo 2,1-8
Luca 16,1-13
Amministrare l’Amore
Mai sentita una cosa del genere!
Già pensare di “gestire” le relazioni affettive è un’impresa, figuriamoci doverle “amministrare”! Ma parlo dell’amore in quanto “bene” primario ed essenziale alla nostra esistenza umana, fonte della gioia di vivere in quanto amati e della soddisfazione di poter amare qualcuno.
Proprio perché si tratta di un “bene” l’amore va accolto, custodito, alimentato, condiviso, ricercato… amministrato quindi, come ogni altro prezioso patrimonio che a noi esseri umani è stato affidato.
Dover “rendere conto” dell’amore non piace, soprattutto a noi che investiamo in questa esperienza il massimo della nostra libertà e intraprendenza, compresa l’estrema fantasia nel fallire e, purtroppo anche, nel far soffrire.
Rendere conto dell’amore fa parte della nostra responsabilità che come umani non possiamo declinare soprattutto nei confronti della vita stessa. Che ci piaccia o no, spesso in modo imprevedibile o per noi ingiusto, un giorno o l’altro dovremo farlo; viceversa sarebbe un insulto alla nostra intelligenza.
Ma rendere conto a chi? Come?
A Chi possa accoglierci nella sua “casa” nonostante tutto e solo in virtù della nostra amicizia. Può ostacolarci la nostra condotta “commerciale”: dare per avere; della nostra mentalità “calcolatrice”: fin dove mi conviene; delle nostre abitudini “romantiche”: vorrei ma non posso... Certo che puoi! Non devi aspettare la grande occasione. Le piccole situazioni quotidiane ci offrono la possibilità di rendere conto della nostra vera capacità di amare ed esse ci permettono di ricominciare sempre.
Contestualizzazione evangelica di Luca 16,1-13
La comunità di Luca ha recepito il vangelo del Nazareno di un Dio che ama “visceralmente” e lo sta facendo diventare il suo stile di vita, nelle relazioni fraterne e nel proprio ambiente sociale. Per essa i contrasti sono evidenti oggi come allora tra Gesù e i suoi contemporanei, farisei ed esperti della Torah, esattori e gente di malaffare, ricchi approfittatori e scaltri amministratori, anche convertiti al cristianesimo.
La paradossalità dello sconcertante amore si incontra dialetticamente con le scelte esistenziali difficili da discernere e districare nella vita quotidiana, per i credenti oggi come lo è stato per i discepoli a cui il Maestro rivolge ancora una parabola. Nella comunità, e non solo nella società,
capitano situazioni nella quali si può venir colti in un’amministrazione fraudolenta (e non soltanto dei beni materiali…). Come venirne fuori “puliti” o per lo meno senza perdere tutto? Ancora una similitudine tra la scaltrezza mondana e quella “illuminata” dell’evangelo: “farsi amici” (vv. 8-9). Ma perché non sembri opportunismo, e consapevole dei pericoli sempre in agguato dentro e fuori la comunità, Luca richiama “detti gesuani” radicali riguardanti la “fedeltà” e la disonestà, l’esclusivo servizio al Signore, ai fratelli e sorelle, ed il costante pericolo di essere ammaliati dalle ricchezze (cf vv. 10-13) nel quale invece sprofondano gli stessi farisei, scettici sull’insegnamento così radicale di Gesù fino a ridicolizzarlo (cf vv. 14-31).
La comunità dei credenti si rende conto dell’imbarazzante “evangelo” del Dio fatto uomo ed è come se all’improvviso si accorgesse del suo messaggio ultimo ed inequivocabile: la Parola dell’Amore misericordioso. Consapevole di amministrare [οἰκονομίας (7 volte)] questo patrimonio e di doverne “rendere conto” al suo Signore, ammette anche di essere del tutto sprovveduta, non altezza del compito affidatole (vv. 1-2).
La parabola, con cui Gesù voleva sbalordire i suoi uditori affinché si scuotessero e cogliessero l’urgenza dell’ora messianica, le viene incontro con l’invito a non declinare le proprie responsabilità, a non fuggire. Pur nell’inadeguatezza dei propri mezzi, nell’ambiguità di ciò che è ed ha, la spinge a mettersi comunque al servizio del Regno che viene. Le sono sempre possibili gesti di amore quotidiano con cui rischiare di amare “nel poco” sapendo che “il molto” (cf v. 10) è solo un dono da accogliere così come si è accolti dall’Amore che si fa “casa” (cf v. 9). (COMUNITÀ DI VIBOLDONE)
Ambientazione liturgica
+ La comunità cristiana, in Assemblea celebrante, è solo il soggetto rappresentativo di tutti gli esseri umani presso il Signore. Siamo un popolo “sacerdotale” che non si rinchiude dentro per pregare, ma che si apre e porta con sé “domande, suppliche, ringraziamenti” per e di tutti. Così ha fatto il Signore nella sua esistenza terrena, così i suoi discepoli e apostoli come Paolo [1Timoteo 2,1- 8 – II lettura].
- Ogni domenica nella “preghiera universale” e nella “dossologia eucaristica”: “Per / In / Con Cristo…” essa si riveste di questa responsabilità di amministrare sulle dimensioni del mondo… dell’universo, facendosi voce di ogni creatura, anche degli esseri umani che non vi si riconoscono e che con i loro comportamenti affermano l’autonomia della loro esistenza e la sicurezza delle loro ricchezze [Luca 16 – Evangelo].
- La “lode cosmica” della comunità acclama con entusiasmo [Hallel - Salmo 112] il Dio che si china a guardare in basso e solleva l’indigente dalla polvere per farlo sedere tra i prìncipi. - Ma la veridicità e la coerenza della preghiera si verificherà quando, una volta sciolta l’assemblea, ognuno andrà nel mondo come “apostolo e messaggero dell’uomo Cristo Gesù, unico mediatore, che ha dato se stesso in riscatto per tutti” [Paolo] soprattutto denunciando le ingiustizie del nostro mondo e di una apparenza religiosa spesso paravento allo sfruttamento dei poveri [Amos – I lettura].
Preghiamo con la Liturgia
Dio nostro Padre,
difensore dei poveri e dei deboli,
che ci chiami ad amarti con lealtà,
abbi misericordia della nostra condizione umana,
salvaci dalla cupidigia e dal possedere
e aiutaci a ricercare l'inestimabile tesoro
della tua amicizia.
Amen.
L'amministratore della parabola lucana è moralmente censurabile, ma la sua capacità di riorientare la sua vita è in sé, quando finalizzata bene, una risorsa che chi crede in Gesù Cristo e nel suo Vangelo dovrebbe saper utilizzare...Buona settimana!
RispondiEliminaIl tema "amministrare l'Amore" è molto interessante e parimenti coraggioso: sarebbe da proporre a tutte quelle figure che dispensano consigli sulla vita di coppia portandosi dietro una lunga scia di storie affettive terminate nel peggiore dei modi. Tuttavia, mi sarei aspettato di trovare almeno un accenno alle motivazioni che hanno indotto il padrone della parabola a lodare l'amministratore disonesto, anche se mi rendo conto che si tratta di un argomento molto delicato, e quindi impossibile da esaurire in poche righe. Personalmente, vedo un filo di ironia nell'invito del Maestro a farsi amici con la ricchezza disonesta, ma mi farebbe comunque piacere approfondire questo discorso in occasioni future.
RispondiElimina"I figli della luce", gli illuminati dal Risorto sono "amministratori" di questa "luce" che è "vita"... amore. Non ne siamo padroni... abbiamo però la sua fiducia nonostante le nostre palesi incapacità che può sempre "rimetterci in gioco" partendo dal "poco" quotidiano che merita sempre attenzione e impegno. Amministratori... cioè responsabili.
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