Vicina è la PAROLA
20 AGOSTO 2023
XX DOMENICA DELL’ANNO/A
Isaia 56,1.6-7 / Salmo 66
Romani 11,13-15.29-32
Matteo 15,21-28
Oltre gli altri
Inclusione è il termine che utilizziamo per “fregiarci” di un atteggiamento accogliente, che non escluda nessuno, anzi che dia spazio e valore a chi è “diverso”, e comunque svantaggiato. Comunità inclusive soprattutto se cristiane, capaci di “interare” e di non fare sentire nessuno escluso…; sarebbe un buon obiettivo, segno di apertura, in questo “cammino sinodale”. Quindi se noi ci apriamo, gli altri entrano… ma dove?
Non era di qualche decennio fa lo slogan: “Gli ALTRI siamo NOI”?! (…anche il titolo di una canzone di Umberto Tozzi)
Credo che anzitutto tocca a noi saper entrare in una “nuova logica”, quella dell’Evangelo di Gesù a cui tutti siamo chiamati, lasciandoci accogliere dalla misericordia (= viscere materne): non abbiamo conquistato noi uno spazio che dobbiamo aprire agli altri!
C’è un amore senza confini che ci raggiunge e ci abbraccia tutti e nel quale riconoscerci amati. Non siamo noi al “tornello” a verificare le credenziali di ingresso e nemmeno siamo noi la “misura standard”.
Chi ci “grida dietro” ci può aiutare a non crederci occupanti dei “primi posti”, ma forse semplicemente quelli che dobbiamo tenere il posto libero a chi arriva dopo, per un ritardo che non necessita di scuse o di spiegazioni.
Contestualizzazione evangelica di Matteo 15,21-28
“Con il capitolo 15, l’evangelo redatto da Matteo presenta il nuovo regime di vita introdotto dalla predicazione di Gesù che si traduce nella condivisione e nella sovversione delle convenzioni culturali e religiose (vv. 1-20)”. Nella religiosità giudaica emergeva infatti il rischio di un culto formale, mentre la pratica di vita era lontana dalla volontà del Signore che paradossalmente sarà compiuta dagli stranieri (cf Isaia 29,13 e 56.1 ss.).
Anche le prime comunità cristiane di origine ebraica lo hanno sperimentato e questo, illuminate dalle memorie missionarie del Nazareno, ha fatto di loro una “chiesa in uscita”. I discepoli seguono il Maestro nei suoi “sconfinamenti” geografici ed esistenziali, incappano in incontri inaspettati dove la messianicità di Gesù è già inspiegabilmente riconosciuta ed hanno così la possibilità di confrontarsi con esperienze di fede a loro sconosciute ed addirittura scomode (vv. 21-24).
“Ci troviamo, dunque, di fronte ad una svolta per il Nazareno e la comunità dei suoi discepoli” che ne segnerà il futuro: coloro che sono considerati “cani” (stranieri idolatri) e non possono
“pregare” (secondo l’opinione giudaica) ma solo “abbaiare”, in qualche modo “costringono” Gesù ad avvallare la genuinità della fede di “una donna cananèa” e ad operare una guarigione prodigiosa. Ora qualcosa è profondamente mutato anche nell’animo e nell’operare del Nazareno ancora una volta indirizzato a vari generi di malati; ma anche da parte della folla divenuta ora “ecumenica”: tutti, prima muti, glorificano lo stesso “Dio di Israele” la cui misericordia non ha confini e che si manifesta nella nuova condivisione dei pani che viene di seguito raccontata (vv. 29-39).
Ambientazione liturgica
Capita che in alcune piccole assemblee faccia irruzione qualche volto sconosciuto, notato con curiosità ed a volte interesse. Nella nostra siamo così abituati che non ci facciamo neppure caso, sconfinando così nella totale distrazione e anonimato. Eppure questa eterogeneità dovrebbe darci un respiro più ampio: come mai siamo qui; cosa ci unisce così diversi…?
Anche se ci troviamo nel “nostro territorio”, in realtà è la Parola proclamata che abbattere ogni confine ed include tutti in un’unica “casa di preghiera” [Isaia 56 – I lettura / Salmo 66]. Ciò avviene oltre le nostre attese e i nostri progetti missionari, è opera della risurrezione del Signore che tutti ci strappa dalla “disobbedienza” e ci fa sperimentare la “misericordia” [Romani 11 – II lettura].
“Noi che mangiamo un solo Pane, pur essendo molti, siamo un Corpo solo” (1Corinzi 10,16- 17). È il ritrovarci all’unica mensa che ci fa superare distanze ed estraneità e diventare “casa di/per tutti” (Giovanni 2,13-22).
Preghiamo con la Liturgia
O Padre,
attraverso il tuo Figlio Gesù
hai abbattuto l’inimicizia tra le creature
e di tutti gli esseri umani
hai fatto un popolo solo,
rivestici dei suoi stessi sentimenti,
affinché diventiamo eco delle sue parole
e riflesso della sua pace.
Amen.
20 AGOSTO 2023
XX DOMENICA DELL’ANNO/A
Isaia 56,1.6-7 / Salmo 66
Romani 11,13-15.29-32
Matteo 15,21-28
Oltre gli altri
Inclusione è il termine che utilizziamo per “fregiarci” di un atteggiamento accogliente, che non escluda nessuno, anzi che dia spazio e valore a chi è “diverso”, e comunque svantaggiato. Comunità inclusive soprattutto se cristiane, capaci di “interare” e di non fare sentire nessuno escluso…; sarebbe un buon obiettivo, segno di apertura, in questo “cammino sinodale”. Quindi se noi ci apriamo, gli altri entrano… ma dove?
Non era di qualche decennio fa lo slogan: “Gli ALTRI siamo NOI”?! (…anche il titolo di una canzone di Umberto Tozzi)
Credo che anzitutto tocca a noi saper entrare in una “nuova logica”, quella dell’Evangelo di Gesù a cui tutti siamo chiamati, lasciandoci accogliere dalla misericordia (= viscere materne): non abbiamo conquistato noi uno spazio che dobbiamo aprire agli altri!
C’è un amore senza confini che ci raggiunge e ci abbraccia tutti e nel quale riconoscerci amati. Non siamo noi al “tornello” a verificare le credenziali di ingresso e nemmeno siamo noi la “misura standard”.
Chi ci “grida dietro” ci può aiutare a non crederci occupanti dei “primi posti”, ma forse semplicemente quelli che dobbiamo tenere il posto libero a chi arriva dopo, per un ritardo che non necessita di scuse o di spiegazioni.
Contestualizzazione evangelica di Matteo 15,21-28
“Con il capitolo 15, l’evangelo redatto da Matteo presenta il nuovo regime di vita introdotto dalla predicazione di Gesù che si traduce nella condivisione e nella sovversione delle convenzioni culturali e religiose (vv. 1-20)”. Nella religiosità giudaica emergeva infatti il rischio di un culto formale, mentre la pratica di vita era lontana dalla volontà del Signore che paradossalmente sarà compiuta dagli stranieri (cf Isaia 29,13 e 56.1 ss.).
Anche le prime comunità cristiane di origine ebraica lo hanno sperimentato e questo, illuminate dalle memorie missionarie del Nazareno, ha fatto di loro una “chiesa in uscita”. I discepoli seguono il Maestro nei suoi “sconfinamenti” geografici ed esistenziali, incappano in incontri inaspettati dove la messianicità di Gesù è già inspiegabilmente riconosciuta ed hanno così la possibilità di confrontarsi con esperienze di fede a loro sconosciute ed addirittura scomode (vv. 21-24).
“Ci troviamo, dunque, di fronte ad una svolta per il Nazareno e la comunità dei suoi discepoli” che ne segnerà il futuro: coloro che sono considerati “cani” (stranieri idolatri) e non possono
“pregare” (secondo l’opinione giudaica) ma solo “abbaiare”, in qualche modo “costringono” Gesù ad avvallare la genuinità della fede di “una donna cananèa” e ad operare una guarigione prodigiosa. Ora qualcosa è profondamente mutato anche nell’animo e nell’operare del Nazareno ancora una volta indirizzato a vari generi di malati; ma anche da parte della folla divenuta ora “ecumenica”: tutti, prima muti, glorificano lo stesso “Dio di Israele” la cui misericordia non ha confini e che si manifesta nella nuova condivisione dei pani che viene di seguito raccontata (vv. 29-39).
Ambientazione liturgica
Capita che in alcune piccole assemblee faccia irruzione qualche volto sconosciuto, notato con curiosità ed a volte interesse. Nella nostra siamo così abituati che non ci facciamo neppure caso, sconfinando così nella totale distrazione e anonimato. Eppure questa eterogeneità dovrebbe darci un respiro più ampio: come mai siamo qui; cosa ci unisce così diversi…?
Anche se ci troviamo nel “nostro territorio”, in realtà è la Parola proclamata che abbattere ogni confine ed include tutti in un’unica “casa di preghiera” [Isaia 56 – I lettura / Salmo 66]. Ciò avviene oltre le nostre attese e i nostri progetti missionari, è opera della risurrezione del Signore che tutti ci strappa dalla “disobbedienza” e ci fa sperimentare la “misericordia” [Romani 11 – II lettura].
“Noi che mangiamo un solo Pane, pur essendo molti, siamo un Corpo solo” (1Corinzi 10,16- 17). È il ritrovarci all’unica mensa che ci fa superare distanze ed estraneità e diventare “casa di/per tutti” (Giovanni 2,13-22).
Preghiamo con la Liturgia
O Padre,
attraverso il tuo Figlio Gesù
hai abbattuto l’inimicizia tra le creature
e di tutti gli esseri umani
hai fatto un popolo solo,
rivestici dei suoi stessi sentimenti,
affinché diventiamo eco delle sue parole
e riflesso della sua pace.
Amen.
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