“LE PAROLE… LA PAROLA”
25 aprile 2021 - IV domenica di Pasqua
Gv 10, 11-18– Solo chi dà la sua vita può fare da pastore
Atti apostoli 4,8-12 / Salmo 117 / 1Giovanni 3,1-12
Contestualizzazione liturgica
Il capitolo 10 del racconto evangelico di Giovanni, viene proclamato nella IV domenica del “tempo pasquale”: i vv. 1-10 nel ciclo A (similitudine della “porta”), i vv. 11-18 nel ciclo B (similitudine del “pastore”), i vv. 27-30 nel ciclo C.
Questa domenica è denominata comunemente del “Buon Pastore”, a carattere “vocazionale”.
Giovanni 10,1-10: “IO-SONO la porta per le pecore”. Una similitudine per spiegare un “segno”
L’evangelista riporta una prima similitudine che non è capita dagli ultimi interlocutori di Gesù(cf v. 6),i farisei con i quali ha avuto una forte discussione a riguardo della guarigione dell’uomo nato cieco (cf 9,40- 41). Senza soluzione di continuità ha inizio bruscamente un nuovo insegnamento, che è la spiegazione parabolica di quello che è precedentemente avvenuto nel Tempio, provocando alla fine un’ulteriore discussione ed opposizione da parte dalle autorità giudaiche che Gesù identificati come ladri, ai briganti ed estranei al gregge (cf v. 10; vv. 19-21).
Ermeneutica della similitudine
Gesù inizia la sua ermeneutica con termini “divini” (“IO-SONO”), dichiarando così che ora è Lui “la porta” attraverso la quale le pecore possono uscire ed entrare liberamente dal “sacro recinto”1 per
pascolare (cf vv. 7.9) e che questo costituisce il motivo e il senso della sua venuta messianica: “dare Vita in abbondanza” (cf v. 10b).
1Lo si deduce dal fatto che qui Giovanni non usa il termine greco epàulos (ovile), ma aulè che è il termine greco con cui la traduzione dei LXX indica la “Tenda del Santuario” nella peregrinazione del popolo nel deserto (115 volte su 177). “Disporrai il recinto tutt'attorno e metterai la cortina alla porta del recinto” (Es 40,1ss.8; cf 27,9; Lv 8,10; 2Cr 6,13; 11,16). Qui si dà grande importanza al “recinto attorno alla Dimora (la Tenda/Santuario che Dio riempie con la sua gloriosa presenza (cf v.34) e Mosè mise la cortina alla porta del recinto” (v. 33).
Così Gesù si pone così come passaggio unico e obbligato per la salvezza, sia a favore del popolo sia di chi lo guida. Infatti. il ruolo delle “guide di Israele” era di continuare la “cura” di Dio per il suo popolo e di avvicinare a Lui le persone che hanno bisogno della sua presenza e della sua misericordia. Già Ezechiele con le sue profezie, inveiva contro i cattivi pastori (34,1-34)2.
Attraverso Gesù “la porta”, il popolo è finalmente libero di “entrare e di uscire”, che non è solo libertà di movimento, ma di chi vive oramai in una piena comunione di vita e di fiducia. Libertà nel nutrirsi della vita di Dio che è amore e non più una norma come la Legge3, Vita donata gratuitamente e “in abbondanza”, cioè totalmente e pienamente (cf 2,6-10; 6,11ss.)4.
Giovanni 10,11–18: “IO-SONO il vero pastore delle pecore”.
Ora Gesù identifica se stesso con “il pastore” e dichiarando “IO SONO”, con Dio stesso “pastore” del suo popolo (Ez 34) e ne dimostra tutte le migliori qualità: bontà, bellezza, autenticità e unicità, riconosciute dalle pecore in base al suo comportamento nei loro confronti che lo distinguono dagli altri “pagati” per questo compito.
Gesù è “il vero pastore”, quello “bello/buono” (cf 7,12), il legittimo:
1. anzitutto perché “rischia la sua vita a favore delle pecore” (v. 11) a differenza del “mercenario che… scorge il lupo, abbandona le pecore e fugge” (vv. 12-13);
2 Per questo il ricordo del “re-pastore”, Davide viene idealizzato e si fa strada l’ideale del “messia pastore” atteso per il suo potere spirituale e la sua cura per le necessità delle persone non della “ragion di stato” (cf Is 44,28; Ger 23,5-6; Ez 34,23).
3 Da notare il gioco di parole tra nome = pascolo e nòmos = legge.
4 Come c’è un crescendo nel rapporto negativo che sfrutta, sottomette e annienta “rubare – uccidere – annientare” (v. 10a) così nella nuova relazione positiva e vitale “vita e in abbondanza” (v. 10b).
2. anche “il mercenario” è un pastore, ma è salariato e quindi lo fa perché ha un suo tornaconto economico, non perché le pecore siano sue e quindi “non gli importa”, e non metterebbe certo a rischio la sua vita per difenderle;
3. invece “il vero pastore” ha un rapporto personale con le sue pecore, di “reciproca conoscenza”, lo stesso rapporto che Lui da Figlio ha con il Padre (vv. 14-15a);
4. per questo “mette la sua vita a disposizione delle pecore” (v. 15b) cioè la espone, la depone a loro favore;
5. le sue pecore non sono solo tra il popolo di Israele, “di questo recinto”,ma di tutti i popoli e il suo compito è di condurre anche quelle, che ascoltando anch’esse la sua voce, “diventeranno un unico gregge con un solo pastore” (vv. 17; cf 18,37), in piena libertà e non più dentro un recinto pur sacro5!
Gesù non solo “rischia la vita a favore delle pecore” quando esse sono nel pericolo di essere assalite e sbranate dai lupi, ma anticipatamente “la offre”6, lo fa liberamente e non perché qualcuno glie la prende con la forza: ha questo potere “di offrila e di riprenderla di nuovo” (cf vv. 17b.18a) e lo può fare perché il Padre glie lo comanda e per questo lo ama (cf vv. 18b.17a; 13,49-50)7.
Più volte nel vangelo di Giovannisi definisce Gesù come colui che “dà la sua vita per…; dà Vita al mondo; chi crede in Lui ha la vita indefettibile” (cf capp. 6 e 11), ma qui vengono messi in evidenza alcuni aspetti particolari:
- “offre la sua vita”, la depone in favore delle pecore, la espone mettendola a loro disposizione;
-la “morte” del pastore è “Vita” per le pecore, esse cioè si nutrono della sua vita donata a loro (cf 6,54), Lui stesso è il loro pascolo;
5 A tal proposito vedi in E. BORGHI, Il cammino dell’amore., p.160, nota 236
6“Deporre la vita” oltre che ricorrere qui nel cap. 10, appare anche in 13,37.38; 15,13. 7 Ho cercato di rendere “lineare” un discorso che è invece, come tipico di Giovanni “circolare” (vv. 17b/18a – 18b/17a).
- la Vita delle pecore che nasce dalla morte del pastore è la sua “risurrezione/restituzione” (cf vv. 17.18)8;
- Egli fa questo “liberamente e in obbedienza” al Padre e solo il Figlio, legato da amore al Padre, ha questo “potere”; invece il mondo vive la libertà nella totale autonomia fino ad opporsi ed a rifiutarlo;
- questa scelta da parte di Gesù è la “salvezza del mondo” (cf 3, 16- 17) ed Egli può dirsi “il legittimo pastore” perché si comporta da “Agnello che toglie il peccato del mondo” (cf 1,29);
- ecco perché il dono della sua vita in quanto “unico pastore” travalica i confini di Israele, dell’antica alleanza, e riguarda tutta l’umanità riunendola in un solo popolo guidato da Lui.
Nel Figlio il mondo non è più in opposizione a Dio ma, in quanto “amato” (cf 3,16), è anche “unificato” annullando e superando tutte le sue divergenze e i suoi conflitti.
A questo punto gli unici ad essere “divisi” sono i capi giudei (cf v. 19): loro rappresentano ciò che rimane di “mondano” in opposizione a Gesù, da loro “il peccato” non può essere tolto, come aveva concluso in 9,41 per la loro opposizione alla guarigione del cieco.
Di qui il loro disprezzo per Gesù e le accuse più efferate contro di lui (cf vv. 19-21).
Al termine di quest’ermeneutica complessa, ma avvincente, vorrei evidenziare alcuni passaggi, che costituiscono “punti fermi” del messaggio di Gesù raccolto e riportato a noi dal racconto evangelico di Giovanni9.
L’unicità di una relazione ha la capacità di far vivere pienamente l’esistenza. Se questo vale per i rapporti tra noi, a maggior ragione tra noi e Gesù, che deve l’essere Vita proprio alla sua unità con il Padre.
Il bisogno di avere una guida attenta e costruttiva, un punto di riferimento dinamico e affidabile è soddisfatto nel momento in cui siamo attivati responsabilmente a percorrere con fiducia e realismo la
8 E. BORGHI, op. cit., pp. 161-162.
9 E. BORGHI, op. cit., pp.163-166.
nostra esistenza: vale il detto popolare “Attento a chi vuole il tuo bene perché forse sta cercando di portartelo via!”. Ci sono molti ladri, briganti e lupi… “vestiti da agnelli” (cf Mt7,15) dentro e fuori le istituzioni di ogni genere.
L’effetto di ogni buona guida è di aiutarci:
- a riconoscere cosa e dove sia la porta per un percorso vitale “alto”;
- a non aver paura di inoltrarci in percorsi che poi potrebbero rilevarsi pericolosi;
- a discernere tra generosità e disponibilità af/fidandoci di chi, come Gesù si è affidato al Padre;
- a ritrovarci in un circuito di amore e di comunione che stimola la reciprocità e che più unisce più libera.
La comunità credente e celebrante vive alla luce del Risorto e in Lui riconosce “il Nome che ci salva” Yeshu’a, colui che ci fa uscire da un’esistenza “inferma” e paralizzata dalla “morte”.
In Atti 4 riceviamo la testimonianza della “povertà” degli apostoli e della loro fiducia in Colui che è stato “scartato” e che ora è il fondamento della loro nuova esistenza e dell’umanità nuova; nello stesso tempo la loro fiducia nella forza di quell’amore che come pietra angolare (Salmo 117) sostiene la costruzione di nuovi percorsi di vita, fondamento sicuro di un mondo nuovo, fraterno perché composto da figlie e figli.
Figli nel Figlio, passati con Lui dalla morte alla vita, anche se nulla appare esteriormente (1Giovanni 3), ma che sta come seme, forza vitale nascosta in noi e in mezzo a noi.
Eppure lo sappiamo: è così!
Lo sappiamo perché noi per primi siamo “conosciuti”, cioè “amati”. Come pecore dal loro pastore, posti con lui in una relazione silenziosa e reciproca, in un’apertura senza ostacoli dato che Egli per primo non ne ha nei nostri confronti (Giovanni 10).
Piuttosto Egli condivide integralmente il cammino, i rischi, le mete dell’esistenza perché compie la sua esistenza filiale come un atto di estrema consegna “deponendo” la sua Vita, ricevuta dal Padre con un libero dono d’amore, donandola a noi liberamente e gratuitamente, non da mercenario.
Ascoltarlo, seguirlo liberamente, attratti e affascinati dalla sua “voce” stabilisce una comunione che ci permette di far diventare nostro il suo “modo di vivere”, liberi dall’egoismo mortifero, liberi di amare! Non seguiamo noi in realtà l’Agnello pastore?!
Così sapremo riconoscere la sua “voce” tra le mille altre che subdolamente ci “obbligano” ad andare dove non vogliamo; che ci offrono soluzioni con le loro chiacchere, ma di cui nessuno e pronto a dare la sua vita per noi.
“Quanti siamo, Signore gli scartati dagli altri o dalla vita… come ciottoli anonimi, rotolati vi senza un senso; ma tu passi e ti chini a raccoglierci e tra le tue mani diventiamo gemme preziose perché amati, cuori palpitanti perché appassionati, spiriti ribelli perché finalmente liberi e amanti. E ci regali tenerezza accarezzandoci lievemente… dolcemente… profondamente”.
SIGNORE, fa che io possa ascoltare sempre la tua voce, riconoscere i tuoi passi, essere pronta ad afferrare la tua mano.
RispondiEliminaTu che mi cammini accanto "senza far rumore", fa che anche il mio cuore possa ardere, quando ancora ti SCORGERÒ:
nel più timido e coraggioso raggio di sole e nella forza del vento che teneramente mi sorprende; nel mistero di ogni particella del creato e in ogni suo particolare impercettibile; nella maestosità di una vetta e nella profondità di un abisso;
nelle perfette coincidenze inaspettate e nel fare di ogni giorno; nel pensiero che nasce spontaneo e nel ricordo che non abbandona mai; nel tempo che scorre frenetico e in quello quieto che non passa mai;
nella dolcezza rassicurante di un sorriso e nel sapore di una lacrima nascosta;
nello sguardo silenzioso e caro di un amico/a e in quello disperato e schivo di chi ha paura;
negli abbracci che mi verranno incontro e
nel battito insistente di ogni cuore che mi è accanto.
Rendimi docile Signore alla carezza della tua mano, chiamami sempre per nome, Tu in ogni mio respiro,
a Te ogni passo della mia esistenza.
...la pietra che è stata scoot quanti siamo, Signore, gli scartati dagli altri o dalla vita... come ciottoli anonimi rotolati via senza un senso ma tu passi e ti chini a raccogliveci e tra le tue mani diventiamo gemme preziose perché amati, cuori palpitanti perchè appassionati, spiriti ribelli perche finalmente liberi e amanti E ci regali tenerezza accarezzan doci lievemente... dolcemente...
RispondiEliminaprofondamente