martedì 8 giugno 2021

“LE PAROLE… LA PAROLA” 13 giugno 2021: si continua il cammino con Marco

LE PAROLE… LA PAROLA” 

13 giugno 2021: si continua il cammino con Marco 




Un “Tempo” semplicemente “Ordinario”: 

quotidiano - feriale 

Il “Tempo” al di fuori dei grandi cicli di Avvento - NataleQuaresima - Pasqua è riconosciuto come “Ordinario”. Senza  perdere il contenuto salvifico che i tempi “forti” imprimono ad  ogni giorno della vita cristiana, la Liturgia del T.O. cala gli  avvenimenti fondamentali della salvezza nella trama dei fatti  umani quotidiani.  

Sulla scorta del Vangelo di Gesù - la sua vita e la sua parola - la comunità cristiana è chiamata a realizzare la “Buona Notizia del  Regno di Dio” presente nell’oggi, a riconoscerla e accoglierla come  vera e operante nella vita usuale, “ordinaria”, appunto feriale. 

MARCO: un Vangelo per il quotidiano 

Ogni anno la Liturgia domenicale proclama, in una lettura  semi continua, uno dei tre vangeli sinottici e in questo “Anno B” il racconto evangelico di Marco

Secondo l'ipotesi più condivisa, sarebbe quello più antico,  utilizzato poi da Matteo e da Luca come fonte tradizionale, e che  ha “creato”, in modo del tutto originale, lo stesso genere letterario  del “vangelo”. 

Di fatto, il termine è prediletto da questo autore: dal  significato limitato a “notizia buona e bella, gioiosa” (cf Isaia 62,1- 2;35,5; 58,6), passa a significare l'esistenza stessa di Gesù come  evento di salvezza per tutti gli esseri umani, e infine un suo  resoconto scritto. 

Fino al momento in cui Marco scrive il suo vangelo (circa  60/70 d.C.) circolavano nelle comunità cristiane solo “raccolte” di  parole e insegnamenti del Nazareno, di suoi operati prodigiosi,  addirittura i “racconti della passione e risurrezione”. 


È Marco che riscopre l'interesse per tutta la vita terrena del  Nazareno, i suoi gesti, le sue vicende storiche, come “evangelo di  Gesù, Cristo il Figlio di Dio” (1,1), che solo progressivamente si  rivela nella sua misteriosa identità e solo agli occhi dei credenti,  attraverso lo scandalo della croce (cf 8,31).  

L'inizio del vangelo di Marco è in questo senso tutto un  programma, potremmo tradurlo così: “Inizio di una lieta notizia:  Gesù di Nazaret, così come l’abbiamo visto vivere e morire tra noi,  è il Cristo, il Figlio di Dio!”. 

È il paradosso della incarnazione che per Marco, senza  narrarci nulla della sua nascita e infanzia, costituisce la novità e la  letizia di questa vita di uomo come noi e nello stesso tempo così  diverso da noi. È l'umanità di Dio, la stupenda buona notizia che  equivale all’annuncio: “Il regno di Dio si è fatto vicino!” (1,15). 

Tutto questo si presenta come evento della nostra storia,  eppure come segreto sottratto dalla comprensione degli  “increduli”, addirittura i suoi stessi discepoli. 

Marco sottolinea spesso e con particolare forza, la decisione  di Gesù di restare nascosto nella sua identità a coloro che non  credono (il “segreto messianico”), perché la potenza che in lui si  manifesta non venga fraintesa e confusa con gli artificiosi  vaneggiamenti del potere mondano. 

Si farà conoscere pienamente sono alla fine e  paradossalmente nella tragicità della umanità e nel  nascondimento della sua divinità, mentre in croce grida  l’abbandono del Padre (cf 15,33-39). 

Così, il vangelo di Marco è il resoconto dell'inaudito e  incomprensibile amore incarnato di Dio, che in Gesù cerca e trova  l'uomo, superando ogni opposizione.  

Dato che ogni rivelazione diretta potrebbe condurre soltanto  a una fede nel miracolo, come quella che hanno anche i demoni,  Dio deve percorrere un cammino che porta all'occultamento, anzi  all'ignominia e all'abbassamento, alla morte, come appare  chiaramente, con sobrietà impressionante, nel grido di Gesù: "Dio  mio Dio mio, perché mi hai abbandonato" e nell'affermazione che  Gesù spirò con un gran grido.  

La fede esiste solo come sequela. 

Il segno che questo miracolo può veramente succedere, che la  rivelazione di Dio raggiungerà il suo scopo, è costituito da un  simpatizzante estraneo al gruppo che seppellisce Gesù; da un  pagano, che come ufficiale non può veramente aver sempre le  mani pulite e che è persino incaricato dell'esecuzione degli  innocenti; da un paio di donne, che si limitano ad aver paura e non  hanno fiducia neppure nelle parole dell'angelo.  

Questi, ma soprattutto i discepoli, che Gesù precede in Galilea  nonostante la loro più completa defezione, segnalano il miracolo  della comunità che viene, che il risorto stesso chiamerà  all'esistenza e invierà nel mondo” (E. SCHWEIZER).

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