sabato 12 agosto 2023

Vicina è la PAROLA 13 Agosto 2023 XIX Domenica dell’anno/A Onde

Vicina è la PAROLA

13 Agosto 2023
XIX Domenica dell’anno/A
1Re 19,9a.11-13a / Salmo 84
Romani 9,1-5
  Matteo 14,22-33
Onde
A tutti sarà successo di sentirci inutili, incapaci di aiutare qualcuno soprattutto a cui teniamo molto. All’inizio siamo presi dalla presunzione di essere gli unici a poter fare qualcosa e che senza di noi tutto sarebbe più difficile, insopportabile. Siamo animati da forti sentimenti di dedizione e di donazione. Poi, magari con il passare del tempo, la situazione si stabilizza ma siamo noi a destabilizzarci per il senso di inadeguatezza… tutto procede o precipita a dispetto di noi e delle nostre buone intenzioni. Siamo assaliti da sensi di colpa per non riuscire a fare nulla di più, soprattutto per essere immobilizzati dalla paura fino a rinunciare di fare qualsiasi cosa.
Come uscire da questo labirinto?
Io sto cercando di accettare i miei slanci temerari nell’affrontare con lo scafo delle mie capacità le onde contrastanti e le mie paure di affogare irrimediabilmente, di cui spesso mi vergogno, senza nascondermi.
Salvami… tu!” perché io da solo non posso farlo, nemmeno per gli altri a cui tengo tanto.
La tua mano, la tua voce, i miei dubbi… ogni tanto tornano: è una lotta mai finita, mai vinta da me ma da Te sì, una volta per tutte, per tutti.
Contestualizzazione evangelica di Matteo 14,22-33
Ancora una volta il contesto è problematico: il martirio di Giovanni il battezzatore (vv. 1-13a); la situazione di indigenza della folla numerosa che segue Gesù (vv. 13b-14; cf 4,23; 9,35-36, 15,32; 20,34) e per la quale sente compassione esponendo anzitutto se stesso, la sua vita donata dal Padre per le esigenze degli altri. Questo è il vero miracolo che solo un Dio che ama può fare in Gesù e per tutti, significato nella condivisione dei “cinque pani e due pesci” (vv. 15-21).
Una cura personale e continua per la folla di chi, come il Figlio si sente amato dal Padre in un rapporto esclusivo con Lui (vv. 22-23).
I discepoli, sono coinvolti a partecipare a quest’esperienza in modo singolare, quasi costretti dal Maestro a crescere nella fiducia in Lui, vincendo le loro paure, affinché il loro rapporto con Lui non sia frutto di suggestione ma reale (vv. 24-27).
È anche la situazione della comunità di Matteo, la barca che attraversa diverse prove e difficoltà (il vento), minacciata nella sua storia umana dal male (il mare), nella quale lo stesso Pietro viene vagliato in base alla sua fede (vv. 28-30). Poteva essere stata messa in discussione la sua autorevolezza, visti i suoi trascorsi (cf 26,69-75) ed aveva bisogno una conferma proprio dal Signore, l’unico che può calmare le turbolenze esterne ed interne alla comunità (cf v. 32; con altri tre episodi successivi).
In ogni caso la prova produce una fede in tutti più consapevole e matura che trova espressione nell’acclamazione comunitaria finale: “Davvero tu sei il Figlio di Dio!” (v. 33).
Il capitolo 14 si conclude con un riconoscimento di Gesù come Figlio di Dio capace di sanare tutti quanti stavano male anche solo toccando il lembo del suo mantello (vv. 35-36; cf Mc 5,23-24). Si tratta di epilogo originale, in cui i protagonisti si fanno “evangelizzatori”: la comunità del Risorto che viene confortata dalla sua presenza non può non invitare tutti a goderne i benefici.
Ambientazione liturgica
Anche “la barchetta” della nostra comunità solca i mari più tempestosi ed affronta onde che a volte rischiano di capovolgerla. La riflessione di papa Francesco nel fatidico 27 marzo 2020, in piena pandemia covid- 19, può valere per tutto quanto avviene nelle diverse parti del nostro pianeta, anche oggi: “Siamo tutti sulla stessa barca”.
Ritrovandoci per la celebrazione eucaristica non possiamo pensare di “ormeggiare” tranquilli per poi riprendere la navigazione… il Signore ci parla proprio nel mezzo della tempesta come a Pietro, perché vuole che ci sentiamo responsabili anche per gli altri [Evangelo].
Possiamo anche “fuggire” come Elia, ma saremo sempre raggiunti dalla sua Parola e dalla sua Presenza, lieve ma decisa che prevale su ogni mondana potenza [1Re – I lettura].
Sempre ci sentiremo amati come Paolo, pur scossi al fondamento delle nostre sicurezze, incapaci di dare certezze a noi stessi ed agli altri, esposti ai rischi di essere incompresi e travolti, eppure capaci di accogliere “la brezza leggera” dello Spirito effuso da Colui che sulla croce ha compiuto il suo essere-per-gli-altri, affidandosi totalmente al Padre pur sentito assente.
Siamo raggiunti dalla sua Parola sconvolgente e pacificatrice, [Salmo 84] che ci sentire solidali e unificati ciascuno responsabile per l’altro; possiamo sperimentare la comunione con Lui nella debolezza del suo Pane che dà a noi la forza del suo amore per sentirci sinceramente fratelli e sorelle.
Preghiamo con la Liturgia
O Padre, 
Signore dell’universo,
rafforza la nostra fede
con l’ascolto della tua Parola,
perché la sappiamo riconoscere
nelle profondità umane,
in ogni avvenimento della vita,
nel gemito e nel giubilo del creato.
Amen.

1 commento:

  1. “LE PAROLE… LA PAROLA”
    15 agosto 2023 – MARIA NELLA GLORIA DELLA RISURREZIONE
    VIGILIA: 1Cronache 15,3… 16,2 / Salmo 131 / 1Corinzi 15,54b-57 / Luca 11,27-28
    Apocalisse 11,19a… 12,10 / Salmo 44 / 1Corinzi 15,20-27 / Luca 1,39-45

    Maria “assunta in cielo”… cioè in terra.

    Questa è la realtà che abbiamo celebrato oggi e commentato in tutte le sue sfaccettature.
    Ma in quale “cielo” Maria è stata “assunta”?
    Non in quello astrofisico stellare e men che meno in quello “mitico”, una sorta di “olimpo cristiano”…
    In quel “cielo” che è stato portato “in terra” da Colui che ha fatto sua, in toto, l’umanità divenendo “essere umano” egli stesso facendo sì che ora “il regno di Dio” fosse in tutti e dappertutto.
    Anzi la parte di cielo più terso è stata proprio lei, Maria è proprio in lei, nella sua carne e nelle sue viscere è iniziato il processo di “assunzione” di tutta l’umanità, che lentamente ma progressivamente ci sta coinvolgendo tutti e che contempliamo in Maria così compiuto: “assunta a tempo indeterminato!”.
    Un cielo affatto “paradisiaco”, nel quale è ancora in atto una lotta a tutto campo, dove la vita è tuttora minacciata. Un travaglio, un parto, ma quel “figlio” è già nato in ciascuno di noi e c’è chi lo difende, chi “lo porta in Dio”, mentre la “madre” è nascosta nelle trame della storia che continua il suo percorso [Apocalisse 11 – I lettura].
    La morte stessa ha perso tutto il suo potere cedendo il passo a Colui che l’ha “vinta” facendone un dono d’amore [1Corinzi 15 -II lettura].
    È proprio nel dono d’amore, che pervade ogni autentica relazione vitale e generativa, che emerge quella “rivoluzione” attesa da sempre in tutte le fibre e che l’egoismo mortale tenta di frenare, addirittura di annientare mentre c’è Chi “apre le sue mani” accogliendo e “assumendo” ogni anelito di giustizia, di riscatto, strappandolo dalla sua inutilità e “colmandolo” della sua pienezza, per sempre mentre Maria ritorna nella sua “casa” [Luca 1 – Evangelo].

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