Vicina è la Parola
1 settembre 2024 - XXII Domenica/B
Deuteronomio 4,1-2. 6-8 / Salmo 14
Giacomo 1,17-18.21-22.27
Marco 7,1-8.14-15.21-23
Liberi per AMARE
Contestualizzazione evangelica di Marco 7,1…23
Da Giovanni a Marco: una felice inclusione
Dopo aver ascoltato per ben 5 domeniche, dal 28 luglio al 25 agosto, il capitolo VI del vangelo di Giovanni con il discorso/dialogo di Gesù in cui si definisce vero cibo che può saziare la nostra fame di Vita, ora ritorniamo al racconto evangelico di Marco.
L’avevamo lasciato al 6,30-33 nella XVI domenica/21 luglio e ora lo riprendiamo al 7,1...23 nella XXII/1° settembre. La sua narrazione della prodigiosa distribuzione dei cinque pani e due pesci alla folla (6,34-44) è stata sostituita nella liturgia da quella di Giovanni 6,1-15; non sono stati dunque proclamati l’incontro di Gesù con i suoi discepoli sul mare in tempesta (vv. 45-52 narrato anche da Gv 6,16-21) e le guarigioni nel territorio di Gennèsaret (vv. 53-56).
La libertà ritrovata e subito minacciata
Ancora di cibo si tratta in Marco 7,1…23, proclamato a pezzetti in questa domenica, ed è solo il pretesto per una nuova discussione tra il Messia nazaretano e le autorità religiose venute da Gerusalemme sulle loro tradizioni di “purità” che erano diventate formali e opprimenti.
Di cosa l’essere umano ha più bisogno per vivere un’esistenza dignitosa se non della libertà?! E quando ne siamo privati, è come se ci mancasse l’aria per respirare, il pane per la sussistenza…
Gesù stesso ha sfamato la folla, eppure il suo gesto/segno è stato interpretato in senso economico/politico quando “vennero a prenderlo per farlo diventare re” (Gv 6,15) ed Egli ha contestato questo fraintendimento di fondo, chiarendo che la sua “opera,” in quanto Figlio del Padre, è di donarci la sua stessa Vita di Figlio e così trasmette a noi il vero senso della nostra esistenza umana che costituisce anche la nostra vera libertà (cf 6,26-27.32b-35).
I farisei e i maestri della Torah, venuti apposta dal centro religioso e cultuale giudaico, si oppongono proprio questa libertà acquisita ed ostentata dai discepoli del Nazareno con i loro comportamenti anticonformisti e Marco, che scrive il suo racconto evangelico per gente di tutt’altra provenienza culturale e religiosa, ne deve spiegare il perché (cf vv. 3-5).
Gesù nel rispondere si riferisce ad Isaia 29,13 che già ai suoi tempi aveva denunciato l’ipocrisia di certe pratiche cultuali e lo spacciare convenzioni e consuetudini con “il comandamento del Signore” (cf vv. 6-13).
Per far capire a tutti la portata della sua opera messianica, Gesù richiama a sé la folla e ribadisce quello che dovrebbe essere ovvio ma che non è capito nemmeno dai suoi discepoli (cf vv. 14-19): “Ciò che esce di cattivo e di male dal cuore dell’essere umano lo esclude dal rapporto con Dio e con gli altri” (cf vv. 20-23).
Ora Gesù ha fatto in modo che fossimo “guariti e liberati dentro”!
Nell’OGGI della Liturgia
Liberi perché amati!
La miopia degli interlocutori/oppositori di Gesù tradisce, paradossalmente, l’autentica tradizione dei loro antenati ai quali vogliono rigorosamente attenersi: attestazione e incessante attualizzazione della prossimità del Signore loro Dio, unica e incondizionata parola di vita che contiene il riconoscimento vivente del suo amore per il suo popolo [Deuteronomio 4 – I lettura].
Si ripropone lo scandalo per la libertà di Dio e del suo riflesso nel cuore dell’essere umano, con l’inganno – che ne deriva – di scambiare i propri idoli con il Vivente, le proprie formalità precettistiche - che mascherano il difendersi da un rapporto inarrestabile - con “la Parola viva ed efficace”, con il comandamento unico che regola una “religione pura”: l’amore! [cf Salmo 14].
È questo il legalismo di ogni epoca e tradizione a cui si oppone una pratica scomoda e sorprendente, che apre le mani, pur sudicie ma fraterne, ad accogliere il dono della vita nella purezza del proprio cuore grande, capace di “soccorrere gli orfani e le vedove”, incontaminato da ogni logica mondana di potere e di possesso dove si celano le autoassicurazioni umane e gli alibi di ogni devoto.
Ascoltare vuol dire fare [Giacomo 1 – II lettura].
Le uniche “mani pure” sono quelle “crocifisse” del Figlio e noi purificati dal suo sangue (cf Ebrei) possiamo aprire le nostre “misericordiose” e finalmente libere da ogni formalismo e legalismo religioso che invece camuffa e nasconde la paura di amare a fondo perduto con le sue insicurezze, egoismi e difese subconsce. (Comunità monastica di Viboldone)
Preghiamo con la Parola
O Padre,
tu sei sempre vicino ad ogni essere umano
e con la forza della tua Parola
lo rinnovi interiormente
così che sia capace di rinnovare il mondo
con l’amore che tu gli doni.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Amen.