“LE PAROLE…LA PAROLA”
15 MAGGIO 2022 V DOMENICA DI PASQUA
Atti 14,21b-27
Salmo 144
Apocalisse 21,1-5a
Giovanni 13,31…35
“amati, amiamo e amando
meritiamo di essere ancora amati”
BERNARDO DI CLAIRVAUX
Basta la parola amore a farci luccicare gli occhi, dimenticando che si manifesta come un sentimento quell’energia che sta alla radice della nostra esistenza e della nostra identità; che a volte ha contorni drammatici, violenti… che conosce anche il tradimento.
Nel modo in cui l’evangelista Giovanni narra il tradimento di un suo discepolo, Giuda, ci sconvolge che Gesù lo faccia rientrare nel suo rapporto con il Padre e nella manifestazione d’amore che Egli gli riserva e che Lui stesso ricambia ai “suoi” (cf 13,1.31).
Contestualizzazione evangelica
Con il capitolo 13 inizia nel racconto evangelico di Giovanni quanto già annunciato da Gesù riguardo alla sua “ora” (cf 2,4; 12,23) in cui Egli avrebbe manifestato la “gloria” del Padre [= la sua amorosa presenza] nella propria “glorificazione” che inizia già dal suo innalzamento sulla croce (cf 12,27-32). È il momento in cui si compie il suo destino messianico “nell’attestazione di un amore senza limiti” (cf 13,1) (R. CHIARAZZO).
“Ora” è possibile “vedere” la realtà profonda e significativa, la potenza del suo amore, contenuta nei “segni” e nelle “opere” compiute da Gesù, narrate nella prima parte del racconto [“libro dei segni”] che si conclude in 12,43 di cui i vv. 44-50 costituiscono una specie di proclamazione sintetica: “così finisce il giorno e la luce entra nelle tenebre” (cf 11,8-10) (SILVANO FAUSTI).
Sembra poi che dal capitolo 13, Gesù riservi “il suo amore” ai “suoi” (cf vv. 34-35; 15,12.17) quasi restringendo la prospettiva universale del “regno” tanto presente nei sinottici. Molto probabilmente le difficoltà interne ed esterne alla comunità dei credenti hanno indotto Giovanni a focalizzare il messaggio in questa direzione.
[Si tratta di lunghi discorsi di Gesù ai suoi discepoli nell’ambito della cena pasquale, la loro lunghezza e complessità tematica pongono diversi problemi di interpretazione. Ci sono analogie nella Bibbia con questo genere di “discorsi testamentari” (cf Genesi 49; Deuteronomio 33,1-29; Atti 20,17-38) tenuti ai familiari o agli amici, prima della morte, “facendo le consegne” non solo della propria esistenza, ma anche dando gli “ultimi insegnamenti”; non ci sono con Giovanni paralleli sinottici che invece contengono questi “insegnamenti intimi ai suoi” lungo il percorso di evangelizzazione e in germe nel contesto della cena pasquale].
Emerge qui la comunità di credenti, fortemente ispirata dalle memorie e dalle riflessioni di Giovanni, nella cui esistenza le “parole di Gesù” trovano eco e accoglienza per dare vigore e fiducia al proprio cammino. Sono le parole del “Cristo esaltato alla gloria che consola la comunità oppressa, attraverso il suo Spirito” (JOSEF ERNST).
Di Lui vuole che rimanga questo comandamento: “Amatevi come io ho amato voi” (Giovanni 13,34 – Evangelo).
Contestualizzazione liturgica
Anche noi oggi, nelle domeniche e settimane “dopo Pasqua”, ascoltiamo la proclamazione questi “discorsi” che diventano grandi catechesi “mistagogiche” per dare a noi credenti una piena consapevolezza del mistero pasquale celebrato e dei sacramenti ricevuti: “forma e figura di Cristo in noi è l’amore” (CIRILLO D’ALESSANDRIA).
Oggi ci viene annunciato il Risorto che, con il suo amore, è fonte di Vita incorruttibile già sperimentata nell’amore reciproco tra noi in Lui.
Il Risorto comunica a noi l’energia che l’ha mosso e motivato in tutta la sua esistenza umana fino al dono di se stesso nella sua morte in croce, l’amore [agape], e ci rende capaci di viverlo a nostra volta, passando con Lui dalla morte alla vita.
“La proclamazione del vangelo di Giovanni, alcuni passi del quale sono tanto commoventi, ci conferma nella realtà di ciò che siamo, perché le parole di Gesù, rivolte un giorno ai discepoli oggi si rivolgono a noi” (ADRIEN NOCENT) che abbiamo la necessità di sostenere e motivare la nostra fede, soprattutto di fronte alle sfide contemporanee, oltre che alle normali “prove” della nostra esistenza umana. Come possiamo farlo senza immergerci nella luce della parola evangelica?!
È sorprendente come la liturgia di questo “tempo” ci riporti nel contesto implicito di composizione di quei testi nati appunto dall’esperienza di fede post-pasquale dei discepoli e delle prime comunità, nella cui prospettiva essi rileggono le parole stesse di Gesù ed i suoi gesti (BRUNO MAGGIONI, SALVATORE PANIMOLLE, HANS VAN DEN BUSSCHE).
Il contesto della cena pasquale, oltre ad essere molto suggestivo, ci induce così a considerare il gesto di lavare i piedi dei discepoli da parte di Gesù (cf 13,1-20), oltre che un gesto esemplare, un’ermeneutica e un’indicazione di prassi fraterna e comunitaria per il fatto che in Giovanni addirittura sostituisce la tradizione eucaristica (1Corinzi 11,23-24). Viene presentato come il concentrato di tutto il ministero filiale e fraterno di Gesù (cf Luca 22,27) e profezia degli “avvenimenti futuri” (cf capitolo 16), riferimento dei successivi discorsi.
Anche l’attività apostolica narrata e testimoniata dagli Atti è segnata dalla stessa consapevolezza che “è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel Regno di Dio” (I lettura).
L’esperienza della Pasqua illumina così la visione del compimento futuro della storia e di ogni vicenda umana; la fine di ogni lutto, affanno, lamento, peccato e morte nella certezza che l’amore “fa nuove tutte le cose” (Apocalisse – II lettura).
L’amore manifestato dal Nazareno ci pone difronte all’altro non come ad un limite ma “un’occasione di amore, di accoglienza e non di rigetto, di riconoscimento e non di negazione, di ospitalità e non di ostilità” (COMUNITÀ DI BOSE).
Esso diventa un comandamento, non un ordine o un’ingiunzione, ma un modo di camminare insieme [mandatum in latino… con un riferimento un po’ originale: cum andare], così ciò che è intra personale diventa relazionale e comunitario, ciò che reciprocamente unisce diviene forza di evangelizzazione.
Preghiamo con la Liturgia
O Padre,
che tutto rinnovi nel tuo Figlio glorificato,
fa’ che mettiamo in pratica il suo comandamento nuovo
e così, amandoci gli uni gli altri,
ci manifestiamo al mondo
come suoi veri discepoli.
Amen.
15 MAGGIO 2022 V DOMENICA DI PASQUA
Atti 14,21b-27
Salmo 144
Apocalisse 21,1-5a
Giovanni 13,31…35
“amati, amiamo e amando
meritiamo di essere ancora amati”
BERNARDO DI CLAIRVAUX
Basta la parola amore a farci luccicare gli occhi, dimenticando che si manifesta come un sentimento quell’energia che sta alla radice della nostra esistenza e della nostra identità; che a volte ha contorni drammatici, violenti… che conosce anche il tradimento.
Nel modo in cui l’evangelista Giovanni narra il tradimento di un suo discepolo, Giuda, ci sconvolge che Gesù lo faccia rientrare nel suo rapporto con il Padre e nella manifestazione d’amore che Egli gli riserva e che Lui stesso ricambia ai “suoi” (cf 13,1.31).
Contestualizzazione evangelica
Con il capitolo 13 inizia nel racconto evangelico di Giovanni quanto già annunciato da Gesù riguardo alla sua “ora” (cf 2,4; 12,23) in cui Egli avrebbe manifestato la “gloria” del Padre [= la sua amorosa presenza] nella propria “glorificazione” che inizia già dal suo innalzamento sulla croce (cf 12,27-32). È il momento in cui si compie il suo destino messianico “nell’attestazione di un amore senza limiti” (cf 13,1) (R. CHIARAZZO).
“Ora” è possibile “vedere” la realtà profonda e significativa, la potenza del suo amore, contenuta nei “segni” e nelle “opere” compiute da Gesù, narrate nella prima parte del racconto [“libro dei segni”] che si conclude in 12,43 di cui i vv. 44-50 costituiscono una specie di proclamazione sintetica: “così finisce il giorno e la luce entra nelle tenebre” (cf 11,8-10) (SILVANO FAUSTI).
Sembra poi che dal capitolo 13, Gesù riservi “il suo amore” ai “suoi” (cf vv. 34-35; 15,12.17) quasi restringendo la prospettiva universale del “regno” tanto presente nei sinottici. Molto probabilmente le difficoltà interne ed esterne alla comunità dei credenti hanno indotto Giovanni a focalizzare il messaggio in questa direzione.
[Si tratta di lunghi discorsi di Gesù ai suoi discepoli nell’ambito della cena pasquale, la loro lunghezza e complessità tematica pongono diversi problemi di interpretazione. Ci sono analogie nella Bibbia con questo genere di “discorsi testamentari” (cf Genesi 49; Deuteronomio 33,1-29; Atti 20,17-38) tenuti ai familiari o agli amici, prima della morte, “facendo le consegne” non solo della propria esistenza, ma anche dando gli “ultimi insegnamenti”; non ci sono con Giovanni paralleli sinottici che invece contengono questi “insegnamenti intimi ai suoi” lungo il percorso di evangelizzazione e in germe nel contesto della cena pasquale].
Emerge qui la comunità di credenti, fortemente ispirata dalle memorie e dalle riflessioni di Giovanni, nella cui esistenza le “parole di Gesù” trovano eco e accoglienza per dare vigore e fiducia al proprio cammino. Sono le parole del “Cristo esaltato alla gloria che consola la comunità oppressa, attraverso il suo Spirito” (JOSEF ERNST).
Di Lui vuole che rimanga questo comandamento: “Amatevi come io ho amato voi” (Giovanni 13,34 – Evangelo).
Contestualizzazione liturgica
Anche noi oggi, nelle domeniche e settimane “dopo Pasqua”, ascoltiamo la proclamazione questi “discorsi” che diventano grandi catechesi “mistagogiche” per dare a noi credenti una piena consapevolezza del mistero pasquale celebrato e dei sacramenti ricevuti: “forma e figura di Cristo in noi è l’amore” (CIRILLO D’ALESSANDRIA).
Oggi ci viene annunciato il Risorto che, con il suo amore, è fonte di Vita incorruttibile già sperimentata nell’amore reciproco tra noi in Lui.
Il Risorto comunica a noi l’energia che l’ha mosso e motivato in tutta la sua esistenza umana fino al dono di se stesso nella sua morte in croce, l’amore [agape], e ci rende capaci di viverlo a nostra volta, passando con Lui dalla morte alla vita.
“La proclamazione del vangelo di Giovanni, alcuni passi del quale sono tanto commoventi, ci conferma nella realtà di ciò che siamo, perché le parole di Gesù, rivolte un giorno ai discepoli oggi si rivolgono a noi” (ADRIEN NOCENT) che abbiamo la necessità di sostenere e motivare la nostra fede, soprattutto di fronte alle sfide contemporanee, oltre che alle normali “prove” della nostra esistenza umana. Come possiamo farlo senza immergerci nella luce della parola evangelica?!
È sorprendente come la liturgia di questo “tempo” ci riporti nel contesto implicito di composizione di quei testi nati appunto dall’esperienza di fede post-pasquale dei discepoli e delle prime comunità, nella cui prospettiva essi rileggono le parole stesse di Gesù ed i suoi gesti (BRUNO MAGGIONI, SALVATORE PANIMOLLE, HANS VAN DEN BUSSCHE).
Il contesto della cena pasquale, oltre ad essere molto suggestivo, ci induce così a considerare il gesto di lavare i piedi dei discepoli da parte di Gesù (cf 13,1-20), oltre che un gesto esemplare, un’ermeneutica e un’indicazione di prassi fraterna e comunitaria per il fatto che in Giovanni addirittura sostituisce la tradizione eucaristica (1Corinzi 11,23-24). Viene presentato come il concentrato di tutto il ministero filiale e fraterno di Gesù (cf Luca 22,27) e profezia degli “avvenimenti futuri” (cf capitolo 16), riferimento dei successivi discorsi.
Anche l’attività apostolica narrata e testimoniata dagli Atti è segnata dalla stessa consapevolezza che “è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel Regno di Dio” (I lettura).
L’esperienza della Pasqua illumina così la visione del compimento futuro della storia e di ogni vicenda umana; la fine di ogni lutto, affanno, lamento, peccato e morte nella certezza che l’amore “fa nuove tutte le cose” (Apocalisse – II lettura).
L’amore manifestato dal Nazareno ci pone difronte all’altro non come ad un limite ma “un’occasione di amore, di accoglienza e non di rigetto, di riconoscimento e non di negazione, di ospitalità e non di ostilità” (COMUNITÀ DI BOSE).
Esso diventa un comandamento, non un ordine o un’ingiunzione, ma un modo di camminare insieme [mandatum in latino… con un riferimento un po’ originale: cum andare], così ciò che è intra personale diventa relazionale e comunitario, ciò che reciprocamente unisce diviene forza di evangelizzazione.
Preghiamo con la Liturgia
O Padre,
che tutto rinnovi nel tuo Figlio glorificato,
fa’ che mettiamo in pratica il suo comandamento nuovo
e così, amandoci gli uni gli altri,
ci manifestiamo al mondo
come suoi veri discepoli.
Amen.
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