venerdì 23 agosto 2024

Vicina è la Parola 25 agosto 2024 - XXI Domenica/B Da chi andremo…? Le mie parole sono Spirito e Vita.

Vicina è la Parola
25 agosto 2024 - XXI Domenica/B

Giosuè 24,1-2. 15-17. 18 / Salmo 33
Efesini 5,21-32
Giovanni 6,60-69
      Da chi andremo…?
Contestualizzazione evangelica di Giovanni 6,60-69 [70-71]
Le mie parole sono Spirito e Vita.
Dopo che la folla è rimasta perplessa alla proposta di Gesù e i capi dei Giudei litigando tra loro mormoravano, ora anche i discepoli protestano mormorando: “Questo modo di parlare è inaccettabile; non si può sentire!, dimostrando però di aver capito molto bene quello che Egli ha voluto dire e, proprio per questo, non accettano né il linguaggio e nemmeno il contenuto del suo insegnamento (cf vv. 30-31; vv. 41.52; v. 60).
Gesù, infatti, ha dichiarati “tutti morti nel deserto” coloro che avevano vissuto l’esperienza dell’esodo, mentre promette “la vita incorruttibile e indefettibile a chi viene a Lui per credere” (cf vv. 49.58; vv. 35-36.40.50.53-54.57-58).
Emergono in questi ultimi versetti, apice dell’insegnamento di Gesù a Cafarnao e della sua rivelazione “pane vivente che dà Vita come il Padre, il Vivente”, tutte le fragilità e le contraddizioni nel gruppo dei discepoli: uno è un “divisore” e gli altri sono increduli (v. 70); Gesù lo sa bene, ma non si scompone, li provoca sulla sua origine e sul suo destino divino e poi chiarisce ulteriormente: “le mie parole sono Spirito e Vita”, “è lo Spirito che dà Vita” (v. 64, cf v. 61-62). 
La difficoltà ad accettare che Egli abbia parlato di se stesso come “carne da mangiare” (vv. 53-56) si può superare solo attraverso lo Spirito che viene dal Padre, fonte di Vita (cf v. 57), Soffio vitale che dà alla carne la capacità di trasmettere Vita e di accoglierla, altrimenti inefficace; come Dio all’inizio creò con la forza della sua Parola e del suo Spirito (cf Genesi 1,2b.3.26; 2,7).
Anche le parole stesse di Gesù, così dure, trasmettono Vita perché sono animate dallo Spirito (cf v. 63; anche 3,5-7; 4,23; 8,26.28.38.47; 14,10; 17,8).
Così il Padre, attraverso il Figlio Gesù e lo Spirito, continua la sua opera “attrattiva” e permette a chiunque di andare da Gesù per avere Vita (cf vv. 43-47; v. 65; vv. 35-40).
Molti dei discepoli, soprattutto se occasionali, non riescono a superare la difficoltà, non si lasciano “attrarre” e “si tirano indietro e non andarono più con Lui” che né cerca di trattenere o di persuadere in altro modo, ma addirittura sfida i Dodici: “Anche voi volete andarvene?” (v. 66).
Gesù non indietreggia, è disposto a proseguire anche da solo; allora si fa avanti Simon Pietro con la sua attestazione di fede in Lui, sua ma anche dei credenti e delle comunità che aderiranno al messaggio evangelico:
Signore, da chi andremo?
Tu hai parole che danno Vita incorruttibile [indefettibile]!
E noi abbiamo creduto e conosciuto (cf 8,32; 10,38; 1Giovanni 2,3-5; 3,16. 19)
che tu sei il Santo [Cristo, Figlio] di Dio!” (vv. 68-69; cf 11,17)
Richiama la professione di fede che i Sinottici collocano nel mezzo della cosiddetta “crisi galilaica” e prima delle dichiarazioni di Gesù sul suo tragico destino a Gerusalemme che susciteranno l’opposizione dello stesso Pietro e il chiarimento sulle condizioni per chi vuole seguirlo (cf Mc 8,27-30; 31-33; 34-38 e par.).
La conclusione del capitolo 6, purtroppo non riportata nel testo liturgico proclamato in questa domenica, vede protagonisti soltanto i discepoli che sono stati coinvolti da Gesù fin dall’inizio nella sua logica di condivisione e di servizio; essi ora capiscono ciò che anche noi dovremmo comprendere: seguirlo vorrà dire “dedicarsi senza riserve al bene di ogni essere umano, mettendosi al servizio dell’opera creativa del Padre, il suo amore”.
Masticando la carne di Cristo, lo Spirito impregna la nostra umanità fragile e dolente, amante e protesa, avida di gioia e di pace, ma questa masticazione consuma anche tutto ciò che in noi deve essere frantumato perché il germe della risurrezione si schiuda e dia frutto”.
Nell’OGGI della Liturgia
La durezza del discorso di Gesù nasce da quella della sua incarnazione che si manifesta fino alla croce e la sua non accettazione già nell’annuncio iniziale “il Verbo si fece carne… ma io suoi non l’hanno accolto” (Gv 1,14.11) permane nel suo stare in mezzo a noi, nella nostra storia, in quella di tutta l’umanità. 
Gli stessi sacramenti, come l’eucaristia, non ne sono esenti: ovunque l’opera umana facilita oppure ostacola e necessita una “conversione” alla mentalità di Dio. 
Come già per il suo popolo, Egli crea sempre nuove proposte di alleanza fondata sulla sua misericordia e compiendola in sé, rilanciando ogni volta l’appello “scegliete oggi… tra la schiavitù ai vostri idoli [Giosuè 24 – I lettura] e il Dio che in Gesù nazareno si è fatto servo per dare a noi la libertà di esistere pienamente come esseri umani!
Solo lo Spirito che anima e vivifica la Parola di vita fattasi carne, fattasi pane ci può far entrare nella sua sequela riconoscendola come unica per la salvezza nostra e del mondo intero [Salmo 33].
L’alternativa è separarcene, perseguendo le nostre vie con il rischio di staccarci dalla realtà, anche nelle relazioni interpersonali più intime, quelle sponsali, estraniandoci così dalla vera comunione con loro, quella che Cristo ha sigillato “donando se stesso” [Efesini 5 – II lettura].
La libertà nel seguire Gesù comporta un rinnovata scelta, poiché continue sono le tentazioni di lasciar perdere, come davanti ad un insuccesso o al un ulteriore fallimento.
Poi ci rendiamo conto che altrimenti non ci restano che miti costruiti dalle nostre frustrazioni e oggetti trasformati in valori assoluti. Siamo di fronte ad una Persona che con la sua Parola ci interpella e con il suo Spirito ci anima e ci attrae, ma non può costringerci, solo con il suo Amore ci seduce (cf Osea 2,16-22).

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