Dio nostro Padre,
nella croce del tuo Figlio
ci riveli il senso più profondo
degli eventi della storia e della nostra vita
aiutaci e tenere fisso lo sguardo su Gesù,
affinché corriamo con perseveranza incontro a Lui,
nostra salvezza.
Amen.
Il nostro intento è anzitutto quello di rispondere all'invito di papa Francesco rivolto alla chiesa italiana riunita a Firenze nel Novembre 2015: “…permettetemi solo di lasciarvi un’indicazione per i prossimi anni: in ogni comunità, in ogni parrocchia e istituzione, in ogni Diocesi e circoscrizione, in ogni regione, cercate di avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii gaudium, per trarre da essa criteri pratici e per attuare le sue disposizioni”.
Vicina è la Parola
10 agosto 2025 – Domenica xxix
c
Sapienza 18,3.6-9 / Salmo 32
Ebrei 11,1-2.8-19
Luca
12,32-48
Sempre in
CAMMINO
Non solo in “tempo di sinodo”!
Siamo costituiti così, come “popolo di Dio in cammino” nel mondo e nella
storia, sulle strade di ogni donna e di ogni uomo, di diverse culture ed etnie.
Un cammino ormai millenario che ha conosciuto rallentamenti, smarrimenti di
direzione… ma mai fermo. E oggi più che mai è fondamentale rimetterci in cammino, forse in un’epoca in cui tanti eventi
potrebbero farci desistere e preferire una stabilità che purtroppo in altre
epoche ha spinto le Chiese ad arroccarsi.
Il Dio che Israele fin dall’inizio ha conosciuto è stato in cammino con il
suo popolo ed ha fatto sì che esso non si fermasse, continuando ad ascoltare la
peregrinazione interiore di ogni
essere umano tra nostalgia e desiderio.
Piccolo
gregge
Nonostante l’adunata oceanica dei giovani a Tor Vergata (RM)
per il loro Giubileo, le nostre Chiese conoscono un tempo di fatica e di
scarsità.
L’esperienza della “civiltà cristiana” ha dato un contributo
incontestabile al continente europeo dopo la “caduta” dell’Impero romano, ma
con il passare del tempo ha manifestato anche tutti i suoi limiti e deviazioni,
e ora si è definitivamente conclusa. Eppure ci sono nostalgici che ancora
sognano un “mondo cristiano”, un po’ come chi sostiene un “mondo russo”!
Più volte è stato affermato che in ogni “crisi” si rivela
“un’opportunità”, oggi è sicuramente quella di riscoprire la vocazione di una Chiesa sale e lievito, piccolo gregge che ci faccia vivere
serenamente e con responsabilità l’essere “minoranza significativa”, non per cedere
alla pigrizia o ignavia pastorale, ma per essere fedeli al Vangelo di Gesù che
in questa domenica ce lo riafferma.
Contestualizzazione evangelica di Luca 12,32-48
La comunità di Luca stava superando “il trauma”
di un ritorno glorioso del Signore che si faceva troppo attendere; alcune
scelte economiche testimoniate da Atti (cf 2,44-45; 4,34-37; 5,1-11) rimanevano esemplari e paradigmatiche di una condivisione che nella
storia della Chiesa conoscerà poi diverse versioni ma anche clamorose smentite.
Emergeva quindi una nuova consapevolezza della storia e del tempo a
disposizione come opportunità per assumersi la responsabilità di una missione
che il Nazareno aveva già affidato ai vari discepoli (cf Lc 9,1 ss.; 10,
1 ss.) e ora animata dal suo Spirito (cf At 8,1-4; 9,20-22; 13,1-3).
Risultano quindi appropriate
le raccomandazioni sull’uso dei beni economici di 12,13-31. 33-34 e anche
per un nuovo modo di adempiere la Torah:
il “regno di Dio” -proclamato e attuato da Gesù- non si può né meritare né
conquistare con mezzi materiali, è “dono del Padre” e può essere solo accolto
da chi riconosce la propria piccolezza e disponibilità a lasciarsi
condurre da Lui, unico vero tesoro (cf vv. 32.34), a rimanere in quell’atteggiamento di prontezza e
vigilanza tipici dell’esodo (cf v. 35). Qui però il contesto è nuziale e conviviale,
quasi eucaristico: il Signore viene
già in mezzo a noi ed è Lui a servirci e nutrirci (cf vv. 36-40) come comunità sposa chiamata a un servizio reciproco che non dovrà mai
essere una forma di potere (cf vv.
41-46).
Quest’ultima raccomandazione
è valida per ogni ministero e per sempre!
Ambientazione liturgica
+ In
ogni celebrazione eucaristica la
comunità rivive l’evento pasquale del Signore, di cui Egli stesso ci rende
partecipi come persone risorte e finalmente libere di poter vivere una vita
nuova scaturita dalla veglia pasquale, nella quale ogni “notte” diventa
“veramente beata”, anche quella di ogni essere umano nel suo viaggio
sconosciuto fuori dalle sue sicurezze. Anche quella dell’umanità oggi ferita e
lacerata, con la sola fiducia della Parola in una reciproca solidarietà verso
la libertà.
- L’autore di Sapienza, che vive libero in Egitto, può celebrare la cena
pasquale senza dimenticare “quella notte”
di sterminio: ora le promesse si sono realizzate! Li aveva guidati una
colonna di fuoco ancora accesa nel viaggio dell’esistenza come allora sulla via
del ritorno nella terra dei propri antenati. Anche oggi la comunità riunita in
assemblea liturgica ringrazia a nome di tutta l’umanità per la libertà donata e
tiene viva la sua speranza lungo il suo cammino nel tempo [Sapienza 18 – I lettura].
- Per questo l’umanità ha incessantemente bisogno
di fiducia che Qualcuno compia le sue attese più profonde e vere, che ci
sia un amore gratuitamente donato ad alimentarne la speranza [Salmo 32].
- Oggi la comunità cristiana, soprattutto nella
persecuzione, ha ancora come riferimento il peregrinare di Abramo, il suo desiderio di un
“altrove” dove avere una propria casa. Nonostante l’età potesse indurlo a
fermarsi, egli si mise in cammino, senza tornare indietro. Cosa lo sostenne
insieme alla moglie Sara che
conoscerà un’impossibile maternità? La fiducia in un domani migliore preparato e compiuto da Chi con
noi ha vissuto il nostro oggi vincendo
il limite della morte [Ebrei 11 –
II lettura].
- La risurrezione di Gesù
dalla morte è già l’inizio del “regno
donato”, desiderato e sperato.
Noi
credenti lo sperimentiamo non facendoci deludere dal “ritardo” del ritorno del
Signore e nemmeno illudere dalle soddisfazioni immediate; consapevoli che il nostro
tesoro è già nel cuore di chi rimane vigile
poiché qui ed ora nel banchetto eucaristico, seppur nella notte, sperimentiamo
la sua beatitudine: Egli, che ci
convoca alla sua mensa, ci serve e ci
nutre di sé stesso. Ciò vale anche per ogni ministero nella comunità: servire e nutrire, disponibili
all’inatteso che sempre sorprende e gratifica, quasi al termine della notte già
rischiarata dalle prime luci dell’amore che ci fa riconoscere e accogliere il
Signore nel volto degli altri [Luca
12,32-48].
Preghiamo con la Liturgia
Dio nostro Padre,
fedele alle tue promesse,
spingici a vivere da pellegrini in questo mondo,
e come ti sei fatto conoscere ad Abramo
anche noi, vigilanti nell'attesa,
possiamo accogliere il tuo Figlio
in ogni sua continua venuta.
Amen.
Vicina è la Parola
3 Agosto 2025 – Domenica XVIII C
Qoèlet 1,2;2,21-23 / Salmo 89
Colossesi 3,1-5.9-11
Luca 12,13-21
Avere o ESSERE
Il colore dei soldi
Uno dei bisogni fondamentali di oggi è la sicurezza personale.
Da sempre l’essere umano ricerca appassionatamente e necessariamente un fondamento stabile per la propria esistenza, ad esempio sul denaro: “Il denaro è tutto”, si dice; anche se poi: “i soldi non fanno la felicità” …figuriamoci la miseria!
L’insidia sta però nell’uso del denaro e nel suo “potere” di asservimento a sé e degli altri.
Il meccanismo dell’accumulare diventa una forma di idolatria a cui sottomettersi pur di avere, e la sete di denaro oppone gli individui -l’altro diventa un rivale da superare o da eliminare- da cui non sono esenti nemmeno le famiglie nel momento della spartizione dell’eredità che in quel momento rischiano di dividersi.
Nella società è infatti il denaro l’origine delle gerarchie sociali e delle discriminazioni: chi più ha è in alto e gli individui si distinguono per quello che “hanno”, perdendo il valore di quello che “sono”; così come la distribuzione ingiusta delle ricchezze provenienti dai profitti è uno dei mali più gravi a tutti i livelli.
“L’uomo del denaro” diventa però un uomo solo e alienato, schiavo e prigioniero delle sue stesse ricchezze. Dal possedere all’essere posseduti!
È la morte a rivelare questa verità e la sua previsione compie realisticamente in ogni essere umano la liberazione da l’illusione.
Da questa “trappola” non sono esenti purtroppo né i credenti né le Chiese: quando si parla sempre e solo di “cose spirituali” qualcuno approfitta nell’ombra di quelle materiali (vedi i recenti ma non ultimi “scandali vaticani!). Ci si alterna tra un ipocrita disprezzo della ricchezza e un suo ingenuo o spregiudicato utilizzo. Di conseguenza il nostro atteggiamento “cristiano” nei confronti dei poveri e delle forme di povertà rimane cristallizzato in una mentalità di “beneficienza” e non di solidarietà o di equità sociale.
Le proposte per una “nuova economia”, anche per impulso di papa Francesco, stanno facendo breccia nelle coscienze individuali e sociali, manca tuttavia una “formazione morale” che le renda possibili partendo dall’esperienza educativa basilare della gratificazione che si prova nel donare e nel condividere.
Contestualizzazione evangelica di Luca 12,13-21
Nell’annuncio evangelico “il Regno di Dio” è Gesù stesso, pellegrino in mezzo a noi, che lo manifesta nel liberare una persona da una forza occulta che la riduceva muta (cf 11,14); ma la libertà “di parola” trova sempre l’opposizione del potere con false accuse (cf vv. 15-16) che tuttavia non ne ostacolano o impediscono l’attiva presenza (cf vv. 17-26): infatti, tra la folla che ascolta c’è chi accoglie senza riserve e per loro c’è una nuova beatitudine (cf vv. 27-28). Il segno di Giona diventa allora per il Nazareno la “chiave interpretativa” della sua vicenda messianica e ne illumina la comprensione (cf vv. 29-36) che trova l’ostilità degli esperti della Torah fino alle persecuzioni dei discepoli e dei futuri credenti (cf vv. 37-54; 12,1-12).
Inoltre, la comunità lucana si rivela, fin dai suoi inizi, sensibile alle situazioni di povertà e di indigenza, attenta alle insidie nascoste dietro un uso “ingenuo” o spregiudicato dei beni materiali. Lo attestano i primi capitoli degli Atti nel descrivere la prima comunità di Gerusalemme ed il suo stile di vita anche con scelte per noi non facili da attualizzare (cf 2,44-45; 4,34-37; 5,1-11). Nelle memorie evangeliche, come nella parabola del capitolo 12 vv.16-21, viene illustrato in modo esemplare il messaggio del v. 14: la vita non dipende da ciò che si possiede.
L’antidoto è espresso nella conclusione come monito/invito ad arricchirsi davanti a/presso Dio (cf v. 21) il cui contenuto sarà esplicitato in seguito (cf vv. 30b-34).
Cosa rende “ricco” Dio se non l’amore per noi e per tutta l’umanità che lo ha portato a donare il proprio Figlio! Lui è vissuto anzitutto cercando la volontà del Padre e non sé stesso, quello era il suo “tesoro” (cf v. 34) e “svuotandosi di sé” lo ha speso per noi (cf Filippesi 2). Nel non possedere sé stesso ha dato pieno senso alla sua esistenza e a quella di chiunque la spenda per Lui e per gli altri. Non si tratta di disprezzare ingenuamente i beni terreni, ma di adoperarci instancabilmente affinché essi ci permettano un’esistenza più umana, da figlie e figli del Padre, sorelle e fratelli tra noi.
Ambientazione liturgica
La Vita, nascosta ma che c’è, trasfigura l’esistenza.
+ La Liturgia è il momento in cui “gesti e parole” assumono un significato e un valore “altro”, “simbolico”, paradossalmente capace di far emergere la Vita “nascosta” nell’esistenza quotidiana e che noi non sempre accogliamo in tutta la sua “novità salvifica”: siamo risorti con Cristo, passati con Lui da morte a vita nella ricerca della nostra vera identità.
- L’esperienza battesimale che si rinnova efficacemente nella celebrazione eucaristica ci permette di vincere l’idolatria dell’insaziabile possedere, l’inganno reciproco delle discriminazioni e delle appartenenze esclusive… per un’autentica vita e unità in Cristo, “tutto in tutti” [Colossesi 3 -II lettura].
- I beni di cui siamo resi partecipi, la Parola e il Pane di Vita, ci “saziano” nella misura in cui non ci serviamo di Cristo a nostro uso e consumo, ma mettiamo noi stessi al servizio degli altri condividendo nella libertà e nella gioia ciò che abbiamo per essere autenticamente quello che siamo, superando la paura di “sprecare” la nostra esistenza e il rischio di “perderla per sempre” [Luca 12 – Evangelo].
- La lode e l’adorazione nei confronti del Signore a cui i Salmi invitano, ci liberano da ogni dipendenza e sottomissione permettendoci di ritrovare il senso autentico del nostro essere “umani”, trasformando la durezza del nostro cuore [Salmo 94].
- Superiamo allora ogni visione cinica e pessimista dell’attività umana, ritrovandone il valore costruttivo e realizzante per gli individui oltre che per le società [Qoèlet 1-2 – I lettura].
Preghiamo con la Liturgia
Padre, fonte dell’amore,
che in Cristo tuo Figlio
ci chiami a condividere la gioia del Regno,
donaci di lavorare con impegno in questo mondo,
affinché, liberi da ogni cupidigia,
ricerchiamo con sapienza i beni veri ed eterni.
Amen.
Vicina è la Parola 17 agosto 2025 – Domenica xx / c Geremia 38,4-6.8-10 / Salmo 39 Ebrei 12,1-4 Luca 12,49-57 Il FUOCO della PACE ...