venerdì 7 luglio 2023

Vicina è la PAROLA 9 Luglio 2023 XIV Domenica dell’anno/A Matteo 11,25-30

Vicina è la PAROLA



9 Luglio 2023

XIV Domenica dell’anno/A

Zaccaria 9,9-10 / Salmo 144

Romani 8,9…13

Matteo 11,25-30


Un AMORE che sale dal basso

Ogni mattina alzandoci ed accendendo il televisore, ci aspettiamo la tanto desiderata notizia della pace improvvisa in Ukraina.

Ed invece siamo ulteriormente appesantiti ed oppressi da altre notizie che ci affliggono ancora di più, soprattutto gesti di insulsa violenza da parte di giovanissimi o anche di semplice inciviltà e di intolleranza.

Ho un approccio sereno e realista con il mondo, con tutti i suoi problemi e drammi... ma a volte, anche dovuto alla stanchezza mi sale un malessere ed una sensazione di non potercela fare a sopportare tutto questo. In un attimo spariscono tutti i segnali positivi, di bellezza che fino ad allora mi incoraggiavano.

Sarà perché penso di doverlo portare tutto io, da solo questo peso… è come se lo sentissi tutto sulle mie spalle… ma non sono solo! 

La storia di questa umanità, con le sue imperscrutabili tracce mi testimonia che solo in forza di povere, parziali anticipazioni è possibile intravvederne il pieno compimento ed alimentare così la speranza; non in avvenimenti che ribaltano la situazione, ma in sotterranei ed inarrestabili flussi vitali che nessuna guerra, oppressione o stanchezza possono annientare.

E questi sfuggono ad analisi sociologiche e considerazioni strategiche, mentre le ritroviamo nell’evangelo della paternità di Gesù che rivela all’umano la sua valenza filiale.

Essere umani aperti all’incomprensibile, radicati nella fiducia e nella riconoscenza di una relazione di fondo che comunque ci precede e ci sostiene nel nostro precedere.


Contestualizzazione evangelica di Matteo 11,25-30

Quando Gesù ebbe terminato di dare istruzioni ai suoi dodici discepoli/apostoli sulla loro missione parte di nuovo per insegnare e predicare il regno di Dio nelle città dove vive la gente (cf 11,1).

L’evangelista inserisce qui l’interesse del Battista per l’operato messianico del Nazareno, le sue perplessità e forse la sua delusione per l’eccessiva indulgenza che sono l’occasione per un elogio da parte di Gesù stesso ed un rimprovero severo e drammatico per l’incredulità dei suoi ascoltatori e connazionali (cf vv. 2-24). Emerge il vissuto delle comunità palestinesi: mentre gli altri ebrei non credono, i pagani sono affascinati e convertiti dall’evangelo.

Un’inaspettata lode al Padre che ci dà uno squarcio dell’intimo rapporto di Gesù con Lui che contiene anche la risposta per una vera esperienza del regno di Dio e di Colui che è inviato ad annunciarlo: il rapporto filiale con il Padre all’interno del quale Egli si fa conoscere (cf vv. 25-27)

La conclusione tanto famosa quanto fraintesa (cf vv. 28-30).

Stanchi e oppressi sono tutti coloro che incontra Gesù nel suo cammino; la sintesi di 9,35-37 è molto espressiva: si tratta di una stanchezza fisica ed interiore causata da ogni tipo di malattia e di infermità. 

L’oppressione è dovuta alla situazione di sbando: pecore che non hanno pastore, un popolo abbandonato a se stesso dalle autorità religiose e politiche, oppresse da un’interpretazione legalistica e formale della Torah, appunto opprimente (cf Sofonia 3,9; Geremia 2,20; 5,5).

Gesù è colui che libera da questo peso attraverso il suo stile di vita e di missione che esprimono la sua osservanza filiale della Torah: l’umiltà, cioè “da basso” e non imponendola dall’alto come ogni potere imperiale o religioso.

È questa “leggerezza e soavità” che vuole comunicare a chi lo segue. 

Un “giogo” da portare insieme con Lui, procedendo “accoppiati” e mai da soli.

Lo stile evangelico del Nazareno è infatti esso stesso proclamazione di una beatitudine nuova (cf 5,3) liberante e gratificante nello stesso tempo, che riempie di vita e di gioia pur nel travaglio dell’esistenza perché generata dall’amore.


Ambientazione liturgica

Soprattutto in questo periodo estivo le nostre assemblee liturgiche si impoveriscono ancor più, tuttavia la parola profetica ci identifica come “resto” di gente portatrice di luminosa speranza, simboleggiata dalla “figlia di Sion”, promessa di gioia e di pace [Zaccaria – I lettura].

L’esistenza di Gesù nazareno, così come è custodita e consegnata a noi dalla narrazione matteana, ne è il compimento in quanto accolto e creduto apportatore di cose realmente nuove e gioiose già preannunciate nella pur drammatica vicenda storica di ogni popolo sempre più oppresso [Evangelo].

Spiragli di luce e di vita alimentano la speranza e permettono al soffio dello Spirito di renderci partecipi della morte e risurrezione del Figlio, pienamente vivi in Lui [Romani – II lettura].

Nella Liturgia celebrata assieme siamo coinvolti allo Spirito in questa esperienza di vita nuova e illuminati dalla sapienza del Vangelo affinché possiamo portare soavemente il peso del vivere quotidiano senza farci opprimere da tutto ciò che sembra volerci schiacciare e privarci della speranza.

La nostra “lode al Padre” si eleva con quella del Figlio insieme a tanti nostri fratelli e sorelle che ritengono di non porlo fare nella loro piccolezza e insignificanza, pensano di non esserne degni o capaci.


Preghiamo con la Liturgia

Padre,

che ti riveli ai semplici
e doni ai poveri l’eredità del tuo regno,
rendici miti e umili di cuore,
partecipi della morte risurrezione del tuo Figlio,
affinché annunciamo al mondo 

la gioia che viene da te.

Amen.


1 commento:

  1. Con Lui, che porta i nostri pesi e che nulla ci fa pesare di imperfetto e di inadempiuto, tutto diventa sopportabile e ci rende capaci anche di "portare i pesi gli uni degli altri". Senza questa disponibilità anche la Torah diventa insopportabile. E' il vero adempimento anche della "legge di Cristo" (Paolo ai Galati 6,2)

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