venerdì 12 febbraio 2021

“LE PAROLE… LA PAROLA” 14 febbraio 2021 (L’amore vince ogni distanza)

 LE PAROLE… LA PAROLA” 

14 febbraio 2021 (L’amore vince ogni distanza

Marco 1,40-45 / Levitico 13,1-2.45-46 / 1Corinzi 10,31- 11,1 




Vicina è la Parola
 

“La Parola di Dio è l’antidoto alla paura  

di restare soli di fronte alla vita. 

Prima di ogni altra cosa va creduto e annunciato  

che Dio si è avvicinato a noi, che siamo stati graziati. 

Dio è vicino, e la vicinanza è l’inizio e la cifra del Vangelo, il ritornello della predicazione di Gesù:  

il tempo della distanza è finito 

quando in Gesù si è fatto uomo. Da allora Dio è vicinissimo;  dalla nostra umanità mai si staccherà e mai di essa si stancherà.

È finito il tempo in cui si prendono le distanze da Dio e dagli altri,  è finito il tempo in cui ciascuno pensa a sé 

e va avanti per conto proprio”. 

FRANCESCO, 24 gennaio 2021 

L’amore al tempo del covid… e non solo” è stato il tema  dell’incontro con le coppie, in presenza e “a distanza”, per una  riflessione sulla propria esperienza di coppia e di famiglia.  Scaturisce dall'essere coinvolti in questa pandemia: essa ci obbliga  ad un distanziamento sociale che può anche connettersi con una  distanza relazionale. In realtà, nella mia proposta di riflessione, ho  fatto riferimento soprattutto a situazioni socio – relazionali che  creano distanza e separazione, dove sono coinvolti aspetti  psicologici e sociologici, per riferirmi soprattutto all’Evangelo e in  particolare a quello di Marco che è in uso quest’anno nella liturgia  domenicale. 

Nei racconti evangelici non troviamo soltanto la  comprensione di fede che le prime generazioni cristiane hanno  avuto di Gesù Nazareno, alla luce della sua morte e risurrezione,  ma anche la loro stessa esperienza di credenti in Lui e di comunità  impegnate nel vivere il suo Vangelo.

Uno degli episodi evangelici di Marco illuminanti l’attuale  situazione è proprio quello che viene proclamato nella liturgia di  questa domenica (cf Matteo 8,2-4, Luca 5,12-16). 

La stessa narrazione fa subito emergere alcuni elementi  problematici ma molto significativi: l’avvicinarsi a Gesù da parte  del lebbroso che rompe così il distanziamento prescritto dalla legge  mosaica (cf Levitico 13 – I lettura odierna; anche cap. 14,2-321); il  suo prostrarsi davanti a lui gesto non solo supplichevole ma che un  ebreo faceva soltanto al cospetto dell’Altissimo; la richiesta di  aiuto espressa soprattutto nei verbi: se vuoi, tu puoi mondarmi che  denota non solo la sconfinata fiducia in Gesù da parte del lebbroso  ma anche il riconoscimento della sua libertà di azione. 

Altrettanto importanti, nella pur scarna descrizione di Marco, i  gesti e le parole di Gesù che anzitutto ha compassione di lui: una delle declinazioni suggestive e realistiche dell’amore di Dio (cf  Esodo 34,6); poi lo tocca con la mano: proibito dalla legge mosaica  e dal buon senso per non contaminarsi della stessa malattia; infine  le sue parole: Sì, lo voglio, sii mondato! 

Quasi un ordine a se stesso che soppianta ogni altra volontà  umana di condanna e di giudica, che separa ed espelle (cf Giobbe  5,18). 

Nel seguito Gesù ribadisce il silenzio sul suo operato e “con un  ordine perentorio lo mandò via subito dicendogli di” sottoporsi alle  prescrizioni cultuali che attestavano l’avvenuta guarigione come  avverarsi delle profezie messianiche (cf Matteo 11,5). 

Al contrario il guarito si fa annunciatore dell’avvenimento.

Tutti capiamo molto bene che, anche oggi nella nostra  società, possono essere tante le forme di lebbra a contaminare  

1 Questa particolare malattia era ritenuta, come altre (cf Giovanni 9,2), addirittura un castigo divino  per qualche colpa e di conseguenza era anche un’impurità rituale che escludeva dalla partecipazione  al culto e dalla preghiera comune (cf Regola di Qumran, 1Q1 28a II,3-7), oltre che dalla vita sociale  (elemento comune a molte culture antiche). Oltre al Levitico si può leggere Deuteronomio 28,35,  Giobbe 19,20-21 e il Salmo 122,10. Addirittura “i lebbrosi… non erano in nulla diversi da un cadavere”  (Flavio Giuseppe).

 

l’essere umano ed a separarlo dagli altri. Da ognuna di esse “colui  che è senza macchia” ci libera innanzitutto stendendo la sua mano,  prolungamento del suo amore viscerale, manifestazione della  misericordia infinita del Padre che da separati e scomunicati trasforma in annunciatori dello stupendo prodigio del suo amore. 

Questo è l’autentico miracolo, che non si presta a  fraintendimenti utilitaristici e che apre ogni persona alla forza  dell’amore di Dio! 

L’approssimarsi al male che contamina ed esclude gli esseri  umani divenuti suoi fratelli e sorelle, corrisponde al definitivo  allontanamento di Gesù da ogni formalismo religioso incapace di  liberare e rende ancora più schiavi di fobie, sospetti e pregiudizi,  escludendo da ogni rapporto di solidarietà umana e di comunione  col divino. 

A questo punto Gesù si ritira in luoghi desertici, in una  solitudine che alla fine sarà gridata fino all'abbandono sulla croce  e che diventerà professione di fede proprio da parte di un pagano,  estraneo alla religione (cf 15,39). Da lì viene la vita per tutti, nasce  un’insperata comunione e impensabile riconciliazione già  operante, con la sua forza di attuazione, nella guarigione del  lebbroso e nel nuovo convenire a Lui della gente (cf 1,45). 

Sarà la stessa disponibilità di Paolo con la sua comunità: “per  tutti… per molti, perché giungano alla salvezza”, nella medesima  donazione di Cristo a non vivere per se stesso ma per gli altri. 

Una libertà vissuta nel servizio gratuito e nella liberazione da  ogni vincolo umano che segue un solo imperativo: l’Amore!  (1Corinzi 10,33 – II lettura di oggi). 

Roberto


1 commento:

  1. Grazie per le belle parole. È un bel annuncio di speranza nel ritornare ad avvicinarsi e ad avere il coraggio di toccarsi con parole di amore e confronto fraterno, dopo questo periodo di isolamento.

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