venerdì 5 maggio 2023

Vicina è la PAROLA 7 MAGGIO 2023 V DOMENICA DI PASQUA/A L’AMORE, Via Vera verso la Vita

Vicina è la PAROLA 

7 MAGGIO 2023 
V DOMENICA DI PASQUA/
Atti 6,1-7 / Salmo 32 
1Pietro 3,4-9 
Giovanni 14,1-12 
L’AMORE, Via Vera verso la Vita 
Se aspettassimo ad amare qualcuno solo dopo averlo ben conosciuto non lo faremmo mai! Ci innamoriamo a prescindere dalla conoscenza, anzi quando ci confidiamo dicendo di aver  conosciuto una, uno… chi ci ascolta esclama: “Te ne sei innamorato, vero?!”. È l’amore che apre alla conoscenza, anzi chi si sente amato si lascia conoscere come non mai,  in profondità. 
Cosa abbiamo “visto” in quella persona di così interessante? 
L’amore ci fornisce una luce così penetrante da darci la presunzione di sapere già tutto, di  non aver bisogno di altro. 
Ben presto sapremo che non è così: proseguendo nel cammino dell’amore, vedremo quanto  abbiamo ancora da scoprire e quanto ancora ci sorprenderà come fosse una vera novità, fino al  punto di “non riconoscere” la persona amata o da dire: “Non ti riconosco più!”. 
L’AMORE è l’unica via alla conoscenza vera non perché fornito di chi sa quali strumenti  diagnostici, ma perché si connette direttamente, senza intermediari, con la “ragion prima di vita”  del suo destinatario. 
Fin dall’infanzia necessitiamo di “essere amati”, impariamo poi ad amare e questo determina  anche il nostro percorso di “conoscenza”, come annota Paolo nella sua prima lettera ai Corinzi al  capitolo 13 vv. 11-13. 
Chi ama, chi è capace di amare, conosce Dio… non è capace di amare non può conoscerlo”  (cf prima lettera di Giovanni 4,7-8). 
E questo ci dà la possibilità di conoscere davvero noi stessi, un’impresa improbabile… se non  ci vedessimo riflessi nel volto altrui. 
Contestualizzazione evangelica di Giovanni 14,1-12 
Attraverso i discorsi contenuti dal capitolo 14 al capitolo 17, l’evangelista Giovanni cerca di  immergere i suoi lettori nel “clima” di quell’ultima sera trascorsa da Gesù a cena con i suoi discepoli. Il redattore finale ce li ha trasmessi così per rendere anche noi partecipi, in una dimensione reale  ma “senza tempo” e quindi sempre attuale, di come Dio possa agire manifestando il suo amore nel  destino tragico del suo Figlio per il bene di tutti i suoi figli e figlie.
Non sono una raccolta di “commoventi consigli” in un’atmosfera di addio, ma “la parola  profetica” sul destino messianico di Gesù e sul percorso di fede e di vita di tutti i cristiani nel futuro. In essi il Signore consegna ai suoi discepoli di tutti i tempi “il mistero dell’amore” come ermeneutica  della sua e della loro esistenza, perché Dio vi rivela il suo volto di Padre (cf 13,1; 14,9; 17,26).  
In essi emerge anche il vissuto della “comunità implicita” dei discepoli e dell’evangelista: le  loro relazioni interne, il loro rapporto con “il mondo” circostante, l’intensità della loro esperienza di  fede e nello stesso tempo dell’assoluta novità offerta a tutti gli esseri umani che vede nella sua  comunità il luogo di comunione con Lui. (M. NICOLACCI
Assumono quindi valore e significato le raccomandazioni riguardo al comando del Signore  “amatevi gli uni gli altri”, comunicazione e assimilazione del suo amore trasmesso dal Padre (cf  13,34-35; 15,9-10;12-14); all’osservanza della Parola come esperienza di “rimanere e dimorare” nel  Signore (cf 14,23-25; 15,4-7; 17,11.20-23.26); alla presenza ed azione dello Spirito, dilatazione del  rapporto tra il Figlio e il Padre comunicato a noi (cf 14,15-17.25-26; 16,7-14: 5 promesse dello Spirito  da parte di Gesù, simbolo di pienezza / totalità della “Pentecoste”: 5 x 10); all’accettazione della  propria imperfezione, non più ostacolo ma tramite affinché l’amore di Dio possa agire in profondità  (cf 13,6-11.18-19.37-38; 15,1-2.6-8; 17,12-13); alla presenza “nel mondo” senza essere “del mondo” come Gesù (cf 17,9.14-19), “inviati” ad edificare l’unità (cf 17,21). 
Il capitolo 14 in particolare è formato da due brevi dialoghi tra Gesù e i discepoli Tommaso e Filippo (vv. 1-4 e 9-14) seguiti da due monologhi, dopo che il Signore ha lavato i piedi dei suoi  discepoli e predetto il tradimento di Giuda e il rinnegamento di Pietro, consegnando loro infine il «comandamento nuovo» dell’amore reciproco (cf 13, 1…38).  
In un “intimo dialogo”, Gesù invita a non farsi sopraffare dal “turbamento del cuore” e a  continuare a “crede in Dio e in Lui” rinnovando la loro fiducia (vv. 1-2) e guardando “oltre” l’attuale  situazione. Con l’immagine suggestiva della “casa del Padre”, Gesù non vuole condurli in  un’esperienza “evasiva”, piuttosto immergerli ancora più profondamente nel suo rapporto con il  Padre, proponendo se stesso “Via Veritiera di Vita” (vv. 3-4.6). 
Tommaso da voce all’interrogativo confuso nella mente dei discepoli: “dove… come?”; in  realtà solo Gesù compie questo “passaggio” per noi ed introduce tutti in un rapporto unico e nuovo  con il Padre (v. 5). 
Filippo interviene dopo la dichiarazione di Gesù: “Se avete conosciuto me, conoscerete anche  il Padre mio, e fin d’ora lo conoscete e lo avete visto” (v. 7) e lo incalza, quasi ingenuo: “Signore,  mostraci il Padre e ci basta!” (v. 8). 
Vedere/conoscere Gesù ci consente di vedere/conoscere il Padre ed è possibile perché nella  parola del Figlio opera il Padre, credendo nella “parola fatta carne” noi vediamo il Padre (cf 1,14.18;  14,9b-11; 15,11) ed affinché non rimanga speculazione o devozionismo, Gesù chiarisce che si tratta  di un rapporto interpersonale di reciproca comunione nel quale vivere e crescere. Si tratta di una  verità che è comunicazione e partecipazione ad una relazione filiale attraverso il Figlio che è per noi  Vita (cf v. 12), “Il Creatore che continuamente alimenta la vita nelle sue creature… non è prerogativa  esclusiva di Gesù, ma l’attività di quanti gli danno adesione… che tutti i credenti possono compiere…  a favore dell’essere umano che la comunità cristiana deve prolungare e intensificare nel tempo”. (A. MAGGI).  
Con il suo “andare al Padre”, è come se Gesù lasciasse campo libero ai suoi discepoli, come  Dio creatore ha poi lasciato liberi gli esseri umani di continuare la sua opera (cf Genesi 2,1-3): liberi,  non orfani! (cf v. 18). 
Ambientazione liturgica 
La nostra celebrazione eucaristica è “il memoriale” della cena pasquale ed è quindi  l’ambientazione migliore nella quale riascoltare i discorsi di Gesù ai suoi discepoli. La loro proclamazione liturgica ci offre due possibilità di discernimento: anzitutto di  riconoscere la sua presenza, vivo e risuscitato, nella comunità dei credenti luogo naturale in cui egli 
si manifesta a ciascuno e da cui irradia il suo amore come testimonianza e missione (J. MATEOS – J. BARRETO), e di vivere la celebrazione liturgica comunitaria, “luogo” dove la fede nella risurrezione del  Signore è creduta – annunciata – testimoniata in un solo e unico atto in quanto incontro con Lui e  da Lui offerto. (G. GHIBERTI
Inoltre “alcuni passi, tanto commoventi, ci confermano nella realtà di ciò che siamo poiché  le parole di Gesù, rivolte un giorno ai discepoli, oggi si rivolgono a noi”. (A. NOCENT ) È sorprendente come la liturgia ci restituisca il processo di composizione di questi testi, nati  appunto dall’esperienza post pasquale dei discepoli e delle prime comunità, alla cui luce si rileggono  le parole stesse di Gesù ed i suoi gesti (B. MAGGIONI). 
Preghiamo 
Signore risorto,  
fa’ che impariamo anche noi 
a camminare da risorti anche noi:  
sicuri che siamo con te  
in comunione con il Padre 
e che nel nostro quotidiano,  
nei nostri corpi,  
in ogni situazione 
Tu sei la Via che non ci inganna 
la Verità che ci illumina 
la vita che ci fa risorgere. 
Amen.

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