venerdì 10 settembre 2021

“LE PAROLE… LA PAROLA” 12 settembre 2021 – XXIV Domenica T.O. Marco 8,27-33 Un solo Amore

LE PAROLE… LA PAROLA” 

12 settembre 2021 – XXIV Domenica T.O. 

Isaia 50,5-9 / Salmo 114 / Giacomo 2,11-18 / Marco 8,27-33 Un solo Amore 

Conoscendo Te... mi riconosco 

È proprio vero che non ti basta  una vita per conoscere a fondo una  persona. 

Eppure Gesù, fin dall’inizio  della sua esistenza pubblica in  Galilea e poi nelle altre regioni,  anche all’estero, non si è  accontentato di predicare  l’evangelo di Dio o di operare  guarigioni prodigiose, ha sempre  cercato di stabilire tra sé ed i suoi  interlocutori un rapporto di  reciproca conoscenza. 

Ha però diffidato dalle  definizioni facili o ufficiali, anzi ha  imposto il silenzio su questi tentativi, da chiunque provenissero  (cf Marco 1,34; 3,23; 5,41; 7,24.36; 8,26.30; 9,9).

Questo  atteggiamento è stato sufficientemente studiato e addirittura  definito come “segreto messianico”. 

Ma ognuno di noi ha i suoi “segreti” ed è proprio il confidarli  che stabilisce il grado di amicizia tra noi, una complicità che lega  poi le persone. 

Richiamato dall’evangelista Marco costituisce anche un modo per condurre ad una conoscenza di Gesù più libera e  consapevole la folla come i discepoli, i lettori credenti o ancora in  via di iniziazione come i “catecumeni”. 

Questo fa da “contrappunto” alla constatazione meravigliata  e stupita da parte di Gesù della difficoltà che riscontra nel capirlo  e nel fidarsi di Lui (cf 4,13; 6,6; 8,17.21); nonostante che Egli faccia di tutto per farsi conoscere, paradossalmente, trova più  accoglienza e fiducia dagli “estranei” (cf 7,24-37; 15,39). 

C’è una “chiusura di mente e di cuore” che Gesù fa fatica a  vincere, ad “aprire”: “Avete occhi e non vedete, avete orecchi e  non udite” (8,18 citando i profeti Geremia ed Ezechiele). 

Eppure non si arrende, la sua compassione per la folla che  non ha di che saziarsi, lo spinge a compiere un altro segno dopo  6,30-44 (cf 8,1-10) che non è accolto dai farisei ma nemmeno dai  discepoli (8,11-21). E dopo avergli condotto un sordomuto ora gli  presentano un cieco che Egli tratta nello stesso modo (cf 7,31-37;  8,22-26) ma la sua guarigione segue un percorso di progressivo  recupero della vista; due guarigioni che sono “segno” della  progressiva capacità dei discepoli e nostra di credergli. 

Ora è venuto il momento di affrontare di petto la situazione  e di mettere i suoi discepoli difronte alla realtà, senza più  tergiversare a costo di scontrarsi con una prospettiva non solo  imprevista ma addirittura scongiurata come esprimerà Pietro a  nome degli altri. 

Gesù incalza i suoi con interrogativi sulla sua identità, vuole  portarli ad uscire da risposte “religiosamente corrette”, li spinge  ad una loro personale attestazione (cf 8,27-30 – Evangelo di oggi)  che non può arrivare se non dopo la sua morte e risurrezione (cf  9,9-10). 

Infatti la risposta non giunge al termine di un processo  intellettivo ma esperienziale e non qualsiasi, ma del dramma  sconcertante della sua grande sofferenza e uccisione (cf 8,31- 32a). 

Comprensibile allora la reazione di Pietro, come di chiunque  altro difronte a tale scenario, un po’ di tutela e addirittura di  rimprovero che nasconde un rifiuto fino a frapporsi in mezzo 

quasi ad ostacolare il compimento della strategia divina abbandonando e quasi rinnegando il proprio ruolo di discepolo  che segue il maestro (cf 8,32b-33; 14,50-52). 

Riprendo una riflessione pubblicata a giugno 2021. Gesù si farà conoscere pienamente sono alla fine e  paradossalmente nella tragicità della umanità e nel  nascondimento della sua divinità, mentre in croce grida  l’abbandono del Padre (cf 15,33-39). 

“Così, il vangelo di Marco è il resoconto dell'inaudito e  incomprensibile amore incarnato di Dio, che in Gesù cerca e  trova l'uomo, superando ogni opposizione.  

Dato che ogni rivelazione diretta potrebbe condurre  soltanto a una fede nel miracolo, come quella che hanno  anche i démoni, Dio deve percorrere un cammino che porta  all'occultamento, anzi all'ignominia e all'abbassamento, alla  morte, come appare chiaramente, con sobrietà  impressionante, nel grido di Gesù: "Dio mio Dio mio, perché  mi hai abbandonato" e nell’affermazione che Gesù spirò con  un gran grido.  

La fede esiste solo come sequela. 

Il segno che questo miracolo può veramente succedere,  che la rivelazione di Dio raggiungerà il suo scopo, è costituito  da un simpatizzante estraneo al gruppo che seppellisce  Gesù; da un pagano, che come legionario non può  veramente aver sempre le mani pulite e che è persino  incaricato dell'esecuzione degli innocenti; da un paio di  donne, che si limitano ad aver paura e non hanno fiducia  neppure nelle parole dell'angelo.  

Questi, ma soprattutto i discepoli, che Gesù precede in  Galilea nonostante la loro più completa defezione,  segnalano il miracolo della comunità che viene, che il Risorto  stesso chiamerà all’esistenza e invierà nel mondo”. 

(E. SCHWEIZER) 

Contestualizzazione liturgica 

È sempre Isaia il profeta che interpreta meglio di tutti l’atteggiamento del “Servo del Signore”, nel senso messianico e di  discepolato. Nel passo odierno, “terzo canto” (50,5-9a), emerge  la decisione di affrontare la sofferenza senza cercare di scansarla  tutelando la propria esistenza incolume. 

Proprio nella sua estrema fragilità e debolezza sperimenta  però una forza dovuta alla vicinanza del Signore che lo fa  rimanere in un costante dialogo con Lui (cf Salmo 114), capace di  trasformare ciò che riteniamo inutile e dannoso, che gli consente  di esprimere tutta la sua potenzialità racchiusa nell’amore. 

Come può infatti l’Amore irrompere diversamente, in tutta  la sua energia e concretezza, dando corpo, mani e gambe alla  fede?! (Giacomo 2,14-18 – II lettura odierna). 

Siamo messi fronte un’opzione: riconoscere la signoria del  Signore per accettare la logica del suo amore per ogni essere  umano, la sua consegna nelle mani nostre e del Padre come  estrema incarnazione della sua misericordia. 

“Incontrovertibile confutazione di ogni schizofrenia, di ogni  falsa contrapposizione di amori”


2 commenti:

  1. Molto rivoluzionario il passo in cui affermi che Dio deve percorrere un cammino che porta all'occultamento, all'ignominia e all'abbassamento. Grazie, Roberto! A tutti una buona domenica! Carmela Battolu

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  2. Così diverso il pensiero di Dio dal nostro, così imprevedibili le sue vie. Troppo forte la tentazione di "insegnargli qualcosa", una specie di lezione di bon ton, come fa Pietro...

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