Vicina è la PAROLA
7 MAGGIO 2023
V DOMENICA DI PASQUA/A
Atti 6,1-7 / Salmo 32
1Pietro 3,4-9
Giovanni 14,1-12
L’AMORE, Via Vera verso la Vita
Se aspettassimo ad amare qualcuno solo dopo averlo ben conosciuto non lo faremmo mai! Ci innamoriamo a prescindere dalla conoscenza, anzi quando ci confidiamo dicendo di aver conosciuto una, uno… chi ci ascolta esclama: “Te ne sei innamorato, vero?!”. È l’amore che apre alla conoscenza, anzi chi si sente amato si lascia conoscere come non mai, in profondità.
Cosa abbiamo “visto” in quella persona di così interessante?
L’amore ci fornisce una luce così penetrante da darci la presunzione di sapere già tutto, di non aver bisogno di altro.
Ben presto sapremo che non è così: proseguendo nel cammino dell’amore, vedremo quanto abbiamo ancora da scoprire e quanto ancora ci sorprenderà come fosse una vera novità, fino al punto di “non riconoscere” la persona amata o da dire: “Non ti riconosco più!”.
L’AMORE è l’unica via alla conoscenza vera non perché fornito di chi sa quali strumenti diagnostici, ma perché si connette direttamente, senza intermediari, con la “ragion prima di vita” del suo destinatario.
Fin dall’infanzia necessitiamo di “essere amati”, impariamo poi ad amare e questo determina anche il nostro percorso di “conoscenza”, come annota Paolo nella sua prima lettera ai Corinzi al capitolo 13 vv. 11-13.
“Chi ama, chi è capace di amare, conosce Dio… non è capace di amare non può conoscerlo” (cf prima lettera di Giovanni 4,7-8).
E questo ci dà la possibilità di conoscere davvero noi stessi, un’impresa improbabile… se non ci vedessimo riflessi nel volto altrui.
Contestualizzazione evangelica di Giovanni 14,1-12
Attraverso i discorsi contenuti dal capitolo 14 al capitolo 17, l’evangelista Giovanni cerca di immergere i suoi lettori nel “clima” di quell’ultima sera trascorsa da Gesù a cena con i suoi discepoli. Il redattore finale ce li ha trasmessi così per rendere anche noi partecipi, in una dimensione reale ma “senza tempo” e quindi sempre attuale, di come Dio possa agire manifestando il suo amore nel destino tragico del suo Figlio per il bene di tutti i suoi figli e figlie.
Non sono una raccolta di “commoventi consigli” in un’atmosfera di addio, ma “la parola profetica” sul destino messianico di Gesù e sul percorso di fede e di vita di tutti i cristiani nel futuro. In essi il Signore consegna ai suoi discepoli di tutti i tempi “il mistero dell’amore” come ermeneutica della sua e della loro esistenza, perché Dio vi rivela il suo volto di Padre (cf 13,1; 14,9; 17,26).
In essi emerge anche il vissuto della “comunità implicita” dei discepoli e dell’evangelista: le loro relazioni interne, il loro rapporto con “il mondo” circostante, l’intensità della loro esperienza di fede e nello stesso tempo dell’assoluta novità offerta a tutti gli esseri umani che vede nella sua comunità il luogo di comunione con Lui. (M. NICOLACCI)
Assumono quindi valore e significato le raccomandazioni riguardo al comando del Signore “amatevi gli uni gli altri”, comunicazione e assimilazione del suo amore trasmesso dal Padre (cf 13,34-35; 15,9-10;12-14); all’osservanza della Parola come esperienza di “rimanere e dimorare” nel Signore (cf 14,23-25; 15,4-7; 17,11.20-23.26); alla presenza ed azione dello Spirito, dilatazione del rapporto tra il Figlio e il Padre comunicato a noi (cf 14,15-17.25-26; 16,7-14: 5 promesse dello Spirito da parte di Gesù, simbolo di pienezza / totalità della “Pentecoste”: 5 x 10); all’accettazione della propria imperfezione, non più ostacolo ma tramite affinché l’amore di Dio possa agire in profondità (cf 13,6-11.18-19.37-38; 15,1-2.6-8; 17,12-13); alla presenza “nel mondo” senza essere “del mondo” come Gesù (cf 17,9.14-19), “inviati” ad edificare l’unità (cf 17,21).
Il capitolo 14 in particolare è formato da due brevi dialoghi tra Gesù e i discepoli Tommaso e Filippo (vv. 1-4 e 9-14) seguiti da due monologhi, dopo che il Signore ha lavato i piedi dei suoi discepoli e predetto il tradimento di Giuda e il rinnegamento di Pietro, consegnando loro infine il «comandamento nuovo» dell’amore reciproco (cf 13, 1…38).
In un “intimo dialogo”, Gesù invita a non farsi sopraffare dal “turbamento del cuore” e a continuare a “crede in Dio e in Lui” rinnovando la loro fiducia (vv. 1-2) e guardando “oltre” l’attuale situazione. Con l’immagine suggestiva della “casa del Padre”, Gesù non vuole condurli in un’esperienza “evasiva”, piuttosto immergerli ancora più profondamente nel suo rapporto con il Padre, proponendo se stesso “Via Veritiera di Vita” (vv. 3-4.6).
Tommaso da voce all’interrogativo confuso nella mente dei discepoli: “dove… come?”; in realtà solo Gesù compie questo “passaggio” per noi ed introduce tutti in un rapporto unico e nuovo con il Padre (v. 5).
Filippo interviene dopo la dichiarazione di Gesù: “Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio, e fin d’ora lo conoscete e lo avete visto” (v. 7) e lo incalza, quasi ingenuo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta!” (v. 8).
Vedere/conoscere Gesù ci consente di vedere/conoscere il Padre ed è possibile perché nella parola del Figlio opera il Padre, credendo nella “parola fatta carne” noi vediamo il Padre (cf 1,14.18; 14,9b-11; 15,11) ed affinché non rimanga speculazione o devozionismo, Gesù chiarisce che si tratta di un rapporto interpersonale di reciproca comunione nel quale vivere e crescere. Si tratta di una verità che è comunicazione e partecipazione ad una relazione filiale attraverso il Figlio che è per noi Vita (cf v. 12), “Il Creatore che continuamente alimenta la vita nelle sue creature… non è prerogativa esclusiva di Gesù, ma l’attività di quanti gli danno adesione… che tutti i credenti possono compiere… a favore dell’essere umano che la comunità cristiana deve prolungare e intensificare nel tempo”. (A. MAGGI).
Con il suo “andare al Padre”, è come se Gesù lasciasse campo libero ai suoi discepoli, come Dio creatore ha poi lasciato liberi gli esseri umani di continuare la sua opera (cf Genesi 2,1-3): liberi, non orfani! (cf v. 18).
Ambientazione liturgica
La nostra celebrazione eucaristica è “il memoriale” della cena pasquale ed è quindi l’ambientazione migliore nella quale riascoltare i discorsi di Gesù ai suoi discepoli. La loro proclamazione liturgica ci offre due possibilità di discernimento: anzitutto di riconoscere la sua presenza, vivo e risuscitato, nella comunità dei credenti luogo naturale in cui egli
si manifesta a ciascuno e da cui irradia il suo amore come testimonianza e missione (J. MATEOS – J. BARRETO), e di vivere la celebrazione liturgica comunitaria, “luogo” dove la fede nella risurrezione del Signore è creduta – annunciata – testimoniata in un solo e unico atto in quanto incontro con Lui e da Lui offerto. (G. GHIBERTI)
Inoltre “alcuni passi, tanto commoventi, ci confermano nella realtà di ciò che siamo poiché le parole di Gesù, rivolte un giorno ai discepoli, oggi si rivolgono a noi”. (A. NOCENT ) È sorprendente come la liturgia ci restituisca il processo di composizione di questi testi, nati appunto dall’esperienza post pasquale dei discepoli e delle prime comunità, alla cui luce si rileggono le parole stesse di Gesù ed i suoi gesti (B. MAGGIONI).
Preghiamo
Signore risorto,
fa’ che impariamo anche noi
a camminare da risorti anche noi:
sicuri che siamo con te
in comunione con il Padre
e che nel nostro quotidiano,
nei nostri corpi,
in ogni situazione
Tu sei la Via che non ci inganna
la Verità che ci illumina
la vita che ci fa risorgere.
Amen.
7 MAGGIO 2023
V DOMENICA DI PASQUA/A
Atti 6,1-7 / Salmo 32
1Pietro 3,4-9
Giovanni 14,1-12
L’AMORE, Via Vera verso la Vita
Se aspettassimo ad amare qualcuno solo dopo averlo ben conosciuto non lo faremmo mai! Ci innamoriamo a prescindere dalla conoscenza, anzi quando ci confidiamo dicendo di aver conosciuto una, uno… chi ci ascolta esclama: “Te ne sei innamorato, vero?!”. È l’amore che apre alla conoscenza, anzi chi si sente amato si lascia conoscere come non mai, in profondità.
Cosa abbiamo “visto” in quella persona di così interessante?
L’amore ci fornisce una luce così penetrante da darci la presunzione di sapere già tutto, di non aver bisogno di altro.
Ben presto sapremo che non è così: proseguendo nel cammino dell’amore, vedremo quanto abbiamo ancora da scoprire e quanto ancora ci sorprenderà come fosse una vera novità, fino al punto di “non riconoscere” la persona amata o da dire: “Non ti riconosco più!”.
L’AMORE è l’unica via alla conoscenza vera non perché fornito di chi sa quali strumenti diagnostici, ma perché si connette direttamente, senza intermediari, con la “ragion prima di vita” del suo destinatario.
Fin dall’infanzia necessitiamo di “essere amati”, impariamo poi ad amare e questo determina anche il nostro percorso di “conoscenza”, come annota Paolo nella sua prima lettera ai Corinzi al capitolo 13 vv. 11-13.
“Chi ama, chi è capace di amare, conosce Dio… non è capace di amare non può conoscerlo” (cf prima lettera di Giovanni 4,7-8).
E questo ci dà la possibilità di conoscere davvero noi stessi, un’impresa improbabile… se non ci vedessimo riflessi nel volto altrui.
Contestualizzazione evangelica di Giovanni 14,1-12
Attraverso i discorsi contenuti dal capitolo 14 al capitolo 17, l’evangelista Giovanni cerca di immergere i suoi lettori nel “clima” di quell’ultima sera trascorsa da Gesù a cena con i suoi discepoli. Il redattore finale ce li ha trasmessi così per rendere anche noi partecipi, in una dimensione reale ma “senza tempo” e quindi sempre attuale, di come Dio possa agire manifestando il suo amore nel destino tragico del suo Figlio per il bene di tutti i suoi figli e figlie.
Non sono una raccolta di “commoventi consigli” in un’atmosfera di addio, ma “la parola profetica” sul destino messianico di Gesù e sul percorso di fede e di vita di tutti i cristiani nel futuro. In essi il Signore consegna ai suoi discepoli di tutti i tempi “il mistero dell’amore” come ermeneutica della sua e della loro esistenza, perché Dio vi rivela il suo volto di Padre (cf 13,1; 14,9; 17,26).
In essi emerge anche il vissuto della “comunità implicita” dei discepoli e dell’evangelista: le loro relazioni interne, il loro rapporto con “il mondo” circostante, l’intensità della loro esperienza di fede e nello stesso tempo dell’assoluta novità offerta a tutti gli esseri umani che vede nella sua comunità il luogo di comunione con Lui. (M. NICOLACCI)
Assumono quindi valore e significato le raccomandazioni riguardo al comando del Signore “amatevi gli uni gli altri”, comunicazione e assimilazione del suo amore trasmesso dal Padre (cf 13,34-35; 15,9-10;12-14); all’osservanza della Parola come esperienza di “rimanere e dimorare” nel Signore (cf 14,23-25; 15,4-7; 17,11.20-23.26); alla presenza ed azione dello Spirito, dilatazione del rapporto tra il Figlio e il Padre comunicato a noi (cf 14,15-17.25-26; 16,7-14: 5 promesse dello Spirito da parte di Gesù, simbolo di pienezza / totalità della “Pentecoste”: 5 x 10); all’accettazione della propria imperfezione, non più ostacolo ma tramite affinché l’amore di Dio possa agire in profondità (cf 13,6-11.18-19.37-38; 15,1-2.6-8; 17,12-13); alla presenza “nel mondo” senza essere “del mondo” come Gesù (cf 17,9.14-19), “inviati” ad edificare l’unità (cf 17,21).
Il capitolo 14 in particolare è formato da due brevi dialoghi tra Gesù e i discepoli Tommaso e Filippo (vv. 1-4 e 9-14) seguiti da due monologhi, dopo che il Signore ha lavato i piedi dei suoi discepoli e predetto il tradimento di Giuda e il rinnegamento di Pietro, consegnando loro infine il «comandamento nuovo» dell’amore reciproco (cf 13, 1…38).
In un “intimo dialogo”, Gesù invita a non farsi sopraffare dal “turbamento del cuore” e a continuare a “crede in Dio e in Lui” rinnovando la loro fiducia (vv. 1-2) e guardando “oltre” l’attuale situazione. Con l’immagine suggestiva della “casa del Padre”, Gesù non vuole condurli in un’esperienza “evasiva”, piuttosto immergerli ancora più profondamente nel suo rapporto con il Padre, proponendo se stesso “Via Veritiera di Vita” (vv. 3-4.6).
Tommaso da voce all’interrogativo confuso nella mente dei discepoli: “dove… come?”; in realtà solo Gesù compie questo “passaggio” per noi ed introduce tutti in un rapporto unico e nuovo con il Padre (v. 5).
Filippo interviene dopo la dichiarazione di Gesù: “Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio, e fin d’ora lo conoscete e lo avete visto” (v. 7) e lo incalza, quasi ingenuo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta!” (v. 8).
Vedere/conoscere Gesù ci consente di vedere/conoscere il Padre ed è possibile perché nella parola del Figlio opera il Padre, credendo nella “parola fatta carne” noi vediamo il Padre (cf 1,14.18; 14,9b-11; 15,11) ed affinché non rimanga speculazione o devozionismo, Gesù chiarisce che si tratta di un rapporto interpersonale di reciproca comunione nel quale vivere e crescere. Si tratta di una verità che è comunicazione e partecipazione ad una relazione filiale attraverso il Figlio che è per noi Vita (cf v. 12), “Il Creatore che continuamente alimenta la vita nelle sue creature… non è prerogativa esclusiva di Gesù, ma l’attività di quanti gli danno adesione… che tutti i credenti possono compiere… a favore dell’essere umano che la comunità cristiana deve prolungare e intensificare nel tempo”. (A. MAGGI).
Con il suo “andare al Padre”, è come se Gesù lasciasse campo libero ai suoi discepoli, come Dio creatore ha poi lasciato liberi gli esseri umani di continuare la sua opera (cf Genesi 2,1-3): liberi, non orfani! (cf v. 18).
Ambientazione liturgica
La nostra celebrazione eucaristica è “il memoriale” della cena pasquale ed è quindi l’ambientazione migliore nella quale riascoltare i discorsi di Gesù ai suoi discepoli. La loro proclamazione liturgica ci offre due possibilità di discernimento: anzitutto di riconoscere la sua presenza, vivo e risuscitato, nella comunità dei credenti luogo naturale in cui egli
si manifesta a ciascuno e da cui irradia il suo amore come testimonianza e missione (J. MATEOS – J. BARRETO), e di vivere la celebrazione liturgica comunitaria, “luogo” dove la fede nella risurrezione del Signore è creduta – annunciata – testimoniata in un solo e unico atto in quanto incontro con Lui e da Lui offerto. (G. GHIBERTI)
Inoltre “alcuni passi, tanto commoventi, ci confermano nella realtà di ciò che siamo poiché le parole di Gesù, rivolte un giorno ai discepoli, oggi si rivolgono a noi”. (A. NOCENT ) È sorprendente come la liturgia ci restituisca il processo di composizione di questi testi, nati appunto dall’esperienza post pasquale dei discepoli e delle prime comunità, alla cui luce si rileggono le parole stesse di Gesù ed i suoi gesti (B. MAGGIONI).
Preghiamo
Signore risorto,
fa’ che impariamo anche noi
a camminare da risorti anche noi:
sicuri che siamo con te
in comunione con il Padre
e che nel nostro quotidiano,
nei nostri corpi,
in ogni situazione
Tu sei la Via che non ci inganna
la Verità che ci illumina
la vita che ci fa risorgere.
Amen.
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