venerdì 30 agosto 2024

Vicina è la Parola 1 settembre 2024 - XXII Domenica/B Liberi per AMARE Da Giovanni a Marco: una felice inclusione

Vicina è la Parola

1 settembre 2024 - XXII Domenica/B


    


Deuteronomio 4,1-2. 6-8 / Salmo 14

Giacomo 1,17-18.21-22.27

Marco 7,1-8.14-15.21-23

Liberi per AMARE


Contestualizzazione evangelica di Marco 7,1…23

Da Giovanni a Marco: una felice inclusione

Dopo aver ascoltato per ben 5 domeniche, dal 28 luglio al 25 agosto, il capitolo VI del vangelo di Giovanni con il discorso/dialogo di Gesù in cui si definisce vero cibo che può saziare la nostra fame di Vita, ora ritorniamo al racconto evangelico di Marco.

L’avevamo lasciato al 6,30-33 nella XVI domenica/21 luglio e ora lo riprendiamo al 7,1...23 nella XXII/1° settembre. La sua narrazione della prodigiosa distribuzione dei cinque pani e due pesci alla folla (6,34-44) è stata sostituita nella liturgia da quella di Giovanni 6,1-15; non sono stati dunque proclamati l’incontro di Gesù con i suoi discepoli sul mare in tempesta (vv. 45-52 narrato anche da Gv 6,16-21) e le guarigioni nel territorio di Gennèsaret (vv. 53-56).

La libertà ritrovata e subito minacciata

Ancora di cibo si tratta in Marco 7,1…23, proclamato a pezzetti in questa domenica, ed è solo il pretesto per una nuova discussione tra il Messia nazaretano e le autorità religiose venute da Gerusalemme sulle loro tradizioni di “purità” che erano diventate formali e opprimenti.

Di cosa l’essere umano ha più bisogno per vivere un’esistenza dignitosa se non della libertà?! E quando ne siamo privati, è come se ci mancasse l’aria per respirare, il pane per la sussistenza…

Gesù stesso ha sfamato la folla, eppure il suo gesto/segno è stato interpretato in senso economico/politico quando vennero a prenderlo per farlo diventare re (Gv 6,15) ed Egli ha contestato questo fraintendimento di fondo, chiarendo che la sua “opera,” in quanto Figlio del Padre, è di donarci la sua stessa Vita di Figlio e così trasmette a noi il vero senso della nostra esistenza umana che costituisce anche la nostra vera libertà (cf 6,26-27.32b-35).

I farisei e i maestri della Torah, venuti apposta dal centro religioso e cultuale giudaico, si oppongono proprio questa libertà acquisita ed ostentata dai discepoli del Nazareno con i loro comportamenti anticonformisti e Marco, che scrive il suo racconto evangelico per gente di tutt’altra provenienza culturale e religiosa, ne deve spiegare il perché (cf vv. 3-5).

Gesù nel rispondere si riferisce ad Isaia 29,13 che già ai suoi tempi aveva denunciato l’ipocrisia di certe pratiche cultuali e lo spacciare convenzioni e consuetudini con “il comandamento del Signore” (cf vv. 6-13).

Per far capire a tutti la portata della sua opera messianica, Gesù richiama a la folla e ribadisce quello che dovrebbe essere ovvio ma che non è capito nemmeno dai suoi discepoli (cf vv. 14-19): “Ciò che esce di cattivo e di male dal cuore dell’essere umano lo esclude dal rapporto con Dio e con gli altri” (cf vv. 20-23).

Ora Gesù ha fatto in modo che fossimo “guariti e liberati dentro”!


Nell’OGGI della Liturgia

Liberi perché amati!

La miopia degli interlocutori/oppositori di Gesù tradisce, paradossalmente, l’autentica tradizione dei loro antenati ai quali vogliono rigorosamente attenersi: attestazione e incessante attualizzazione della prossimità del Signore loro Dio, unica e incondizionata parola di vita che contiene il riconoscimento vivente del suo amore per il suo popolo [Deuteronomio 4 – I lettura].

Si ripropone lo scandalo per la libertà di Dio e del suo riflesso nel cuore dell’essere umano, con l’inganno – che ne deriva – di scambiare i propri idoli con il Vivente, le proprie formalità precettistiche - che mascherano il difendersi da un rapporto inarrestabile - con la Parola viva ed efficace, con il comandamento unico che regola una “religione pura”: l’amore! [cf Salmo 14].

È questo il legalismo di ogni epoca e tradizione a cui si oppone una pratica scomoda e sorprendente, che apre le mani, pur sudicie ma fraterne, ad accogliere il dono della vita nella purezza del proprio cuore grande, capace di “soccorrere gli orfani e le vedove”, incontaminato da ogni logica mondana di potere e di possesso dove si celano le autoassicurazioni umane e gli alibi di ogni devoto.

Ascoltare vuol dire fare [Giacomo 1 – II lettura].

Le uniche “mani pure” sono quelle “crocifisse” del Figlio e noi purificati dal suo sangue (cf Ebrei) possiamo aprire le nostre “misericordiose” e finalmente libere da ogni formalismo e legalismo religioso che invece camuffa e nasconde la paura di amare a fondo perduto con le sue insicurezze, egoismi e difese subconsce. (Comunità monastica di Viboldone)



Preghiamo con la Parola

O Padre,
tu sei sempre vicino ad ogni essere umano

e con la forza della tua Parola

lo rinnovi interiormente

così che sia capace di rinnovare il mondo

con l’amore che tu gli doni.

Per il nostro Signore Gesù Cristo.

Amen.

venerdì 23 agosto 2024

Vicina è la Parola 25 agosto 2024 - XXI Domenica/B Da chi andremo…? Le mie parole sono Spirito e Vita.

Vicina è la Parola
25 agosto 2024 - XXI Domenica/B

Giosuè 24,1-2. 15-17. 18 / Salmo 33
Efesini 5,21-32
Giovanni 6,60-69
      Da chi andremo…?
Contestualizzazione evangelica di Giovanni 6,60-69 [70-71]
Le mie parole sono Spirito e Vita.
Dopo che la folla è rimasta perplessa alla proposta di Gesù e i capi dei Giudei litigando tra loro mormoravano, ora anche i discepoli protestano mormorando: “Questo modo di parlare è inaccettabile; non si può sentire!, dimostrando però di aver capito molto bene quello che Egli ha voluto dire e, proprio per questo, non accettano né il linguaggio e nemmeno il contenuto del suo insegnamento (cf vv. 30-31; vv. 41.52; v. 60).
Gesù, infatti, ha dichiarati “tutti morti nel deserto” coloro che avevano vissuto l’esperienza dell’esodo, mentre promette “la vita incorruttibile e indefettibile a chi viene a Lui per credere” (cf vv. 49.58; vv. 35-36.40.50.53-54.57-58).
Emergono in questi ultimi versetti, apice dell’insegnamento di Gesù a Cafarnao e della sua rivelazione “pane vivente che dà Vita come il Padre, il Vivente”, tutte le fragilità e le contraddizioni nel gruppo dei discepoli: uno è un “divisore” e gli altri sono increduli (v. 70); Gesù lo sa bene, ma non si scompone, li provoca sulla sua origine e sul suo destino divino e poi chiarisce ulteriormente: “le mie parole sono Spirito e Vita”, “è lo Spirito che dà Vita” (v. 64, cf v. 61-62). 
La difficoltà ad accettare che Egli abbia parlato di se stesso come “carne da mangiare” (vv. 53-56) si può superare solo attraverso lo Spirito che viene dal Padre, fonte di Vita (cf v. 57), Soffio vitale che dà alla carne la capacità di trasmettere Vita e di accoglierla, altrimenti inefficace; come Dio all’inizio creò con la forza della sua Parola e del suo Spirito (cf Genesi 1,2b.3.26; 2,7).
Anche le parole stesse di Gesù, così dure, trasmettono Vita perché sono animate dallo Spirito (cf v. 63; anche 3,5-7; 4,23; 8,26.28.38.47; 14,10; 17,8).
Così il Padre, attraverso il Figlio Gesù e lo Spirito, continua la sua opera “attrattiva” e permette a chiunque di andare da Gesù per avere Vita (cf vv. 43-47; v. 65; vv. 35-40).
Molti dei discepoli, soprattutto se occasionali, non riescono a superare la difficoltà, non si lasciano “attrarre” e “si tirano indietro e non andarono più con Lui” che né cerca di trattenere o di persuadere in altro modo, ma addirittura sfida i Dodici: “Anche voi volete andarvene?” (v. 66).
Gesù non indietreggia, è disposto a proseguire anche da solo; allora si fa avanti Simon Pietro con la sua attestazione di fede in Lui, sua ma anche dei credenti e delle comunità che aderiranno al messaggio evangelico:
Signore, da chi andremo?
Tu hai parole che danno Vita incorruttibile [indefettibile]!
E noi abbiamo creduto e conosciuto (cf 8,32; 10,38; 1Giovanni 2,3-5; 3,16. 19)
che tu sei il Santo [Cristo, Figlio] di Dio!” (vv. 68-69; cf 11,17)
Richiama la professione di fede che i Sinottici collocano nel mezzo della cosiddetta “crisi galilaica” e prima delle dichiarazioni di Gesù sul suo tragico destino a Gerusalemme che susciteranno l’opposizione dello stesso Pietro e il chiarimento sulle condizioni per chi vuole seguirlo (cf Mc 8,27-30; 31-33; 34-38 e par.).
La conclusione del capitolo 6, purtroppo non riportata nel testo liturgico proclamato in questa domenica, vede protagonisti soltanto i discepoli che sono stati coinvolti da Gesù fin dall’inizio nella sua logica di condivisione e di servizio; essi ora capiscono ciò che anche noi dovremmo comprendere: seguirlo vorrà dire “dedicarsi senza riserve al bene di ogni essere umano, mettendosi al servizio dell’opera creativa del Padre, il suo amore”.
Masticando la carne di Cristo, lo Spirito impregna la nostra umanità fragile e dolente, amante e protesa, avida di gioia e di pace, ma questa masticazione consuma anche tutto ciò che in noi deve essere frantumato perché il germe della risurrezione si schiuda e dia frutto”.
Nell’OGGI della Liturgia
La durezza del discorso di Gesù nasce da quella della sua incarnazione che si manifesta fino alla croce e la sua non accettazione già nell’annuncio iniziale “il Verbo si fece carne… ma io suoi non l’hanno accolto” (Gv 1,14.11) permane nel suo stare in mezzo a noi, nella nostra storia, in quella di tutta l’umanità. 
Gli stessi sacramenti, come l’eucaristia, non ne sono esenti: ovunque l’opera umana facilita oppure ostacola e necessita una “conversione” alla mentalità di Dio. 
Come già per il suo popolo, Egli crea sempre nuove proposte di alleanza fondata sulla sua misericordia e compiendola in sé, rilanciando ogni volta l’appello “scegliete oggi… tra la schiavitù ai vostri idoli [Giosuè 24 – I lettura] e il Dio che in Gesù nazareno si è fatto servo per dare a noi la libertà di esistere pienamente come esseri umani!
Solo lo Spirito che anima e vivifica la Parola di vita fattasi carne, fattasi pane ci può far entrare nella sua sequela riconoscendola come unica per la salvezza nostra e del mondo intero [Salmo 33].
L’alternativa è separarcene, perseguendo le nostre vie con il rischio di staccarci dalla realtà, anche nelle relazioni interpersonali più intime, quelle sponsali, estraniandoci così dalla vera comunione con loro, quella che Cristo ha sigillato “donando se stesso” [Efesini 5 – II lettura].
La libertà nel seguire Gesù comporta un rinnovata scelta, poiché continue sono le tentazioni di lasciar perdere, come davanti ad un insuccesso o al un ulteriore fallimento.
Poi ci rendiamo conto che altrimenti non ci restano che miti costruiti dalle nostre frustrazioni e oggetti trasformati in valori assoluti. Siamo di fronte ad una Persona che con la sua Parola ci interpella e con il suo Spirito ci anima e ci attrae, ma non può costringerci, solo con il suo Amore ci seduce (cf Osea 2,16-22).

venerdì 16 agosto 2024

Vicina è la Parola 18 agosto 2024 - XX Domenica/B Chi mastica la mia carne e beve il mio sangue ha Vita in sé.

 

Vicina è la Parola

18 agosto 2024 - XX Domenica/B

 


       

 

mangiare per… “vivere per

Proverbi 9,1-6 / Salmo 33

Efesini 5,15-20

Giovanni 6,51-58

 

Contestualizzazione evangelica di Giovanni 6,51-58

Chi mastica la mia carne e beve il mio sangue ha Vita in sé.

 

Dal v. 51 Gesù insiste che per avere Vita in noi stessi non possiamo rifiutarci di “mangiare la sua carne e bere il suo sangue”, infatti sono “realmente cibo e bevanda” nutrendoci di Lui che ha preso la nostra carne umana (cf 1,14).

Questo realismo, presente anche nel simbolismo eucaristico, induce la reazione: “come mai può [dirci di] fare questo!”. Se già risultava inaccettabile da parte dei Giudei che Gesù si definisse “vero pane da Dio”, è allora comprensibile la loro furibonda reazione nel rifiutare la proposta di Gesù di dare “la [sua] carne da mangiare” (v. 52); ma Lui ritorna su questa esperienza e così dal v. 54 l’evangelista non userà più il verbo mangiare ma masticare, con cui si indica il modo di pascersi da parte degli animali.

            È questo il senso globale dei vv. 53-55, dove l’evangelista sembra voler spingere sul realismo del “nutrirsi masticando” la carne e il sangue umani del Figlio, perché sono “realmente cibo e bevanda”. Probabilmente questa crudezza motiva la reazione, quasi infrangere il tabù del cannibalismo: “come mai può [dirci di] fare questo!” (cf Levitico 17,10-14).

            Lo spingersi fino a questo limite estremo e la circolarità del discorso imprimono una ripetizione che marca molto il modo del cibarsi come accesso alla Vita di Dio!

            Così i motivi di scandalo e di protesta sono due, uno ancestrale, antropologico e l’altro religioso: nutrirsi della carne umana del Figlio del Padre per diventare figli e figlie suoi!

            Questo nutrimento dà origine ad una relazione stabile, reciproca tra noi e Gesù che “rimane/dimora” e che ci permette di vivere attraverso di Lui, nello stesso modo in cui Egli vive grazie al Padre che lo ha inviato a noi: una relazione d’amore filiale (vv. 56-57 e cf 15,4 ss.).

            In quest’ultima parte del discorso, in parallelo con il realismo di nutrirsi, emerge la simbologia eucaristica: mangiando il pane e bevendo il vino noi ci nutriamo di Cristo nel suo corpo e sangue, della sua persona di Figlio del Padre mandato a noi, Egli in noi è Vita piena, indefettibile e incorruttibile, fino alla nostra risurrezione finale.

         I vv. 58-59 chiudono l’insegnamento di Gesù nella sinagoga a Cafarnao ricollegandosi all’esperienza degli antenati nel deserto con cui il discorso è iniziato ai vv. 49 e 31.

 

Nell’OGGI della Liturgia

Anche per noi Qualcuno apre oggi “la sua casa e ha imbandito la tavola” a favore della nostra inesperienza [Proverbi – I lettura], riconoscendo la nostra radicale e provvidenziale indigenza e “brama di vita” [Salmo 33]. Allora, ancora una volta gratuitamente, saremo invitati a mangiare ed a saziarci estinguendo anche la nostra sete (cf Isaia 55,1-3).

Ci scandalizzeremo anche noi, ritenendola “folle”, esagerata o semplicemente un modo di dire, l’affermazione evangelica di Gesù: Io sono, nella mia carne - nel mio corpo umano, pane per la Vita del mondo? [Evangelo]. Eppure dovremmo nonostante la nostra assuefazione all’ostentazione edonistica del corpo ed allo scempio della carne nelle continue carneficine sugli scenari di guerra.

Chi non mangia la mia carne non ha Vita!

Cos’è la sua carne se non Egli stesso donato-per-gli altri non più estranei perché amati [mondo amato in cf 3,16] espressione insuperabile e piena della realtà [Io-sono] inizio della pienezza futura di Vita.

La sua follia, che supera la nostra stoltezza, ci invita ad abbandonare ogni spiritualismo o astrazione razionale ed a lasciarsi coinvolgere in una mutua e reciproca immanenza d’amore, superando il timore di un’eccessiva prossimità che ancora una volta ha solo questo come causa e motivo “Io vivo per il Padre.

Vivere per…” effetto di una relazione nata dall’entrare nella mia esistenza della Vita non solo assaporata, “masticata” e assimilata, che genera gratitudine per il dono di questa novità assoluta e gratuità nel donarsi. [Efesini 5 – II lettura].

 

In prossimità con il 15 agosto dedicato a festeggiare l’Assunzione di Maria, può essere utile ricordare che quel corpo umano di Gesù, fatto di carne e sangue, è stato concepito e in gestazione per nove mesi proprio nel ventre di Maria di Nazaret.

Ora non poteva essere procrastinato a Lei lo stesso destino glorioso del corpo del suo figlio risorto. La sua dormitio nel sonno della morte, all’orientale, o la sua assunzione dall’incorruttibilità dopo la morte, all’occidentale, sfociano nella piena e personale partecipazione al mistero pasquale di Cristo, “segno profetico” del destino personale e sociale di ogni essere umano e di tutta l’umanità: “un corpo solo in Cristo” (1Corinzi 12,12; Efesini 1,23).

Vicina è la Parola 15 settembre 2024 - XXIV Domenica/B Nell’OGGI della Liturgia

Vicina è la Parola 15 settembre 2024 - XXIV Domenica/B Isaia 50,5-9 / Salmo 114 Giacomo 2,11-18 Marco 8,27-33 Contestualizzazione evangeli...