Atti 3,13…19 / Salmo 4
1Giovanni 2,1-5
Luca 24,35-48
Guardare… toccare… mangiare
“Guardare ma non toccare è una cosa da imparare” era la filastrocca che mi ripeteva mia madre ogni volta che dovevamo andare a casa di qualcuno.
Sarà anche per questo che, crescendo, mi è rimasta una certa inibizione al contatto fisico anche se ne ero attratto…
Ho poi capito, e con una certa fatica appreso, che l’amore richiede ti toccare l’altro/a, non solo di guardalo/a con desiderio e fascino… addirittura di gustarne il sapore come si esprime il Cantico dei Cantici in 4,1-15 e Tommaso d’Aquino nel suo Adoro Te: “te illi semper / dulce sapère”.
È un’esperienza a 360°, carnale nel senso di personale che dallo sguardo entra nell’anima e nella mente.
Ermeneutica evangelica di Luca 24,35-48
Riascoltiamo la seconda parte di Luca 24,13-48 (già proclamato fino al v. 35 la sera di Pasqua e il mercoledì / giovedì dell’Ottava) rispettando così i due movimenti interni al racconto: discesa delusa da Gerusalemme ad Emmaus (vv. 13-32) e ritorno gioioso con la sorpresa della reciproca testimonianza di aver incontrato il Risorto, ed ora della sua nuova manifestazione in persona tra loro (vv. 33- 48).
Il racconto segue uno schema analogo a Giovanni 20,19-29.
Stupisce davvero quante cose siano capitate “in quello stesso giorno” ed il percorso liturgico dell’Ottava di Pasqua ci dà un quadro completo, anche se plurale, dell’esperienza originaria e fondante del Risorto da parte dei discepoli.
I due, appena tornati da Emmaus, stanno ancora raccontando agli altri quando “Gesù in persona” irrompe “in mezzo a loro” (v. 36 cf v. 15). Nemmeno il tempo di fiatare, di confrontarsi, di riflettere… tutto avviene quasi in modo concitato: il Risorto fa breccia con il suo saluto “Pace a voi” (cf Gv 20,19) e anche qui il saluto è connesso poi col “il perdono dei peccati” (v. 47).
Adesso dovrebbe tornare la calma, ma non è così perché i discepoli si dimostrano “stupiti e spaventati: credevano di vedere un fantasma” (v. 37). Allora siamo tornati indietro?! (cf Mc 7,49; Mt 28,17). Perché reagiscono così?
È Gesù stesso a farlo notare: “Perché siete turbati e sorgono dubbi nel vostro cuore?” (v. 38).
L’evangelista sembra scusarli: “Poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti” (v. 41). Sorprendente!
Allora Gesù esibisce i segni fisici: le ferite della crocifissione attestano che è veramente Lui e non un fantasma (cf v. 39); i verbi usati “toccare… guardare” sono gli stessi del racconto di Giovanni 20,25.27 riguardo a Tommaso, anche il “mangiare” con loro (vv. 41-43) lo ritroviamo al capitolo 21,9.13: l’esperienza del Risorto è sensoriale, non intellettuale e questi sono anche chiari riferimenti eucaristici di Luca come già in 24,30.35.
Tuttavia è decisivo il ricorso alle Scritture che lo riguardano: aprì la loro mente all’intelligenza” (vv. 44-46; cf 25-28.3; Gv 20,9): il Risorto si fa riconoscere “spalancando i loro occhi… scaldando i cuori… aprendo le loro menti”. Egli compie le Scritture, testimoni della storia salvifica di Israele fatta di promesse e di elezione, di alleanze e di tradimenti, di fedeltà e di prostituzione, di rivelazione e non-senso. È una pienezza che colma ogni lacuna e riscatta dall’oblio del tempo, rendendo attuali per ogni essere umano anche le esperienze religiose di ogni civiltà e la fede di ogni popolo: “Cristo Verità” le rende credibili e veritiere.
“La luce mattutina dell’alba di risurrezione illumina tutto e riporta a vita nuova pagine chiuse e ormai polverose: Cristo vive e fa rivivere; l’oggi rivela un passato ‘proteso’ verso compimenti insperati e fecondità impossibili. La vittoria dell’amore ci libera definitivamente e ci rende testimoni di questa integrità nuova” (Comunità Monastica Viboldone).
Ora sono i discepoli che devono annunciare che è possibile cambiare il modo di vedere l’esistenza umana, di sentirsi amati e perdonati, da testimoni dell’incontro con il Risorto (cf vv. 47-48 cf Gv 20,23).
Tutto questo ci riporta a noi, ai nostri dubbi, alla nostra incapacità di riconoscere la presenza del Signore in mezzo a noi, di fare della sua Pace la nostra forza. La risurrezione è “l’evento di una persona: Cristo; credere alla risurrezione è aderire a Lui… Vivere la risurrezione è entrare nel suo itinerario, ripercorrere la sua strada, passare con Lui dalla morte alla vita” (E. Ghini).
Ambientazione liturgica
Il nostro “oggi” anche liturgico è quello dello “stesso giorno” della risurrezione o della pentecoste in cui l’annuncio apostolico compie ogni speranza personale e storica in modo imprevedibile e sconvolgente: l’oggi del Risorto annunciato, dalle promesse passate e da Lui illuminate e rese vitali per il futuro di tutti e non solo di Israele, continua ad operare nell’esistenza inferma di un paralitico come del popolo che lo ha “messo a morte”, perdonandolo [Atti 3 – I lettura].
La vicenda di Gesù, in cui il Padre interviene ribaltandone la sorte [Atti – Salmo 4], svela il senso della lunga esperienza di Israele non come una casualità, ma compimento di un progetto finalizzato… “per i nostri peccati”; il che testimonia la potenza dell’amore che li rende inconsistenti [1Giovanni – II lettura].
Il Risorto lo attesta ai suoi e li “abilita” a rendere la sua risurrezione l’inizio di un’esistenza nuova nell’amore che ha vinto la morte, impregnata di fecondità impossibile, di perdoni immeritati nelle nostre tragedie umane ancora soggiogate dall’egoismo e dal male… eppure inevitabilmente sospinti sulle sue tracce e attratti dalla sua presenza familiare, conviviale [Evangelo].
Anche ascoltiamo le sue parole, a volte dure, difficili, enigmatiche che piano piano si fanno più chiare; mangiamo con Lui, di Lui e diventiamo Lui… risorti, liberi dalle nostre passate paure, sciolti dalle nostre schiavitù, testimoni che tutto l’umano si compie, si ricostruisce e si rinnova in una perenne esperienza di vita.
Questa è la prima e fondamentale conversione e trasformazione che Egli vuole operare in noi: rendersi presente alla nostra esistenza come persona, una reale vicinanza fatta di delicatezza e di tenerezza, di un amore sempre ancora “ferito”, che con la sua povertà e fragilità si ritira e ci attira, che ci nutre di sé. Il nutrimento offerto a noi è quello della sua Parola e del suo Pane che ci trasformano, rendendoci testimoni di un amore che perdona e rinnova.
Quando saremo ancora una volta sopraffatti dalla paura e dall’incredulità, anche di fronte ai segni più evidenti, egli si offrirà a noi, ancora una nuova volta rassicurandoci “Sono proprio io!” (v. 39b) e questo potremo condividerlo con tutti coloro che lo cercano.
Preghiamo
O Padre,
che dalla gloriosa morte del tuo Figlio
hai fatto scaturire la riconciliazione e la pace,
apri le nostre menti all’intelligenza delle Scritture,
perché diventiamo testimoni dell’umanità nuova,
pacificata nel tuo amore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Amen.
Gesù risorto che fai nuove tutte le cose, apri i nostri occhi per guardare la Tua meravigliosa Opera
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