VICINA È LA PAROLA
19 MARZO 2023
DOMENICA IV QUARESIMA/A
1Samuele 16,1…13 / Salmo 22
Efesini 5,8-14
Giovanni 9,1-41
CIECHI si nasce o si diventa?
Una luce che non solo si fa vedere, ma ci fa vedere… oltre le nostre cecità e tutto ciò che ostacola, impedisce lo sguardo disincantato sulla realtà, sulle persone.
Vedere ciò che avviene sotto i nostri occhi, ciò che Dio opera.
“Tutti siamo nati ciechi” e nonostante i nostri tentativi di raggiungere la verità saranno gli incontri che faremo ad aprirci gli occhi oppure a far di tutto affinché non si aprano mai! “Riconoscere questa condizione di fondo che limita ogni nostra visione dell’esistenza, della storia, del mondo e perfino di Dio, permette l’incontro con il Signore “il solo che è la luce, lui solo la dà perché mandato dal Padre” (A. NOCENT).
Lo sguardo che ci fa vedere
Cosa ti impedisce di vedere
quello che stai guardando?
Qualcosa ti sta succedendo…
Come?
Quando?
E se qualcuno, passando ti guardasse, ti vedesse…
e tu girandoti, incrociassi il suo sguardo
e potessi vederti… guardato?!
Toccàti dal suo sguardo
e vedersi in quegli occhi come per la prima volta,
rinati da quello sguardo che ci fa dire:
ci sei, ci sono…
Luce!
Contestualizzazione evangelica
Il capitolo 9 si trova all’interno di una sezione di episodi ambientati a Gerusalemme, la Città Santa, dove il “Figlio dell’Uomo” si rivela, si fa conoscere per “Colui che veramente è”. L’ambientazione è delle “Grandi Feste”: il Sabato, la Pasqua, le Capanne, la Dedicazione del Tempio e, nuovamente la Pasqua.
Una grande quantità di luce caratterizzava la solennità delle Capanne, con falò, torce e luminarie che avvolgevano la città di Gerusalemme in un’atmosfera straordinariamente luminosa. L’affermazione di Gesù in 8,12: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita», da una parte si collega col simbolismo della Festa, dall’altra prepara al senso profondo dell’episodio dell’uomo nato cieco (cf 9,5). Nel racconto evangelico di Giovanni esso fa parte del “Libro dei segni” (capp. 2 - 12) il “VI segno”: Cristo si manifesta al mondo come VITA e come LUCE, ma è rifiutato” (cf 1,10-11) e compie “segni” che lo rivelano. È Vita egli fa rinascere (cf cap. 3), dona l’acqua della Vita (cap. 4) e il pane della Vita (cap. 6).
Anche in questo caso si tratta di un incontro personale, di un “reciproco riconoscimento” (cf Nicodemo cap. 3; la samaritana cap. 4; il paralitico cap. 5; le sorelle di Lazzaro (cap. 11). Sono persone con cui Gesù instaura un dialogo su livelli diversi che spesso si intrecciano, creando anche ambiguità e incomprensioni -in questo brano con le autorità religiose e addirittura con i familiari- fino ad arrivare alla piena rivelazione ed al riconoscimento della fede da parte del suo interlocutore.
Ma lo “scontro” che emerge qui con “i giudei” riporta probabilmente anche la situazione dei primitivi gruppi di credenti nella Palestina [Prosper GRECH].
Si nota subito come la guarigione dell’uomo nato cieco occupi uno spazio molto limitato e non abbia nulla di miracolistico e di stupefacente (vv. 6-7), mentre tutto il racconto si svolge poi in diversi dialoghi e interrogatori: dei vicini e conoscenti (vv. 8-12), dei farisei (vv. 13-17), dei genitori (vv. 18-23), ancora dei giudei (vv. 24-34) e infine con il guarito e i farisei (vv. 35-41).
Il clima è quello della crescente ostilità ed opposizione dei giudei nei confronti di Gesù, poiché essi sono chiusi al cambiamento che Egli annuncia ed attua. Dalla loro posizione di superiorità, etnica e religiosa, “giudicano tutti e tutto senza guardare alla propria interiorità (e degli altri), nell’illusione di poter dare lezioni di fede, ossia di fedeltà a Dio e di comprensione, nella vita, circa la verità religiosa autentica” (ALBERTO MAGGI).
Più il guarito capisce cosa e come gli sia successo e più conosce quell’uomo Gesù (v. 11) come un profeta (v. 17) mandato da Dio (v. 33) il Signore (vv. 35-37) e più gli altri si chiudono nella loro incomprensione della realtà ed ottusità fino alla totale cecità (v. 41).
Il difficile cammino compiuto dal cieco va in senso contrario a quello dei giudei: lo vediamo accedere passo passo, con la sua rettitudine e con un ragionamento fatto di buon senso, a una comprensione sempre maggiore dell'avvenimento di cui è beneficiario e della persona di Gesù, per giungere, con una continua ascesa, fino alla luce della fede.
Con i suoi occhi nuovi egli “vede” Colui che “avendolo visto” lo aveva fatto vedere, e così diventa segno, simbolo della persona illuminata dal Cristo: un testimone della fede in Lui. Questo episodio del quarto evangelo sviluppa proprio uno dei capisaldi di Giovanni: vedere per credere e credere per vedere, e ne rappresenta il faticoso cammino che troverà poi il suo culmine nell’incontro del Risorto con il discepolo Tommaso (cap. 20).
Perciò Gesù, scampato ad un nuovo tentativo di lapidazione all’interno del Tempio (cf 8,59; come poi in 10,39), abbandona il luogo sacro e va incontro a chi ne era escluso [il cieco guarito], rivelandosi così come il “vero pastore” che raduna le pecore disperse (cf Ezechiele 37), liberando quelle racchiuse nel recinto dell’istituzione giudaica, cercando le escluse, per formare un unico gregge (cf cap. 10).
Ambientazione liturgica: nel tempio irrompe la luce che fa vedere
La liturgia della Parola di questa domenica ci pone ulteriormente in una prospettiva battesimale e pasquale, tipica di questo ciclo quaresimale “A”. Tutte e tre le Letture, infatti, accennano in modi diversi al mistero d’illuminazione come passaggio dalle tenebre alla luce della vita che si opera in noi tramite il Battesimo, nel quale veniamo inseriti nel mistero di morte e di risurrezione del Cristo.
Chi segue il Signore è illuminato interiormente e, oltre le apparenze, inzia a vedere se stesso, gli altri ed anche Dio alla luce dell’amore che da Lui è gratuitamente donato. [1Samuele – I lettura] Così l’esistenza si trasforma, diventa un cammino che, pur in mezzo alle difficoltà, poggia sulla presenza luminosa del Signore [Salmo 22]. Sulla via del bene anche noi diventiamo capaci di azioni buone nella verità e per la giustizia [Paolo agli Efesini – II lettura]: non in un regime di autosufficienza [cf i giudei dell’Evangelo] ma di fiducia nel Signore che è venuto incontro a noi come al cieco guarito.
Si capisce perché questo episodio evangelico costituisca uno dei capisaldi catechetici per la preparazione dei catecumeni al Battesimo che vi saranno immersi e “illuminati”, per diventare discepoli del Signore e suoi testimoni.
Negli attuali esorcismi (cf RICA) la comunità chiede per loro, come fu per il nato cieco, “l’accesso per questa fede al regno della tua luce, libera … da tutte le illusioni che potrebbero accecarli. Che essi siano fermamente radicati nella verità, diventino figli della luce e lo restino sempre” e poi si conclude: “Signore Gesù, vera luce che illumini ogni essere umano, libera col tuo Spirito di verità tutti coloro che … possedendo la gioia della tua luce, come il cieco restituito un giorno alla chiarezza, siano sempre testimoni saldi e sicuri della fede”.
Preghiamo con la Liturgia
O Padre della Luce,
tu vedi le profondità del nostro cuore:
liberaci dal potere delle tenebre
e apri i nostri occhi perché,
illuminati dal tuo Spirito,
vediamo Colui che hai mandato
ad illuminare il mondo
e crediamo solo in Lui, Gesù Cristo, tuo Figlio
nostro Signore e nostro Dio.
Amen.
19 MARZO 2023
DOMENICA IV QUARESIMA/A
1Samuele 16,1…13 / Salmo 22
Efesini 5,8-14
Giovanni 9,1-41
CIECHI si nasce o si diventa?
Una luce che non solo si fa vedere, ma ci fa vedere… oltre le nostre cecità e tutto ciò che ostacola, impedisce lo sguardo disincantato sulla realtà, sulle persone.
Vedere ciò che avviene sotto i nostri occhi, ciò che Dio opera.
“Tutti siamo nati ciechi” e nonostante i nostri tentativi di raggiungere la verità saranno gli incontri che faremo ad aprirci gli occhi oppure a far di tutto affinché non si aprano mai! “Riconoscere questa condizione di fondo che limita ogni nostra visione dell’esistenza, della storia, del mondo e perfino di Dio, permette l’incontro con il Signore “il solo che è la luce, lui solo la dà perché mandato dal Padre” (A. NOCENT).
Lo sguardo che ci fa vedere
Cosa ti impedisce di vedere
quello che stai guardando?
Qualcosa ti sta succedendo…
Come?
Quando?
E se qualcuno, passando ti guardasse, ti vedesse…
e tu girandoti, incrociassi il suo sguardo
e potessi vederti… guardato?!
Toccàti dal suo sguardo
e vedersi in quegli occhi come per la prima volta,
rinati da quello sguardo che ci fa dire:
ci sei, ci sono…
Luce!
Contestualizzazione evangelica
Il capitolo 9 si trova all’interno di una sezione di episodi ambientati a Gerusalemme, la Città Santa, dove il “Figlio dell’Uomo” si rivela, si fa conoscere per “Colui che veramente è”. L’ambientazione è delle “Grandi Feste”: il Sabato, la Pasqua, le Capanne, la Dedicazione del Tempio e, nuovamente la Pasqua.
Una grande quantità di luce caratterizzava la solennità delle Capanne, con falò, torce e luminarie che avvolgevano la città di Gerusalemme in un’atmosfera straordinariamente luminosa. L’affermazione di Gesù in 8,12: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita», da una parte si collega col simbolismo della Festa, dall’altra prepara al senso profondo dell’episodio dell’uomo nato cieco (cf 9,5). Nel racconto evangelico di Giovanni esso fa parte del “Libro dei segni” (capp. 2 - 12) il “VI segno”: Cristo si manifesta al mondo come VITA e come LUCE, ma è rifiutato” (cf 1,10-11) e compie “segni” che lo rivelano. È Vita egli fa rinascere (cf cap. 3), dona l’acqua della Vita (cap. 4) e il pane della Vita (cap. 6).
Anche in questo caso si tratta di un incontro personale, di un “reciproco riconoscimento” (cf Nicodemo cap. 3; la samaritana cap. 4; il paralitico cap. 5; le sorelle di Lazzaro (cap. 11). Sono persone con cui Gesù instaura un dialogo su livelli diversi che spesso si intrecciano, creando anche ambiguità e incomprensioni -in questo brano con le autorità religiose e addirittura con i familiari- fino ad arrivare alla piena rivelazione ed al riconoscimento della fede da parte del suo interlocutore.
Ma lo “scontro” che emerge qui con “i giudei” riporta probabilmente anche la situazione dei primitivi gruppi di credenti nella Palestina [Prosper GRECH].
Si nota subito come la guarigione dell’uomo nato cieco occupi uno spazio molto limitato e non abbia nulla di miracolistico e di stupefacente (vv. 6-7), mentre tutto il racconto si svolge poi in diversi dialoghi e interrogatori: dei vicini e conoscenti (vv. 8-12), dei farisei (vv. 13-17), dei genitori (vv. 18-23), ancora dei giudei (vv. 24-34) e infine con il guarito e i farisei (vv. 35-41).
Il clima è quello della crescente ostilità ed opposizione dei giudei nei confronti di Gesù, poiché essi sono chiusi al cambiamento che Egli annuncia ed attua. Dalla loro posizione di superiorità, etnica e religiosa, “giudicano tutti e tutto senza guardare alla propria interiorità (e degli altri), nell’illusione di poter dare lezioni di fede, ossia di fedeltà a Dio e di comprensione, nella vita, circa la verità religiosa autentica” (ALBERTO MAGGI).
Più il guarito capisce cosa e come gli sia successo e più conosce quell’uomo Gesù (v. 11) come un profeta (v. 17) mandato da Dio (v. 33) il Signore (vv. 35-37) e più gli altri si chiudono nella loro incomprensione della realtà ed ottusità fino alla totale cecità (v. 41).
Il difficile cammino compiuto dal cieco va in senso contrario a quello dei giudei: lo vediamo accedere passo passo, con la sua rettitudine e con un ragionamento fatto di buon senso, a una comprensione sempre maggiore dell'avvenimento di cui è beneficiario e della persona di Gesù, per giungere, con una continua ascesa, fino alla luce della fede.
Con i suoi occhi nuovi egli “vede” Colui che “avendolo visto” lo aveva fatto vedere, e così diventa segno, simbolo della persona illuminata dal Cristo: un testimone della fede in Lui. Questo episodio del quarto evangelo sviluppa proprio uno dei capisaldi di Giovanni: vedere per credere e credere per vedere, e ne rappresenta il faticoso cammino che troverà poi il suo culmine nell’incontro del Risorto con il discepolo Tommaso (cap. 20).
Perciò Gesù, scampato ad un nuovo tentativo di lapidazione all’interno del Tempio (cf 8,59; come poi in 10,39), abbandona il luogo sacro e va incontro a chi ne era escluso [il cieco guarito], rivelandosi così come il “vero pastore” che raduna le pecore disperse (cf Ezechiele 37), liberando quelle racchiuse nel recinto dell’istituzione giudaica, cercando le escluse, per formare un unico gregge (cf cap. 10).
Ambientazione liturgica: nel tempio irrompe la luce che fa vedere
La liturgia della Parola di questa domenica ci pone ulteriormente in una prospettiva battesimale e pasquale, tipica di questo ciclo quaresimale “A”. Tutte e tre le Letture, infatti, accennano in modi diversi al mistero d’illuminazione come passaggio dalle tenebre alla luce della vita che si opera in noi tramite il Battesimo, nel quale veniamo inseriti nel mistero di morte e di risurrezione del Cristo.
Chi segue il Signore è illuminato interiormente e, oltre le apparenze, inzia a vedere se stesso, gli altri ed anche Dio alla luce dell’amore che da Lui è gratuitamente donato. [1Samuele – I lettura] Così l’esistenza si trasforma, diventa un cammino che, pur in mezzo alle difficoltà, poggia sulla presenza luminosa del Signore [Salmo 22]. Sulla via del bene anche noi diventiamo capaci di azioni buone nella verità e per la giustizia [Paolo agli Efesini – II lettura]: non in un regime di autosufficienza [cf i giudei dell’Evangelo] ma di fiducia nel Signore che è venuto incontro a noi come al cieco guarito.
Si capisce perché questo episodio evangelico costituisca uno dei capisaldi catechetici per la preparazione dei catecumeni al Battesimo che vi saranno immersi e “illuminati”, per diventare discepoli del Signore e suoi testimoni.
Negli attuali esorcismi (cf RICA) la comunità chiede per loro, come fu per il nato cieco, “l’accesso per questa fede al regno della tua luce, libera … da tutte le illusioni che potrebbero accecarli. Che essi siano fermamente radicati nella verità, diventino figli della luce e lo restino sempre” e poi si conclude: “Signore Gesù, vera luce che illumini ogni essere umano, libera col tuo Spirito di verità tutti coloro che … possedendo la gioia della tua luce, come il cieco restituito un giorno alla chiarezza, siano sempre testimoni saldi e sicuri della fede”.
Preghiamo con la Liturgia
O Padre della Luce,
tu vedi le profondità del nostro cuore:
liberaci dal potere delle tenebre
e apri i nostri occhi perché,
illuminati dal tuo Spirito,
vediamo Colui che hai mandato
ad illuminare il mondo
e crediamo solo in Lui, Gesù Cristo, tuo Figlio
nostro Signore e nostro Dio.
Amen.
La PAROLA nella Parola
RispondiEliminaLetture bibliche a commento della Parola domenicale.
Meditandola e pregandola,
cogliamo il suo attuale avvenimento nella nostra vita.
I brani proposti ci aiutano a comprenderla
alla luce di tutta la storia della salvezza:
Atti 26,4-23
Vidi la sua luce e lo seguii…
1Giovanni 1,5 -2, 11
Dio è luce: chi ama è nella luce!
Giovanni 8,12-20
Io sono la luce del mondo,
chi mi segue avrà la luce della Vita.
Apocalisse 3,14-22
Non sai di essere cieco!
Marco 10,46-52
Alzati! Ti chiama. E lo seguì.