“LE PAROLE… LA PAROLA”
13 giugno 2021 – UNA TERRA SEMINATA DI VITA: L’UMANITÀ.
Ezechiele 17,22-24 / Salmo 91 / 2Corinzi 5,6-10
Marco 4,26-34
Vangelo: una Parola che dice “Ci sono!”
Quando Gesù vuole esprimere qualcosa che lo riguarda direttamente e che ha un forte impatto sulla nostra esistenza ricorre al genere letterario delle “parabole”.
Tutt'altro che racconti infantili per gente ingenua o ignorante, alcune di esse danno filo da torcere anche a i più esperti esegeti. In fondo è proprio questo l’intento di Gesù: condurre le persone che lo ascoltano a riflettere sul loro vissuto, sulle loro esperienze esistenziali, anche quelle più “ordinarie” e quotidiane.
Una di questa era (per moltissimi lo è ancora!) l’agricoltura e ciò che riguarda la “crescita” nella natura dove tutto è vitale, ma anche molto precario, esposto alle intemperie ed ai cambiamenti climatici, oggi come millenni addietro.
Il Messia nazareno maturando la consapevolezza della sua umanità come “habitat” della sua filialità divina e la annuncia ai suoi compaesani sapendo che, al di là dei termini, propone un’esperienza di una novità assoluta.
Le novità portano sempre con sé cambiamenti, sono veicolo di vere e proprie “rivoluzioni”, quindi già la loro recezione richiede una “conversione”, un’inversione di pensiero e di mentalità: “Il regno di Dio – la sua presenza d’amore –
si è approssimato
convertitevi – cambiate modo di pensare -
credete al vangelo – alla gioia di questo annuncio – ” (1,15) Benissimo! ...ma se è così vicino, dove posso incontrarlo e come posso riconoscerlo presente e operante?
Attraverso le realtà più umane, anche se spesso disumanizzate, scoprirò quanto e come Lui si sia approssimato alla nostra umanità, assumendole addirittura totalmente nella singolarità della sua persona umana.
Sono esse ad introdurci nell’ascolto della parola di Colui che le fa parlare della loro vera natura e della sua divina presenza, “il regno di Dio”, appunto. Esse stesse preannunciano la novità che le trascende e la loro comprensione si spalanca allo slancio di chi si affida alle prospettive della grazia assoluta.
Le possiamo far scorrere fin dall’inizio: le reti di pescatori “provetti” (1,16-20), le malattie di un’intera città e regione (1,29- 2,1-12), i soldi di un esattore (2,13-17), un banchetto di nozze (2,18-20), il rattoppo su un vestito logoro (2,21), il vino uovo in otri nuovi (2,22), le spighe in campo di grano (2,23-27), la mano di un paralizzato (3,1-6), la barca dei discepoli (3,7-12), diversi tipi di famiglie (3,13-21; 31-34), un ladro “incapace” (3,21-30), un contadino e la sua seminagione (4,1-20), una lampada in una stanza (4,21-25), il seme che cresce (4,26-29), anche il più piccolo (4,30-32).
So bene che gli esegeti a questo punto dissentiranno inorriditi, ma “Gesù, con molte parabole di questo genere annunciava la parola, perché così potevano capire. Con loro non parlava mai senza parabole; ma in privato con i suoi discepoli spiegava ogni cosa” (4,32-34 – l’evangelo di questa domenica).
È dunque una sua scelta, lo stile più coerente con il suo essere “Parola di Dio incarnata” che viene a noi nella sua duplice polarità: elementi ed eventi della nostra comune storia umana che solo nella comunione con Lui, in forza della sua presenza, del suo
“esserci qui e ora”, dappertutto e per chiunque, si sciolgono gli enigmi che tale prossimità crea in noi.
Per questo le parabole che ascoltiamo ci rimandano parole colme di gioia e di vita traboccante di Chi, con la sua identità ed esistenza, con il suo amore che lo ha portato così vicino a noi, può vincere il potere che la morte ha su di noi umani.
Incarnazione: la Vita parte dal seme
“In Lui si compiono tutte le altre promesse, così che non siano parole vane ma “beatificanti”, anche per deportati prostrati e avviliti dalla prosperità dei potenti di questo mondo e dal non verificarsi della vittoria di un Dio in cui eppure avevano creduto, millenni orsono (Ezechiele 17 – I lettura odierna).
Egli per primo si affida al Padre nel “gettare” tra noi la sua parola, senza preoccuparsi che fine farà, se il seme fruttificherà, in situazioni umane così desolanti e poco promettenti come le nostre attuali!
Eppure, “come Egli stesso non lo sa”, il miracolo avviene, ogni giorno, nelle più piccole realtà umane.
È Lui quel “seme” gettato nei solchi della terra, della nostra umanità, in una condizione di buio e di apparente inattività, che non rimarrà “da solo”, ma che l’amore “innalzerà” sopra ogni potere umano, perfino la morte (cf Giovanni 12,23-32).
E come affida a noi la sua parola in parabole, così consegna se stesso, dono di una speranza immensa e invincibile, più sicura delle certezze vitali più comuni o inscritte nelle leggi più anonime della natura.
Accogliere questo suo evangelo, accogliere Lui come “buona notizia” ci chiede di lasciarci assumere, anche travolgere, dal suo dinamismo, abbandonandoci alla forza vitale del Padre, rifiutando le preoccupazioni per l’efficienza, per i mezzi fondati sul potere mondano e accettando di non sapere come condizione di vera conoscenza dei meccanismi dell’esistenza (Paolo ai Corinzi – II lettura di oggi).
Accettare “il sonno” come la “veglia”, nel loro alternarsi a volte indolente, necessari anch’essi per arrendersi all’amore e scoprire così la nostra umanità come “terra seminata di Vita”.
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