venerdì 17 settembre 2021

“LE PAROLE… LA PAROLA” 19 settembre 2021 – XXV Domenica T.O. Marco 9,30-37 Passando dal più in basso

LE PAROLE… LA PAROLA” 

19 settembre 2021 – XXV Domenica T.O. 

Sapienza 2,12. 17-20 / Salmo 53 / Giacomo 3,16- 4,3 

Marco 9,30-37 

Passando dal più in basso 

Al di là del limite 

“E di nuovo, per aiutarci a  capire al di là delle nostre paure,  il Vangelo di Gesù -il suo agire e  le sue parole- ritorna a  presentarci quel modo di essere  umani che più lo  contraddistingue e differenzia la sua da ogni logica umana:  l’ultimo, il più piccolo… il bambino”. 


Realizzarci in tutta la nostra umanità non prevede certo  questo obiettivo, per noi che tutto sommato cerchiamo sempre  di “puntare in alto”. 

Non è che Gesù si accontenti delle mezze misure o proponga  la mediocrità, è innanzitutto esigente con se stesso, determinato  nelle sue scelte personali e nelle sue proposte come abbiamo  ascoltato domenica scorsa in Marco 8,27-35. 

Il suo sguardo è “oltre” le apparenze e le previsioni più  drammatiche sul suo destino messianico; radicato nella storia del  suo popolo; aperto al futuro suo e dell’intera umanità, la  risurrezione (cf 9,1-13). Eppure sempre immerso nelle infermità e  limitazioni che rendono gli esseri umani incapaci di vivere in  armonia, nell’aiuto vicendevole, nella libertà e nella piena dignità  che invece lui restituisce come altro anticipo di risurrezione (9,14- 29).

Con il suo stile discreto e poco appariscente, ma molto  chiaro e determinato ritorna sul suo “segreto” che entra  decisamente nelle pretese ambiziose dei suoi discepoli e nostre. 

Anche noi non capiamo questo suo modo di ragionare e di esprimersi, abbiamo paura ad interpellarlo (9,30-32) e così,  partendo proprio dal luogo più basso e nell’intimità di una casa,  ma “diretto decisamente verso Gerusalemme, in un cammino  umanamente di solitudine che pure lo condurrà al vertice  dell’unità con i suoi, di nuovo deve tornare alle evidenze più  tangibili anche per noi, eppure che ci vedono paurosi e tardi  perché distanti dal valore che Lui dà a chi è insignificante  socialmente, all’ultimo posto, ma in realtà disponibile” (9,32-37). 

Accogliere 

In risposta a questa apertura che ci viene chiesta avviene  l’incontro con Colui che si è aperto e identificato con il più  piccolo, vincendo così il rischio e la paura di diventare  umanamente trascurabile. Questo è il Regno annunciato dal  Messia nazareno fin dall’inizio e la conversione che è richiesta. 

“Di nuovo il suo modo di essere viene così offerto come  dono di un nuovo rapporto tra di noi: con tenerezza, eco di cose  nuove, semplici, di promesse e speranze che costituiscono lo stile  del discepolo e del credente nel relazionarsi con gli altri,  esperienza del suo rapporto con il Padre, sconvolgimento ma  vero esaudimento del nostro desiderio di grandezza”. 

Contestualizzazione liturgica 

“Alle false prove di credibilità che l’egoismo umano e la  violenza impongono al Giusto, il servo del Signore [cf Isaia 50,4-9;  53] a colui che legittimamente si pretende Figlio di Dio (Sapienza  2 – I lettura odierna); al desiderio di possesso, di riuscita a prezzo  di lotte e morte, anche dell’esistenza altrui (Giacomo 3 - II  lettura); alle ostinate misure di grandezza messe in atto dai suoi  

discepoli, paurosi di entrare nella logica dell’Evangelo, Gesù  contrappone il segno disarmante, gratuito di un abbraccio che  sancisce la sua promessa di vita legata al servizio e all’ultimo  posto (Marco). 

Essere alla sequela del Figlio significa agire come servi, con  gli ultimi e come tali, come Colui che, sostenuto dalla forza  dell’amore del Padre, può raccogliere in sé il rifiuto dell’umanità e  dargli un nome nuovo di vita e di risurrezione”. 

In preghiera 

Padre, sorgente della vita 

che hai posto il tuo Figlio come servo,  

donaci la tua sapienza  

affinché, accogliendo i più piccoli e gli ultimi, 

lo riconosciamo presente in mezzo a noi.

1 commento:

  1. Tornando in Galilea, Gesù, rivolgendosi ai Dodici, non disdegna di affermare nuovamente di essere pronto a “consegnarsi” per riscattare tutti. Un’affermazione già pronunziata precedentemente. Un’affermazione che aveva creato una reazione da parte di Pietro, prontamente redarguita da Gesù stesso.
    Ecco perché sia Pietro, sia gli altri Undici, si erano ben guardati dal reagire nuovamente. Avevano ancora problemi a credere in un Dio diverso e misericordioso. In cuor loro era chiaro che attendevano un trionfo pari a quello degli imperatori romani che passavano sotto l’arco delle vittorie tra cori esultanti dopo i risultati ottenuti e nuovi territori conquistati.
    Per questo avevano preferito il silenzio, ma non avevano tralasciato di discutere indirettamente su quell’ennesima affermazione di “consegna”. Avevano pensato di rimandare e chiedere successivamente il significato di quanto pronunziato da Gesù.
    A Cafarnao, in un contesto domestico, è Gesù stesso ad interrogarli. Chiese loro di cosa avessero discusso nel tragitto. Anche in questo caso non ci fu risposta. Erano indirettamente stati ripresi proprio su quanto era stato oggetto di discussione.
    Infatti, mentre Gesù aveva affermato di “consegnarsi” per riscattare l’umanità attraverso la croce per poi risorgere … i Dodici stavano “consegnandosi” i posti di privilegio come un bottino di guerra da dividere.
    Gesù, al contrario di quanto aveva fatto con Pietro a cui aveva rivolto un sonoro rimprovero, preferisce questa volta una frase lapidaria simile ad un fendente che lascia impietrito chi lo riceve: “se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”. Aveva chiaramente affermato che la vera “consegna” stava nel donarsi e nell’essere ultimi e servi.
    E non solo affermò questo. Lo ribadì con un gesto che li disarmò definitivamente: preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: “Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me, e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”.
    Tre gesti che condensano quella consegna che Gesù farà successivamente e che indicherà non solo a loro, ma anche a ciascuno di coloro che intenderanno seguirlo, come diventare suo discepolo.
    Prendere è il gesto di Maria dopo la nascita che depone Gesù nella mangiatoia “consegnandolo” all’umanità; porre al centro è lo stare dello stesso Gesù tra i ladroni sul Calvario consegnando giorni migliori a chi anche alla fine riesce a riscattarsi; abbracciare è l’espressione concreta e massima della misericordia che il padre della parabola consegna al figliol prodigo.
    Insomma consegnarsi non è una resa. Consegnarsi è il servizio di chi accoglie sempre i piccoli che sono il volto concreto di Cristo.
    Scegliere di continuare a seguire Gesù vuol dire “consegnarsi” per optare e operare sempre con Cristo e per Cristo. Non si tratta di porsi al centro, ma di mettere al centro i piccoli per essere cristiani e nello stesso tempo una Chiesa di tutti e per tutti.
    Questo permette di andare nella direzione per creare futuro. Nel servire e nel “farsi ultimi” Gesù propone di diventare costruttori di amore con una fedeltà alla vita senza smettere mai di impegnarsi per stare dalla parte di chi ha il volto di Cristo segnato dalla sofferenza e dall’esclusione.
    Antonio Ruggia, prete di Bari











    RispondiElimina

Vicina è la PAROLA 28 aprile 2024: V Domenica di Pasqua - I veri legami sono generativi: liberi!

Vicina è la PAROLA 28 aprile 2024: V Domenica di Pasqua Atti 9,26-31 / Salmo 21 1Giovanni 3,18-24 Giovanni 15,1-8 I veri legami sono gener...