sabato 15 ottobre 2022

VICINA È LA PAROLA 16 OTTOBRE 2022 DOMENICA XXIX/C L’elogio dell’INSISTENZA

VICINA È LA PAROLA 
16 OTTOBRE 2022 
DOMENICA XXIX/
Esodo 17,8-13 / Salmo 120 
2Timoteo 3,14- 4,2 
Luca 18,1-8 
L’elogio 
dell’INSISTENZA 
A dire il vero poco sopporto le persone insistenti e petulanti… ma alla fine cedo alla loro  richiesta. Non so bene se per “togliermele dai piedi” o per acquisita convinzione. Comunque il  fastidio rimane ogni volta che mi capita. 
Questi tali non si arrendono facilmente al primo diniego, sembrano quasi lottare, non tanto con me, ma per alzare un argine verso qualcosa che inesorabilmente li sovrasta e minaccia di  sopraffarli, di travolgerli. 
Ma dinnanzi alle ingiustizie che affamano e insanguinano gran parte dell’umanità non  possiamo tollerare che l’insistente “grido dei poveri” rimanga inascoltato o sottaciuto.  Deve infastidirci, romperci le orecchie e il capo…Anche la voce che utilizziamo nelle nostre preghiere  deve essere la loro, inascoltata supplica di giustizia.  
Lo rimarrà per molto, per sempre? 
Contestualizzazione evangelica di Luca 18,1-8 
Mentre Gesù opera una guarigione, quella dei lebbrosi (Luca 17,11-19) già segno del regno  di Dio presente, i farisei stanno ancora ad interrogarsi sulla sua “venuta” che essi ritenevano  destinata al futuro e quindi impensabile per il loro presente: Il regno di Dio è in mezzo a voi(17,20- 21).  
In realtà anche la comunità lucana era attraversata dallo stesso interrogativo, che se con  connotati più storici (cf Atti 1,6). Ecco dunque il bisogno di un insegnamento rivolto ai discepoli per  chiarire la dialettica-dinamica tra futuro e presente, “già e non ancora”, tipica della teologia lucana  della storia che fissa nel “mistero pasquale” del Signore il suo perno e punto di discernimento per  tutta la storia della Salvezza vissuta da Israele (cf vv. 22-37). 
Come suo solito, la narrazione lucana pone qui una parabola estremamente realistica (vedi  quella di 11,5-8) che apre su un aspetto sempre emblematico per la vita dei credenti: pregare  perché, per cosa… come? (cf 18,1-8).  
Pregare per credere… per vivere! 
Dopo l’invito ai discepoli ad un profondo discernimento [“Ascoltate”] questa potrebbe  essere la risposta più consona alla conclusione del Signore che è uno sconcertante, quanto  misterioso interrogativo sulla fede (cf v. 8b) una sfida ancora più ardua: la percezione della non  curanza di Dio, il suo tergiversare difronte alle ingiustizie nel mondo. 
Il credente, come la sua comunità, avverte tutta la sua disarmata povertà [“una vedova”] e  questa è la forza della preghiera per i nuovi invitati alla festa del regno di Dio inaugurato e attuato  da Gesù, soprattutto nel momento in cui subiscono ingiustizie. La chiesa del Signore sarà sempre  “assetata di giustizia” (cf 6,20 ss.; Mt 5,6), in un mondo che ne è affamato e nello stesso cinicamente  incurante [“il giudice cinico”].  
Ambientazione liturgica 
+ L’azione liturgica ci pone in un fondamentale atteggiamento che vediamo rappresentato  da Mosè a favore del suo popolo, “stare ritti dinanzi a Dio” [Esodo 17 – I lettura]. È un gesto 
disarmato, “fino all’esaurimento delle forze, fino al limite di quanto un uomo può portare della  consapevolezza della propria impotenza e del bisogno die fratelli, fino al limite della tensione  estrema della fede: in un dialogo che coinvolge Dio e l’essere umano nella lotta comune contro il  non-senso, contro il male, l’ingiustizia che opprime i poveri”. (COMUNITÀ DI VIBOLDONE
- Mentre c’è chi esce in battaglia in una lotta corpo a corpo, la comunità, raccolta in  eucaristia, interpreta l’esistenza dell’umanità e la sua storia credendo nel Dio vivo, Presenza che  attraversa per sempre, dalla creazione, la sua storia [Salmo 120]. 
- Al suo interno ci saranno sempre falsi maestri che cercheranno e proporranno altre strade  e altre convinzioni sull’azione di Dio “onnipotente”: ma “l’uomo di Dio resta saldo” perché è  attrezzato dalla sola forza della parola di Dio che ne manifesta la presenza come “manifestazione  del suo regno”. Da qui la sua insistenza a tempo debito e indebito [2Timoteo 3 – II lettura]. 
+ È la stessa insistenza evangelica della donna cananea di Matteo (15,21 ss.) e della vedova  che nel brano evangelico di Luca [1,1-8] oggi è per noi annuncio e invito alla fiducia non degli illusi  ma degli “amici” che conoscono dal Figlio cosa voglia dire essere amati dal Padre (cf Giovanni 15,14- 16). 
Questa vedova, di cui si parla può simboleggiare la chiesa stessa nel suo complesso o quei  poveri nello spirito che non hanno altra speranza che Dio”. (RABANO MAURO) “Quanta paura nella cristianità! Si ha l’impressione che i cristiani siano senza fede, tanto sono  stanchi e intimiditi di fronte a ciò che accade o che sta per accadere (…). Ma non basta una fede  qualunque: bisogna lavorare con Cristo… averlo con noi, non come ostaggio… ma come guida”.  (PRIMO MAZZOLARI
Preghiamo con la Liturgia 
Dio nostro Padre, 
che hai accolto l'intercessione di Mosè, 
dona alla Chiesa di perseverare 
nella fiducia e nella preghiera 
fino a quando farai giustizia ai tuoi amici 
che a te gridano giorno e notte. 
Amen.

1 commento:

  1. "Ma non basta una fede qualunque: bisogna lavorare con Cristo… averlo con noi, non come ostaggio… ma come guida”. (PRIMO MAZZOLARI)

    Che cosa ci può far compiere quel salto in più per lavorare con Cristo?
    Questa è la domanda su cui c'è da riflettere sulla fede personale

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