Vicina è la PAROLA
28 MAGGIO 2023
PENTECOSTE DELLO SPIRITO
Atti 2,1-11 / Salmo 103
1Corinzi 12,3-7.12-13
Giovanni 20,19-23
Senza lo Spirito…
«Senza lo Spirito Santo, Dio è lontano, il Cristo resta nel passato, il vangelo una lettera morta, la Chiesa una semplice organizzazione, l’autorità un potere, la missione una propaganda, il culto un arcaismo, e l’agire morale un agire da schiavi. Ma nello Spirito santo il cosmo è nobilitato per la generazione del Regno, il Cristo risorto si fa presente, il vangelo si fa potenza e vita, la Chiesa realizza la comunione trinitaria, l’autorità si trasforma in servizio, la liturgia è memoriale e anticipazione, l’agire umano viene deificato» (ATENAGORA I, patriarca di Costantinopoli dal 1948 al 1972).
Contestualizzazione evangelica
di Giovanni 20,19-23
Gli apostoli vedono ora quelle “mani” e quel “costato” che si erano rifiutati di guardare allora, quando Gesù veniva crocifisso (cf 19,35-37).
Adesso Lui è lì, piombato in mezzo a loro, ed ha una sola parola per loro: “Pace a voi!”, un saluto che li riempie di gioia, che vince l’iniziale chiusura e paura, e che la seconda volta, diventa addirittura un mandato, una missione (20,19-21).
Ma com’è possibile questa trasformazione in così poco tempo e sembra anche senza nessuna fatica per loro?
“Ricevete lo Spirito” (v. 22), fonte di una vita nuova riconciliata e pacificata, offerta a tutti: il perdono ricevuto e donato è l’unico potere loro conferito.
Anche a noi il Risorto si manifesta con i “segni” compiuti da Lui, gli stessi “in presenza dei suoi discepoli” (v. 30) e lo fa sempre “otto giorni dopo”, come con Tommaso (cf. vv. 26-29).
Nel quarto vangelo la fede o è suscitata dal “segno” oppure ne è l’effetto (cf 2,11; 5,54; 11,45; 12,37). Questo avviene anche per la vita sacramentale offerta dalla Chiesa. Per essere trasformati e vivere nel Cristo occorre “credere in Lui” (cf 9,35-38; 11,26) che ci tende la mano, ci viene incontro, per farci entrare nella realtà che quei segni offrono (A. NOCENT ).
Anche noi ascoltiamo, leggiamo quello che è stato scritto affinché possiamo anche noi “credere” (cf 2,11.23; 3,18; 20,30-31) che vuol dire “venire a Lui per avere da Lui la Vita” (cf 5,40).
Ambientazione liturgica
A cinquanta giorni dalla Pasqua, la Chiesa annuncia l’irruzione dello Spirito nella esistenza ed in quella di tutta l’umanità. Ha voluto così stabilire in questo giorno l’effusione dello Spirto sugli apostoli e il loro mandato per essere testimoni dell’esistenza storica, morte e risurrezione del Signore.
Le liturgie di questo “cinquantesimo giorno”, da quella vigiliare che vuole parzialmente ricalcare quella della veglia pasquale priva però di simboli e riti originali, a quella dei vespri conclusivi, pongono l’accento sulla di “pienezza” del mistero pasquale e di tutta la storia della salvezza: il tempo/giorno è “pieno”, come lo sono la casa e le persone. Lo Spirito “riempie il vuoto” lasciato da Gesù e ciò che è carente, incompleto in noi.
È il punto di partenza di una nuova consapevolezza: lo Spirito del Risorto dona a ciascuno la capacità di essere e di vivere ciò per cui Egli ha dato la sua vita, non per sé ma per il bene di tutti e nessuno può dirsi tale esclusivamente, ma come parte di una fede vissuta e professata insieme nell’amore fraterno [1Corinti 12– II lettura].
Lo Spirito, che fin dalla creazione anima l’azione di Dio così da far diventare l’adàm un “essere vivente”[Genesi]pervade ora di sé, liberamente ed efficacemente, l’esistenza “carnale” di ogni credente e della storia umana [Ezechiele] È una presenza che fino alla fine continuerà a far lievitare l’intero universo nella sua evoluzione e renderà possibile la novità del regno di Dio [Gioele], un soffio
inarrestabile, un vento che ci sospinge verso tutti e sempre “terre straniere”, un amore [Romani 5,5] che unisce e fa diventare fratelli/sorelle di tutti rispettando ogni differenza, capace di creare legami finora sconosciuti [Atti 2 – I lettura].
Anche noi, nella celebrazione liturgica, possiamo fare la stessa esperienza degli Apostoli: proprio perché la parola del Signore risorto è rivolta a noi essa ci illumini, ci conosce perché è la verità di noi stessi e permette a noi di riconoscerlo, di incontrarlo entrando attraverso il sacramento in un “contatto fisico” con Lui [Giovanni 20 – Evangelo].
“Otto giorni dopo” (v. 26) sarà la scansione settimanale che ci appuntamento con il Risorto, e costituisce il punto di incontro con Lui, visto e toccato, ma che abbiamo cercato lungo tutto il nostro percorso di fede, dal punto più lontano del dubbio o dell’incredulità a quello più vicino della confessione in Lui. Con quale pretesa la Chiesa può utilizzarli per annunciare la Risurrezione del Signore? Solo con la forza dello Spirito del risorto invocato (vedi la seconda epiclesi delle preci
Preghiamo
Padre santo,
che nell’evento di Pentecoste
santifichi la tua Chiesa
in ogni popolo e nazione,
diffondi su tutta la terra
i doni del tuo Spirito,
e rinnova anche oggi nell’intimo dei credenti
i prodigi che nel tuo amore universale
hai operato agli inizi
della predicazione del Vangelo.
Amen.
28 MAGGIO 2023
PENTECOSTE DELLO SPIRITO
Atti 2,1-11 / Salmo 103
1Corinzi 12,3-7.12-13
Giovanni 20,19-23
Senza lo Spirito…
«Senza lo Spirito Santo, Dio è lontano, il Cristo resta nel passato, il vangelo una lettera morta, la Chiesa una semplice organizzazione, l’autorità un potere, la missione una propaganda, il culto un arcaismo, e l’agire morale un agire da schiavi. Ma nello Spirito santo il cosmo è nobilitato per la generazione del Regno, il Cristo risorto si fa presente, il vangelo si fa potenza e vita, la Chiesa realizza la comunione trinitaria, l’autorità si trasforma in servizio, la liturgia è memoriale e anticipazione, l’agire umano viene deificato» (ATENAGORA I, patriarca di Costantinopoli dal 1948 al 1972).
Contestualizzazione evangelica
di Giovanni 20,19-23
Gli apostoli vedono ora quelle “mani” e quel “costato” che si erano rifiutati di guardare allora, quando Gesù veniva crocifisso (cf 19,35-37).
Adesso Lui è lì, piombato in mezzo a loro, ed ha una sola parola per loro: “Pace a voi!”, un saluto che li riempie di gioia, che vince l’iniziale chiusura e paura, e che la seconda volta, diventa addirittura un mandato, una missione (20,19-21).
Ma com’è possibile questa trasformazione in così poco tempo e sembra anche senza nessuna fatica per loro?
“Ricevete lo Spirito” (v. 22), fonte di una vita nuova riconciliata e pacificata, offerta a tutti: il perdono ricevuto e donato è l’unico potere loro conferito.
Anche a noi il Risorto si manifesta con i “segni” compiuti da Lui, gli stessi “in presenza dei suoi discepoli” (v. 30) e lo fa sempre “otto giorni dopo”, come con Tommaso (cf. vv. 26-29).
Nel quarto vangelo la fede o è suscitata dal “segno” oppure ne è l’effetto (cf 2,11; 5,54; 11,45; 12,37). Questo avviene anche per la vita sacramentale offerta dalla Chiesa. Per essere trasformati e vivere nel Cristo occorre “credere in Lui” (cf 9,35-38; 11,26) che ci tende la mano, ci viene incontro, per farci entrare nella realtà che quei segni offrono (A. NOCENT ).
Anche noi ascoltiamo, leggiamo quello che è stato scritto affinché possiamo anche noi “credere” (cf 2,11.23; 3,18; 20,30-31) che vuol dire “venire a Lui per avere da Lui la Vita” (cf 5,40).
Ambientazione liturgica
A cinquanta giorni dalla Pasqua, la Chiesa annuncia l’irruzione dello Spirito nella esistenza ed in quella di tutta l’umanità. Ha voluto così stabilire in questo giorno l’effusione dello Spirto sugli apostoli e il loro mandato per essere testimoni dell’esistenza storica, morte e risurrezione del Signore.
Le liturgie di questo “cinquantesimo giorno”, da quella vigiliare che vuole parzialmente ricalcare quella della veglia pasquale priva però di simboli e riti originali, a quella dei vespri conclusivi, pongono l’accento sulla di “pienezza” del mistero pasquale e di tutta la storia della salvezza: il tempo/giorno è “pieno”, come lo sono la casa e le persone. Lo Spirito “riempie il vuoto” lasciato da Gesù e ciò che è carente, incompleto in noi.
È il punto di partenza di una nuova consapevolezza: lo Spirito del Risorto dona a ciascuno la capacità di essere e di vivere ciò per cui Egli ha dato la sua vita, non per sé ma per il bene di tutti e nessuno può dirsi tale esclusivamente, ma come parte di una fede vissuta e professata insieme nell’amore fraterno [1Corinti 12– II lettura].
Lo Spirito, che fin dalla creazione anima l’azione di Dio così da far diventare l’adàm un “essere vivente”[Genesi]pervade ora di sé, liberamente ed efficacemente, l’esistenza “carnale” di ogni credente e della storia umana [Ezechiele] È una presenza che fino alla fine continuerà a far lievitare l’intero universo nella sua evoluzione e renderà possibile la novità del regno di Dio [Gioele], un soffio
inarrestabile, un vento che ci sospinge verso tutti e sempre “terre straniere”, un amore [Romani 5,5] che unisce e fa diventare fratelli/sorelle di tutti rispettando ogni differenza, capace di creare legami finora sconosciuti [Atti 2 – I lettura].
Anche noi, nella celebrazione liturgica, possiamo fare la stessa esperienza degli Apostoli: proprio perché la parola del Signore risorto è rivolta a noi essa ci illumini, ci conosce perché è la verità di noi stessi e permette a noi di riconoscerlo, di incontrarlo entrando attraverso il sacramento in un “contatto fisico” con Lui [Giovanni 20 – Evangelo].
“Otto giorni dopo” (v. 26) sarà la scansione settimanale che ci appuntamento con il Risorto, e costituisce il punto di incontro con Lui, visto e toccato, ma che abbiamo cercato lungo tutto il nostro percorso di fede, dal punto più lontano del dubbio o dell’incredulità a quello più vicino della confessione in Lui. Con quale pretesa la Chiesa può utilizzarli per annunciare la Risurrezione del Signore? Solo con la forza dello Spirito del risorto invocato (vedi la seconda epiclesi delle preci
Preghiamo
Padre santo,
che nell’evento di Pentecoste
santifichi la tua Chiesa
in ogni popolo e nazione,
diffondi su tutta la terra
i doni del tuo Spirito,
e rinnova anche oggi nell’intimo dei credenti
i prodigi che nel tuo amore universale
hai operato agli inizi
della predicazione del Vangelo.
Amen.
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