giovedì 18 marzo 2021

Approfondimenti Giovanni 3








Giovanni 3,1-30 

“Essere generati di nuovo, dall’alto”

Nel colloquio notturno tra Gesù e Nicodemo1, “rinascere” è il  fulcro di questo singolare annuncio messianico, sulla reale  possibilità per l’essere umano di avere direttamente da Dio la  Vita (“il regno”, v. 5.). Ora, solo Gesù in quanto “Rabbi, inviato da  Dio”, può donarla (cf vv. 2.16). 

Si capisce allora perché quest’uomo sia andato da Gesù “di  notte2, anch’egli cercava “una vita nuova” per sé e per il suo  popolo (infatti si rivolge a Lui col plurale “sappiamo” v. 2b), infatti  riconosce in Gesù, dopo “i segni” compiuti a Gerusalemme (cf  2,15.23), il “Messia riformatore” delle istituzioni giudaiche, di una purificata interpretazione e applicazione della Toràh (cf v. 2a). 

Ma Gesù che “conosceva tutti… conosceva quello che c’è  nell’uomo” (v. 25), vuole portare il suo interlocutore a guardarsi  dentro, più in profondità, per capire da dove nasca in lui  quest’aspirazione alla “novità” del regno di Dio e quale ne sia la  reale portata, se ha già constatato che essa non potrà essere  soddisfatta da nessuna riforma religiosa o rivoluzione sociale e  politica, come forse si aspettavano alcuni della sua setta3

Infatti, senza aspettare nessuna domanda dal suo  interlocutore, ma suscitandola dopo (cf v. 4), il Maestro mette  subito in chiaro che “i segni” o “le opere” attestano sì un’azione  da parte di Dio, la sua presenza in chi li compie (“regno di Dio”),  

1 E. BROGHI, op.cit., pp.62-88. 

Nicodemo è probabilmente uno scriba della setta dei farisei, “notabile dei Giudei”; il suo nome potrebbe essere  tradotto come “vincitore del popolo” oppure “il popolo vince”. Egli prenderà posizione in favore di Gesù (cf 7,50) e  porterà una quantità esagerata, “trenta chili di una mistura di mirra e di àloe”, per seppellire il corpo di Gesù insieme a  Giuseppe di Arimatèa (cf 19,39-40). 

2Viene a Gesù di notte” forse per evitare di essere visto dagli altri e di entrare in conflitto con gli altri membri del  Sinedrio, oppure perché la notte è un tempo più tranquillo, sia per lui che per Gesù, e più adatto ad un colloquio  personale. Ma l’annotazione può anche indicare “i dubbi che tormentavano la sua mente e il suo intimo” (M. LACONI, il  racconto di Giovanni, Assisi 19932, p. 83). A MAGGI lo definisce “l’uomo della notte” e in La follia di Dio, Assisi 20184,  pp. 41-46, evidenzia gli altri passi in cui Giovanni identifica la notte come indicazione “teologica” (9,4; 11,10; 13,30;  21,3). 

3 B. MAGGIONI, op. cit., pp. 1599-1607; 1708-1712.


ma questa non è detto che sia riconosciuta tale, come dimostrerà chiaramente la reazione dei Giudei nei confronti di Gesù proprio  durante la Festa della Dedicazione del Tempio (cf 10,25-26.31- 39). 

Per questo il Maestro afferma solennemente che si tratta di  “vedere/sperimentare” in termini di una percezione globale, che  richiede una rottura con le precedenti esperienze esistenziali e  che conferisce una nuova capacità umana di rapporto con Dio  oltre che con se stessi, un’inedita qualità di vita ma che va  profondamente desiderata e cercata. 

“Tutti gli aspetti particolari che emergono in questo brano  (…) investono chiaramente il complesso dei significati  dell’esistenza umana e varie difficoltà, possibilità ed enigmi  che la concernono. Il testo pone questioni fondamentali sul  senso dell’esistere umano e sulle opzioni che lo conducono a  quello che viene considerato come il suo compimento  definito e la sua definitiva distruzione”4

Mentre l’essere umano ne avverte impossibilità reale in base  alla sua limitata progettualità (cf v. 4), Dio la manifesta, la fa  conoscere nel Figlio sua Parola incarnata, e la fa vedere nel modo  suo di esistere umano che, se ascoltata/accolta, ne rende  partecipi (cf 1,1.14.26-38). 

È difficile per chi si sente “vecchio” aprirsi alla novità e  credere che sia possibile il rinnovarsi del gesto creativo di Dio (cf  v. 4), ma Gesù non si arrende: solo lo stesso Spirito di Dio può  farlo. 

“Nicodemo, maestro di verità, viene invitato a “fare la  verità” (cf v. 21); credeva di trovarsi di fronte ad un rabbi e in  contra la luce del mondo (cf vv. 2.19), che Dio fosse con lui e  scopre che è Lui (cf v. 2.21)”. Attendeva il giudizio messianico e  invece è l’accettazione o il rifiuto del Figlio di Dio a giudicare o  salvare (cf v. 18), non è né una regolazione di conti, né un  

4E. BROGHI, op. cit., pp. 80-81.


mettere in ordine le cose nel mondo, ma l’effetto della nostra  personale adesione all’agire di Dio in Gesù. 

Giovanni 3,5 

“Rigenerati da acqua e da Spirito”. 

L’espressione “da acqua”, richiama chiaramente il  battesimo, e se anche fosse un’aggiunta successiva al testo  primitivo, essa è da intendersi come “rigenerazione nel battesimo  alla vita nuova che è opera dello Spirito5

Come il dono di “essere vivente” è stato fatto ad Adàm dall’Alito di Dio stesso (cf Gn 2,7), così quello della rinascita viene  dallo Spirito, Soffio della vita definitiva. 

Paradossalmente essa verrà “consegnato” dal corpo di Gesù  morente (cf 19,30b), innalzato sulla croce (cf 3,14b) e dal suo  fianco trafitto dalla lancia da cui sgorgano “sangue e acqua” (cf  19,34). 

Questa rigenerazione è sorprendente: ricrea e fà “nascere  dall’alto”, da Dio. Lo Spirito ora, attraverso il Figlio/Parola, può  portare a compimento quello che nella creazione era stato  iniziato: ci genera come figli del Padre (1Gv 2,29; 3,1-2; 4,7-10). 

Giovanni 3,5.8 

“Non ti meravigliare…  

lo Spirito soffia dove vuole”. 

Nicodemo, in quanto “maestro d’Israele”, dovrebbe sapere  che secondo i profeti l’era messianica avrebbe conosciuto  un’innovatrice effusione dello Spirito (cf Is 44,3; 59,21; Zc 13,1; Gl 3,1; Ez 11,19s.; 36,26s.), ma gli occorre una nuova apertura  

5I. DE LA POTTERIE, La vie selon l’esprit, Paris 1965, pp. 31-63.


mentale e interiore, effetto proprio della rinascita di cui il Rabbi  gli sta parlando. 

Ecco la difficoltà: accogliere l’attestazione che Gesù gli sta  offrendo. Il v. 11 allude alla testimonianza apostolica (cf 1Gv 1,1- 4) ma in fondo anche a quella di Gesù stesso che non è stata  accolta (cf 5,31-46). Eppure è quella di chi agisce facendo “le 

opere” del Padre; “chi ascolta la mia parola e crede in Colui che  mi ha mandato, ha la vita incorruttibile e non va incontro al  giudizio” (5,19-24) come anche concluderà qui il suo dialogo con  Nicodemo (cf vv. 17-20). 

Le parole che vi ho detto sono Spirito e Vita” (6,63; quasi  riprendendo al v. 62 il 3,13) riconferma che l’efficacia vitale della  Parola - Vita - Carne è affidata allo Spirito (cf 3,5-8). 

Proprio perché è Parola fatta carne” Egli può dare a noi,  fatti di carne, la Vita incorruttibile: “Se non mangiate la carne del  Figlio dell’uomo [fatto uomo] non avrete in voi la vita. Chi mangia  la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo  risusciterò nell’ultimo giorno (…) Colui che mangia me vivrà per  [attraverso] me” (6,53…57)6

Giovanni 3,16 

“Dio infatti tanto amò il mondo”. 

La possibilità reale, di quanto è invece umanamente  inattuabile, viene dall’amore di Dio per il mondo: “da donare il  suo Figlio unigenito” (cf 3,16; 4,9s.; 16,19).  

L’amore gratuito di Dio (“grazia” cf 1,17) supera e sostituisce  

6La professione di fede da parte di Pietro davanti a Gesù, che aveva provocato i Dodici, è analoga a quella di Marta (cf  11,27): “Tu hai parole di Vita senza fine e noi abbiamo creduto e conosciuto che Tu Sei” (6,68-69). Tutta questa  teologia giovannea è così sintetizzata nell’auto proclamazione di Gesù: «Io sono la Risurrezione e la Vita. Chi crede in  me, anche se muore vivrà; chiunque vive [in me] e crede in me non morirà mai» (11,25-26). Non vedere / sperimentare la morte, mai più, è nel senso non di non morire fisicamente, ma di non subirne il potere distruttivo, di non esserne  condizionati come fonte di paura e di angoscia paralizzate, come motivo di sfiducia e di nichilismo nell’affrontare il  dono dell’esistenza umana. gli effetti dell’osservanza etica della Legge, fino a quel momento  portatrice di vita e dona la possibilità di “fare la Verità” che  conduce alla luce (cf 3,21; 1,17), Vita stessa degli esseri umani (cf  1,4) e che ora raggiunge chi a Lui si affida (“crede” cf 3,15)  permettendogli di “essere se stessi”, come ha manifestato il Figlio innalzato (vv. 14-15; vedi anche 8,28; 12,32)7

L’amore fà sì che la vita donata, e non “strappata via” (cf  10,18), da Gesù in poi, generi “persone nuove” e sempre nuove  possibilità di vita8

Questa “novità” si manifesta proprio in una nuova capacità  d’amare; a questo Giovanni dedicherà un’intera lettera in  particolare i capp. 3,1- 5,4.  

Uomini e donne interiormente rigenerati potranno dar vita a  nuove relazioni (“nuova giustizia” evangelica cf Mt 5,20- 7,28), ad  un mondo nuovo, alla “civiltà dell’amore” di cui vi fa parte chi  ama e non chi pretende un’appartenenza etnica o religiosa. Una  società senza frontiere e condizionamenti dal passato, aperta al  presente e protesa verso il futuro. 

Non è questo che celebreremo nella Pentecoste?! 

Giovanni 3,17 

“Non per giudicare, ma per salvare”. 

Chi ascolta la mia parola, e crede a Colui che mi ha  mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è  passato dalla morte alla vita” (cf 5,24) dirà Gesù a quei Giudei di  cui Nicodemo era “notabile”, denunciando quello che stava  capitando proprio a loro: “Voi scrutate le Scritture, pensando di  avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno  testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere la  

7S. FAUSTI, Una comunità legge, p.71. 

8S. PALUMBIERI, Amo dunque sono. Milano 1999, p. 249.


vita” (5,39-40). 

Perché invece Nicodemo era andato da Gesù quella notte? “Scrutare le Scritture” non equivale ad “ascoltarle e metterle  in pratica” e lui che è uno scriba dovrebbe saperlo!  L’atteggiamento interiore che infatti egli dimostra è quello di  chi si accosta a Gesù, “viene a Lui”, perché “attratti dal Padre” (cf  6,44), altrimenti non solo si è incapaci di “avere la vita”, ma si  cercherà di sopprimerla (cf 1,5ss.), di “strapparla” a Gesù stesso  che è la Vita donata liberamente (cf 10,18)9

Giovanni 3,21 

“Chi opera la Verità viene verso la Luce”. 

È proprio la vita nuova operata dallo Spirito a permetterci di  “esistere nella verità di noi stessi” come dono di “agire in  conformità alla Verità stessa, cioè a Cristo, in un atteggiamento  che impegna tutto l’essere”10

“Si tratta di un percorso costituito da una serie di opere,  individuali ed interpersonali, che abbiano come  denominatore comune la fede nella Luce… nell’orizzonte che  gli apre l’amore di Dio perché è Lui il modello dei figli che  nascono per mezzo suo”. 

Così la vita cristiana diventa un cammino nella luce del  Risorto che la vita l’ha donata e che nell’amore l’ha riavuta.  Lui fà sì che solo l’Amore possa essere l’unica Verità e motivo  di Vita, e che essa sia così bella da sperare che debba essere  almeno senza fine, cioè “eterna”! 

9 Questo era già capitato ad Erode e ai suoi cortigiani nei confronti dell’indicazione da dare ai Magi (cf Mt 2,1-12). La pretesa messianica da parte di Gesù di poter fare dono della vita incorruttibile, esclusiva assoluta Dio, è motivo di  rifiuto e di violenta opposizione a lui (cf 8,51-52a), dopo averlo già prima insultato definendolo “un samaritano [=  eretico/scomunicato] e un indemoniato” (8,48; cf 7,20; 10,20; accusa riportata anche dai Sinottici: Mc 3,22-29; Mt  12,24-32; Lc 11,15.23; 12,10), un pazzo fuori di sé (cf Mc 3,21) anche in questo caso è già decretata la sua condanna a  morte (cf v. 6), ma Egli sarà l’unico a morire andando incontro alla vita, loro no! (cf 8,24). 

10 I. DE LA POTTERIE, La Verità in S. Giovanni, Paideia 1964, pp. 123-144. Vedi anche, Gesù Verità, Torino 1973.


“Solo persone disposte ad amare fino alla morte  possono costruire la vera società umana:  

sono individui liberi, che rompono con un passato  per cominciare di nuovo,  

non più rinchiusi in una tradizione, nazionalità o cultura.  La loro vita sarà la pratica dell’amore, il dono di se stessi,  con l’universalità cui Dio ama l’umanità intera” 11

11 E. BROGHI, op. cit., p. 81 e le citazioni 97-100.

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