Vicina è La PAROLA
16 febbraio 2025
VI Domenica Anno/C
Geremia 17,5-8 / Salmo 1
Luca 6,17.20-26
1Corìnzi 15,12.16-20
Contestualizzazione evangelica di Luca 6,17…26
A chi nessuno poteva incontrare, a cui nessuno si poteva accostare, il Nazareno invece “tende la mano” e mentre le folle sono sempre attorno a Lui per ascoltare la Parola, “Egli si ritirava in luoghi solitari a pregare” (Luca 5,12-16).
Addirittura da nord a sud si smuovono da ogni villaggio i farisei e i maestri della Toràh, ma anche gente “disperata” che non esita a scoperchiare il tetto di una casa pur di fargli guarire un paralitico e scopre così che finalmente “oggi” c’è qualcuno capace non solo di guarire fisicamente ma di far rinascere interiormente (vv. 17-26).
Uno di questi Levi, da esattore delle tasse e infame giudeo, diventa suo discepolo: “Seguimi” (vv. 27-32). Egli si manifesta come “lo sposo” per le “nozze” di Dio con l’umanità, il “vino nuovo” che richiede però “otri nuovi” (vv. 33-39).
Il “tempo nuovo” è stato inaugurato, “il sabato” in cui ogni “vita è salvata” tranne la sua che fin dall’inizio è minacciata (6,1-11); ma Gesù, non curante del pericolo, immerso in Dio coinvolge altri -i dodici- per mandarli; tra loro anche chi lo tradirà e insieme si immergono in una gran folla desiderosa di ascoltarlo e toccarlo per essere liberata dal male (vv. 12-19).
Con loro il Maestro condivide, e a loro annuncia, la beatitudine della sua esistenza di Figlio pienamente abbandonato alla volontà del Padre, quindi veramente povero.
La sua beatitudine è affidarsi alla giustizia e alla verità operate dal Padre, fino in fondo, fino al disprezzo assoluto subìto per l’amore fragile e povero che solo Lui sa dimostrare verso ogni altro essere umano (Luca 6,20-26).
Un amore da povero per i poveri, in tutte le manifestazioni: povertà come decondizionamento per poter amare di più.
In tutto il racconto di Luca la povertà è “una teologia del regno” non una sociologia del vangelo: dall’inizio, nelle parole di Maria, è annunciato che Dio “ha saziato gli affamati e aperto ai ricchi le mani” (1,53), fino alla comunità di Gerusalemme dove i discepoli e i credenti “tenevano ogni cosa in comune” (Atti 2,44; 4,32).
Ambientazione liturgica
Siamo abituati a trattare la povertà come un problema sociale, mentre la Parola ci annuncia una beatitudine inedita, anche se spesso profetizzata, capovolgimento di un essere arido e insensibile in vivo e fecondo perché radicato nell’amore e libero da ogni condizionamento del possesso. [Geremia 17 - I lettura]
Beatitudine elogiata e promessa per chi è sempre in cammino, alla ricerca per vie ignote eppure sicure, in un continuo dialogo con l’esistenza e la sua origine. [Salmo 1]
È la risurrezione di Gesù, mentre conferma che il suo affidarsi non è stato vano, che rafforza la vita stessa di tutti coloro che credono in una beatitudine già operante nell’oggi, primizia del nostro essere vivi pienamente in Lui [1Corinzi 12 - II lettura].
Preghiamo con la Liturgia
Padre,
che prometti il tuo regno ai poveri e agli oppressi
e resisti ai potenti e ai superbi,
concedi alla tua Chiesa
di vivere secondo lo spirito delle beatitudini
vissute e proclamate da Gesù Cristo,
tuo Figlio e Signore nostro.
Amen.
16 febbraio 2025
VI Domenica Anno/C
Geremia 17,5-8 / Salmo 1
Luca 6,17.20-26
1Corìnzi 15,12.16-20
Contestualizzazione evangelica di Luca 6,17…26
A chi nessuno poteva incontrare, a cui nessuno si poteva accostare, il Nazareno invece “tende la mano” e mentre le folle sono sempre attorno a Lui per ascoltare la Parola, “Egli si ritirava in luoghi solitari a pregare” (Luca 5,12-16).
Addirittura da nord a sud si smuovono da ogni villaggio i farisei e i maestri della Toràh, ma anche gente “disperata” che non esita a scoperchiare il tetto di una casa pur di fargli guarire un paralitico e scopre così che finalmente “oggi” c’è qualcuno capace non solo di guarire fisicamente ma di far rinascere interiormente (vv. 17-26).
Uno di questi Levi, da esattore delle tasse e infame giudeo, diventa suo discepolo: “Seguimi” (vv. 27-32). Egli si manifesta come “lo sposo” per le “nozze” di Dio con l’umanità, il “vino nuovo” che richiede però “otri nuovi” (vv. 33-39).
Il “tempo nuovo” è stato inaugurato, “il sabato” in cui ogni “vita è salvata” tranne la sua che fin dall’inizio è minacciata (6,1-11); ma Gesù, non curante del pericolo, immerso in Dio coinvolge altri -i dodici- per mandarli; tra loro anche chi lo tradirà e insieme si immergono in una gran folla desiderosa di ascoltarlo e toccarlo per essere liberata dal male (vv. 12-19).
Con loro il Maestro condivide, e a loro annuncia, la beatitudine della sua esistenza di Figlio pienamente abbandonato alla volontà del Padre, quindi veramente povero.
La sua beatitudine è affidarsi alla giustizia e alla verità operate dal Padre, fino in fondo, fino al disprezzo assoluto subìto per l’amore fragile e povero che solo Lui sa dimostrare verso ogni altro essere umano (Luca 6,20-26).
Un amore da povero per i poveri, in tutte le manifestazioni: povertà come decondizionamento per poter amare di più.
In tutto il racconto di Luca la povertà è “una teologia del regno” non una sociologia del vangelo: dall’inizio, nelle parole di Maria, è annunciato che Dio “ha saziato gli affamati e aperto ai ricchi le mani” (1,53), fino alla comunità di Gerusalemme dove i discepoli e i credenti “tenevano ogni cosa in comune” (Atti 2,44; 4,32).
Ambientazione liturgica
Siamo abituati a trattare la povertà come un problema sociale, mentre la Parola ci annuncia una beatitudine inedita, anche se spesso profetizzata, capovolgimento di un essere arido e insensibile in vivo e fecondo perché radicato nell’amore e libero da ogni condizionamento del possesso. [Geremia 17 - I lettura]
Beatitudine elogiata e promessa per chi è sempre in cammino, alla ricerca per vie ignote eppure sicure, in un continuo dialogo con l’esistenza e la sua origine. [Salmo 1]
È la risurrezione di Gesù, mentre conferma che il suo affidarsi non è stato vano, che rafforza la vita stessa di tutti coloro che credono in una beatitudine già operante nell’oggi, primizia del nostro essere vivi pienamente in Lui [1Corinzi 12 - II lettura].
Preghiamo con la Liturgia
Padre,
che prometti il tuo regno ai poveri e agli oppressi
e resisti ai potenti e ai superbi,
concedi alla tua Chiesa
di vivere secondo lo spirito delle beatitudini
vissute e proclamate da Gesù Cristo,
tuo Figlio e Signore nostro.
Amen.
[...]
RispondiEliminaSe dovessi trovare un titolo alternativo alla storia di Gesù, forse “il mondo al contrario” sarebbe per me il più efficace. L’ho pensato a partire dal brano di Vangelo di questa domenica, dove troviamo le parole tra le più rivoluzionarie di Gesù: le beatitudini. Le beatitudini più famose sono nel Vangelo di Matteo al capitolo 5, nel discorso detto “della montagna”, ma anche l’evangelista Luca ci riporta a suo modo le parole di Gesù che disegnano davvero un mondo al contrario.
“Beati voi poveri, beati voi affamati, beati voi che piangete e beati voi quando vi perseguitano…”. Con queste parole Gesù spiazza tutti, sia al suo tempo che oggi. Questa sua visione del mondo è ancor più rafforzata dall’uso dell’opposto, quando dice “guai a voi ricchi, voi sazi, voi che ridete e voi che siete lodati” usando uno stile tipico della predicazione del suo tempo che ribadiva il concetto usando gli opposti.
Ma è questo “beati voi…” che suona come annuncio sconvolgente anche oggi che facciamo fatica a credere che si possa essere beati nella povertà, nella fame e nella tristezza, e ancor meno beati quando si è perseguitati E’ difficile perché in realtà pensiamo che sia il consenso più largo possibile quello che ci fa felici. Nell’era della fame di “like” non possiamo essere felici se abbiamo attorno “haters”, cioè odiatori, che ci denigrano.
Queste parole di di Gesù non sono un obbligo, non sono una legge da seguire pena la punizione, ma sono una prospettiva esistenziale, un modo di guardare al mondo e affrontare la vita con gli occhi dell’altro mondo, quello di Dio. Gesù non ama la miseria, ma nemmeno ama chi è schiavo dell’avere e del potere a tutti i costi. Gesù non ama la fame, ma non ama nemmeno che si ricerchi solamente di riempire la pancia, la casa e il conto in banca, invece di riempire il cuore e le relazioni. Gesù non ama certo la tristezza, ma non ama nemmeno la superficialità di chi non sente le sofferenze del prossimo rimanendo chiuso nel proprio mondo. Gesù non ama che si venga perseguitati per la fede, e anche lui non ha voluto salire sulla croce a tutti i costi, ma nemmeno ama che non ci sia nessuno che sia disposto anche a dare la vita per la pace, la fratellanza e il bene comune, anche a costo di pagare di persona e diventare impopolare.
Beati i poveri… sono coloro che sono felici perché hanno come ricchezza Dio e il prossimo, che sentono che il valore della vita viene dalle relazioni vere che costruiamo. Adamo ed Eva, nel racconto mitico dell’Eden, perdono tutto perché volevano avere tutto dimenticando che avevano già quello che li rendeva beati e in armonia con sé stessi e il creato. Gesù è venuto a insegnare che è possibile anche per noi oggi un mondo al contrario rispetto a quello che da sempre è presente e che ha generato divisioni, guerre e povertà, in ogni epoca umana. Gesù con quel “beati voi…” vuole svegliarci dal pessimismo che potrebbe imprigionarci, quando vediamo tutto quello che non va attorno a noi e dentro di noi, un pessimismo che ci porta a non pensare che sia possibile un mondo più libero, più fraterno e in armonia con Dio e il creato. Il mondo al contrario di Gesù inizia anche da me se mi lascio provocare dalle parole di Gesù. Con piccole scelte di povertà e di condivisione posso davvero scoprire che la beatitudine che cerco in modo spesso sbagliato è già dentro di me.