sabato 14 settembre 2024

Vicina è la Parola 15 settembre 2024 - XXIV Domenica/B Nell’OGGI della Liturgia

Vicina è la Parola

15 settembre 2024 - XXIV Domenica/B


Isaia 50,5-9 / Salmo 114

Giacomo 2,11-18

Marco 8,27-33


Contestualizzazione evangelica di Marco 8,27-33

È proprio vero che non ti basta una vita per conoscere a fondo una persona.

Eppure Gesù, fin dall’inizio della sua esistenza pubblica in Galilea e poi nelle altre regioni, anche all’estero, non si è accontentato di predicare l’evangelo di Dio o di operare guarigioni prodigiose, ha sempre cercato di stabilire tra sé ed i suoi interlocutori un rapporto di reciproca conoscenza. 

Ha però diffidato delle definizioni facili o ufficiali, anzi ha imposto il silenzio su questi tentativi, da chiunque provenissero… quasi un “segreto messianico” (cf Marco 1,21-28.34; 3,11-12.23; 5,6-7.41; 7,24.36; 8,26.30; 9,9). 

Ma ognuno di noi ha i suoi “segreti” ed è proprio il confidarli che stabilisce il grado di amicizia tra noi, una complicità che lega poi le persone.

Marco conduce il lettore ad una conoscenza di Gesù più libera e consapevole come fu per la folla e per i discepoli o ancora in via di iniziazione come i “catecumeni” e fa da “contrappunto” alla constatazione meravigliata e stupita da parte di Gesù della difficoltà che riscontra nel capirlo e nel fidarsi di Lui (cf 4,13; 6,6; 8,17.21); nonostante Egli faccia di tutto per farsi conoscere, paradossalmente, trova più accoglienza e fiducia dagli “estranei e stranieri” (cf 7,24-37; 15,39).

C’è una “chiusura di mente e di cuore” che Gesù fa fatica a vincere, ad “aprire”: “Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite” (8,18 citando i profeti Geremia ed Ezechiele).

Eppure non si arrende, la sua compassione per la folla che non ha di che saziarsi, lo spinge a compiere un altro segno oltre 6,30-44 che non è accolto dai farisei e nemmeno dai discepoli (cf 8,1…21). 

Dopo un sordomuto gli conducono un cieco, Egli li tratta nello stesso modo e la guarigione percorre un progressivo recupero della vista: sono “segno” della necessità e crescente capacità dei discepoli di ascoltarlo, di riconoscerlo e di attestarlo (cf 7,31-37; 8,22-26).

Ora è il momento di affrontare di petto la situazione e di mettere i discepoli di fronte alla realtà, senza più tergiversare e a costo di scontrarsi con una prospettiva non solo imprevista ma addirittura scongiurata come esprimerà Pietro a nome degli altri.

Gesù incalza i suoi con interrogativi sulla sua identità, vuole portarli ad uscire da risposte “religiosamente corrette”, li spinge ad una loro personale affermazione che arriverà se non dopo la sua morte e risurrezione (cf 8,27-30; 9,9-10).

Infatti la risposta non giunge al termine di un processo intellettuale ma esperienziale e sapienziale effetto di un amore gratuito che viene dal Padre ma che si scontrerà con il dramma sconcertante della sua immensa sofferenza e uccisione (cf 8,31-32a).

Comprensibile la reazione di Pietro, come di chiunque altro difronte a tale scenario, un po’ di tutela e addirittura di rimprovero, che nasconde un rifiuto, fino a frapporsi ad ostacolare il compimento della strategia divina abbandonando e rinnegando il proprio ruolo di discepolo che segue il maestro (cf 8,32b-33; 14,50-52).

Gesù si farà conoscere pienamente sono alla fine e paradossalmente nella tragicità della umanità e nel nascondimento della sua divinità, mentre in croce grida l’abbandono del Padre (cf 15,33-39).


Nell’OGGI della Liturgia

È sempre Isaia il profeta che interpreta meglio di tutti l’atteggiamento del “Servo del Signore” (Geremia?), nel senso messianico e di discepolato come capacità di ascolto aperto e di parola sicura, interpretare la Parola ed esserle fedele. Nel passo odierno, “terzo canto” [50,5-9a – I lettura], emerge la decisione di affrontare la sofferenza senza cercare di scansarla tutelando la propria esistenza incolume.

Proprio nella sua estrema fragilità e debolezza il credente sperimenta però una forza dovuta alla vicinanza del Signore che lo fa rimanere in un costante dialogo con Lui [Salmo 114], capace di trasformare ciò che riteniamo inutile e dannoso, che gli consente di esprimere tutta la sua potenzialità racchiusa nell’amore.

Come può infatti l’Amore irrompere diversamente, in tutta la sua energia e concretezza, dando corpo, mani e gambe alla fede?! [Giacomo 2 – II lettura].

Siamo messi fronte un’opzione: riconoscere la signoria del Signore per accettare la logica del suo amore per ogni essere umano, la sua consegna nelle mani nostre e del Padre come estrema incarnazione della sua misericordia. “Incontrovertibile confutazione di ogni schizofrenia, di ogni falsa contrapposizione di amori”. (Comunità monastica di Viboldone)


Preghiamo con la Parola

O Padre,
conforto dei poveri e dei sofferenti
e ascolti i giusti che ti invocano,
accompagna la Chiesa nell’annuncio del Vangelo

affinché creda nella croce di Gesù, 
e attesti con le opere che Egli è tuo Inviato

all’umanità in attesa.

Amen.


venerdì 6 settembre 2024

Vicina è la Parola 8 settembre 2024 - XXIII Domenica/B Un AMORE senza limiti.

Vicina è la Parola
8 settembre 2024 - XXIII Domenica/B

Isaia 45,4-7 / Salmo 145
Giacomo 2,1-5
Marco 7,31-37
Contestualizzazione evangelica di Marco 7,31-37
Un AMORE senza limiti.
La Parola fatta carne si fa vicina, in una terra di stranieri, all’umanità maledetta, disprezzata; agli “smarriti” più disorientati, alla “terra bruciata”, la più malfamata a giudizio umano ed emarginata perché abbandonata a se stessa… “terra di cani” (7,24-30).
È un incontro “corpo a corpo” quello dell’Amore con ogni essere umano che gli viene condotto, fatto di semplici gesti potentemente animati e sostenuti da una profonda condivisione e compassione; un sospiro che comunica il suo respiro e apre un varco alla Vita in uno spazio nuovo, a “tu per tu”, diventando sorgente di vita (vv. 31-34).
Si mischia tra noi e in noi, con un desiderio di essere inseparabilmente unito alla nostra segregazione per trapparci fuori da una paralisi fatta di tenebre, di caos.
Emerge dal silenzio dei suoi trent’anni a Nazareth e in una terra straniera trova casa, piano piano prende forza ed irrompe come un “vento impetuoso” sbaragliando ogni resistenza e chiusura: Effatà, Apriti!
È una “nuova creazione”! (cf Genesi 2,7)
Nell’OGGI della Liturgia
Egli viene a salvarvi!
Continuano le promesse e gli impegni di pace difronte al mondo intero… ma chi potrà tenere accesa l’illusione, aperto anche solo uno spiraglio per un’uscita di sicurezza?
Non molto diverse saranno sembrate le parole del profeta Isaia rivolte ai suoi connazionali esuli in Babilonia nel VII-VI secolo a. C., un grido di speranza pronunciato in un momento di grave pericolo per il suo popolo eppure ricco delle immagini naturalistiche più utopiche ma reali che mente umana possa anche solo vagheggiare.
Non sono rimaste però solo una promessa!
Sono diventate un’esperienza umana, incredibilmente vicina che “apre” occhi per vedere “dentro e oltre” le vicende storiche; che fa ascoltare parole mai udite ed essere finalmente sentiti squarciando afasie di ogni tipo [Isaia 45 – I lettura].
Nessuno più è straniero.
La stessa Parola che ha estratto fuori alla vita tutto ciò che esiste, ora ridona vitalità a chi l’aveva perduta, strappa dall’isolamento con la sua attrattiva di comunione, spalanca a nuovi orizzonti e relazioni, sovverte lo “status quo” di ogni convenzione religiosa e sociale, ribalta ogni casta e privilegio acquisito [Giacomo 2 – II lettura].
Nessuno è figlio unico.
Chi è stato reintegrato ora non può più escludere; a chi è stato aperto il cuore non può chiudere le mani; a chi è stato aperto il cuore di Dio non può chiudere il suo trincerandosi dietro opportunismi [Marco 7 – Evangelo].
Ancora una volta siamo messi in comunione con un Dio che si fa povero affinché vinciamo la paura delle nostre povertà avvicinandoci a quelle degli altri (cf 1Corinzi 1,26-29).
“È questa sua libera e inesorabile prossimità, irremovibile e fedele [Salmo 145] ad aprire una libertà inarginabile. 
Non è in nostro potere condizionare la sua misericordia.
Nostra è solo la vertà di riconoscerci poveri, smarriti, sordi e ciechi, zoppicanti…
Nostra è soprattutto la possibilità di aprirci alla speranza contro ogni speranza, al coraggio difronte alla vita che è solo un dono… senza pentimenti.
Nostra è già ora la gioia di saperci amati e salvati, “toccati” dall’Amore con il gemito del suo cuore e il calore delle sue mani che hanno tolto ormai ogni sigillo e marchio di esclusione
Nostro e di tutti è il canto di lode che sgorga dalle nostre gole rigenerate”. 
(Comunità monastica di Viboldone)
Preghiamo con la Parola
O Padre,
tu scegli i piccoli e i poveri
per arricchirli della fiducia in Te
e farli eredi del tuo regno,
dona coraggio agli smarriti di cuore,
perché conoscano il tuo amore
e cantino con noi le meraviglie che tu hai compiuto.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Amen.


Vicina è la Parola 15 settembre 2024 - XXIV Domenica/B Nell’OGGI della Liturgia

Vicina è la Parola 15 settembre 2024 - XXIV Domenica/B Isaia 50,5-9 / Salmo 114 Giacomo 2,11-18 Marco 8,27-33 Contestualizzazione evangeli...