“LE PAROLE… LA PAROLA”
18 aprile 2021 - III domenica di Pasqua
Luca 24,35-48 - La compagnia del Risorto
Atti apostoli 3,13-15.17-19 / Salmo 4 / 1Giovanni 2,1-5
Luca 24,13-48
Un Giorno senza tramonto: L’OGGI del Risorto
Il brano evangelico proposto in questa domenica fa parte del racconto dell’evangelista Luca 24,13-48 che viene in parte proclamato nella celebrazione serale di Pasqua (vv. 13-35; ripetuto nel mercoledì dell’Ottava) e la Liturgia lo propone già anche nel giovedì dell’Ottava (vv. 35-48) il che indica l’importanza che deve avere anche per noi in quanto ci permette di entrare nella nuova dimensione del rapporto tra Gesù e i discepoli, e tra di loro.
Benché l’evangelista lo ponga “in quello stesso giorno”, in realtà è “il primo della settimana” di ogni cristiano e di ogni comunità che, nel suo faticoso e spesso triste cammino, vengono raggiunti da Gesù che con la sua parola e la sua vicenda pasquale illumina la loro storia e riscalda con il suo amore il loro cuore.
I suoi gesti, che sono adesso quelli eucaristici della chiesa (cf At 2,42-46; 20,7.11), “aprono gli occhi” ad una nuova esperienza che ora può essere condivisa e testimoniata.
È come se la Liturgia non solo ci invitasse a prestare attenzione alle prime attendibili testimonianze della risurrezione, ma anche ci chiedesse di “entrare” in un’esperienza personale accompagnandoci, quasi per mano, a superare le nostre indecisioni e resistenze, le nostre esitazioni e i nostri dubbi, ed a fidarci della Parola e del Pane spezzato alla mensa pasquale, ma anche della testimonianza e dell’esperienza di altri fratelli e sorelle che vogliono condividerla con noi.
Così è nei discorsi di Pietro in Atti (cf 10,34…43;2,14-28; 3,13…19; 5,27…41), ricordando la memoria storica del Nazareno, dal battesimo di Giovanni fino alla sua apparizione da risorto: “a
testimoni prescelti da Dio, a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione” (10,41).
Questa è anche l’esperienza della comunità cristiana primitiva nel suo aprirsi alle testimonianze bibliche sul Nazareno per nutrire i suoi membri che hanno bisogno di crescere nella fede (cf At 2,22- 23.23-36; 3,18.25; 8,26-40; 10,38-39).
“Fare pasqua significa nascere, ma non è tutto qui. Quando si è nati bisogna crescere.
Ed ecco che il Padre ci affida alla sollecitudine [materna] della chiesa per allevarci con i sacramenti del suo amore. Nel cuore della [sua] casa c’è un fonte,
ma c’è anche una mensa.
Nati dallo stesso amore, i figli di Dio devono potersi nutrire insieme per fare davvero famiglia
e comunicarsi reciprocamente la gioia della fraternità”. (A. M. CANOPI)
Questa dimensione personale e nello stesso tempo collettiva è bene evidenziata dai due movimenti narrativi interni al racconto: la discesa faticosa da Gerusalemme ad Emmaus di Clèopa e dell’altro/a discepolo/a e la risalita gioiosa, quasi di corsa verso Gerusalemme dagli altri1. Qui i discepoli sono due, qualcuno ha ipotizzato che potevano essere anche due coniugi2, come nel
mandato dei discepoli “a due a due” (cf Lc 10,1).
È proprio nell’ambito delle nostre relazioni amicali o coniugali che condividiamo tristezze e gioie, conquiste e delusioni, ed è illuminante che l’evangelista accompagni questa intimità con la presenza del Signore dapprima sconosciuto e poi svelato dal gesto eucaristico.
Questo racconto lucano è stato recentemente molto valorizzato nella spiritualità coniugale e familiare (come nel testo citato pp. 5-16), fornendo i punti di riferimento essenziali per un
1 Celebre il titolo del libro di spiritualità coniugale: Stanchi di camminare… si misero a correre, pubblicato dalla Comunità di Caresto – Sant’Angelo in Vado (PU), Gribaudi 2011. 2 G. GILLINI e M. T. ZATTONI, La Famiglia nel giardino delle Scritture, San Paolo, pp. 56-67.
cammino di crescita nella fede per una coppia e una famiglia: Parola – Eucaristia - Amore reciproco di cui ci si alimenta. Il racconto però riguarda anche discepoli che probabilmente non appartenevano al gruppo “ufficiale” (“Gli Undici”, cf v. 33), come questi due, tuttavia profondamente toccati e coinvolti dalla sorte del Nazareno. Ben informati sui fatti accaduti e tuttavia dubbiosi e perplessi, quasi a dire che spesso anche in modi non “istituzionali” l’esperienza del Ristoro è alla portata di tutti, perché Egli si fa viandante e compagno di viaggio, anch’Egli curioso e interessato alla nostra vicenda personale.
Si tratta comunque di un’esperienza intima e personale, ma che ha bisogno del confronto e del conforto di qualcun altro, e infine della conferma di una comunità (cf v. 34).
Proseguendo nella “seconda parte”, proclamata oggi (vv. 35- 48), lo schema è analogo a Giovanni 20.
Stupisce davvero quante cose siano capitate “in quello stesso giorno”, ecco perché è utile seguire il percorso dell’Ottava di Pasqua per avere un quadro completo, anche se plurale, dell’esperienza originaria e fondante del Risorto da parte dei discepoli3.
I due appena tornati da Emmaus stanno ancora raccontando agli altri quando “Gesù in persona” (v. 36 cf v. 15) irrompe “in mezzo a loro”. Nemmeno il tempo di fiatare, di confrontarsi, di riflettere… tutto avviene quasi in modo concitato, ecco allora che il Risorto fa breccia con il suo saluto “Pace a voi” (cf Gv 20,19).
Adesso dovrebbe tornare la calma, ma non è così perché i discepoli si dimostrano “stupiti e spaventati, credevano di vedere un fantasma”. Allora siamo tornati indietro?! (cf Mc 7,49; Mt 28,17). Perché reagiscono così?
3In realtà nella comprensione di un episodio evangelico nella sua ermeneutica noi siamo tenuti a considerare l’intero contesto redazionale; questo ci autorizza a “comprendere” il valore e la portata di un episodio in relazione a quelli analoghi di altre redazioni, in una comprensione unitaria organica anche se non uniforme.
È Gesù stesso a farlo notare: “Perché siete turbati e sorgono dubbi nel vostro cuore?”.
L’evangelista sembra scusarli: “Poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti” (v. 41). Sorprendente!
Allora Gesù esibisce le prove fisiche: le ferite della crocifissione attestano che è veramente lui e non un fantasma (cf v. 39); poi si mette a mangiare con loro (cf vv. 41-43).
Tuttavia è decisivo il ricorso alle Scritture che lo riguardano, “aprì la loro mente all’intelligenza” (cf vv. 44-46)4. Solo così potranno annunciare che è possibile cambiare il modo di vedere l’esistenza umana, di sentirsi amati e perdonati, da testimoni dell’incontro con il Risorto (cf vv. 47-48)5.
Tutto questo ci riporta a noi, ai nostri dubbi, alla nostra incapacità di riconoscere la presenza del Signore in mezzo a noi, di fare della sua Pace la nostra forza. La risurrezione è “l’evento di una persona: Cristo; credere alla risurrezione è aderire a Lui… Vivere la risurrezione è entrare nel suo itinerario, ripercorrere la sua strada, passare con Lui dalla morte alla vita” (E. GHINI).
Questa è la prima e fondamentale conversione e trasformazione che Egli vuole operare in noi, rendersi presente alla nostra esistenza come persona, non come fantasma: è una reale vicinanza, fatta di delicatezza e di tenerezza, di un amore sempre ancora “ferito”, che con la sua povertà e fragilità si ritira e attira, che nutre di sé. Il nutrimento offerto a noi è quello della sua Parola
4La comprensione delle Scritture avviene attraverso la parola che il Risorto rivolge ai suoi discepoli e nell’incontro con Lui: i loro occhi “si aprono” nel riconoscerlo vivo e colui che compie le Scritture che testimoniano la storia salvifica di Israele, fatta di promesse e di elezione, di alleanza e di tradimenti, di fedeltà e di prostituzione, di rivelazione e non-senso. È una pienezza che colma ogni lacuna e riscatta dall’oblio del tempo, rendendo attuali per ogni essere umano le esperienze religiose di ogni civiltà e la fede di ogni popolo: Cristo Verità le rende credibili e veritiere.
5 Anche “la morte di Gesù, scandalo insuperabile per i giudei e non solo, si aggiunge come pesante macigno e definitivo sigillo. La luce mattutina dell’alba di risurrezione illumina tutto e riporta a vita nuova pagine chiuse e ormai polverose: Cristo vive e fa rivivere; l’oggi rivela un passato ‘proteso’ verso compimenti insperati e fecondità impossibili. La vittoria dell’amore ci libera definitivamente e ci rende testimoni di questa integrità nuova” (VIBOLDONE, op. cit. /B, pp.86-88).
e del suo Pane che ci trasforma, rendendoci suoi testimoni, di quell’amore che perdona e rinnova.
Quando saremo ancora una volta sopraffatti dalla paura e dall’incredulità, anche di fronte ai segni più evidenti, egli si offrirà a noi, ancora una nuova volta rassicurandoci “Sono proprio io!” (v. 39b) e questo potremo condividerlo con tutti coloro che lo cercano.
Come padre, come fratello, come amico la nostra unica salvezza de Cristo risorto che ci accompagna con la sua luce e il suo amore. Buona domenica
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