domenica 9 ottobre 2022

VICINA È LA PAROLA 9 OTTOBRE 2022 DOMENICA XXVIII/C L’elogio della GRATITUDINE

VICINA È LA PAROLA 
9 OTTOBRE 2022 
DOMENICA XXVIII/
2Re 5,14-17 / Salmo 98 
2Timoteo 2,8-13 
Luca 17,11-19 
L’elogio 
della GRATITUDINE 
Un altro “elogio” che in realtà non sono io a fare, ma Qualcuno ben più accreditato (cf Luca 17,16-18). 
Se la sfida evangelica è amare senza aspettarsi gratitudine, tuttavia questa va elogiata  quando la esprime chi non avrebbe nessun motivo per dimostrarla e nessun requisito nemmeno per  ricevere una grazia perché “emarginato, escluso e scomunicato”. 
Ma sempre rimane una risposta la gratitudine e non sarebbe possibile senza la gratuità anche  solo di un piccolo gesto d’amore da una distanza che sembra all’inizio insuperabile. Non saprei dire se ha più valore il dono in sé o il gesto che oltrepassa le barriere. Comunque se ci sorprende la gratuità dell’amore, di più non può non stupirci che la  gratitudine ci raggiunga da chi non ce l’aspetteremmo. 
“L’essere umano compiutamente realizzato, secondo l’evangelo di Gesù, è colui che  sa accorgersi degli altri (cf Luca 10,33 ss.) e di se stesso (cf 17,15 ss.), del miracolo continuo  che l’amore misericordioso opera nella sua vita. Chi sa accorgersi della grazia su di sé e per  questo sa usare misericordia verso gli altri. Nella gratitudine del lebbroso samaritano, Gesù  riconosce il segno della sua fede: nella gratuità verso il prossimo e nella gratitudine verso di  Lui. Ecco il cammino quotidiano della vita di fede: dalla gratuità alla gratitudine”.  
(COMUNITÀ DI VIBOLDONE) 
Contestualizzazione evangelica di Luca 17,11-19 
Una nuova tappa del cammino del Nazareno “verso Gerusalemme, come viene narrato da  Luca, “attraverso la Samaria e la Galilea”: Egli sta andando incontro alla sua morte. Un percorso  molto strano, verso nord che sembra allontanarlo dalla Città santa a sud; un cammino lungo la  “frontiera” tra due regioni periferiche per la religiosità ortodossa giudaica. 
Tuttavia essa circoscrive un’ambientazione più teologica che geografica, tipica di Luca, per  introdurre nuovamente la gratuità della salvezza operata da Gesù che ha come suoi protagonisti preferiti “gli esclusi” per eccellenza, “i lebbrosi” (10 che equivale a “tutti”) e “gli scomunicati” per  antonomasia, “un smaritano”. 
L’osare andargli incontro è già riporre la fiducia in uno che va verso di loro contro ogni regola  e convenzione, aprendo così uno spazio di dialogo (cf 5,42-44); essi giocano il tutto per tutto non  arrendendosi ad una situazione senza via di uscita e rivolgendosi a chi ne ha la possibilità [“maestro/capo” v. 13]. 
A quali “sacerdoti” avrebbero dovuto presentarsi i lebbrosi per verificare la guarigione?  Troppo distanti da quel luogo! Eppure si incamminano lo stesso, fidandosi unicamente della sua  parola. 
Ma uno solo dei risanati avverte il paradosso e non perde tempo: torna da Gesù, fonte della  sua nuova vita ricevuta, Dio stesso; dimostra gratitudine e fede; addirittura riceve il dono di poter  “risorgere” e “il mandato” di poter continuare a vivere così. 
Un percorso che anticipa ciò che il Signore opererà per tutti gli esseri umani con la sua  risurrezione: la fine di un sistema religioso ormai totalmente inefficace per il bene delle persone e
l’inizio di una novità assoluta di cui la comunità lucana è ormai depositaria. Ora essa deve coglierla come una sfida e non chiudersi nelle sue sicurezze e pregiudizi, ma continuare ad esserne testimone  se non vuole correre gli errori del passato (cf Atti 8,5-25). Il suo compito e mantenere viva la  relazione con il Risorto e l’appartenenza a Lui che trasmette oltre all’integrità fisica la ragione vera  del vivere. 
Ambientazione liturgica 
+ L’acclamazione al vangelo ci dà i contorni e le dimensioni del messaggio lucano: “Voi siete…  proclamate: Lui vi ha chiamati dalle tenebre alla luce” (cf 1Pietro 2,9). Siamo noi che ascoltiamo e  celebriamo a “risorgere” per la parola del Signore: “Alzati e va’”. 
Sarà l’Eucaristia il nostro “rendimento di grazie” per passare nuovamente dalla morte alla  vita, rigenerati a vita nuova e mandati a testimoniarla. 
La Liturgia della Parola ci annuncia la salvezza ed in quella eucaristica la sperimentiamo. - È una salvezza universale per la quale la comunità ringrazia a nome di ogni essere umano e  di tutti i popoli che ancora non la riconoscono [Salmo 98]. 
- La guarigione dalla lebbra di Naamàn il siro testimonia anche a noi la gratitudine dello  “straniero” che scopre una nuova appartenenza al Signore al di là delle sue origini etniche e religiose [2Re 5- I lettura]. 
- Paolo, “in catene”, è disposto a soffrire personalmente per “quelli che Dio ha scelto”,  consapevole che la risurrezione di Gesù opererà la salvezza. Questo non dobbiamo dimenticarlo mentre celebriamo il culto: tutti sono con noi, presenti a partecipi della vita nuova nella quale  “moriamo e risorgiamo” [2Timoteo 2 -II lettura]. 
- Alzati e va’” è la parola che oggi ci congeda [Luca 17,19 – Evangelo]. 
Siamo mandati ad andare incontro accorciando ogni distanza, abbattendo ogni distinzione,  sanando ogni divisione con la forza della Sua Parola. 
Preghiamo con la Liturgia 
Dio nostro Padre, 
che nel tuo Figlio liberi l'essere umano 
dal male che lo opprime 
e gli mostri la via della salvezza, 
donaci la salute del corpo e il vigore dello spirito, 
affinché, rinnovati dall'incontro con la tua parola, 
possiamo renderti gloria con la nostra nuova vita. 
Amen.

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