sabato 15 luglio 2023

Vicina è la PAROLA 16 Luglio 2023 XV Domenica dell’anno/A La forza della PAROLA

Vicina è la PAROLA



16 Luglio 2023

XV Domenica dell’anno/A

Isaia 55,10-11 / Salmo 64

Romani 8,18-23

Matteo 13,1-23


La forza della PAROLA

Dopo una bella sfilza di errori e di delusioni, mi sembra di aver capito che il fallimento fa parte della vita, di ogni relazione anche educativa. Di recente ho colto la sfida di riprendere ad insegnare e nonostante tutte le cautele ci sono ricascato, nella pretesa che mi ascoltassero con attenzione e che riuscissi a coinvolgerli con qualcosa di interessante.

Tempo perso?... un buco nell’acqua!

Ma quelli che non si sono comportanti da studenti, si sono rivelati veri allievi: “Proff!!!” e quasi mi saltano addosso facendomi vacillare e sussultare dentro nei loro affettuosi abbracci.

Ecco la forza della parola quando è usata per stabilire un dialogo, un ponte, che emerge in tutta la sua invitta vitalità. Non finisce di sorprendermi quanto occorra da parte di noi umani, adulti, non possedere la parola ma lasciarla andare affinché si getti come seme nella terra, senza preoccuparci di altro … che non sia imprigionata, che rimanga libera di entrare, di posarsi e di agire (cf Paolo a Timoteo II 2,9; Salmo 147, Atti 6,7;11,21; 21,20).

È il terreno che permette di germogliare o il seme che ne ha in sé tutta la potenza?


Contestualizzazione evangelica di Matteo 13,1-23

Il contesto nel quale Gesù inizia la sua “nuova” predicazione è problematico e polemico.

Riflette anche le difficoltà incontrate dalle comunità cristiane del I secolo nel loro annuncio dell’evangelo: entusiasmo iniziale, adesioni e defezioni, conflitti e divisioni al loro interno. Gli insuccessi mettono a dura prova anche i credenti più ferventi e li fanno dubitare delle loro capacità.

Fin dall’inizio del suo ministero messianico il Nazareno si è messo in contrasto con la precettistica farisaica e la sua interpretazione della Torah (cf 5,21 ss.; 7,15 ss. 28).

Le occasioni di scontro sono ben descritte nel capitolo 12: infrange la regola del sabato, anche con guarigioni “fuori legge” che determinano il tentativo di ucciderlo (vv. 1-14). Nonostante che “guarisce tutti”, realizzando la profezia di Isaia 42,1-4 (vv. 15-21), il suo agire è frainteso e addirittura ritenuto demoniaco proprio da chi è incapace di vedere e di esprimersi, di accogliere l’agire misericordioso di Dio in Gesù (vv. 22-37; 43-45).

L’unica possibile identificazione è con il profeta Giona (vv. 38-42).

Il colmo è raggiunto con l’intervento dei suoi familiari che permette al Nazareno di chiarire ogni autentico legame con lui “compiendo la volontà di Dio” (vv. 46-50; cf 5,12; 7,28).

Nonostante tutto Gesù continua ad “uscire”, ad incontrare le folle in riva al mare e, consapevole dell’opposizione così palese, intraprende “un nuovo genere di predicazione”, “in parabole” (cf 13,1-3). 

Il motivo non è immediatamente capito dai discepoli (v. 10) ed anche noi moderni abbiamo dovuto indagare molto sul “metodo parabolico” utilizzato da Gesù per non rischiare di fermarci al “raccontino” banalizzando il contenuto ed i significati delle numerose “parabole evangeliche” (cf gli studi fondamentali di Ch. E. Dodd, J. Dupont, J. Jeremias, H. A. J. Ianovitz O., B. Maggioni).

È interessante che sia Gesù stesso a spiegare la sua scelta, citando ancora Isaia (6,9-10 nei vv. 14-15): coerente con le sue esigenze già espresse in 11,25-27, la comprensione e l’accoglienza del suo operato messianico dipendono da un atteggiamento di fondo disponibile a farsi interpellare personalmente e profondamente [ascoltare e non solo sentire; vedere e non solo guardare], non sottraendosi alla fatica di interpretare la propria esistenza alla luce del suo evangelo e mettendosi in discussione (cf vv. 11-18). 

Questa è anche l’identità del discepolo, “nuovo scriba della Torah” (vv. 51-52).

La prima serie di parabole (vv. 1-52) attesta che, nonostante le situazioni siano spesso sfavorevoli, “il seme del regno” è gettato e comunque germoglierà dando frutto oltre ogni aspettativa ed opposizione: questo vale per la predicazione di Gesù e dei suoi futuri discepoli (vv. 3b-8; 19-23).


Ambientazione liturgica

La Parola che ascoltiamo insieme nell’assemblea liturgica ci arriva così vicina e nello stesso tempo inafferrabile, vitale e eppure trascurabile, tuttavia prossima alla storia di ciascuno e dell’umanità in ogni situazione di schiavitù, di oppressione, di irrisione, per manifestare anche lì la presenza misericordiosa del Dio-che-salva perché ama gli esseri umani. Così è stata percepita dai profeti di Israele, identificando con essa la propria esistenza nella gioia di conoscerla, nel travaglio di annunciarla, nella beatitudine di credervi. [Comunità di Viboldone]

Saremo noi capaci di accoglierla così, di realizzarla nella nostra esistenza nello stesso momento in cui essa stessa compie in noi ed in mezzo a noi ciò per cui ci è stata mandata? [Isaia 55 – I lettura].

“E’ Gesù stesso, Parola fatta carne umana, a realizzarne il suo essere apertura a noi, dono vitale, amore per gli altri, nel suo esistere da Figlio. Gesù di Nazaret, Parola e Figlio, è l’espressione compiuta della vita, dell’amore del Padre, è nell’umanità e nella sua storia seme che la feconda nonostante la sua sterilità, la fa matrice di vita e ne fa emergere potenzialità altrimenti inerti ed ignorate”. [CdV]

Tale è la portata del nostro ascolto/obbedienza, adesione gioiosa di credere! [Evangelo]

Nelle nostre difficoltà e fallimenti, si manifesta un travaglio operoso ed il prodigio di un’inarrestabile voglia di vita più potente dell’incombente morte che spesso paralizza la terra [Romani 8 – II lettura].

Beati quelli che ascoltano la Parola di Dio… e la vivono, ogni giorno” (cf Mt 13,16).


Preghiamo con la Liturgia

Padre,

che continui a seminare
la tua parola nei solchi dell’umanità,
accresci in noi, con la potenza del tuo Spirito,
la disponibilità ad accogliere il Vangelo,
per portare frutti di giustizia e di pace.

Amen.


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