sabato 4 giugno 2022

“Le parole… La PAROLA” 5 giugno 2022 Pentecoste dello Spirito Atti 2,1-11 / Salmo 103 Romani 8,8-17 Giovanni 14,15-16.23b-26

Le parole… La PAROLA 

5 giugno 2022

Pentecoste dello Spirito

Atti 2,1-11 / Salmo 103

Romani 8,8-17

Giovanni 14,15-16.23b-26


Contestualizzazione liturgica

A cinquanta giorni dalla Pasqua, la Chiesa annuncia l’effusione dello Spirito, il dono che anima la sua esistenza e quella di ogni credente. Ha voluto così stabilire in questo giorno l’invio dello Spirto sugli apostoli e il loro mandato per essere testimoni dell’esistenza, morte e risurrezione del suo Signore.

Le liturgie di questo “cinquantesimo giorno”, da quella vigiliare -che vuole parzialmente ricalcare quella della veglia pasquale priva però di simboli e riti originali- a quella dei vespri conclusivi, pongono l’accento sulla “pienezza” del mistero pasquale e così di tutta la storia della salvezza. Culmine e punto di partenza di una presa di coscienza nuova: lo Spirito del Risorto dona a ciascuno la capacità di essere e di vivere ciò per cui Egli ha dato la sua vita, non per se stessi ma per il bene di tutti 

Nessuno di noi può conseguirla come risultato di un impegno personale, pur ammirevole, ma come effetto di una docilità e disponibilità che trova il Maria di Nazareth il suo “typo”.

Lo Spirito, che fin dalla creazione anima l’azione di Dio così da far diventare l’adàm un “essere vivente”, pervade ora di sé, liberamente ed efficacemente, l’esistenza “carnale” di ogni credente e dell’intera umanità. È una presenza che fino alla fine continuerà a far lievitare la storia universale e renderà possibile la novità del regno di Dio, un soffio inarrestabile, un vento che ci sospinge verso tutti e sempre “terre straniere”, un amore che unisce e fa diventare fratelli/sorelle di tutti rispettando ogni differenza, capace di creare legami finora sconosciuti (Atti 2 – I lettura).


Contestualizzazione evangelica di Giovanni 14,15…26

Chi ama Gesù è dimora dell’amato (vv. 15-21)

È probabile che l’evangelista riporti queste parole di Gesù come rivolte alla comunità dei credenti travolti da persecuzioni, per questo Egli stesso “invoca lo Spirito” come “avvocato difensore” (paraklètos) in un eventuale processo, ma anche come “protettore e consolatore” nelle loro sofferenze interiori (cf v. 17).

In ogni caso li conferma che, anche se privi della presenza fisica del loro Signore, essi però già vivono della vita di/in Cristo (cf v. 19), e lo Spirito “ricorda a loro le sue parole”, perché non si smarriscano, ma rimangano “nella via vera, che conduce alla vita”. Questo rivela la preoccupazione di Gesù, consapevole della sua futura “assenza”, di rendere consapevoli i discepoli di questa “nuova presenza” di un altro “paràclito” (cf 15,26; 16,13).

Al “vivere in Cristo” tipico di Paolo, Giovanni preferisce “dimorare/rimanere” che è il suo modo di essere nei discepoli e nei credenti attraverso la sua parola, ed è un’esperienza di amore che il Figlio conosce bene, perché è il suo modo di essere “nel Padre”.

La nostra obbedienza alla parola di Gesù è un comando (cf 15,4-14) non da eseguire come potrebbe apparire dall’esterno (mondo), ma piuttosto da assimilare affinché diventi il nostro modo di essere e di vivere, effetto di un rapporto d’amore, per questo Egli chiede per noi al Padre il dono interiore e permanente dello “Spirito di verità” (cf vv. 15-17).

Il linguaggio di Giovanni è molto forte riguardo all’azione e presenza dello Spirito: “conpresso di loro”; lo era già nell’azione di Gesù, nascosto ad essi, ma ora diventerà evidente “in loro”. C’è una progressione di percezione in base alla familiarità che si stabilisce (cf J. De La Potterie, Le Paraclet, Paris 1965, pp. 88-89). Aumentano la distanza con Gesù e progressivamente la vicinanza dello Spirito: ogni relazione adesso diventa più interiore e questo è il campo d’azione dello Spirito.

Si tratta sempre di un insegnamento, in termini e modalità differenti, ma riguardano sempre Gesù, il suo rapporto con il Padre e con i suoi (cf 15,26). Egli ha lavorato in profondità (cf 6,59; 7,14; 8,20), ora tutto questa giace in loro in attesa di essere “riattivato” dallo Spirito che lo “ricorderà”, rendendolo operativo nella loro esperienza di fede e rivelandone tutta la portata nascosta.

È fondamentale che lo Spirito svolga un ruolo di “verità”, sia riguardo all’esperienza di vita nuova in Gesù, “un amore che si fa servizio”, sia di “guida” in percorsi esistenziali che possono anche far smarrire “la via”, pensando di essersi sbagliati e per questo sentendosi “orfani” (v. 18).

L’assenza fisica di Gesù non priverà i suoi dalla possibilità di “vederlo”, di sentirlo presente, infatti è pur vero che non si vede solo con gli occhi (questo è il peccato del mondo: cf 9,39); piuttosto è in virtù del rapporto con Lui, “perché io vivo e voi vivrete” (v. 19), che l’esperienza del credente non si esaurisce, anzi raggiunge la sua pienezza: “In quel giorno voi conoscerete me nel Padre e voi in me e io in voi” (v. 20).

Gesù si riferisce al “giorno” che ciascuno di noi vive nella esistenza e nella sua esperienza di fede: non si esaurisce in 24 ore, ma conosce momenti di smarrimento e di desolazione, di solitudine e forse disperazione, di amarezza, delusione e scoraggiamento… il buio in noi e il dolore attorno a noi. È il “giorno” di una nuova conoscenza/esperienza di Gesù, come figli “nel Padre”, interiore e dunque nel travaglio, in attesa di una nuova aurora di risurrezione (Romani 8 – II lettura)

La “rivelazione/manifestazione” a Filippo si conclude riprendendo le parole del v. 15 e aggiungendo che cosa succede a chi per amore si fa obbediente: “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti (v. 15). Chi ha i miei comandamenti e li osserva è lui che mi ama; e chi mi ama sarà amato dal Padre mio e io amerò lui e mi farò conoscere da lui” (v. 21).

È una bella chiusa, alla maniera di Giovanni, che apre ai credenti suggestive prospettive di continua crescita nella conoscenza/esperienza di Gesù, e per la comunità di affidarsi ad una norma di vita così vincolante e liberante nello stesso tempo. “Questa sintonia con lo Spirito di verità rende ogni discepolo profeta per la comunità, aiutandola a tener vivo e vivificante il messaggio di Gesù e a saper discernere la Parola tra le parole(A. Maggi).


Lo Spirito vi insegnerà e ricorderà ogni cosa (vv. 22-26)

Il terzo intervento, che scandisce il discorso del capitolo 14, è di Giuda, uno dei “fratelli di Gesù” (cf Mc 6,3; Mt 13,55), ed esprime la diffusa credenza, ma anche la loro convinzione, che il Messia si sarebbe manifestato pubblicamente e in maniera prodigiosa (cf 7,4-5). Come mai adesso Gesù insiste così tanto sulla sua manifestazione solo a loro? (cf v. 22).

La risposta di Gesù ancora una volta non dà una spiegazione, anzi riprende “il filo” del suo insegnamento riguardo ad un rapporto completamente nuovo con Dio: “Se qualcuno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e prenderemo dimora presso di lui” (v. 23)

Il linguaggio e il modo di esprimersi segue una “circolarità” già notata prima, mettendo a confronto il v. 15 e il v. 21, ma aggiungendo che se “la sua manifestazione” non riguarda “il mondo”, ma nemmeno solo i discepoli, essa infatti è per tutti coloro che, “osservando/ascoltando la sua parola” (cf v. 24), entreranno “stabilmente” nel suo reciproco rapporto d’amore con il Padre

È Dio che vuol farsi conoscere di Dio in Gesù attraverso l’amore, “agàpe”, e si tratta di riconoscerlo per sintonia vitale, non sotto il fascino di effetti speciali o al termine in un processo estatico.

Anzi, in modo del tutto inedito, il credente stesso diventa “dimora” di questa comunione d’amore, prendendone parte, e realizzando la promessa di Gesù appena pronunciata (cf vv. 2-4).

Come nella “dimora/santuario” nel deserto Dio manifestava la sua gloria (cf Es 40,34), così oggi l’esistenza stessa del credente, inserita in questa relazione d’amore, ne è stabile presenza nel mondo.

Il ritorno” di Gesù al Padre non costituisce il suo ritirarsi in una dimensione “celeste”, ma ancor più “terrestre”, umanizzata, infatti diventa stabile nell’esistenza dei credenti, nel loro amore che nasce dal vivere ascoltando la sua parola (cf v. 24).

Si realizza in pienezza e in modo universale, perché di tutti e di ciascuno, il compito profetico della “dimora” di Dio nell’esodo di Israele (cf Es 26): nella Parola Dio ha finalmente posto “la sua tenda” fra noi e in noi (cf 1,14), ognuno di noi è “dimora divina” (cf 1Cor 3,16; 1Pt 1,4-6ss.).

Quest’esperienza è già iniziata con Gesù presente tra noi, ma diventerà piena con la sua morte e risurrezione, per questo promette ai discepoli l’invio da parte del Padre dello Spirito “paraklètos” con il compito “insegnare” e di “ricordare le sue parole (cf vv. 25-26)

Sono due verbi usati in modo molto intenso per descrivere l’azione dello Spirito: “didàskein”, come in 8,28, esprime un’azione non solo informativa ma performante, nel comunicare mette il destinatario nella condizione di interagire; “upomimnésein” esprime, più che un memorizzare, un attualizzare come avviene nel culto: facciamo memoria di una parola-azione che Dio compie oggi in mezzo a noi.

Possiamo dire che l’evangelista, nel “ricordare” le parole del Signore, ha viva la fede nell’azione attualizzante dello Spirito verso la comunità a cui il racconto evangelico è rivolto: le parole di Gesù illuminano ed interpretano la situazione della chiesa della prima generazione e sono per essa criterio di discernimento per la sua presenza nel mondo. Questo dà sicurezza che lo Spirito parla nella predicazione ecclesiale. 



Preghiamo con la Liturgia

Padre santo,
che nell’evento di Pentecoste
santifichi la tua Chiesa
in ogni popolo e nazione,
diffondi su tutta la terra i doni del tuo Spirito,
e rinnova anche oggi nell’intimo dei credenti
i prodigi che nel tuo amore universale
hai operato agli inizi della predicazione del Vangelo.
Amen.


5 commenti:

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    1. “pienezza” del mistero pasquale e così di tutta la storia della salvezza: il tempo/giorno è “pieno”, come lo sono la casa e le persone. Lo Spirito “riempie” il “vuoto” lasciato da Gesù e ciò che è carente, incompleto in noi.

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  2. "Aumentano la distanza con Gesù e progressivamente la vicinanza dello Spirito: ogni relazione adesso diventa più interiore e questo è il campo d’azione dello Spirito".

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  3. "Vivo con tanta profondità questa festa perché lo Spirito Santo ci assegna un compito importante nella ns vita...essere discepoli di Gesù ed avere la forza di essere suoi testimoni , nella vita di ogni giorno... un ruolo difficile che ci mette di fronte a tante scelte...grazie per la condivisione...possa scendere questo "fuoco" e darci il coraggio di cui abbiamo bisogno.

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  4. Proprio vero! Quella dello Spirito Santo è una presenza costante, che farà lievitare la Parola nel tempo...
    Ognuno,
    li sentivano parlare nella propria lingua!
    Non c'è "miglior" sordo di chi non vuol sentire!!! 👅🔥😘

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