venerdì 27 settembre 2024

Vicina è la Parola 29 settembre 2024 - XXVI Domenica/ Sono dei “nostri”!

Vicina è la Parola

29 settembre 2024 - XXVI Domenica/B



Numeri 11,25-29 / Salmo 18

Giacomo 5,1-6

Marco 9,38-43.45.47-48


"Sono dei “nostri”!

Un grido di riconoscimento all’arrivo di alleati difensori che salvano dai “nemici” o la distinzione in una folla mischiata: “Questi sì che sono dei nostri!”.

Sarà per un istintivo senso di appartenenza o di difesa che contamina le nostre convivenze per cui creiamo gruppi identitari, apparentemente innocuo finché una minaccia non ci spinge a serrare le fila e ad alzare barriere e reticolati, ad escludere chi non la pensa come noi o non ha i nostri tratti somatici, viene da altrove… come dall’ignoto: Non sono dei nostri!”.

Ma in realtà è la paura a minacciarci e a bloccarci, a non farci andare oltre, incontro con braccia aperte e disarmate, senza preclusioni o pregiudizi.

I confini possono diventare muri insuperabili che respingendo gli altri ci chiudono e privano noi della stessa libertà e identità che vogliamo salvaguardare e difendere a tutti i costi: siamo tutti fratelli e, sorelle!

Questa è stata anche una delle tentazioni più forti con cui anche la comunità cristiana delle origini ha dovuto lottare, dimenticando lo stesso trattamento ricevuto dai fratelli ebrei.

Per primo, Pietro lo riconosce proprio in casa del pagano Cornelio e lotterà affinché non avvengano emarginazioni: “Sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone” (Atti 10,34).


Contestualizzazione evangelica di Marco 9,38…48

Anche Giovanni, il discepolo umanamente più portato a cogliere in profondità il valore dell’amore, ma anche – proprio per l’incapacità umana alle misure di Dio – a stringerne, a chiuderne i confini: “il figlio del tuono”, ardente nei suoi movimenti, vorrebbe imporre al Regno fattosi vicino le insegne e le linee di demarcazione che gli sembrano più evidenti (vv. 38-43).

Un solo bicchier d’acqua

La salvezza invece, tanto bramata, consiste nella liberazione dalle forze disumane, vere nostre nemiche, e la si accoglie nella gratuità di un bicchier d’acqua offerto “per amore” del Figlio dell’uomo.

Cosa consacra ogni azione umana come appartenente al Regno, come portatrice di vita incorruttibile e soprannaturale?

Chi accoglie, cura, veste, soccorre o visita un essere umano non può farlo se non nel nome di Colui che l’umanità nostra e di tutti ha fatta sua (cf Matteo 25,40).

Chi non ama il fratello non può amare Dio che non vede” (1Giovanni 4,20).

Togliere, tagliare

Le barriere e gli ostacoli che escludono vanno tolti, divelti con forza; il modo “partigiano” di vedere Dio e l’altro va tagliato; il prendere per non dare, il puntare i piedi sulle proprie posizioni per non percorrere le vie di Dio… ma soprattutto c’è un cuore umano che va trapiantato.


Nell’OGGI della Liturgia

Ora voi ricchi…” [Giacomo 5 -II lettura] di una ricchezza che crea disuguaglianze, ingiustizie, miserie sempre nuove che deturpano l’umano: la logica del “bicchier d’acqua” può farvi breccia?

Da tagliare, ostacolo al Regno della gratuità e del dono, sono i pugni chiusi affinché le mani si aprano a donare…

Nel Regno presente, annunciato e attuato dal Nazareno, non è più possibile quindi la pretesa di difendere uno spazio per o di Dio da quello umano che è ormai occupato da entrambi, come ostaggio delle nostre gelosie religiose [Numeri 11 – I lettura].

Il Regno, più vasto anche di quanto cuore umano sappia vedere, non è circoscrivibile: la prossimità di Dio non è misurabile dalla logica umana e non si restringe all’interno di chiesuole di tutti i tempi”. In passato era “extra ecclesia nulla salus”, oggi sono i gruppi che pretendono di essere chiesa “senza gli altri” (se non contro addirittura nella liturgia e nella preghiera…) dimenticando che ogni persona è già potenzialmente Cristo in quanto essere umano!


Preghiamo con la Parola

Padre, 

che lungo la storia dell’umanità

hai parlato al tuo popolo per bocca dei profeti,

effondi il tuo Spirito,

perché ogni persona sia ricca del tuo dono,

e tutti, senza esclusione,

siano partecipi delle meraviglie del tuo amore.

Amen.


venerdì 20 settembre 2024

Vicina è la Parola 22 settembre 2024 - XXV Domenica/B Passando dal più in basso

Vicina è la Parola
22 settembre 2024 - XXV Domenica/B

Sapienza 2,12.17-20/ Salmo 53
Giacomo 3,16- 4,3
Marco 9,30-37
Passando dal più in basso
Contestualizzazione evangelica di Marco 9,30-37
“E di nuovo, per aiutarci a capire al di là delle nostre paure, il Vangelo di Gesù -il suo agire e le sue parole- ritorna a presentarci quel modo di essere umani che più lo contraddistingue e differenzia la sua da ogni logica mondana: l’ultimo, il più piccolo… il bambino”. 
(Comunità monastica di Viboldone)
Realizzarci in tutta la nostra umanità non prevede certo questo obiettivo, per noi che cerchiamo sempre di “puntare in alto”.
Non è che Gesù si accontenti delle mezze misure o proponga la mediocrità, ma è innanzitutto esigente con se stesso, determinato nelle sue scelte personali e nelle sue proposte (cf Marco 8,27-35).
Il suo sguardo è “oltre” le apparenze e le previsioni più drammatiche sul suo destino messianico, eppure radicato nella storia del suo popolo, aperto al futuro suo e dell’intera umanità: la risurrezione (cf 9,1-13); sempre immerso nelle infermità e limitazioni che rendono gli esseri umani incapaci di vivere in armonia, nell’aiuto vicendevole, nella libertà e nella piena dignità che Lui invece restituisce come altro anticipo di risurrezione finale (cf vv. 14-29).
In modo discreto e poco appariscente, ma molto chiaro e determinato, ritorna sul suo “segreto” ed entra nelle pretese ambiziose dei suoi discepoli e nelle nostre, così che anche noi non capiamo questo suo modo di ragionare e di esprimersi, abbiamo paura persino ad interpellarlo (cf vv. 30-32).
Ora, partendo proprio dal luogo più in basso e nell’intimità di una casa, “diretto decisamente verso Gerusalemme in un cammino umanamente di solitudine che pure lo condurrà al vertice dell’unità con i suoi discepoli, di nuovo deve riportarci alle evidenze più tangibili che ci vedono però paurosi e chiusi, distanti dal valore che Lui dà a chi è socialmente insignificante, all’ultimo posto, ma in realtà più disponibile” (cf vv. 32-37).
Nell’OGGI della Liturgia
“Alle false prove di credibilità che l’egoismo umano e la violenza anche culturale verso il Giusto, il servo del Signore (cf Isaia 50,4-9; 53), colui che legittimamente si pretende Figlio di Dio ed in Lui pone tutta la sua fiducia [Sapienza 2 – I lettura e Salmo 53]; 
al desiderio di possesso (presente anche in una comunità…), di riuscita a prezzo di lotte e morte, anche dell’esistenza altrui [Giacomo 3 - II lettura]; 
alle ostinate misure di grandezza messe in atto dai suoi discepoli, paurosi di entrare nella logica dell’Evangelo, Gesù contrappone il segno disarmante, gratuito di un abbraccio che sancisce la sua promessa di vita legata al servizio e all’ultimo posto” [Marco 9].
Accogliere
In risposta a questa apertura che ci viene chiesta avviene l’incontro con Colui che si è aperto e identificato con il più piccolo, vincendo così il rischio e la paura di diventare umanamente trascurabile. Questo è il Regno annunciato dal Messia nazareno fin dall’inizio e la conversione che ne è richiesta.
“Di nuovo il suo modo di essere ci viene offerto come dono di un nuovo rapporto tra di noi: con tenerezza, eco di cose nuove, semplici, di promesse e speranze che costituiscono lo stile del discepolo e del credente nel relazionarsi con gli altri, esperienza del suo rapporto con il Padre, sconvolgimento ma vero esaudimento del nostro desiderio di grandezza.
Essere alla sequela del Figlio significa agire come servi, con gli ultimi e come tali, come Colui che, sostenuto dalla forza dell’amore del Padre, può raccogliere in sé il rifiuto dell’umanità e dargli un nome nuovo di vita e di risurrezione”.
Preghiamo con la Parola
Padre, sorgente della vita,
che hai posto tra noi
il tuo Figlio come servo, 
aprici alla tua sapienza 
affinché, accogliendo i più piccoli e gli ultimi,
lo riconosciamo presente in mezzo a noi.
Amen.


sabato 14 settembre 2024

Vicina è la Parola 15 settembre 2024 - XXIV Domenica/B Nell’OGGI della Liturgia

Vicina è la Parola

15 settembre 2024 - XXIV Domenica/B


Isaia 50,5-9 / Salmo 114

Giacomo 2,11-18

Marco 8,27-33


Contestualizzazione evangelica di Marco 8,27-33

È proprio vero che non ti basta una vita per conoscere a fondo una persona.

Eppure Gesù, fin dall’inizio della sua esistenza pubblica in Galilea e poi nelle altre regioni, anche all’estero, non si è accontentato di predicare l’evangelo di Dio o di operare guarigioni prodigiose, ha sempre cercato di stabilire tra sé ed i suoi interlocutori un rapporto di reciproca conoscenza. 

Ha però diffidato delle definizioni facili o ufficiali, anzi ha imposto il silenzio su questi tentativi, da chiunque provenissero… quasi un “segreto messianico” (cf Marco 1,21-28.34; 3,11-12.23; 5,6-7.41; 7,24.36; 8,26.30; 9,9). 

Ma ognuno di noi ha i suoi “segreti” ed è proprio il confidarli che stabilisce il grado di amicizia tra noi, una complicità che lega poi le persone.

Marco conduce il lettore ad una conoscenza di Gesù più libera e consapevole come fu per la folla e per i discepoli o ancora in via di iniziazione come i “catecumeni” e fa da “contrappunto” alla constatazione meravigliata e stupita da parte di Gesù della difficoltà che riscontra nel capirlo e nel fidarsi di Lui (cf 4,13; 6,6; 8,17.21); nonostante Egli faccia di tutto per farsi conoscere, paradossalmente, trova più accoglienza e fiducia dagli “estranei e stranieri” (cf 7,24-37; 15,39).

C’è una “chiusura di mente e di cuore” che Gesù fa fatica a vincere, ad “aprire”: “Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite” (8,18 citando i profeti Geremia ed Ezechiele).

Eppure non si arrende, la sua compassione per la folla che non ha di che saziarsi, lo spinge a compiere un altro segno oltre 6,30-44 che non è accolto dai farisei e nemmeno dai discepoli (cf 8,1…21). 

Dopo un sordomuto gli conducono un cieco, Egli li tratta nello stesso modo e la guarigione percorre un progressivo recupero della vista: sono “segno” della necessità e crescente capacità dei discepoli di ascoltarlo, di riconoscerlo e di attestarlo (cf 7,31-37; 8,22-26).

Ora è il momento di affrontare di petto la situazione e di mettere i discepoli di fronte alla realtà, senza più tergiversare e a costo di scontrarsi con una prospettiva non solo imprevista ma addirittura scongiurata come esprimerà Pietro a nome degli altri.

Gesù incalza i suoi con interrogativi sulla sua identità, vuole portarli ad uscire da risposte “religiosamente corrette”, li spinge ad una loro personale affermazione che arriverà se non dopo la sua morte e risurrezione (cf 8,27-30; 9,9-10).

Infatti la risposta non giunge al termine di un processo intellettuale ma esperienziale e sapienziale effetto di un amore gratuito che viene dal Padre ma che si scontrerà con il dramma sconcertante della sua immensa sofferenza e uccisione (cf 8,31-32a).

Comprensibile la reazione di Pietro, come di chiunque altro difronte a tale scenario, un po’ di tutela e addirittura di rimprovero, che nasconde un rifiuto, fino a frapporsi ad ostacolare il compimento della strategia divina abbandonando e rinnegando il proprio ruolo di discepolo che segue il maestro (cf 8,32b-33; 14,50-52).

Gesù si farà conoscere pienamente sono alla fine e paradossalmente nella tragicità della umanità e nel nascondimento della sua divinità, mentre in croce grida l’abbandono del Padre (cf 15,33-39).


Nell’OGGI della Liturgia

È sempre Isaia il profeta che interpreta meglio di tutti l’atteggiamento del “Servo del Signore” (Geremia?), nel senso messianico e di discepolato come capacità di ascolto aperto e di parola sicura, interpretare la Parola ed esserle fedele. Nel passo odierno, “terzo canto” [50,5-9a – I lettura], emerge la decisione di affrontare la sofferenza senza cercare di scansarla tutelando la propria esistenza incolume.

Proprio nella sua estrema fragilità e debolezza il credente sperimenta però una forza dovuta alla vicinanza del Signore che lo fa rimanere in un costante dialogo con Lui [Salmo 114], capace di trasformare ciò che riteniamo inutile e dannoso, che gli consente di esprimere tutta la sua potenzialità racchiusa nell’amore.

Come può infatti l’Amore irrompere diversamente, in tutta la sua energia e concretezza, dando corpo, mani e gambe alla fede?! [Giacomo 2 – II lettura].

Siamo messi fronte un’opzione: riconoscere la signoria del Signore per accettare la logica del suo amore per ogni essere umano, la sua consegna nelle mani nostre e del Padre come estrema incarnazione della sua misericordia. “Incontrovertibile confutazione di ogni schizofrenia, di ogni falsa contrapposizione di amori”. (Comunità monastica di Viboldone)


Preghiamo con la Parola

O Padre,
conforto dei poveri e dei sofferenti
e ascolti i giusti che ti invocano,
accompagna la Chiesa nell’annuncio del Vangelo

affinché creda nella croce di Gesù, 
e attesti con le opere che Egli è tuo Inviato

all’umanità in attesa.

Amen.


venerdì 6 settembre 2024

Vicina è la Parola 8 settembre 2024 - XXIII Domenica/B Un AMORE senza limiti.

Vicina è la Parola
8 settembre 2024 - XXIII Domenica/B

Isaia 45,4-7 / Salmo 145
Giacomo 2,1-5
Marco 7,31-37
Contestualizzazione evangelica di Marco 7,31-37
Un AMORE senza limiti.
La Parola fatta carne si fa vicina, in una terra di stranieri, all’umanità maledetta, disprezzata; agli “smarriti” più disorientati, alla “terra bruciata”, la più malfamata a giudizio umano ed emarginata perché abbandonata a se stessa… “terra di cani” (7,24-30).
È un incontro “corpo a corpo” quello dell’Amore con ogni essere umano che gli viene condotto, fatto di semplici gesti potentemente animati e sostenuti da una profonda condivisione e compassione; un sospiro che comunica il suo respiro e apre un varco alla Vita in uno spazio nuovo, a “tu per tu”, diventando sorgente di vita (vv. 31-34).
Si mischia tra noi e in noi, con un desiderio di essere inseparabilmente unito alla nostra segregazione per trapparci fuori da una paralisi fatta di tenebre, di caos.
Emerge dal silenzio dei suoi trent’anni a Nazareth e in una terra straniera trova casa, piano piano prende forza ed irrompe come un “vento impetuoso” sbaragliando ogni resistenza e chiusura: Effatà, Apriti!
È una “nuova creazione”! (cf Genesi 2,7)
Nell’OGGI della Liturgia
Egli viene a salvarvi!
Continuano le promesse e gli impegni di pace difronte al mondo intero… ma chi potrà tenere accesa l’illusione, aperto anche solo uno spiraglio per un’uscita di sicurezza?
Non molto diverse saranno sembrate le parole del profeta Isaia rivolte ai suoi connazionali esuli in Babilonia nel VII-VI secolo a. C., un grido di speranza pronunciato in un momento di grave pericolo per il suo popolo eppure ricco delle immagini naturalistiche più utopiche ma reali che mente umana possa anche solo vagheggiare.
Non sono rimaste però solo una promessa!
Sono diventate un’esperienza umana, incredibilmente vicina che “apre” occhi per vedere “dentro e oltre” le vicende storiche; che fa ascoltare parole mai udite ed essere finalmente sentiti squarciando afasie di ogni tipo [Isaia 45 – I lettura].
Nessuno più è straniero.
La stessa Parola che ha estratto fuori alla vita tutto ciò che esiste, ora ridona vitalità a chi l’aveva perduta, strappa dall’isolamento con la sua attrattiva di comunione, spalanca a nuovi orizzonti e relazioni, sovverte lo “status quo” di ogni convenzione religiosa e sociale, ribalta ogni casta e privilegio acquisito [Giacomo 2 – II lettura].
Nessuno è figlio unico.
Chi è stato reintegrato ora non può più escludere; a chi è stato aperto il cuore non può chiudere le mani; a chi è stato aperto il cuore di Dio non può chiudere il suo trincerandosi dietro opportunismi [Marco 7 – Evangelo].
Ancora una volta siamo messi in comunione con un Dio che si fa povero affinché vinciamo la paura delle nostre povertà avvicinandoci a quelle degli altri (cf 1Corinzi 1,26-29).
“È questa sua libera e inesorabile prossimità, irremovibile e fedele [Salmo 145] ad aprire una libertà inarginabile. 
Non è in nostro potere condizionare la sua misericordia.
Nostra è solo la vertà di riconoscerci poveri, smarriti, sordi e ciechi, zoppicanti…
Nostra è soprattutto la possibilità di aprirci alla speranza contro ogni speranza, al coraggio difronte alla vita che è solo un dono… senza pentimenti.
Nostra è già ora la gioia di saperci amati e salvati, “toccati” dall’Amore con il gemito del suo cuore e il calore delle sue mani che hanno tolto ormai ogni sigillo e marchio di esclusione
Nostro e di tutti è il canto di lode che sgorga dalle nostre gole rigenerate”. 
(Comunità monastica di Viboldone)
Preghiamo con la Parola
O Padre,
tu scegli i piccoli e i poveri
per arricchirli della fiducia in Te
e farli eredi del tuo regno,
dona coraggio agli smarriti di cuore,
perché conoscano il tuo amore
e cantino con noi le meraviglie che tu hai compiuto.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Amen.


Vicina è La PAROLA 30 Marzo 2025 IV Quaresima/c Ritornare a casa

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