Vicina è la Parola
18 agosto 2024 - XX Domenica/B
mangiare per… “vivere per”
Proverbi 9,1-6 / Salmo 33
Efesini 5,15-20
Giovanni 6,51-58
Contestualizzazione evangelica di Giovanni 6,51-58
Chi mastica la mia carne e beve il mio sangue ha
Vita in sé.
Dal v. 51 Gesù
insiste che per avere Vita in noi stessi non possiamo rifiutarci
di “mangiare la sua carne e bere il
suo sangue”, infatti sono “realmente cibo
e bevanda” nutrendoci di
Lui che ha preso la nostra carne umana (cf 1,14).
Questo realismo, presente anche nel simbolismo
eucaristico, induce la reazione: “come
mai può [dirci di] fare questo!”. Se già risultava
inaccettabile da parte dei Giudei che Gesù si definisse “vero pane da Dio”, è allora comprensibile la loro furibonda
reazione nel rifiutare la proposta di Gesù di dare “la [sua] carne da mangiare” (v. 52); ma Lui ritorna su questa
esperienza e così dal v. 54 l’evangelista non userà più il verbo mangiare ma masticare, con
cui si indica il modo di pascersi da parte degli animali.
È questo il senso globale dei vv. 53-55, dove l’evangelista sembra voler spingere sul realismo del “nutrirsi masticando” la carne e il sangue umani del Figlio,
perché sono “realmente cibo
e bevanda”. Probabilmente questa crudezza motiva la reazione, quasi
infrangere il tabù del cannibalismo: “come
mai può [dirci di] fare questo!” (cf Levitico 17,10-14).
Lo spingersi fino a questo limite
estremo e la circolarità del discorso imprimono una ripetizione che marca molto
il modo del cibarsi come accesso alla Vita di Dio!
Così i motivi di scandalo e di
protesta sono due, uno ancestrale, antropologico e l’altro religioso: nutrirsi
della carne umana del Figlio del Padre per diventare figli e figlie suoi!
Questo nutrimento
dà origine ad una relazione stabile, reciproca tra noi e Gesù che “rimane/dimora” e che ci permette di vivere
attraverso di Lui, nello stesso modo in cui Egli vive grazie al Padre che lo ha inviato a noi: una relazione
d’amore filiale (vv. 56-57 e cf 15,4 ss.).
In quest’ultima parte del discorso,
in parallelo con il realismo di nutrirsi, emerge la simbologia eucaristica: mangiando
il pane e bevendo il vino noi ci nutriamo di Cristo nel suo corpo e sangue,
della sua persona di Figlio del
Padre mandato a noi, Egli in noi è Vita
piena, indefettibile e incorruttibile, fino
alla nostra risurrezione finale.
I
vv. 58-59 chiudono l’insegnamento di Gesù nella sinagoga a Cafarnao
ricollegandosi all’esperienza degli antenati nel deserto con cui il discorso è
iniziato ai vv. 49 e 31.
Nell’OGGI della Liturgia
Anche per noi Qualcuno apre
oggi “la sua casa e ha imbandito la tavola” a favore della nostra
inesperienza [Proverbi – I
lettura], riconoscendo la nostra radicale e provvidenziale indigenza e “brama
di vita” [Salmo 33]. Allora,
ancora una volta gratuitamente, saremo invitati a mangiare ed a saziarci
estinguendo anche la nostra sete (cf Isaia 55,1-3).
Ci scandalizzeremo anche
noi, ritenendola “folle”, esagerata o semplicemente un modo di dire,
l’affermazione evangelica di Gesù: Io
sono, nella mia carne -
nel mio corpo umano, pane per la Vita del mondo? [Evangelo].
Eppure dovremmo nonostante la nostra assuefazione all’ostentazione edonistica
del corpo ed allo scempio della carne nelle continue carneficine sugli scenari
di guerra.
Chi non
mangia la mia carne non ha Vita!
Cos’è la sua carne se non Egli stesso donato-per-gli altri non
più estranei perché amati [mondo amato in cf 3,16] espressione
insuperabile e piena della realtà [Io-sono] inizio della pienezza futura
di Vita.
La sua follia, che supera
la nostra stoltezza, ci invita ad abbandonare ogni spiritualismo o astrazione
razionale ed a lasciarsi coinvolgere in una mutua e reciproca immanenza d’amore,
superando il timore di un’eccessiva prossimità che ancora una volta ha solo
questo come causa e motivo “Io vivo
per il Padre”.
“Vivere per…” effetto di una relazione nata dall’entrare
nella mia esistenza della Vita non solo assaporata, “masticata” e assimilata,
che genera gratitudine per il dono
di questa novità assoluta e gratuità
nel donarsi. [Efesini 5 – II
lettura].
In prossimità con il 15 agosto dedicato a festeggiare l’Assunzione di Maria,
può essere utile ricordare che quel corpo umano di Gesù, fatto di carne e
sangue, è stato concepito e in gestazione per nove mesi proprio nel ventre
di Maria di Nazaret.
Ora non poteva essere procrastinato a Lei lo stesso
destino glorioso del corpo del suo figlio risorto. La sua dormitio nel sonno della morte, all’orientale, o la sua assunzione dall’incorruttibilità dopo la
morte, all’occidentale, sfociano nella piena e personale partecipazione al
mistero pasquale di Cristo, “segno profetico” del destino personale e sociale
di ogni essere umano e di tutta l’umanità: “un corpo solo in Cristo” (1Corinzi
12,12; Efesini 1,23).
"Ha Vita in sè"... ma per gli altri! Così la Vita rimane per sempre.
RispondiEliminaGrazie Gesù pane di Vita che ci rigenera a figli nutrendoci di Te
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