“LE PAROLE… LA PAROLA”
20 giugno 2021 – XII Domenica T.O.
Tu sei qui… tra opposizioni ed insuccessi
Giobbe 38,1.8-11 / Salmo 106 / 2Corinzi 5,14-17
Marco 4,35-41
La sera di quello stesso giorno
Comunque sia andata la giornata, quando scende la sera “la parabola” della nostra esistenza si tinge di insolite tonalità a volte anche contrastanti: pace interiore e serenità o ansia, nostalgia e rimorsi, pericolo…
Anche serate di Gesù e dei suoi discepoli conoscono scenari diversi, ma sempre interessanti, come l’intimità di poter raccogliere dal Maestro ulteriori parole di senso sul vissuto quotidiano, magari più personalizzate e segno di un “frutto” abbondante, anche se insperato (cf 4,8.20).
Quella sera però il gruppo riprende il largo lasciando la folla sulla riva, con la stessa barca su cui Gesù aveva insegnato tutto il giorno (cf 4,1), alla volta della regione dei Gerasèni, a sud-est del lago (cf 5,1).
Non c’è quiete per loro: “Andiamo all’altra riva…” (4,35) e di fatto poco dopo si scatena la tempesta!
“Gesù intanto dormiva… con la testa appoggiata s’un guanciale” (4,38).
Questo avrà stupito e forse anche innervosito i discepoli, adesso alle prese affannose con il turbine di vento che soffiava violentemente contro e con le onde che rischiavano addirittura di rovesciare la barca avendola già riempita d’acqua (cf 4,37).
“Maestro affondiamo!
Non te ne importa nulla?” (4,38b).
Ma anche sconcertati sul motivo per cui non siano rimasti tranquilli a trascorrere la notte in un villaggio costiero, attorno ad
un falò sulla spiaggia a raccontarsela durante una gustosa cena di pesce, invece di essere condotti dal Maestro stesso in una prevedibile tempesta di mare.
Chi è Costui?
Solo dopo che Lui si è svegliato, ha zittito il vento, ha ingiunto all’acqua del lago di calmarsi e, chiedendo il motivo della loro paura ne ha rimproverato l’incredulità, hanno incominciato a chiedersi “Chi è costui?” (4,39-41).
Il tumulto che in realtà li minacciava era quello annidato nel loro intimo, abitato da domande e dubbi che ora erano venuti a galla, manifestando tutta la loro potenza.
Stavolta la “parabola” che “parla” della “presenza/regno di Dio” nella nostra esistenza, non è più la seminagione o la crescita del seme, ma le insidie personali e comunitarie che mettono alla prova la fede nella presenza dell’amore del Padre, anche in circostanze avverse e al limite, come le persecuzioni delle prime comunità cristiane.
Ci spinge a chiederci se ci abbia lasciati da soli nel momento in cui abbiamo più bisogno di Lui, o che non gli importi nulla di noi e delle difficoltà che stiamo attraversando.
La domanda non è meno struggente per il credente che, pur convinto della sua “presenza”, non può fare altro che costatare il suo silenzioso sonnecchiare mentre attorno si scatena il putiferio.
Nella stessa situazione Giobbe, dopo averne passate di tutti i colori ed aver cercato risposte ragionevoli, non riesce a fare altro che arrendersi all’evidenza della “presenza” che basta a “dominare” anche gli elementi cosmici ed esistenziali più avversi e che Dio gli parli “nel forte vento”. L’uomo e Dio si rinfacciano quasi l’un l’altro: “Dov’eri tu?” (cf I lettura della liturgia di oggi).
La vita: il prodigio antico e sempre nuovo
Ancora una volta Gesù, il Messia nazareno, colui che – unico – ha osato chiamare Dio “Papà”, prima ancora che essere operatore di prodigi, si manifesta Egli stesso come “il miracolo”, che finalmente smaschera le nostre paure come assenza di fiducia e manifesta la forza di affidarsi anche nell’incombere di forze incontrollabili e nemiche della nostra integrità umana.
Il suo agire, che ci appare quasi un insulto alle nostre angosce ed all’impotenza del riuscire a tutelarci da noi stessi, rivela invece la forza contenuta nella debole fiducia di Figlio del Padre, fino ad assumere gli stessi suoi connotati (cf Proverbi 8,30-31)?!
Veramente prodigiosa è la capacità che riesce a risvegliare nei discepoli per riconoscere “divina” la sua azione e in noi una nuova dimensione al vivere e ragionare umano. Scatena l’apertura al superamento delle nostre misure che generano paure, alimentando lamentele e cecità al sempre nuovo miracolo della vita, delle nostre aspettative deluse perché prive di speranza e della vera libertà di affidarci alla potenza dell’amore che,
nonostante tutto, ci sostiene e ci “spinge” avanti.
Gesù che “dorme nella nostra barca”, [parabolicamente profetizzato in Giona nel ventre del pesce più che in Mosè che attraversa le acque], non è il Dio impassibile alle nostre infelicità e angosce, assente, ma un anticipo del suo sonno misterioso sulla croce da cui si è calato fino alle radici dell’umana impotenza – la morte – risvegliando in noi le più sopite energie, ridonandogli nuova vitalità, ricostruendo “nuove creature”: la risurrezione!
Tutti ora possiamo vivere così perché, liberati da un’esistenza autoreferenziale, esistiamo in Lui e per Lui che è morto e risorto per noi (cf Paolo ai Corinzi – II lettura).
Grazie per la riflessione. La barca della nostra vita e noi a volte presi da tutto il nostro essere ci sentiamo soli ed impotenti , non ricordandoci che Gesù è sempre con noi e ci addormentiamo nel nostro vivere. Grazie e buona domenica
RispondiElimina...nonostante la pandemia non ci ha permesso di intraprendere un percorso di conoscenza più profondo, ti sento vicino.
RispondiEliminaL'incontro casuale (?) di stamattina, indaffarata nelle mie faccende e poi il commento al Vangelo di domani che per caso (?) parla di una tempesta ...
Forse nulla accade per caso ed io in mezzo al mare con il vento che soffia forte e la paura che mi sovrasta, non mi sono accorta del Signore che sonnecchia accanto a me.
Allora GRAZIE, perché mi hai aperto gli occhi per accorgermi che Lui è qui, al mio fianco che mi chiede di affidarmi e di non temere perché "nonostante tutto ci sostiene e ci spinge avanti".