Vicina è la Parola
26 gennaio 2025
Domenica III/C – “della Parola”
Neemia 8,2…10 / Salmo 18
1Corìnzi 12,12-30
Luca 1,1-4; 4,14-21
Una comunità “si forma” con l’ascolto
Volendo assumere sempre di più la chiamata a essere una chiesa sinodale, crediamo che questo esiga anzitutto di mettere in evidenza il senso ed il valore del nostro essere convocati come comunità in ascolto soprattutto nell’assemblea liturgica domenicale e di come questa si formi e cresca proprio attraverso la proclamazione prima e la meditazione poi della parola evangelica.
Questo non ci limita solo a un atteggiamento cultuale e spirituale generico, ma persegue e prosegue un processo che ci aiuterà a diventare una comunità ermeneutica, non ospite, ma a proprio agio nella casa della Parola, come i primi discepoli di cui abbiamo viva testimonianza proprio nelle loro memorie evangeliche.
Nel giorno del Signore, la comunità radunata in assemblea liturgica, fa memoria della Pasqua di Gesù e nel momento del rito la Parola viene fatta risuonare nel presente per dare forma alla vita della stessa comunità in ascolto.
Così l’assemblea liturgica diviene comunità celebrante, meglio se non anonima, spersonalizzata e passiva, tutta ministeriale: il rito la fa diventare un cantiere liturgico, dove la comunità è invitata a interrogarsi su cosa il suo Signore le stia chiedendo di essere… fedeltà all’evangelo nel proprio singolare contesto storico e nelle diverse situazioni di vita.
Da: Lidia Maggi e Angelo Reginato
“Vi affido alla Parola. Il lettore, la chiesa e la Bibbia” ed. Claudiana, 2017:
“Riaprire, oggi, il cantiere-chiesa”, pp. 91 ss.
Contestualizzazione evangelica di Luca 1,1-4; 4,14-21
LUCA: un vangelo per la comunità, un Evangelo per tutti
1. Da Marco a Luca
Sappiamo che il racconto di Gesù steso da Marco, tra il 50 e il 70 d.C. per la comunità di Roma e per coloro che si preparavano al battesimo, si diffuse ben presto all’interno delle altre chiese. Il suo schema narrativo, utilizzato tra le comunità palestinesi, diede origine al testo in aramaico di Matteo (Siria tra l’80 e il 90 d.C.). La sua lettura, nelle comunità di origine e di lingua greca, pervase dalla cultura ellenistica, si arricchì di nuovi elementi provenienti da una nuova fonte “Q” (1,1-3), dando così origine al racconto evangelico di Luca (Antiochia? 75 – 85 d.C.).
Infatti Luca esclude nella sua narrazione quanto potrebbe non interessare ai pagani di lingua greca (cf Marco 9,11-13.43.48; 13,22), spiega meglio quanto essi non potrebbero capire, o addirittura urterebbe la loro sensibilità (cf 8,43 con Marco 5,26).
2. L’Evangelo secondo Luca, una nuova narrazione?
Non si tratta di una domanda retorica o superflua, infatti è proprio Luca che vuole chiarire il perché di questa sua opera fin dall’inizio, con un prologo insolito per il genere evangelico (cf 1,1-4). Ormai i testimoni oculari della vicenda storica del Nazareno sono via via scomparsi e una “nuova generazione di cristiani” necessita di dare un fondamento solido a quanto “tramandato da principio” e di ritornare “dall’origine” a narrare di Gesù.
Luca, pur non avendo conosciuto Gesù, vuole “raccontare” mettendo al centro “gli avvenimenti portati a compimento tra noi” (cf 1,1), testimoniati e ormai accolti, che tuttavia vanno fondati e attualizzati affinché continuino a parlare a una nuova generazione di cristiani, probabilmente evangelizzati da Paolo e che rischiavano di perdere lo spessore storico e umano di Gesù. L’evangelo della “Parola fatta carne… storia”.
“Ritornare all’origine”, non tanto per verificare l’attendibilità di quanto narrato dagli altri o fugare comprensibili dubbi o correggere eventuali errori (tra i quali quello già presente a Marco che l’annuncio cristiano si risolvesse in una proiezione mitologica di Gesù…), ma perché la fede ha bisogno di essere accolta come acqua che sgorga direttamente dalla sorgente, perché tutti possano sentirsi “Teofilo”, cioè amati personalmente da Dio, identificandosi poi con tutte le donne e gli uomini che lungo il suo racconto Luca fa incontrare con Gesù: le prostitute, la gente di cattiva reputazione, Zaccheo… In questo senso possiamo dire che Luca abbia pensato anche alle generazioni future di cristiani e quindi a noi.
Questa costituirà proprio l’originalità del nuovo racconto e anche il messaggio centrale di Gesù nazareno: “…anch’egli è figlio” (cf 19,9); “questo mio figlio… è tornato in vita” (cf 15,24).
Si tratta quindi di ritornare al “primo annuncio”, come spesso richiama papa Francesco e come la Chiesa sta prendendo consapevolezza in questi anni.
Ambientazione liturgica
Neemia [I lettura] ci narra una commovente convocazione di ascolto per donne e uomini ritornati dall’esilio. Tutti ascoltano, a tutti viene spiegato, tutti sono travolti dal pianto di poter risentire come per la prima volta le parole della Torah: a tutti è dato da mangiare. Ma nessuno è colpevolizzato per la sciagura dell’esilio trascorso.
La gioia del Signore è la nostra forza!
Noi siamo abituati ad un augurio: “sia”. Invece per loro è stata una certezza.
E per noi?
La Parola che il Signore ci dona, dono di se stesso, è fonte di gioia che vince la tristezza e la malinconia, infatti il Nazareno si presenta ai suoi non come un profeta ma come “parola divina umanamente compiuta” nella storia dell’umanità e nelle persone che la accolgono come annuncio liberante che le raggiunge nella marginalità e bassezza.
Nonostante le siamo sempre infedeli, essa è creatrice e comunicandosi inaugura un nuovo oggi di salvezza nella nostra quotidianità: ogni momento o situazione è l’oggi di Dio [Luca 1 e 4 – Evangelo].
“Oggi” [sḗmeron] ricorre negli episodi evangelici “chiave” di Luca che danno attualità e contemporaneità alle azioni ed alle parole di Gesù (cf 2,11; 3,22; 4,21; 12,52; 13,32; 19,5.9; 23,43). Nella “comunità pasquale”, sono quelle del Risorto e del Signore che continua ad agire in ciascun credente e a donare a tutti la sua parola di salvezza (cf Ebrei 3,7-8; 4,7).
“Oggi” indica anche l’attualità dell’agire storico di Dio: da Israele a Gesù; dai discepoli alla comunità di Luca; dal racconto evangelico fino a noi assemblea celebrante.
Così l’esistenza di ciascuno conosce un “ordine” nuovo determinato dall’atteggiamento di servizio anzitutto della comunità in cui essa assume valore nell’essere a disposizione gli uni degli altri [Paolo ai Corinzi 12 - II lettura], come quella del Signore, nelle situazioni di umana fragilità.
Preghiamo con la Parola
O Padre,
che in questo Giorno santo
convochi la tua Chiesa alla tua presenza
affinché il tuo Figlio annunci ancora il suo Vangelo,
fa' che teniamo il nostro sguardo su di Lui,
e oggi si compirà in noi e tra noi
la tua parola di salvezza.
Amen.
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È interessante notare quante volte il Messale Romano utilizza “oggi” nell’eucologia dei grandi Misteri come Natività, Risurrezione, Ascensione. Cf CEI, Messale Romano - 3a Edizione. Roma 2020, Prefazi pp. 109, 337-338, 354, 368, 404, 488, 502, 531, 617; Orazioni pp. 39- 40, 118-119, 179, 180, 183, 239-240, 255-257, 311, 325, 528, Antifone pp. 37-39, 45, 615, 690.
Vedi anche le riflessioni di Valentino Bulgarelli, Il Giorno del Signore nell’opera lucana. Andria, VII Settimana biblica diocesana, 25 febbraio 2015.
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