Vicina è La PAROLA
9 febbraio 2025
V Domenica Anno/C
Isaia 6,1…8 / Salmo 137
Luca 5,1-11
1Corìnzi 15,1-11
La Parola genera Vita nuova
Contestualizzazione evangelica di Luca 5,1-11
“Gli facevano ressa attorno per ascoltare la Parola”
A Nazareth “il figlio di Giuseppe” inizia a farsi conoscere come “profeta” che compie le promesse messianiche dei profeti: lo stupore prima e il rifiuto violento poi accompagneranno il suo cammino in mezzo noi come “regno di Dio” nell’oggi di chiunque che da povero, lo incrocia sul suo cammino personale e storico (cf Luca 4,31-44).
In Lui ogni “distanza” tra divino e umano è annullata, superando i limiti convenzionali posti dalle tradizioni religiose che generano l’impotenza di dare a se stessi valore e significato per l’esistenza. È Lui per primo ad avvicinarsi, a superare i confini di ogni Galilea, a portare una Parola “diversa”: fa quello che dice!
Il Nazareno, “il Santo di Dio”, addirittura “il Figlio di Dio”, il suo “Inviato” per tutti e dappertutto ora è qui tra la sua gente, nelle loro case, per le loro strade, sulle rive del lago dove si svolge la loro monotona giornata e il loro abituale lavoro, sulle barche degli inutili e dei falliti.
“La Parola” viene ad abitare tra “i suoi” (cf Giovanni 1): attrazione per tutti coloro che il male assilla e perseguita in mille modi; forza che invita ad andare oltre, dove l’esistenza conosce solo sterilità e inconcludenza; prossimità che trasforma l’umana inadeguatezza e incapacità in nuova responsabilità e imprime il senso di una storia che inizia per quattro pescatori e per tutta l’umanità, coinvolgendo la successiva comunità ecclesiale e quindi anche noi.
È qui che l’esperienza post pasquale dei discepoli e dei credenti, narrata in Atti, affonda le sue radici e la sua consapevolezza (cf 2,14-40).
Ambientazione liturgica
Dicono che nel momento del massimo pericolo si avverta il minimo della paura… sarà ma è così che Lui si manifesta e che noi possiamo conoscerlo e fidarci: oltre la comprensibile paura c’è un mondo che attende.
Così è stato per Isaia: in mezzo al bagliore di fuoco, Chi gli si avvicina è il misericordioso che, mentre lo fa sentire radicalmente consapevole della propria inadeguatezza, lo rende capace di portare ad altri quella stessa Parola che l’ha raggiunto e che gli sembrava inaccessibile [cf Isaia 6 - I lettura]
Così per Simon Pietro davanti alla prossimità di una Parola “feconda”, che aggrega, attrae e coinvolge nel suo stesso cammino verso gli altri. [Luca 5 – Evangelo].
La verità di noi stessi ci fa sempre paura finché non sentiamo di essere gratuitamente amati e liberati da ogni pretesa di autodeterminazione e autogiustificazione. Non ci si salva da soli! Nemmeno per noi stessi: Colui che salva lo fa per gli atri.
Anche Paolo vuole comunicare ai cristiani la sua esperienza: a lui il Signore si è fatto conoscere in uno stato di buia morte -come aborto- e ha manifestato in lui la forza rinnovatrice del suo amore gratuito: una vita nuova, spesa per gli altri che si chiama risurrezione! [1Corinzi 15 - II lettura e Salmo 137].
Preghiamo con la Liturgia
Nostro Padre,
tu che solo sei il Santo
e hai scelto gli annunciatori della tua Parola
tra persone persino incapaci di pronunciarla,
rinnovaci col fuoco del tuo Spirito
e perdonaci con la tenera dolcezza del tuo amore,
così che come discepoli seguiamo Gesù,
nostro Maestro e Signore.
Amen.
Quando Gesù ebbe finito di parlare, disse a Simone:
RispondiElimina«Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca».
Quanto è forte:
PRENDI IL LARGO!
In un tempo nel quale ci arrocchiamo nelle nostre terre
sicure, comode, confortevoli,
un tempo nel quale non abbiamo il coraggio
di andare, di navigare in mare aperto, di rischiare nulla,
un tempo di poltrone e di sofà, di pantofole e di copertine,
è bellissimo prendere il largo,
alzare lo sguardo, gustare il mare che non ha confini,
né barriere, né muri!
E poi:
GETTATE LE VOSTRE RETI!
È un gesto liberatorio, di fiducia, di attesa e di squadra.
Spesso siamo impigliati in reti di ogni genere:
reali, pesanti, virtuali, costringenti, soffocanti.
Bello gettare le reti… “sulla tua Parola!”
Domenica bella
“al largo”!
1 abbraccio
Mi sembra di vederli sulla riva quei poveri pescatori, che con aria afflitta e delusa, dopo una notte di fatica inutile, coi piedi nella sabbia e le teste chine, lavano quelle reti che non sono servite a niente. Mi sembra di vederli alzare la testa per guardare quel giovane Maestro che arriva proprio là, dove sono loro, con le loro legittime preoccupazioni, che li prega di poter salire. Ci mancava solo questa, come se non bastasse una notte intera ad aspettare pesci che si sono dileguati, una notte buttata via: ora tocca anche stare fermi ad aspettare. Cosa avrà detto Gesù, seduto su quella barca, alla folla? Di cosa avrà parlato? E come risuonano quelle parole nei cuori stanchi e sfiniti di Simone e soci? Me lo immagino il sorrisetto di Simon Pietro al sentir raccontare di pecore e lievito, di uccelli del cielo e fiori dei campi: la realtà per lui e compagni è tutta in quelle reti vuote, nella fatica sprecata della notte. E ora? Ma non è il figlio del falegname? Che ne sa Lui della pesca, vuole forse insegnar loro il mestiere di pescatore? E poi pescare di giorno, quando lo sanno anche i bambini che è nella notte che abboccano i pesci? «Prendi il largo…Sulla tua parola» Prendi il largo, non ti arenare sulle delusioni, impara ad andare oltre i fallimenti, gli scoraggiamenti, le stanchezze: prendi il largo con me, ti accompagno io, andremo insieme a scoprire cosa c’è un po’ più in là, dove svaniscono i pesi e la barca quasi affonda, dove il mare si unisce al cielo; ti insegnerò a volare… Sulla tua parola, Signore: non ci capisco niente, sono confuso, ma sento incredibilmente che di Te mi posso fidare, che posso rischiare e darti una possibilità, anche se mi chiedi l’impossibile. Quasi mi vengono le lacrime agli occhi, ma non nel vedere la barca piena di pesci, ma perché sento che hai azzerato le distanze tra fondo del mare e cielo, tra fallimento e vittoria, tra peccato e perdono. Un po’ mi vergogno di quello che sono. Ma tu ancora rilanci la mia paura, mi insegni ad andar contro tutte le ragioni di questo mondo, contro la forza di gravità
RispondiEliminadelle mie sconfitte e delle mie disperazioni, che mi trattengono a riva come zavorre e ancore. Ci tufferemo insieme: le barche sono troppo piccole in questo mare sterminato di donne e uomini stanchi e le reti non bastano, ci vuole la vita da buttare al largo. Senza criterio alcuno, sulla Tua parola.
(Don Luigi Verdi)
Le letture di oggi ci conducono a riflettere sulla vocazione, sull’irruzione di Dio nella nostra vita. Il quadro maestoso della chiamata di Isaia introduce al contesto più umile nel quale avverrà l’incontro di Simone, Giacomo e Giovanni con Gesù. La visione del trono celeste lascerà il posto alle rive di un lago, e la gloria inesprimibile di Dio sarà nascosta dal volto umano di Gesù, ma le due narrazioni offre la stessa sequenza: incontro con il divino; reazione umana; invito a «non temere» e mandato missionario.
RispondiEliminaIl vangelo si apre con l’entrata in scena di uno dei protagonisti del racconto, la folla. Attirata dalla fama di Gesù si raduna per «ascoltare la parola di Dio» (5,1). La folla riconosce Gesù come il profeta mandato ad annunciare la parola definitiva, una parola che seminata nella storia ha un potere enorme di crescita e di trasformazione. Luca nota, tuttavia, come la presenza pressante/incombente della folla diviene un ostacolo alla proclamazione stessa. Alla ricerca di uno spazio che renda possibile l’annuncio, Gesù fissa lo sguardo su due barche ormeggiate presso la riva del lago e su alcuni pescatori che scesi a terra stanno lavando le proprie reti. Chiede allora la collaborazione di Simone per trasformare uno strumento di lavoro in un “pulpito” dal quale annunciare la parola ad una folla assetata.
«Quando ebbe finito di parlare» Gesù rivolge a Simone un comando che entra in conflitto con la sua esperienza di pescatore: hanno faticato tutta la notte invano, com’è possibile pescare di giorno quando le reti diventano visibili ai pesci? È una richiesta assurda, come testimonia la reazione di Simone. Eppure, egli aggiunge: «…sulla tua parola getterò le reti» (5,5). Simone decide di fidarsi della Parola. È come se affermasse, «Non credo ma mi fido perché sei tu», trasferendo in questo modo il comando della barca al profeta di Nazareth. Il risultato è sorprendente: la pesca è talmente abbondante che rischia di rompere le reti.
Simone comprende che si trova faccia a faccia con Dio e si sente perduto perché sperimenta la distanza tra il suo essere creatura e la santità di Dio. Eppure, questo Signore inavvicinabile e inesprimibile sceglie proprio Simone e i suoi compagni per essere la Sua presenza nella storia. Dio pronuncia su di loro il suo SI definitivo, il suo amen: ed è su questo SI di Dio che si fonda la vita e la missione stessa della chiesa.
Come Simon Pietro, ognuno di noi è chiamato a fidarsi della Parola, a seguirla, perché la salvezza possa raggiungere ogni creatura immersa nel mare della storia. La nostra realtà di peccatori non spaventa Gesù perché è venuto proprio a cercare ciò che era perduto (Lc 19,10). L’importante è ciò che accade «da ora in poi»: la rottura con il passato e l’adesione ad un cammino nuovo, segnato da un lasciare per aderire alla persona di Gesù. Luca sottolinea che il distacco è definitivo: «tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono» (5,11). Tutto indica ogni forma di sicurezza, quella proveniente dal lavoro (economica, posizione sociale) e quella derivante dai rapporti familiari (identità, coscienza di sé). I tre pescatori non calcolano: seguono l’intuizione dell’amore, perché soltanto chi è innamorato può compiere scelte totali e apparentemente irrazionali. Lasciano tutto ed iniziano a seguire Colui che, passo dopo passo, diventerà la loro casa, la loro vita e la loro identità.
Chiediamoci: mi ‘fido’ della Parola? Credo che l’ascolto sia un incontro che cambia la vita?