VICINA È LA PAROLA
19 FEBBRAIO 2023
DOMENICA VII ANNO A
Levitico 19,1-2.17-18 / Salmo 102
1Corinti 3,16-23
Matteo 5,38-48
Oltre… c’è solo l’AMORE
L’amore ha mille risvolti e presenta sempre nuovi orizzonti.
A proposito cito spesso Italo Calvino: “L’amore non ha confini se non quelli che noi gli diamo”. E noi umani vorremmo scoprirne sempre nuove vibrazioni e colorazioni capaci di dare alla nostra esistenza sbiadita e insipida una spinta rinnovatrice.
Nel nostro prossimo incontro con le coppie che si preparano al sacramento delle nozze, rifletteremo sul perdono nella relazione amorosa… ma non solo davanti ad un incidente letale come il tradimento (che poi anche questo conosce tante versioni nella quotidianità… perché penso che chi ha tradito una volta il proprio uomo o la propria donna con un altro/a lo ha già fatto molte volte con se stesso).
Perdonare non è riammettere l’altro/a alla propria amabilità o condonare un debito facendo un favore, un “grazia” all’altro, ma è dare a se stessi la possibilità di vivere, di vivere appieno e fino in fondo; perché perdonare è vivere, è risorgere passando dalla morte alla vita.
“La misericordia opera in quattro modi: custodisce, sopporta, ravviva, guarisce, e tutto questo è la tenerezza dell’amore”. [GIULIANA DI NORWICH, 1342-1416]
“Coniugare l’amore con la tenerezza e la misericordia può unire poli apparentemente inconciliabili; essenziali però a sorvegliare i rischi del desiderio… declinati esclusivamente in riposta ad un bisogno. La tenerezza tempera l’urgenza del bisogno e dell’aggressività, e si sperimenta come condivisione della fragilità mettendo al riparo sia dall’arroganza che esclude, sia dalla colpevolizzazione dell’altro come mezzo per difendere se stessi. La misericordia, d’altra parte è il passaggio necessario per guarire le frustrazioni del desiderio, permettendo così di salvare la relazione dalla frattura. L’agape, sintesi di misericordia e di tenerezza, è il cuore e il traguardo di ogni relazione che voglia essere insieme appagante e responsabile”. [DOMENICO PEZZINI, L’acqua e la rosa]
Contestualizzazione evangelica
Continuiamo la lettura del “Discorso del Monte” [Matteo 5,1- 7,29] nel quale notiamo che l’evangelista riporta l’insegnamento del Nazareno alle folle ed ai suoi discepoli che “annunciava il Vangelo del regno” (4,23) procedendo per “opposizioni” (ben 6!) tra i precetti della Torah ebraica ed una nuova “anzi, io vi dico” (5,22); in realtà nella sua intenzione vuole essere una “estensione/radicalizzazione”. Il brano di questa domenica riporta la quinta e la sesta: vv. 38-48.
Anzitutto il Maestro insegna ai suoi come gestire le relazioni, soprattutto quelle conflittuali di cui dà quattro esempi (cf vv. 38-42), oltrepassando il semplice voler arginare ogni desiderio di vendetta (la cosiddetta “legge del taglione” cf Esodo 21,23ss) e nello stesso tempo “rompendo” la
“risposta simmetrica” che viene dalla reazione naturale. Il discepolo di Gesù è chiamato a rispondere “sottraendosi al circolo vizioso delle azioni simmetriche per assumere una nuova logica” quella del Figlio stesso (vedi il modo in cui Matteo descrive l’atteggiamento con cui Gesù affronterà il suo processo e la sua passione). Questo è il “di più” (cf v. 47) che Egli propone e chiede e che non ha nulla di remissivo e di rinunciatario!
Il motivo di fondo di questa nuova logica sta nel primato dell’amore che non conosce confini, nemmeno quello davanti al “nemico” (cf vv. 43-48) che viene incluso anch’egli nel “prossimo”, come il Padre che considera tutti figlie e figli suoi! (cf Luca 10,37)
Il credente non può pensare di fuggire dalla realtà: anch’egli ha dei nemici, le prime comunità cristiane ne avevano!
La sapienza evangelica ci educa partendo dall’inizio, dal considerare gli altri senza suddividerli tra simpatici e antipatici, amichevoli/benevoli e ostili… sono tutti prossimi da amare. L’altro/a, chiunque sia, è un fratello e una sorella per chi considera il Dio di Gesù suo Padre. “Diventerete così perfetti come il vostro unico Padre” (cf v. 48).
Il primo di noi è Gesù stesso che è “come” il Padre proprio perché ci ha amati com’egli è amato da Lui (cf Giovanni 15,9-11) e come noi così ha amato l’intera umanità (cf Gv 3,16)
Ambientazione liturgica
Ogni volta che “entriamo in chiesa” per la celebrazione non dovremmo mai dimenticare quello che Paolo scrive ai Corinzi: “non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Santo è il tempio di Dio, che siete voi”. [II lettura]
La stessa santità chiesta dal Signore al suo popolo, Israele, è suo dono: una comunicazione di santità che consiste nell’amore verso il prossimo, fatto di perdono. [Levitico 19 - I lettura] Ognuno di noi, con la forza di questo Spirito, riesce a superare la sua naturale inclinazione e diventa capace di amare nella vita di ogni giorno e di questo dono esultiamo con il salmista [Salmo 2 - Ingresso]: lo stesso amore di Dio dimora in noi in modo “perfetto” come Lui lo è. [1Giovanni 2,5 - Acclamazione all’Evangelo]
Lo cantiamo anche nel salmo responsoriale: il suo perdono, il suo amore… sono quelli di un padre per i suoi figli [Salmo 102].
In base a quale sapienza? Quella che ha ispirato Gesù ad essere così libero da essere “per noi”, quindi di Dio e noi con Lui. [1Corinzi]
Preghiamo con la Liturgia
O Dio nostro Padre,
che nel Vangelo del tuo Figlio
hai rivelato la perfezione dell'amore,
apri i nostri cuori all'azione del tuo Spirito,
perché siano spezzate le catene
della violenza e dell'odio,
e il male sia vinto dal bene.
Amen.
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