Vicina è la Parola
4 MAGGIO 2025
III Domenica di Pasqua/c
Atti 5,27b…41 / Salmo 29
Apocalisse 5,11-14
Giovanni 21,1-19
efficienti o efficaci?!
Diventiamo realisticamente consapevoli di noi stessi quando i nostri progetti non sempre hanno il successo sperato o voluto; o anche quando raggiungiamo i nostri obiettivi qualcosa, subdolamente, li mette in discussione con ripensamenti ed esitazioni, come se non credessimo abbastanza in quello che abbiamo ottenuto: troppo bello per essere vero!
Quasi come se una nebbia ci appannasse lo sguardo tanto da non riconoscere nostre risorse e da non farci vedere gli altri come alleati, così che ci ritroviamo a desiderare il loro consenso ma non il loro aiuto.
Sono momenti di disgregazione interiore e relazionale; ci prende la tentazione di “serrare le fila”, ma attorno a cosa? A quello che abbiamo sempre fatto o al modo che ci è più abituale?
Non è forse quello il momento di osare di più…?! O ci manca il coraggio di andare oltre, di rimetterci in discussione e in ricerca?
Contestualizzazione evangelica di Giovanni 21,1-19
L’aggiunta del capitolo 21 al racconto evangelico di Giovanni “riapre” uno scorcio inizialmente sgradevole, ma che si rivela via via ricco di soprese e di conferme, di aperture verso nuovi orizzonti. “La fede non è mai un dato, ma sempre un evento, un divenire che può conoscere progressi, ma anche regressioni” (Comunità di Bose).
Così è per i discepoli che avevano visto con gioia il Risorto il primo giorno dopo lo Shabbat e otto giorni dopo (capitolo 20), ma che adesso sembrano aver dimenticato tutto, facendo i conti con la loro incapacità perfino di pescare, la loro professione di partenza (cf Marco 1,16-20).
Come introduce il redattore si tratta di una nuova manifestazione del Risorto ai suoi (cf v. 1) e noi ci accorgiamo che adesso a dover risorgere sono loro mentre passano dalla notte all’alba (cf vv. 3-4); dall’ignoranza alla conoscenza del Signore (cf vv. 4.12); dall’improduttività all’abbondanza della pesca (cf vv. 3.6.8); dalla mancanza di cibo al pasto abbondante (cf vv. 5. 9-12).
Non è più sufficiente “vedere” il Risorto: occorre risorgere con Lui!
Il ritorno in Galilea a pescare -su invito dello stesso Signore (cf Matteo 28,7.10; Mc 16,7)- è la chiamata ad un nuovo rapporto d’amore con Lui e quindi un modo nuovo di seguirlo (cf vv. 15-19) sia per Simon Pietro che per Giovanni e di una nuova relazione tra loro (cf vv. 20-23) che rivela anche una reciprocità tra le diverse comunità cristiane, fedeli al loro “profilo” eppure nella stessa comunione, nutrite dall’unico pane donato dal Risorto, nell’unica Chiesa di Cristo.
“La fatica umana, sempre dura, spesso vana, diviene più leggera e fruttuosa; i mezzi umani,
fragili e deboli, divengono infrangibili e forti: la povertà della chiesa è colmata dalla vivificante presenza del suo Signore. Non solo: essa rende più uniti gli uni agli altri, nell’unico legame a Lui…
nelle diverse risposte al suo appello” (E. Ghini).
Ambientazione liturgica
Le nostre celebrazioni eucaristiche sono sempre incentrate attorno al Risorto che con la sua parola ci fa sperimentare i segni efficaci della sua presenza e per noi spezza il suo pane [Evangelo]; così, fin dai primi giorni della comunità cristiana, è Lui che è stato annunciato con audacia e franchezza, ma anche con gioia e fiducia, dagli apostoli perfino nelle sinagoghe pur tra rischi mortali [Atti 5 – I lettura] e sarà sempre Lui a essere celebrato in una liturgia dalle dimensioni “cosmiche” [Apocalisse 5 – II lettura].
È l’umanità di Gesù, risorta a nuova esistenza dopo aver attraversato la morte, che continua a esprimersi ancora “più umanamente” e che comunica ai credenti, a Simon Pietro per primo, proprio attraverso la sua passione condivisa, un coraggio nuovo di essere umani, di agire nella quotidianità, di vivere nell’amore fino alle estreme conseguenze: l’agnello immolato per l’umanità che rende feconda proprio con il suo sangue.
Anche le nostre comunità fin dall’inizio della celebrazione innalzano la loro lode in un “canto di risurrezione” [Salmo 65 – Introito] perché solo persone che hanno sperimentato la forza della Pasqua come passaggio dalla delusione alla fiducia, dal buio alla luce, dallo smarrimento al riconoscimento, possono gioire tutte insieme, in tutto il pianeta.
Così siamo anche invitati a pregare: “Esulti sempre il tuo popolo, o Padre, per la rinnovata giovinezza dello Spirito, e come oggi si allieta per il dono della dignità filiale, così pregusti nella speranza il giorno glorioso della risurrezione” [Orazione d’inizio].
La Liturgia è il luogo privilegiato nel quale sperimentiamo la “nuova creazione” e la forza della misericordia redentrice [Canto al Vangelo], siamo sempre nell’ottavo giorno e nella ormai consolidata consuetudine pasquale (cf Gv 21,14).
L’elemento che ci caratterizza sempre è lo stare insieme sempre e comunque (cf v. 2a) nella sicurezza che, se non siamo riusciti noi a procurarci il sostentamento necessario (cf Gv 4,8.31-33), lo farà sempre Lui per noi (cf 21,9 ss.).
“Il vangelo di Giovanni non termina con una conclusione, ma con un invito che è il germe di un nuovo inizio. Quel che è stato scritto e offerto dall’evangelista è frutto dell’esperienza della sua comunità. Ora accogliendo questo vangelo, la buona notizia di Gesù, ogni comunità cristiana è chiamata a scrivere la sua, e farsi buona notizia per tutti” (Alberto Maggi).
Preghiamo con la Liturgia
O Padre di misericordia,
illuminaci con fiducia,
perché nei segni sacramentali della Chiesa
riconosciamo il tuo Figlio Gesù,
che continua a manifestarsi ai suoi discepoli,
e donaci il tuo Spirito,
per proclamare
che Egli è il Signore di tutti.
Amen.
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