Il nostro intento è anzitutto quello di rispondere all'invito di papa Francesco rivolto alla chiesa italiana riunita a Firenze nel Novembre 2015: “…permettetemi solo di lasciarvi un’indicazione per i prossimi anni: in ogni comunità, in ogni parrocchia e istituzione, in ogni Diocesi e circoscrizione, in ogni regione, cercate di avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii gaudium, per trarre da essa criteri pratici e per attuare le sue disposizioni”.
giovedì 25 marzo 2021
venerdì 19 marzo 2021
“LE PAROLE… LA PAROLA” 21 marzo 2021 - V domenica quaresima B Giovanni 12,20-33: “Come il seme, muore e porta frutto”
“LE PAROLE… LA PAROLA”
21 marzo 2021 - V domenica quaresima B
Giovanni 12,20-33: “Come il seme, muore e porta frutto”
Geremia 31,31-34 / Salmo 50 / Ebrei 5,7-9
Siamo arrivati alla conclusione del nostro itinerario quaresimale (anno B) che, attraverso brani del racconto evangelico di MARCO (I-II) e di GIOVANNI (III-V), ci ha proposto di seguire Gesù nel suo percorso di Figlio, Inviato del Padre a compiere il suo piano di salvezza nei confronti dell’intera umanità, sigillando nella sua morte e risurrezione l’alleanza nuova e definitiva, che ci unisce a Lui e tra noi.
Ci viene così offerta la possibilità di vivere in Lui, più consapevolmente e attivamente, come figlie e figli, sorelle e fratelli, la “vita nuova” scaturita dal battesimo.
Le tre ultime tappe:
III domenica - Giovanni 2,13-25:
Gesù è il Figlio che con la sua morte e risurrezione diventa “nuovo tempio”, “luogo” dell’incontro con il Padre. Nella sua risurrezione lo diventa anche la comunità dei credenti. IV domenica - Giovanni 3,14-21:
Gesù è il Figlio “consegnato” dal Padre che “ha così tanto amato il mondo”: nel suo innalzamento in croce tutti trovano la Vita vera che illumina la loro esistenza.
V domenica - Giovanni 12,20-33:
Gesù è il Figlio “glorificato” dal Padre e tutti potranno riconoscerlo, “attratti” da una nuova esperienza di vita: il seme che muore nella terra per dare frutto. È la risurrezione!
Dal principio il Figlio è Colui che comunica la Vita del Padre che è amore gratuito per il mondo ed essa è Luce per tutti coloro che lo accolgono e sono così da Lui generati figli e figlie del Padre. Questa è la Verità che illumina l’esistenza di ogni essere umano e
che gli permette di conoscere Dio perché lo può contemplare nel Figlio che si è fatto uomo (è una rilettura del prologo al racconto evangelico di Giovanni 1,1-18).
Gesù è questo Figlio amato in cui il Padre si compiace e che noi siamo stati invitati a seguire, come discepoli: Egli è il nuovo Tempio nel quale possiamo incontrarlo e diventarne parte anche noi; è stato consegnato per amore del mondo e quindi diventa nostro fratello; è colui che può darci la Vita incorruttibile proprio morendo da essere umano: innalzato sulla croce attira tutti a sé.
Come ultima tappa del nostro percorso la Liturgia ci propone un brano che fa parte degli eventi accaduti nell’ultima Pasqua trascorsa da Gesù a Gerusalemme: Giovanni 11,55- 12,50. Anche noi che ne ascoltiamo la proclamazione siamo ormai prossimi alla solenne celebrazione annuale della Pasqua, questa coincidenza non è priva di significato, sia nella scelta della pericope sia per il suo contenuto che ci porta al centro del mistero pasquale cristiano.
La cena a Betania in casa di Marta, Lazzaro e Maria introduce il racconto creando un’ambientazione di grande intensità affettiva ed emotiva (12,1-9) che mitiga un po’ l’inasprirsi dell’atteggiamento duro e definitivo da parte delle autorità giudaiche nei confronti di Gesù, decise anche ad eliminare lo stesso Lazzaro (cf 11,45-54; 12,10-11.19.37-43).
Tra la narrazione dell’ingresso trionfale in Gerusalemme (12,12-19) e il complessivo bilancio fallimentare del ministero messianico (vv. 37-43), il redattore evangelico colloca la manifestazione del Figlio innalzato alla gloria ad alcuni pellegrini di origine greca che vogliono conoscere Gesù (Gv 12,20-25) e un dialogo con il Padre che a voce promette di glorificarlo (vv. 27-30). Segue una “riflessione” della comunità giovannea che parla attraverso la folla e una risposta di Gesù sulla dialettica luce-buio, tipica di Giovanni, che riguarda la vita dei credenti figli della Luce (vv. 31-36; cf anche 1,5; 8,12; 12,46 e 9,4).
È giunta l’ora1.
“La parabola di questa domenica sembra condurci alle profondità ultime del dinamismo che fin dall’inizio abbiamo riconosciuto animarlo: l’abbandono filiale alla vittoria dell’amore su ogni forza di morte.
Usando una parabola, quando parla delle realtà che più gli stanno a cuore e inesprimibili2, Gesù annuncia il suo morire come senso di tutta la sua esistenza di uomo e di Figlio. In Lui, da condanna inesorabile diventa dono della Vita, segno di Amore, condizione di fecondità.
Nell’angoscia del suo svuotamento di sé, con forti grida e lacrime (Ebrei 5,7-9 – II lettura odierna) nulla è tolto della pienezza di un tale abbandono: essa diventa splendore della presenza divina, poiché esprime l’Amore al Padre ed a noi.
Come il seme esplode nella terra e riceve, per dinamismi nascosti alle misurazioni umane, la vita, così per Lui e per noi la nuova legge della vita nello Spirito è forse già scritta nel fondo dell’esistere umano (Geremia 31,31-34 – I lettura), in ogni desiderio, cieco e inesplorato”, in attesa di essere liberato e compiuto da Chi può dargli questa possibilità: l’Amore fatto carne.
Nel cammino di conversione alla vittoria dell’amore, anche perduto in bui abissi di oscurità e tenebre, è liberato da ogni contraffazione e alienazione frustrante, “l’esistenza filiale di Gesù ci rivela che questa oscurità è grembo di vita nuova, sono le mani del Padre che risuscitano”.
Tutti attirerò a me.
Ecco il polo di attrazione verso cui orientarci per giungere alla Luce di cui fidarci, per diventarne “figlie/figli” e in cui camminare. “L’essere umano ritrova cosa significhi e come sia possibile l’amore; il suo desiderio riceve così certezza di adempimento al di là di tutti i limiti e gli ostacoli, ultimo la morte”.
Roberto
1L’ora della “glorificazione” è il momento culminante e riassuntivo dell’evento passione-morte sepoltura-risurrezione-ascensione al Padre, spesso richiamato nel corso del racconto evangelico (2,9; 7,6.8.30; 8,20) che finalmente è adesso e assume diversi significati tra loro complementari (12,23; 13,31; 17,1) come il momento in cui Dio “gioca il tutto per tutto”: la vita del suo Figlio per la nostra! In esso risulta anche chiaro il senso della presenza del Nazareno nel mondo: essere l’interprete unico e decisivo di Dio che intende salvare l’umanità (cf E. BORGHI, Il cammino dell’amore, p. 167).
2La parabola del seme è comune agli altri vangeli (Marco 4,1-9. 28-29. 20-32 e i paralleli) ma qui il seme è Gesù stesso! Il processo vitale del seme è utilizzato da Giovanni per esprimere la sua morte e sepoltura e il frutto di tale donazione della sua vita di Figlio: la risurrezione. Lo stesso itinerario è proposto al discepolo, al credente in Lui, quindi anche a noi. “La parabola della vita di Gesù potrebbe essere letta come l’affermarsi e il compiersi progressivo del suo desiderio al presso della morte (B. MAGGIONI, Dio nessuno lo ha mai visto, p. 38).
giovedì 18 marzo 2021
Approfondimenti Giovanni 3
Giovanni 3,1-30
“Essere generati di nuovo, dall’alto”.
Nel colloquio notturno tra Gesù e Nicodemo1, “rinascere” è il fulcro di questo singolare annuncio messianico, sulla reale possibilità per l’essere umano di avere direttamente da Dio la Vita (“il regno”, v. 5.). Ora, solo Gesù in quanto “Rabbi, inviato da Dio”, può donarla (cf vv. 2.16).
Si capisce allora perché quest’uomo sia andato da Gesù “di notte”2, anch’egli cercava “una vita nuova” per sé e per il suo popolo (infatti si rivolge a Lui col plurale “sappiamo” v. 2b), infatti riconosce in Gesù, dopo “i segni” compiuti a Gerusalemme (cf 2,15.23), il “Messia riformatore” delle istituzioni giudaiche, di una purificata interpretazione e applicazione della Toràh (cf v. 2a).
Ma Gesù che “conosceva tutti… conosceva quello che c’è nell’uomo” (v. 25), vuole portare il suo interlocutore a guardarsi dentro, più in profondità, per capire da dove nasca in lui quest’aspirazione alla “novità” del regno di Dio e quale ne sia la reale portata, se ha già constatato che essa non potrà essere soddisfatta da nessuna riforma religiosa o rivoluzione sociale e politica, come forse si aspettavano alcuni della sua setta3.
Infatti, senza aspettare nessuna domanda dal suo interlocutore, ma suscitandola dopo (cf v. 4), il Maestro mette subito in chiaro che “i segni” o “le opere” attestano sì un’azione da parte di Dio, la sua presenza in chi li compie (“regno di Dio”),
1 E. BROGHI, op.cit., pp.62-88.
Nicodemo è probabilmente uno scriba della setta dei farisei, “notabile dei Giudei”; il suo nome potrebbe essere tradotto come “vincitore del popolo” oppure “il popolo vince”. Egli prenderà posizione in favore di Gesù (cf 7,50) e porterà una quantità esagerata, “trenta chili di una mistura di mirra e di àloe”, per seppellire il corpo di Gesù insieme a Giuseppe di Arimatèa (cf 19,39-40).
2“Viene a Gesù di notte” forse per evitare di essere visto dagli altri e di entrare in conflitto con gli altri membri del Sinedrio, oppure perché la notte è un tempo più tranquillo, sia per lui che per Gesù, e più adatto ad un colloquio personale. Ma l’annotazione può anche indicare “i dubbi che tormentavano la sua mente e il suo intimo” (M. LACONI, il racconto di Giovanni, Assisi 19932, p. 83). A MAGGI lo definisce “l’uomo della notte” e in La follia di Dio, Assisi 20184, pp. 41-46, evidenzia gli altri passi in cui Giovanni identifica la notte come indicazione “teologica” (9,4; 11,10; 13,30; 21,3).
3 B. MAGGIONI, op. cit., pp. 1599-1607; 1708-1712.
ma questa non è detto che sia riconosciuta tale, come dimostrerà chiaramente la reazione dei Giudei nei confronti di Gesù proprio durante la Festa della Dedicazione del Tempio (cf 10,25-26.31- 39).
Per questo il Maestro afferma solennemente che si tratta di “vedere/sperimentare” in termini di una percezione globale, che richiede una rottura con le precedenti esperienze esistenziali e che conferisce una nuova capacità umana di rapporto con Dio oltre che con se stessi, un’inedita qualità di vita ma che va profondamente desiderata e cercata.
“Tutti gli aspetti particolari che emergono in questo brano (…) investono chiaramente il complesso dei significati dell’esistenza umana e varie difficoltà, possibilità ed enigmi che la concernono. Il testo pone questioni fondamentali sul senso dell’esistere umano e sulle opzioni che lo conducono a quello che viene considerato come il suo compimento definito e la sua definitiva distruzione”4.
Mentre l’essere umano ne avverte impossibilità reale in base alla sua limitata progettualità (cf v. 4), Dio la manifesta, la fa conoscere nel Figlio sua Parola incarnata, e la fa vedere nel modo suo di esistere umano che, se ascoltata/accolta, ne rende partecipi (cf 1,1.14.26-38).
È difficile per chi si sente “vecchio” aprirsi alla novità e credere che sia possibile il rinnovarsi del gesto creativo di Dio (cf v. 4), ma Gesù non si arrende: solo lo stesso Spirito di Dio può farlo.
“Nicodemo, maestro di verità, viene invitato a “fare la verità” (cf v. 21); credeva di trovarsi di fronte ad un rabbi e in contra la luce del mondo (cf vv. 2.19), che Dio fosse con lui e scopre che è Lui (cf v. 2.21)”. Attendeva il giudizio messianico e invece è l’accettazione o il rifiuto del Figlio di Dio a giudicare o salvare (cf v. 18), non è né una regolazione di conti, né un
4E. BROGHI, op. cit., pp. 80-81.
mettere in ordine le cose nel mondo, ma l’effetto della nostra personale adesione all’agire di Dio in Gesù.
Giovanni 3,5
“Rigenerati da acqua e da Spirito”.
L’espressione “da acqua”, richiama chiaramente il battesimo, e se anche fosse un’aggiunta successiva al testo primitivo, essa è da intendersi come “rigenerazione nel battesimo alla vita nuova che è opera dello Spirito”5.
Come il dono di “essere vivente” è stato fatto ad Adàm dall’Alito di Dio stesso (cf Gn 2,7), così quello della rinascita viene dallo Spirito, Soffio della vita definitiva.
Paradossalmente essa verrà “consegnato” dal corpo di Gesù morente (cf 19,30b), innalzato sulla croce (cf 3,14b) e dal suo fianco trafitto dalla lancia da cui sgorgano “sangue e acqua” (cf 19,34).
Questa rigenerazione è sorprendente: ricrea e fà “nascere dall’alto”, da Dio. Lo Spirito ora, attraverso il Figlio/Parola, può portare a compimento quello che nella creazione era stato iniziato: ci genera come figli del Padre (1Gv 2,29; 3,1-2; 4,7-10).
Giovanni 3,5.8
“Non ti meravigliare…
lo Spirito soffia dove vuole”.
Nicodemo, in quanto “maestro d’Israele”, dovrebbe sapere che secondo i profeti l’era messianica avrebbe conosciuto un’innovatrice effusione dello Spirito (cf Is 44,3; 59,21; Zc 13,1; Gl 3,1; Ez 11,19s.; 36,26s.), ma gli occorre una nuova apertura
5I. DE LA POTTERIE, La vie selon l’esprit, Paris 1965, pp. 31-63.
mentale e interiore, effetto proprio della rinascita di cui il Rabbi gli sta parlando.
Ecco la difficoltà: accogliere l’attestazione che Gesù gli sta offrendo. Il v. 11 allude alla testimonianza apostolica (cf 1Gv 1,1- 4) ma in fondo anche a quella di Gesù stesso che non è stata accolta (cf 5,31-46). Eppure è quella di chi agisce facendo “le
opere” del Padre; “chi ascolta la mia parola e crede in Colui che mi ha mandato, ha la vita incorruttibile e non va incontro al giudizio” (5,19-24) come anche concluderà qui il suo dialogo con Nicodemo (cf vv. 17-20).
“Le parole che vi ho detto sono Spirito e Vita” (6,63; quasi riprendendo al v. 62 il 3,13) riconferma che l’efficacia vitale della Parola - Vita - Carne è affidata allo Spirito (cf 3,5-8).
Proprio perché è Parola “fatta carne” Egli può dare a noi, fatti di carne, la Vita incorruttibile: “Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo [fatto uomo] non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno (…) Colui che mangia me vivrà per [attraverso] me” (6,53…57)6.
Giovanni 3,16
“Dio infatti tanto amò il mondo”.
La possibilità reale, di quanto è invece umanamente inattuabile, viene dall’amore di Dio per il mondo: “da donare il suo Figlio unigenito” (cf 3,16; 4,9s.; 16,19).
L’amore gratuito di Dio (“grazia” cf 1,17) supera e sostituisce
6La professione di fede da parte di Pietro davanti a Gesù, che aveva provocato i Dodici, è analoga a quella di Marta (cf 11,27): “Tu hai parole di Vita senza fine e noi abbiamo creduto e conosciuto che Tu Sei” (6,68-69). Tutta questa teologia giovannea è così sintetizzata nell’auto proclamazione di Gesù: «Io sono la Risurrezione e la Vita. Chi crede in me, anche se muore vivrà; chiunque vive [in me] e crede in me non morirà mai» (11,25-26). Non vedere / sperimentare la morte, mai più, è nel senso non di non morire fisicamente, ma di non subirne il potere distruttivo, di non esserne condizionati come fonte di paura e di angoscia paralizzate, come motivo di sfiducia e di nichilismo nell’affrontare il dono dell’esistenza umana. gli effetti dell’osservanza etica della Legge, fino a quel momento portatrice di vita e dona la possibilità di “fare la Verità” che conduce alla luce (cf 3,21; 1,17), Vita stessa degli esseri umani (cf 1,4) e che ora raggiunge chi a Lui si affida (“crede” cf 3,15) permettendogli di “essere se stessi”, come ha manifestato il Figlio innalzato (vv. 14-15; vedi anche 8,28; 12,32)7.
L’amore fà sì che la vita donata, e non “strappata via” (cf 10,18), da Gesù in poi, generi “persone nuove” e sempre nuove possibilità di vita8.
Questa “novità” si manifesta proprio in una nuova capacità d’amare; a questo Giovanni dedicherà un’intera lettera in particolare i capp. 3,1- 5,4.
Uomini e donne interiormente rigenerati potranno dar vita a nuove relazioni (“nuova giustizia” evangelica cf Mt 5,20- 7,28), ad un mondo nuovo, alla “civiltà dell’amore” di cui vi fa parte chi ama e non chi pretende un’appartenenza etnica o religiosa. Una società senza frontiere e condizionamenti dal passato, aperta al presente e protesa verso il futuro.
Non è questo che celebreremo nella Pentecoste?!
Giovanni 3,17
“Non per giudicare, ma per salvare”.
“Chi ascolta la mia parola, e crede a Colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita” (cf 5,24) dirà Gesù a quei Giudei di cui Nicodemo era “notabile”, denunciando quello che stava capitando proprio a loro: “Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere la
7S. FAUSTI, Una comunità legge, p.71.
8S. PALUMBIERI, Amo dunque sono. Milano 1999, p. 249.
vita” (5,39-40).
Perché invece Nicodemo era andato da Gesù quella notte? “Scrutare le Scritture” non equivale ad “ascoltarle e metterle in pratica” e lui che è uno scriba dovrebbe saperlo! L’atteggiamento interiore che infatti egli dimostra è quello di chi si accosta a Gesù, “viene a Lui”, perché “attratti dal Padre” (cf 6,44), altrimenti non solo si è incapaci di “avere la vita”, ma si cercherà di sopprimerla (cf 1,5ss.), di “strapparla” a Gesù stesso che è la Vita donata liberamente (cf 10,18)9.
Giovanni 3,21
“Chi opera la Verità viene verso la Luce”.
È proprio la vita nuova operata dallo Spirito a permetterci di “esistere nella verità di noi stessi” come dono di “agire in conformità alla Verità stessa, cioè a Cristo, in un atteggiamento che impegna tutto l’essere”10.
“Si tratta di un percorso costituito da una serie di opere, individuali ed interpersonali, che abbiano come denominatore comune la fede nella Luce… nell’orizzonte che gli apre l’amore di Dio perché è Lui il modello dei figli che nascono per mezzo suo”.
Così la vita cristiana diventa un cammino nella luce del Risorto che la vita l’ha donata e che nell’amore l’ha riavuta. Lui fà sì che solo l’Amore possa essere l’unica Verità e motivo di Vita, e che essa sia così bella da sperare che debba essere almeno senza fine, cioè “eterna”!
9 Questo era già capitato ad Erode e ai suoi cortigiani nei confronti dell’indicazione da dare ai Magi (cf Mt 2,1-12). La pretesa messianica da parte di Gesù di poter fare dono della vita incorruttibile, esclusiva assoluta Dio, è motivo di rifiuto e di violenta opposizione a lui (cf 8,51-52a), dopo averlo già prima insultato definendolo “un samaritano [= eretico/scomunicato] e un indemoniato” (8,48; cf 7,20; 10,20; accusa riportata anche dai Sinottici: Mc 3,22-29; Mt 12,24-32; Lc 11,15.23; 12,10), un pazzo fuori di sé (cf Mc 3,21) anche in questo caso è già decretata la sua condanna a morte (cf v. 6), ma Egli sarà l’unico a morire andando incontro alla vita, loro no! (cf 8,24).
10 I. DE LA POTTERIE, La Verità in S. Giovanni, Paideia 1964, pp. 123-144. Vedi anche, Gesù Verità, Torino 1973.
“Solo persone disposte ad amare fino alla morte possono costruire la vera società umana:
sono individui liberi, che rompono con un passato per cominciare di nuovo,
non più rinchiusi in una tradizione, nazionalità o cultura. La loro vita sarà la pratica dell’amore, il dono di se stessi, con l’universalità cui Dio ama l’umanità intera” 11.
11 E. BROGHI, op. cit., p. 81 e le citazioni 97-100.
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