“LE PAROLE…LA PAROLA”
6 MARZO 2022 - I QUARESIMA / C
Deuteronomio 26,4-10 / Salmo 90
Luca 4,1-13
Romani 10,8-13
QUARESIMA: UN CAMMINO PASQUALE
Non è semplice introdurre un percorso di 40
giorni che lungo i secoli ha avuto un’evoluzione
complessa e a volte anche distorta. In poche righe
possiamo riassume la proposta di quest’anno, ciclo
liturgico C, come un tempo favorevole per farci intensamente vivere la Pasqua, un cammino di esodo per “uscire fuori” da noi stessi, dalle nostre abitudinarie dinamiche di vita e di relazioni, e convergere verso Cristo, crocifisso e risorto, il Signore.
Un cammino sempre impegnativo per noi, ma non inedito perché già percorso da Israele, fin da Abramo e dai Patriarchi, infine da Gesù stesso: i nostri passi verso un nuovo futuro sono illuminati dal suo splendore di Risorto.
Seguiamo Gesù, il Figlio nel deserto della lotta per la libertà di essere figli (I domenica) e poi sul monte dell’incontro con il Padre che ci trasfigura e trasforma a immagine del Figlio (II domenica). La sua Parola ci che ci trascina con sé, “da morte a vita”, verso il Padre e ci fa scoprire che siamo da Lui curati (III domenica) - attesi e amati come figli (IV domenica) - perdonati oltre ogni misura (V domenica).
I tratti essenziali del ciclo liturgico “C” emergono dalla disposizione delle letture bibliche proclamate. Ogni domenica ci permettono di percorrere una duplice traiettoria [cf Tabella]: → una tappa del cammino con le tre letture [in orizzontale]
↓ un percorso tematico [in verticale]: - l’esodo (ANTICO TESTAMENTO)
- la misericordia (VANGELO),
- la vita nuova delle comunità cristiane (APOSTOLO).
Luca 4,1-13 - I domenica
Lo Spirito che “conduce/guida” Gesù nel deserto, non lo lega soltanto al battesimo nel Giordano, dove è apparso su di Lui per confermarne l’identità filiale e messianica proclamata dalla voce dall’alto, ma qualifica tutta la sua missione futura come lotta.
Nel deserto, che già per Israele è stato il luogo della libertà provata (cf. Esodo) e dell’ascolto (cf. Salmo 95,8-9), della seduzione e del ritorno al Signore, primo amore (cf. Osea 2,16…22). Le “prove” sono avanzate dal diavolo, cioè il divisore che tenta di separare Gesù dal Padre stesso, opponendosi così a Lui in quanto figlio e alla missione che Egli gli affida. Gesù invece ne esce fedele al Padre, come manifesterà infatti in tutta la sua esistenza storica. Per Luca questo è soltanto il primo scontro che culminerà nella sua passione.
Gesù si manifesta il figlio fedele con il suo rifiuto di servirsi della sua potenza come di un potere magico che risolve in modo irresponsabile i problemi e per fini egoistici. Infatti lo riconosce solo al Padre: da Lui il Figlio riceve tutto ciò che è e che ha.
Infine, come preludio della sua salita a Gerusalemme, egli respinge ogni protezione di privilegio nell’affrontare la sua passione: sarà sostenuto solo dall’amore del Padre fino alla fine, nelle cui mani consegnerà la sua vita (cf. Lc 23,34ss.). In questo senso Gesù è il compimento di tutta la vicenda storica di Israele e il “modello” del cristiano che vuole seguirlo.
Contestualizzazione liturgica
Il popolo della prima alleanza esprime la sua adesione al Signore mediante un credo nel quale fa memoria riconoscente degli avvenimenti concreti della sua storia come la sua uscita dall’Egitto dove ha sperimentato la vicinanza liberatrice di Javhè: l’esperienza della gratuità suscita gratitudine (Deuteromio 26,4-10 – I lettura).
Sono queste esperienze che rafforzano la fiducia del credente nel Signore suo “rifugio e fortezza” pur in mezzo alle prove ed alle sfide dell’esistenza stessa (Salmo 90). Anche per noi, discepoli credenti in Cristo Gesù, il Signore crocifisso e risorto, la fede si celebra nella storia, come Parola di salvezza percepita in tutta la sua vicinanza e prossimità, attraverso fatti vissuti come “morte e risurrezione” e quindi avvenimenti di salvezza che compiono anche quelli precedenti di Israele (Romani 10,8-13 – II lettura).
In preghiera con la Liturgia
Signore nostro Dio,
ascolta la nostra voce
nel deserto del mondo.
Stendi su noi la tua mano
perché nutriti con il pane della tua Parola
e fortificati dal tuo Spirito,
con il digiuno e la preghiera,
siamo capaci di vincere
il nostro egoismo e ogni seduzione
che non ci fa capaci di essere liberi
e di amare come tuoi figli e figlie.
Una Chiesa sinodale è una comunità in ascolto
QUARESIMA:
TEMPO di CONVERSIONE all’ASCOLTO, alla REALTA’, alla SPIRITUALITA’ Dal Messaggio della conferenza episcopale italiana
Quaranta giorni non sono tanto l’occasione per rilevare i problemi quanto piuttosto per prepararci a vivere il mistero pasquale di Gesù, morto e risorto. Sono giorni in cui possiamo convertirci ad un modo di stare nel mondo da persone già risorte con Cristo (cfr. Colossesi 3,1).
Una conversione, urgente e importante in questa fase della storia, in particolare per le Chiese che si trovano in Italia: conversione all’ascolto, alla realtà e alla spiritualità. Conversione all’ascolto
La prima fase del Cammino sinodale ci consente di ascoltare ancora più da vicino le voci che risuonano dentro di noi e nei nostri fratelli. Sentiamo il bisogno di imparare ad ascoltare in modo empatico, interpellati in prima persona ogni volta che un fratello si apre con noi.
Leggere, meditare e pregare la Parola di Dio significa preparare il cuore ad amare senza limiti. L’ascolto trasforma dunque anzitutto chi ascolta, scongiurando il rischio della supponenza e dell’autoreferenzialità. Una Chiesa che ascolta è una Chiesa sensibile anche al soffio dello Spirito. Conversione alla realtà
Il Dio cristiano è il Dio della storia: Di certo la presenza del Figlio di Dio tra noi è stata la prova definitiva di quanto la storia degli uomini sia importante agli occhi del Padre. Non cediamo alla tentazione di un passato idealizzato o di un’attesa del futuro dal davanzale della finestra.
La fede non è una bacchetta magica. Quando le soluzioni ai problemi richiedono percorsi lunghi, serve pazienza, la pazienza cristiana, che rifugge da scorciatoie semplicistiche e consente di restare saldi nell’impegno per il bene di tutti e non per un vantaggio egoistico o di parte.
Come comunità cristiana, oltre che come singoli credenti, dobbiamo riappropriarci del tempo presente con pazienza e restando aderenti alla realtà. Sentiamo quindi urgente il compito ecclesiale di educare alla verità, contribuendo a colmare il divario tra realtà e falsa percezione della realtà.
Conversione alla spiritualità
I discepoli di Gesù hanno continuato a vivere la loro vita in quel contesto storico, con tutte le sue contraddizioni e i suoi limiti: ma la sua compagnia ha modificato il modo di essere nel mondo. Il Maestro di Nazareth ha insegnato loro a essere protagonisti di quel tempo attraverso la fede nel Padre misericordioso, la carità verso gli ultimi e la speranza in un rinnovamento interiore delle persone.
Dopo la sua morte, dall’assenza fisica di Gesù è fiorita la vita eterna del Risorto e la presenza dello Spirito nella Chiesa (cfr. Giovanni 14,16-18; Atti 2,1-13). Lo Spirito domanda al credente di considerare ancora oggi la realtà in chiave pasquale, e non come la vede il mondo. Per il discepolo una sconfitta può essere una vittoria, una perdita una conquista.
Cominciare a vivere la Pasqua significa considerare la storia nell’ottica dell’amore, anche se questo comporta di portare la croce propria e altrui.
Il Cammino sinodale sta facendo maturare nelle Chiese in Italia un modo nuovo di ascoltare la realtà per giudicarla in modo spirituale e produrre scelte più evangeliche. Lo Spirito infatti non aliena dalla storia: mentre radica nel presente, spinge a cambiarlo in meglio. Per restare fedeli alla realtà e diventare al contempo costruttori di un futuro migliore, si richiede una interiorizzazione profonda dello stile di Gesù, del suo sguardo spirituale, della sua capacità di vedere ovunque occasioni per mostrare quanto è grande l’amore del Padre.
Forse non siamo abbastanza liberi di cuore da riconoscere queste opportunità di amore, perché frenati dalla paura o condizionati da aspettative irrealistiche. Mentre lo Spirito, invece, continua a lavorare come sempre.
Quaresima, tempo forte di conversione. Facciamo introspezione del nostro cuore, cercando di smussare, abbassare il nostro io, guardando amorevolmente il bisogno dei familiari, amici, conoscenti con lo sguardo di Gesù che ci sussurra la via giusta da seguire.
RispondiEliminaBuon cammino quaresimale.
Signore Gesù, anche noi siamo sempre tentati nel deserto della nostra vita. Anche a noi si presenta il tentatore, prodigo di promesse. C'è però una cosa che non vuole e non può offrire: nelle sue parole non c'è traccia d'amore.
RispondiEliminaSignore Gesù, tu non hai voluto un successo senza amore, un potere senza amore, un Dio senza amore.
Tu hai creduto alla parola del Padre che con infinita tenerezza aveva detto: " Tu sei il Figlio mio, l'amato".
Fa' che anche noi, nel cuore del nostro deserto, quando la nostra povertà di creature crede di riscattarsi dietro miraggi ingannevoli, possiamo sentir risuonare, come una sorgente di acqua viva, la voce del Padre:
"Io ti amo: abbi fiducia nel mio amore".
Ma la nostra fede è fragile: come la bellezza di un fiore di campo, basta poco perché appassisca in noi. Aiutaci perciò a seguire la via che tu hai scelto, fa' che sentiamo la fede come un bene incomparabile, tanto da essere pronti a qualsiasi rinuncia pur di non vendere mai la nostra anima.
Amen.
Luigi Pozzoli
I RIFLESSI DELLA PAROLA
RispondiEliminaEbrei 3,7-9.12-19; 4,7-13
“Oggi, se udite la sua voce, non indurite il vostro cuore”.
Il popolo di Israele ha maturato la sua fede nel Signore Dio attraverso gli avvenimenti
della sua storia. La salvezza si è sempre manifestata come un “oggi”, e nell’oggi quotidiano
va accolta perché è dove siamo messi alla prova nella nostra adesione di fede
alla Parola pur sempre vicina a noi.
Convertirsi significa coglie la Parola così “vicina” negli avvenimenti, e abbandonarsi ad essa piuttosto che tentare di piegarla ai nostri progetti e aspettative.
Questo è il peccato!
Deuteronomio 7,7-9; 8,1-18
Marco 1,12-13
“Ricòrdati del cammino che il Signore Dio tuo ti ha fatto percorrere nel deserto”.
Il deserto è il luogo e la condizione dove il Signore ha creato gli Israeliti un popolo,
e lo ha educato alla libertà.
Ogni volta che nella sua storia ha sperimentato la sua fragilità e povertà, senza alcun supporto esterno, ha sentito un autentico “bisogno” di Dio. Lì la sua Parola gli è stata vicina, lo ha nutrito avendo cura di lui. Altrimenti ha ceduto alla tentazione di cercare altrove le proprie sicurezze,
di salvarsi da solo.
Luca 22,24-46
“Il divisore si allontanò da Lui per tornare al tempo fissato”.
Gesù ha vissuto la “prova” come condizione permanente della sua esistenza messianica,
dal deserto di<Giuda al Getsemani, condivisa dai suoi discepoli, anche futuri.
Ha preferito ad una “potente riuscita” l’essere riconosciuto debole ma fedele al disegno del Padre,
un cammino di abbandono quotidianamente rinnovato.
2Corinzi 12,7-10; 13,4-6
“Mi vanto delle prove che subisco a causa di Cristo,
perché quando sono debole, è allora che sono forte”.
Paolo, negli avvenimenti della sua esistenza, ha sperimentato “sathan”, la tentazione
di voler essere superiore alle sue debolezze, e nella prova ha sperimentato la beatitudine
di chi si abbandona alla sola potenza di Cristo, il crocifisso – risorto!
Apocalisse 1,8-11; 2,1-11
“Chi vuole ascoltare, senta ciò che lo Spirito dice alle Chiese”.
Giovanni, altro apostolo minacciato dalla prova a causa dell’Evangelo,
riceve per le comunità dei credenti anch’esse provate, un messaggio di consolazione
che è anche un invito a convertirsi alla prima, originaria, esperienza dell’amore di Dio
PREGARE LA PAROLA
Salmo 65
Signore, tu ci conduci nella prova.
Salmo 105
Nel deserto non si fidarono di Dio
lo misero alla prova; ma Egli li liberò perché li amava.
Salmo 115
Ho creduto anche quando dicevo:
sono troppo infelice!
Salmo 141
Mi hanno teso una trappola, ma tu sei il mio rifugio.